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n. 10-2014 - © copyright |
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE III
- Sentenza 30 settembre 2014 n. 4865
Presidente, Estensore
Lignani
Terbroker S.r.l. (Avv. G. D’angelo) c/ Azienda Sanitaria Locale
(Avv. F. M. Polito) |
Contratti della p.a. – Gara – A.T.I. - Art. 37 D.L.gs
163/2006 – Quote di partecipazione e di qualificazione - Corrispondenza –
Necessità – Non sussiste – Ragioni
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In tema di partecipazione ad una procedura di gara non
occorre la necessaria corrispondenza in capo a ciascun membro dell’A.T.I.
tra la “quota di partecipazione” e la “quota della prestazione” ai sensi
dell’art 37, comma 13 del codice dei contratti, essendo ammissibile il
possesso cumulativo dei requisiti in capo all’A.T.I. Del resto considerata
la possibilità per le imprese di avvalersi dei requisiti di altre imprese
ai sensi dell’art. 49 del Codice, del pari può ammettersi la possibilità
di consentire all’interno dell’A.T.I. una forma di comunicazione o
compensazione dei requisiti realizzando di fatto una forma di avvalimento
atipico legittimo, ferma la necessità che l’A.T.I. nel suo insieme li
soddisfi integralmente.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6161 del
2013, proposto da: Terbroker S.r.l. in proprio e quale capogruppo
mandataria del R.T.I. costituendo con AON S.p.a., rappresentata e difesa
dall'avv. Gianfranco D'Angelo, con domicilio eletto presso Maria Cristina
Lenoci in Roma, via E. Gianturco, 1;
contro
Azienda Sanitaria Locale (Ausl 4) - Teramo,
rappresentata e difesa dall'avv. Flavio Maria Polito, con domicilio eletto
presso Flavio Maria Polito in Roma, via Nino Oxilia, 21;
nei confronti di
Assiteca Spa Internazionale di Brokeraggio
Assicurativo, AIC Broker Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Gabriele
Di Paolo, Maurizio Ferlini, con domicilio eletto presso Gabriele Di Paolo
in Roma, viale Liegi 35/B; A & G Broker Srl, Willis Italia Spa;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA:
SEZIONE I n. 00480/2013, resa tra le parti, concernente affidamento
servizio di brokeraggio assicurativo
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Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda
Sanitaria Locale (Ausl 4) - Teramo e di Assiteca Spa Internazionale di
Brokeraggio Assicurativo e di Aic Broker Srl;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera
di consiglio del giorno 12 settembre 2013 il Pres. Pier Giorgio Lignani e
uditi per le parti gli avvocati D'Angelo, Polito, Di Paolo e
Ferlini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
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FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado,
Terbroker s.r.l., ha partecipato, quale capogruppo di costituendo
raggruppamento con AON s.p.a., alla gara bandita dall’ASL di Teramo per
l’affidamento triennale del servizio di brokeraggio
assicurativo.
All’esito della gara è risultato primo classificato il
raggruppamento formato da Assiteca Spa Internazionale di Brokeraggio
Assicurativo con AIC Broker Srl; seguono alla pari il raggruppamento ora
appellante (Terbroker s.r.l. con AON s.p.a.), e il raggruppamento formato
da A & G Broker Srl con Willis Italia Spa (ma Terbroker afferma di
avere diritto al secondo posto, prevalendo sull’altro raggruppamento che
quindi risulterebbe terzo classificato: ciò per effetto degli appositi
criteri di precedenza fissati dal bando).
2. Appena avuta notizia
dell’aggiudicazione al raggruppamento Assiteca-AIC, Terbroker ha
comunicato all’ente appaltante il c.d. preavviso di ricorso; poi – agendo
in proprio e quale capogruppo mandataria - ha proposto al T.A.R. Abruzzo,
sede dell’Aquila, il ricorso giurisdizionale contro l’aggiudicazione. Con
“motivi aggiunti” ha impugnato altresì il silenzio mantenuto sul preavviso
di ricorso.
Con sentenza n. 480/2013, il T.A.R. ha rigettato il ricorso
introduttivo e i motivi aggiunti, con tutte le domande conseguenziali
(inefficacia del contratto, risarcimento danni, etc).
