REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2827 del
2014, proposto da: Salus S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv.
Alessandra Mari, anche domiciliataria in Roma, piazza Santa Anastasia, 7;
contro
- Regione Veneto, rappresentata e difesa
dagli avv. Ezio Zanon, Emanuele Mio, Cristina Zampieri, Andrea Manzi, con
domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri 5;
- Azienda ULSS n. 1 di Belluno, rappresentata e difesa dall'avv. Franco
Zambelli, con domicilio eletto presso Mario Ettore Verino in Roma, via
Barnaba Tortolini, 13;
per l'annullamento
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA,
SEZIONE III, n. 01462/2013, resa tra le parti, concernente remunerazione
tariffaria per prestazioni sanitarie erogate in convenzione/accreditamento
nell'ambito del servizio sanitario;
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
Regione Veneto e della Azienda ULSS n. 1 di Belluno;
Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti
gli atti della causa;
Visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod.
proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 giugno
2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati A.
Mari, L. Manzi su dichiarata delega a verbale, M.E. Verino su delega di F.
Zambelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante ha impugnato dinanzi al
TAR del Veneto:
- gli atti con i quali l’Azienda sanitaria appellata
aveva, dapprima comunicato l’intenzione di ricalcolare le tariffe
liquidate per le prestazioni di RMN alla colonna vertebrale erogate negli
anni 2008/2011; poi, chiesto la restituzione di tariffe già liquidate per
dette prestazioni; infine, provveduto a liquidare le competenze dovute per
il 2013, trattenendo dagli importi somme imputabili a detta
restituzione;
- gli atti, presupposti ai primi, con i quali la Giunta
della Regione Veneto aveva progressivamente fornito chiarimenti e
precisazioni in ordine alla corretta applicazione del Nomenclatore
tariffario regionale delle prestazioni specialistiche ambulatoriali in
vigore dal 1998, ai fini della remunerazione delle predette prestazioni di
RMN alla colonna (in particolare: note prot. 118929/2012, 522380/2012 e
535677/2012, oltre alla nota prot. 214/20M00 in data 4 marzo 1998,
concernente “indicazioni applicative” in ordine a detto Nomenclatore
tariffario).
Ed ha chiesto la restituzione di quanto illegittimamente
trattenuto.
2. Con la sentenza appellata, il TAR del Veneto ha
sottolineato che la controversia, “avendo per oggetto l’accertamento della
quantificazione dei compensi, non coinvolge una verifica dell’attività
autoritativa della p.a. o l’esercizio dei poteri discrezionali di cui essa
gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi;
pertanto, essa esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di pubblici servizi ed è devoluta alla
giurisdizione del giudice ordinario”.
3. Nell’appello, ex art. 105,
comma 2, cod. proc. amm., viene prospettata l’erroneità della pronuncia
sulla giurisdizione, in violazione degli artt. 7, 9, 88 e 133, comma 1,
lettera c), del cod. proc. amm. (e vengono riproposti, cautelativamente, i
motivi proposti in appello).
4. Resistono, controdeducendo
puntualmente, la Regione Veneto e l’Azienda sanitaria appellata.
5.
L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
Il Collegio ritiene
di non condividere la qualificazione del petitum sostanziale
operata dal TAR.
Se è vero che l’interesse finale dei ricorrenti
riguarda il pagamento di somme per prestazioni sanitarie erogate in
convenzione/accreditamento nell’ambito del servizio sanitario, va
sottolineato che gli atti dell’Azienda sanitaria sono stati impugnati in
quanto applicativi di orientamenti della Regione in ordine al computo
delle tariffe relative a dette prestazioni (semplificando una problematica
che, dagli atti, si presenta in realtà assai complessa, la questione
nodale di merito riguarda la spettanza o meno di corrispettivi distinti e
cumulabili, in presenza di prestazioni di RMN alla colonna vertebrale
eseguite su più segmenti della stessa).
Ed avverso detti atti
applicativi non si lamenta un errore di calcolo, meramente aritmetico, e
nemmeno un fraintendimento, bensì proprio il recepimento di orientamenti
interpretativi esternati medianti provvedimenti della Regione che incidono
sulla struttura stessa della tariffa. Dalla omessa fedele applicazione di
detti orientamenti, in parte risalenti nel tempo (ma la ricorrente
sostiene non siano stati pubblicati, né comunicati alle strutture
interessate), l’Azienda sanitaria ha fatto discendere la necessità di
intervenire in autotutela mediante la richiesta di restituzione e la
trattenuta a conguaglio di somme già liquidate per il passato, così
determinando la lesione della situazione giuridica delle strutture
accreditate.
In altri termini, ciò che viene contestato sono proprio le
modalità di esercizio ed i contenuti del potere tariffario, sia pure sotto
il profilo delle linee guida applicative (cfr. la nota regionale prot.
214/20M00 del 4 marzo 1998, concernente “indicazioni applicative” in
ordine a detto Nomenclatore tariffario, e che in sostanza stabiliva il
criterio di tariffazione contestato; e le note regionali prot. 118929 del
13 marzo 2012, prot. 522380 del 16 novembre 2012 e prot. 535677 del 26
novembre 2012, che interpretano, comunicano o divulgano l’interpretazione
corretta di dette indicazioni applicative), che presentano come corretto
uno dei possibili significati della normativa, e quindi assumono valore
provvedimentale.
Secondo i consolidati criteri di riparto della
giurisdizione, in materia di concessioni di pubblici servizi, le
controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non
attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo perché
riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle a
contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non venga in
rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali; ove, invece,
si realizzi detta ultima ipotesi, perché la controversia coinvolge la
verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante,
ovvero la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode
nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, la
controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr.
Cass. civ., SS.UU., 25 marzo 2010, n. 7160, che richiama le precedenti, 13
febbraio 2007, n. 3046, 22 agosto 2007, n. 17829, 31 gennaio 2008, n.
2273, 27 marzo 2008, n. 7946, 18 novembre 2008, n. 27333; vedi anche, idem, 20 giugno 2012, n. 10149, invocata dalla sentenza oggi
appellata, pronuncia nella quale la Corte regolatrice fa riferimento al
criterio di riparto consistente nel riguardare o meno la controversia una
verifica dell’azione autoritativa dell’Amministrazione - anche se poi ne
trae conclusioni poco condivisibili, trascurando che alcune “modalità
applicative”, in quel caso in tema di regressione tariffaria,
costituiscono pur sempre esercizio di discrezionalità e non riguardano il
mero accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali
sull’an e sul quantum del corrispettivo; cfr., infine, di
recente, Cons. Stato, III, 18 luglio 2013, n. 3919).
Può aggiungersi
che le pronunce di questa Sezione altresì richiamate nella sentenza
appellata (n. 192/2013 e n. 2379/2013), facendo riferimento al medesimo
criterio di riparto, hanno declinato la giurisdizione in relazione a
controversie nelle quali si faceva questione della sola debenza dei
compensi richiesti (al di fuori, cioè, di alcuna verifica dell’azione
autoritativa o dell’esercizio di poteri discrezionali).
In conclusione,
sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo, va annullata la
sentenza appellata e va rimessa la causa in primo grado per l’esame del
ricorso, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm..
Considerata
la natura della questione trattata, sussistono giustificati motivi per
disporre l’integrale compensazione tra le parti delle fasi di giudizio
esperite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla con rinvio la
sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la pubblica
amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso
in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo,
Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Angelica Dell'Utri,
Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Pierfrancesco Ungari,
Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/08/2014