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n. 9-2014 - © copyright |
CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE V -
Sentenza 5 settembre 2014 n. 4518
Pres. Maruotti – Est. Saltelli
De Simone Rita e Mazzer Mario(Avv.ti Sartorato, Lorenzoni) c/ Comune
di Conegliano (Avv.ti Manzi, Barel) |
Edilizia urbanistica – Concessione – Strumenti
urbanistici – Deroga - Condizioni – “Edificio di interesse pubblico” -
Definizione – Strutture alberghiere- Rientra
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Giustizia amministrativa – Ricorso – Termine decadenziale
- Decorrenza - Pubblicazione – Bollettino ufficiale regionale - Rilevanza
– Conseguenze
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Ai fini del rilascio del titolo edilizio in deroga per
“edificio di interesse pubblico” deve intendersi ogni manufatto edilizio
idoneo, per caratteristiche intrinseche o per destinazione funzionale, a
soddisfare interessi di rilevanza pubblica, potendo in tale categoria
ricomprendersi anche una struttura alberghiera e il suo ampliamento.
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La pubblicazione di un atto amministrativo sul Bollettino
Ufficiale della Regione risponde ad un’esigenza di ordine generale
dell’ordinamento in ordine alla legale conoscenza degli atti normativi e a
carattere generale rileva neanche ai fini della decorrenza dei termini per
proporre azione giurisdizionale. Ne consegue che va considerata
irrecevibile per tardività l’impugnazione oltre i 60 giorni di un
provvedimento derogatorio ex art.12 L. 64/1974 per la costruzione di
immobili in zone antisismiche, che sia stato pubblicato sul Bollettino
Ufficiale della Regione.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di
registro generale 6280 del 2002, proposto dai signori DE SIMONE RITA E
MAZZER MARIO, successori a titolo particolare della Giugia s.a.s. di De
Simone Rita e C., rappresentati e difesi dagli avvocati Guido Sartorato e
Fabio Lorenzoni, con i quali sono elettivamente domiciliati presso
l’avvocato Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, n. 43;
contro
COMUNE DI CONEGLIANO, in persona del sindaco
in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati. Luigi Manzi e Bruno
Barel, con i quali è elettivamente domiciliato eletto presso l’avvocato
Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5; REGIONE VENETO,in
persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e
difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
I.T.A.V. S.N.C. DEI F.LLI CAPRARO E C., in
persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difese dagli
avvocati Nicoletta Steccanella, Salvatore Di Mattia e Elisa De Bartolis,
con i quali è elettivamente domiciliata presso l’avvocato Salvatore Di
Mattia in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA,
Sez. II, n. 766 del 7 febbraio 2002, resa tra le parti, concernente il
rilascio di una concessione edilizia per l’ampliamento di un edificio
alberghiero;
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Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di
Conegliano, della Regione Veneto e di I.t.a.v. s.n.c. dei F.Lli Capraro e
C.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della
causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il
Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti l’avvocato Lorenzoni, l’avvocato
Mazzeo in dichiarata delega dell’avvocato Manzi, l’avvocato Palasciano in
dichiarata delega dell’avvocato Marrone, e l’avvocato Botteon, per delega
degli avvocati Steccanella e De Bartolis.;
Ritenuto in fatto e
considerato in diritto quanto segue.
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FATTO
1. Con la sentenza n. 766 del 7 febbraio 2002, il
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. II, ha riunito
quattro separati ricorsi proposti da Giugia s.a.s. di Simone Evita e C.,
Grosso Rosanna e dal Condominio Ongaro 1/3, per l’annullamento:
a)
della deliberazione del Consiglio Comunale di Conegliano n. 56 – 281 del
15 luglio 2997, recante la concessione della deroga urbanistica per
l’ampliamento dell’albergo “Canon d’Oro” (ricorso n. 3327/97);
b) della
deliberazione del Commissario straordinario n. 4/25 del 14 aprile 1998 e
del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 1503 del 4 agosto
1998, di sdemanializzazione di un tratto di strada comunale adibita a
marciapiede (ricorso n. 2869/98);
c) della concessione edilizia in
deroga n. 54887 del 12 gennaio 1999 rilasciata dal Comune di Conegliano
per l’ampliamento dell’albergo “Canon d’oro” (ricorso n. 845/99);
d)
del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 1747 del 24 settembre
1999, di deroga alle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche
(ricorso n. 588/00).
Il TAR respingeva i primi tre ricorsi, ritenendo
infondate le censure sollevate, e dichiarava irricevibile il quarto,
essendo stato tardivamente impugnato il provvedimento, rispetto alla sua
pubblicazione sul bollettino ufficiale n. 95 del 2 novembre 1999 della
Regione Veneto.
2. Con atto notificato il 9 luglio 2002, i signori Rita
De Simone e Mario Mazzer, nella dichiarata qualità di successori a titolo
particolare della Giugia s.s. di De Simone Rita e C., hanno chiesto la
riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e
riproponendo sostanzialmente tutti i motivi di censura sollevati in primo
grado, a loro avviso superficialmente esaminati e frettolosamente respinti
con motivazione approssimativa, lacunosa, perplessa e affatto
condivisibile.
Ha resistito all’appello il Comune di Conegliano, che ne
ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza, illustrando con apposita
memoria difensiva le proprie tesi.
Si è costituita in giudizio anche la
I.T.A.V. s.n.c. dei F.lli Capraro e C., proprietaria dell’albergo Canon
d’oro, che ha anch’essa insistito per il rigetto dell’avverso gravame e
per la conferma della impugnata sentenza.