3. Terbroker
s.r.l., agendo ancora in proprio e quale capogruppo mandataria, ha
proposto appello davanti a questo Consiglio, riproponendo le censure già
motivatamente respinte dal T.A.R..
Resistono l’ASL di Teramo e le
imprese componenti del raggruppamento aggiudicatario.
4. I primi motivi
dell’appello (i quali, come già detto, corrispondono a quelli del ricorso
di primo grado) si possono trattare congiuntamente, in quanto si
concentrano intorno ad una questione di fondo: l’asserita inidoneità di
AIC Broker s.r.l., mandante del raggruppamento capeggiato da Assiteca, per
insufficienza dei requisiti di capacità economica.
4.1. Il problema si
pone perché, stando all’offerta dell’A.T.I. Assiteca, la quota di
prestazione assunta a carico della mandante AIC Broker sarebbe pari al 30%
del totale, mentre i requisiti esposti dalla stessa mandante
corrisponderebbero (secondo quanto sostiene Terbroker) solo al 15% circa
del valore del contratto. Donde la supposta violazione del principio,
desumibile dall’art. 37, comma 13, del codice dei contratti pubblici,
della necessaria corrispondenza tra quota di prestazione e quota dei
requisiti di qualificazione.
4.2. Nella vicenda in esame, tuttavia, il
disciplinare di gara, all’art. 12, in materia di requisiti di capacità
economica e finanziaria, espressamente consentiva all’impresa capogruppo –
tenuta a raggiungere per proprio conto non meno del 60% del livello
complessivo richiesto - di sopperire alle eventuali carenze delle altre
imprese associate, sempreché il raggruppamento nel suo insieme
raggiungesse il 100% dei livelli richiesti. Una disposizione simile era
dettata per i requisiti di capacità tecnica.
Applicando questa
clausola, l’ammissione dell’A.T.I. Assiteca-A.I.C. Broker sarebbe fuori
questione. Tuttavia Terbroker ha impugnato anche la clausola del
disciplinare, sempre per contrasto con il principio desumibile dall’art.
37, comma 13.
4.3. Il T.A.R. non ha preso in esame l’impugnazione
dell’art. 12 del disciplinare, avendo ritenuto – all’esito di un’analitica
disamina – che i titoli presentati da A.I.C. Broker fossero autonomamente
sufficienti.
L’appellante confuta le valutazioni del T.A.R. e ripropone
comunque le sue censure contro l’art. 12 del disciplinare.
5. Questo
Collegio ritiene preferibile affrontare prioritariamente la censura
relativa alla clausola della lex specialis che, come si è detto,
consentiva alla capogruppo di sopperire alle eventuali deficienze di
requisiti delle imprese associate.
Va premesso che la gara si è svolta
prima che il testo dell’art. 37, comma 13, del codice dei contratti
venisse modificato dal decreto legge n. 95/2012 (tale modifica, com’è
noto, ha limitato la disposizione agli appalti di lavori, mentre in
precedenza riguardava anche i servizi e le forniture).
Ciò premesso, si
osserva che il comma 13, di per sé, contiene solo la regola della
necessaria corrispondenza fra la “quota di partecipazione” all’A.T.I., e
la “quota della prestazione”. Che anche il possesso dei requisiti debba
essere distribuito fra gli associati in uguale proporzione
(rectius: che ciascun associato debba possedere i requisiti in
misura non inferiore alla quota di partecipazione) non è enunciato
direttamente dalla norma, ma è stato desunto ad opera della
giurisprudenza.
6. Non si vuole ora mettere in discussione
l’orientamento giurisprudenziale (peraltro ampiamente consolidato)
richiamato da ultimo.
Ci si chiede però se questa regola si applichi
solo in mancanza di una diversa prescrizione del bando, o al contrario sia
tanto cogente da precludere agli enti appaltanti di disporre
altrimenti.
Il Collegio ritiene che la regola sia derogabile – entro
limiti ragionevoli – e che pertanto la soluzione adottata nel disciplinare
di cui si discute sia legittima.
Vengono in considerazione gli articoli
41 e 42 del codice dei contratti pubblici, che trattano rispettivamente
dei requisiti di capacità economica-finanziaria e di capacità
tecnico-professionale dei prestatori di servizi; essi corrispondono agli
articoli 47 e 48 della direttiva comunitaria n. 18/2004.
Tanto la fonte
nazionale che quella europea disciplinano gli strumenti con i quali i
concorrenti debbono dimostrare il possesso dei requisiti. Ad esempio:
supposto che l’appaltante stabilisca, quale requisito, l’aver realizzato
un certo fatturato ovvero un certo giro di affari per un determinato
periodo, la norma dispone che siffatti requisiti debbano venire dimostrati
mediante la produzione di bilanci, referenze, etc..
La soglia di
qualificazione, in termini di quantum del fatturato, o del giro di
affari, etc., però, non è stabilita né direttamente né indirettamente
dalle fonti normative, ma è lasciata alla discrezionalità dell’appaltante.
In altre parole, la soglia di qualificazione può essere più elevata o meno
elevata a seconda delle valutazioni di opportunità fatte discrezionalmente
dall’ente appaltante. Se dalla logica del sistema complessivo si vuol
ricavare un criterio limitativo di tale discrezionalità, è nel senso che
questa non deve essere usata con finalità discriminatorie e
anticoncorrenziali: vale a dire che il quantum non può essere
fissato in misura tanto elevata da risolversi in un irragionevole ostacolo
alla partecipazione degli imprenditori. Pertanto un bando può essere
censurato per aver fissato una soglia di qualificazione troppo elevata in
rapporto all’entità del contratto, ma non per aver fissato una soglia
troppo bassa.
La stessa logica vale per la determinazione dei modi nei
quali i concorrenti debbono dimostrare il possesso dei requisiti: l’art.
47, comma 5, della direttiva n. 18/2004 dispone, in buona sostanza, che le
prescrizioni formulate nel bando in tal senso non possono essere
interpretate ed applicate in senso tassativo, ad excludendum;
sicché l’appaltante, quali che siano le prescrizioni del bando, non può
rifiutarsi di prendere in considerazione modalità di documentazione
alternative, purché oggettivamente idonee.
Pertanto, nella fattispecie
l’ente appaltante poteva a sua discrezione – senza incorrere in vizi di
legittimità – stabilire una soglia di qualificazione più bassa e/o
modalità più semplici di dimostrazione dei requisiti, e in tal modo
consentire senz’altro la partecipazione di A.I.C. Broker (e di chiunque
altro si trovasse in analoghe condizioni) senza bisogno di utilizzare la
clausola agevolatrice dell’art. 12 del disciplinare.
Ma se questo è
vero, ne consegue che non si può considerare illegittima quest’ultima
clausola, se il suo effetto pratico è quello di consentire un risultato
(un relativo allargamento della partecipazione) che non è in contrasto con
lo spirito dell’ordinamento e si sarebbe potuto legittimamente perseguire
anche in altro modo.
7. Che la normativa sia orientata nel senso della
facilitazione dell’accesso alle gare è comprovato anche dalle parallele
disposizioni dell’art. 47, comma 2, e rispettivamente dell’art. 48, comma
3, della direttiva n. 18/2004. Esse dispongono che «un operatore
economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento
sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei
suoi legami con questi ultimi».
Com’è noto, nell’ordinamento
nazionale queste ultime disposizioni sono state tradotte nell’istituto
dell’”avvalimento”, in qualche misura tipizzato e schematizzato. Ma il
principio espresso nella direttiva, formulato in termini quanto mai ampi e
generali, ben può essere utilizzato anche come criterio per la soluzione
di questioni interpretative come quella ora in esame.
Nella vicenda in
esame, non vi è stato un vero e proprio avvalimento, né del resto ve ne
era bisogno. L’avvalimento propriamente detto – formalizzato con apposito
contratto - si ha quando il soggetto ausiliario è estraneo alla gara ed al
successivo contratto. In questo caso si discute invece della possibilità
di consentire all’interno dell’A.T.I. una forma di comunicazione o
compensazione dei requisiti, ferma la necessità che l’A.T.I. nel suo
insieme li soddisfi integralmente. Ora, nell’àmbito di un sistema che
contempla l’avvalimento propriamente detto (inteso come intervento di un
soggetto estraneo), è giocoforza ammettere una siffatta compensazione o
comunicazione di requisiti fra le imprese associate in A.T.I., siccome il
più comprende il meno.
Queste considerazioni potrebbero forse portare
ad ammettere la comunicazione dei requisiti fra gli associati anche in
mancanza di una previsione del bando in questo senso; ma si tratterebbe di
una conclusione estranea all’attuale materia del contendere, ed il
Collegio non intende pronunciarsi su questo punto. Ai fini della presente
controversia è sufficiente dire che se il disciplinare di gara
espressamente consentiva una forma di comunicazione dei requisiti – di
fatto una forma di avvalimento atipico – all’interno di un’A.T.I., la
relativa clausola non violava alcun principio generale e non può essere
considerata illegittima.
8. Concludendo sul punto, le doglianze
dell’appellante riferite all’insufficienza dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnica di AIC Broker s.r.l. sono infondate; e per
questa parte la sentenza appellata deve essere confermata, sia pure con
diversa motivazione.
9. Si passa ora alla diversa questione della
supposta violazione dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici. Si
discute, in particolare, della dichiarazione fatta da Assiteca (capogruppo
dell’A.T.I. aggiudicataria) riguardo all’inesistenza di pregiudizi penali
a carico dei propri amministratori con poteri di rappresentanza.
L’appellante deduce che la dichiarazione resa è insufficiente, in quanto
non fa menzione della posizione penale del vicepresidente della società e
degli institori preposti alle strutture periferiche.
La censura è stata
respinta dal T.A.R. con i seguenti argomenti: (a) gli institori preposti
alle strutture periferiche sono bensì “rappresentanti”, ma non
amministratori della società; (b) il vicepresidente, secondo lo statuto
della società in parola, non ha poteri gestionali né di rappresentanza;
(c) in ogni caso, la ricorrente non ha dedotto che costoro siano realmente
gravati da pregiudizi penali ostativi.
Questo Collegio condivide, nella
sostanza, il giudizio del T.A.R..
Si possono aggiungere tuttavia, altre
considerazioni.
Assiteca aveva testualmente dichiarato che «i
soggetti indicati all’art. 38, comma 1, lettere b e c del d.lgs. n.
163/2006 e s.m. ed i. non si trovano in alcuna delle cause di esclusione
ivi previste». Quindi aveva aggiunto: «In particolare si precisa
che i seguenti soggetti (...) sono muniti del potere di
rappresentanza»; seguiva l’elencazione nominativa del presidente e di
tre amministratori delegati.
Come si vede, la dichiarazione riguardava
di per sé, in modo unitario e omnicomprensivo – mediante il richiamo alla
previsione di legge – tutte le persone fisiche rispetto alle quali si
dovesse accertare l’inesistenza dei pregiudizi penali, e tanto bastava. La
successiva indicazione nominativa di alcuni di essi – non strettamente
necessaria – appare fatta a scopo informativo, e sul piano letterale non
si rinvengono espressioni tali da far intendere (quanto meno in modo
inequivoco) che la dichiarazione d’inesistenza di pregiudizi ostativi
fosse ristretta solo a quelle persone.
Sotto il profilo sostanziale,
l’appellante sottolinea che Assiteca non ha mai dato dimostrazione del
fatto che le persone pretermesse nella dichiarazione (vicepresidente e
institori periferici) fossero in realtà esenti da pregiudizi penali
ostativi. Il Collegio ritiene mal posto questo argomento. Era semmai onere
di chi ha impugnato la mancata esclusione dimostrare, o almeno allegare,
che sussistessero i precedenti ostativi.
In conclusione, anche per
questa parte la sentenza appellata merita conferma.
10. La censura
successiva riguarda il modus operandi della commissione
giudicatrice per la valutazione del merito tecnico (e relativo punteggio)
delle offerte.
Va premesso che il punteggio tecnico da assegnare a
ciascuno dei nove concorrenti era suddiviso in dieci “voci”. Di fatto, la
commissione ha esaminato prima tutte le offerte con riferimento alla prima
“voce” e ha formulato i relativi punteggi, motivandoli per esteso; poi ha
operato nello stesso modo per la seconda “voce”, e così via. Sin qui, nulla quaestio. Tuttavia dai verbali risulta che la commissione,
prima di assegnare i punteggi relativi ad una determinata “voce”, ha
esaminato le offerte comparativamente. Secondo la ricorrente, il
vizio consisterebbe proprio nell’aver effettuato questa disamina
comparativa; si sarebbe invece dovuta valutare ogni offerta individualmente e non comparativamente.
Al Collegio la
censura così formulata appare pretestuosa. Il metodo seguito dalla
commissione, semmai, ha avuto il pregio di portare ad una valutazione più
consapevole e più equilibrata. A tacer d’altro, se pure si fosse seguito
il metodo voluto dalla ricorrente, dopo l’esame delle prime offerte la
valutazione delle offerte successive sarebbe stata inevitabilmente
influenzata dalla conoscenza delle offerte già valutate. Tanto valeva
esaminare tutte le offerte con metodo comparativo e poi, con piena
cognizione di causa, assegnare i punti.
Anche su questo punto va
confermato il rigetto del ricorso.
11. Con la doglianza successiva
l’appellante entra nel merito di alcuni dei punteggi assegnati
rispettivamente alla propria offerta ed a quella del raggruppamento
aggiudicatario, lamentando che in qualche caso sia stato dato ad entrambe
lo stesso punteggio (laddove quello dell’aggiudicataria avrebbe meritato
di meno) e che in un altro caso vi sia stata una differenza di punteggio
in favore dell’interessata.
Il T.A.R. ha giudicato inammissibile la
censura, siccome riferita agli aspetti meramente discrezionali del
giudizio della commissione. Questo giudizio deve essere condiviso; le
critiche formulate, invero, sono frutto di considerazioni soggettive e
opinabili, nonché ovviamente di parte, e non raggiungono mai la soglia del
vizio di legittimità.
Anche su questo punto la sentenza deve essere
confermata.
12. Con un altro motivo l’appellante censura il fatto che
l’ufficio di gara – una volta preso atto della parità dei punteggi
complessivi del raggruppamento Terbroker e del raggruppamento Willis,
entrambi con 70 punti per il merito tecnico e 20 punti per l’offerta
economica – abbia omesso di procedere all’applicazione dei criteri dettati
dal bando (basati sulla diversa importanza dei punteggi parziali) al fine
di individuare il concorrente avente titolo alla precedenza.
Il T.A.R.
ha giudicato irrilevante e priva d’interesse questa censura; e il giudizio
va confermato. Ed invero, l’ufficio di gara non ha esplicitamente detto
che a parità di punti l’offerta Terbroker prevale sull’offerta Willis, ma
non ha detto neppure il contrario; e che i criteri del bando conferiscano
precedenza all’offerta Terbroker non forma oggetto di
contestazione.
D’altra parte, quand’anche la censura in esame fosse
interamente fondata, e la graduatoria dovesse essere formalmente
rettificata aggiungendovi la precisazione che, a parità di punti,
Terbroker è al secondo posto e Willis al terzo, non per questo resterebbe
minimamente intaccato il primo posto conseguito dall’aggiudicatario
raggruppamento Assiteca.
Donde l’assoluta irrilevanza della censura
rispetto all’attuale materia del contendere.
13. Segue una diversa
censura riguardante la fase della valutazione delle offerte economiche,
per le quali tutti i concorrenti hanno ricevuto il medesimo punteggio
(20).
Va premesso che il punteggio per le offerte economiche doveva
essere il risultato di punteggi parziali da assegnare – secondo criteri
volta per volta vincolanti – in relazione all’importo percentuale delle
“commissioni” spettanti al broker per le varie tipologie di contratto e di
prestazione.
La ricorrente – benché non avara di censure anche
pretestuose, come si è visto – non nega che l’attribuzione dei punteggi in
questione fosse strettamente automatica e vincolata e non indica alcun
errore di calcolo, di valutazione o di altro tipo che sia stato commesso
nelle relative operazioni. D’altronde il risultato era semplice e
scontato, perché ciascuno dei concorrenti ha offerto, quale “commissione”
relativa a ciascuna tipologia di prestazione, l’importo percentuale minimo
consentito dal bando, sicché tutti hanno conseguito il punteggio massimo,
e tutto ciò è pacifico nella sostanza (incidentalmente si può osservare
che l’unica decisione forse non scontata che sia stata presa in questa
fase è stata a danno di Assiteca, e la ricorrente si guarda bene dal
menzionarla).
La censura dedotta riguarda, invece, la circostanza che
dette operazioni, concernenti il punteggio tecnico, siano state affidate
al c.d. seggio di gara (composto da funzionari dell’ente appaltante)
anziché alla commissione giudicatrice investita della valutazione delle
offerte tecniche e nominata ai sensi dell’art. 84 del codice dei contratti
pubblici. Una distinta censura riguarda la circostanza che la composizione
del c.d. seggio di gara abbia subìto qualche variazione e che fra i suoi
componenti ve ne fosse uno non sufficientemente titolato.
Il T.A.R. ha
disatteso queste censure siccome ininfluenti.
Questo giudizio va
condiviso: si tratta di un caso di scuola della situazione contemplata
dall’art. 21-octies della legge n. 241/1990. Il provvedimento
(ossia l’assegnazione dei punteggi alle offerte economiche) non poteva
essere comunque diverso da quello concretamente adottato e la ricorrente,
sia pure tacitamente, mostra di riconoscerlo. Le censure sarebbero altresì
infondate, ma il Collegio si ritiene dispensato dal dimostrarlo, stante
l’irrilevanza della questione.
14. L’ultima censura riguarda la scelta
dei componenti della commissione giudicatrice delle offerte tecniche,
istituita a norma dell’art. 84 del codice dei contratti. La ricorrente
sostiene che i dirigenti chiamati a far parte della commissione non
potevano considerarsi sufficientemente esperti della materia oggetto del
contratto.
La censura è stata respinta dal T.A.R. con motivazione
puntuale e circostanziata, nella quale sono stati evidenziati i
collegamenti fra le competenze di quei dirigenti e la materia
assicurativa: «Nella specie, i membri della commissione sono, come
dedotto da parte controinteressata e resistente, il Presidente, dirigente
medico preposto all’Unità Operativa Complessa di Medicina Legale e
Sicurezza sociale (nella cui competenza rientra la gestione tecnica del
rischio clinico), e gli altri componenti, rispettivamente, coordinatore
del Comitato di valutazione sinistri istituito presso l’ASL di Teramo (che
provvede alla definizione delle politiche aziendali per la copertura
assicurativa del rischio), dirigente dell’Unità amministrativa complessa
Affari generali (tra le cui competenze è compresa la gestione delle
problematiche attinenti alla copertura assicurativa aziendale) e dirigente
amministrativo appartenente al Comitato di valutazione sinistri dell’Unità
di gestione del rischio Clinico; tutti i componenti sono dunque titolari
di competenze specifiche in materia assicurativa e dunque sicuramente
titolati alla valutazione dell’oggetto del contratto».
Che fossero
questi i titoli dei commissari non è controverso in punto di fatto, e non
si può negare che vi sia una oggettiva attinenza fra detti titoli e
l’oggetto del contratto. Ciò è più che sufficiente ai fini della
legittimità, mentre l’opinione contraria espressa dall’appellante è
puramente soggettiva e indimostrata e non merita di essere presa in
considerazione.
15. In conclusione, l’intero appello va respinto e la
sentenza deve essere confermata.
Le spese seguono la soccombenza, anche
perché l’appellante ha insistito in censure buona parte delle quali
pretestuose ed irrilevanti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza) rigetta l’appello.
Condanna l’appellante al pagamento
delle spese legali nella misura di euro 3000 in favore dell’Azienda
Sanitaria e altrettanto in favore del raggruppamento controinteressato,
oltre agli accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 12 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio
Lignani, Presidente, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian
Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola
Spiezia, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/09/2014
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