4. Con l’ordinanza n. 3797
del 15 luglio 2013, è stata dichiarata l’interruzione del processo, ai
sensi dell’art. 79, comma 2, c.p.a., per l’intervenuto decesso dei due
difensori della controinteressata I.T.A.V. s.n.c.
5. Con atto
notificato a mezzo del servizio postale il 26 settembre 2013, gli
appellanti hanno ritualmente riassunto il processo e a seguito di ciò si è
nuovamente costituita in giudizio la I.T.A.V. s.n.c.; ha resistito al
gravame anche la Regione Veneto.
6. Le parti hanno illustrato con
apposite memorie le proprie tesi difensive.
All’udienza pubblica del 29
aprile 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
7. L’appello è infondato, potendo pertanto
prescindersi dall’esame delle eccezioni pregiudiziali di inammissibilità
del ricorso di primo grado sollevate dall’amministrazione comunale di
Conegliano, eccezioni assorbite dalla decisione impugnata, ma
espressamente riproposte nel presente giudizio di appello.
7.1. Con
riguardo alla delibera del Consiglio Comunale di Conegliano, n. 56 – 281
del 15 luglio 1997 (impugnata col primo ricorso n. 3327/97), con cui è
stato espresso parere favorevole sulla richiesta di concessione edilizia
in deroga presentata in data 4 luglio 1996 e 26 agosto 1996 (ed integrata
in data 7 marzo 1997) dalla società I.T.A.V. s.n.c. dei F.lli Capraio per
l’ampliamento dell’albergo Canon d’oro, la Sezione osserva che i tre
motivi di gravame, imperniati sulla asserita violazione dell’articolo 80
della L.R. 25 giugno 1985, n. 61, e sull’eccesso di potere per carenza di
motivazione e contraddittorietà, oltre che sulla violazione dell’art. 8,
comma 1, del D.M. 2 aprile 1968, devono essere respinti.
7.1.1. E’
innanzitutto destituita di fondamento la tesi degli appellanti circa
l’inammissibilità del rilascio della concessione edilizia in deroga per un
albergo, in quanto quest’ultimo non potrebbe essere considerato un
edificio o impianto pubblico o di interesse pubblico, mancando in tal
senso qualsiasi adeguata motivazione.
La giurisprudenza ha invero avuto
modo di evidenziare che per “edificio di interesse pubblico”, proprio ai
fini del rilascio del titolo edilizio in deroga, deve intendersi ogni
manufatto edilizio idoneo, per caratteristiche intrinseche o per
destinazione funzionale, a soddisfare interessi di rilevanza pubblica
(Cons. St., sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6136), potendo in tale categoria
ricomprendersi anche una struttura alberghiera ed il suo ampliamento
(Cons. St., sez. IV, 29 ottobre 2002, n. 5913; 28 ottobre 1999, n. 1641;
15 luglio 1998, n. 1044).
D’altra parte, se è vero che la concessione
edilizia in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici, quale
espressione di un potere di natura eccezionale, necessita di un’adeguata e
congrua motivazione (Cons. St., sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6136; sez.
IV, 23 luglio 1999, n. 4664; 3 febbraio 1981, n. 128), è altrettanto vero
che nel caso di specie la lettura della impugnata delibera consiliare (ed
in particolare il contenuto degli interventi svolti dai consiglieri
comunali sullo specifico argomento all’ordine del giorno) esclude, al di
là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza del dedotto vizio di
motivazione del predetto provvedimento, emergendo in modo chiaro ed in
equivoco l’iter logico – giuridico che determinato la scelta dell’organo
consiliare; tanto meno poi sono ictu oculiapprezzabili
macroscopiche contraddittorietà della delibera in questione, esse non
potendo coincidere con il soggettivo dissenso degli appellanti alla deroga
concessa dall’amministrazione.
7.1.2. Neppure, sotto altro concorrente
profilo, può condividersi l’assunto secondo cui la deroga non avrebbe
riguardato le previsioni urbanistiche generali, bensì quelle contenute nel
piano di recupero edilizio di iniziativa privata che disponeva l’obbligo
di aderenza tra edifici ad una minore altezza, con sua conseguente
illegittimità, manifestamente erronea essendo, sempre secondo gli
appellanti, anche l’affermazione circa l’intervenuta scadenza del piano
attuativo per decorso del termine decennale, tale scadenza riguardando
esclusivamente gli interventi dichiarati di pubblica utilità.
Al
riguardo va richiamata la giurisprudenza consolidata secondo cui il piano
di recupero costituisce uno strumento attuativo delle previsioni
urbanistiche contenute nel piano regolatore generale, equivalente ad un
piano particolareggiato e di livello gerarchicamente subordinato (ex
multis, sez. IV, 29 dicembre 2010, n. 9537; 29 luglio 2009, n. 4756; 5
marzo 2008, n. 922).
E’ pertanto inconciliabile, dal punto di vista
logico – giuridico, ammettere la derogabilità del piano regolatore
generale e l’inderogabilità di quello attuativo, per sua natura
subordinato al primo, ciò senza contare che nel caso di specie, come
correttamente rilevato dai primi giudici, le deroghe (che concernono il
distacco dai fabbricati contermini, indicato in ml. 3,80, anziché in
aderenza, e l’altezza massima, prevista in ml. 13, come peraltro già
disciplinato dalle N.T.A., indipendentemente dalla sagoma dei fabbricati
contermini) non attengono affatto al piano di recupero (attuativo), ma
alle stesse previsioni del piano regolatore generale ed alla sua concreta
e particolare attuazione quanto alla specifica area interessata dalla
concessione edilizia in deroga.
Sul punto deve aggiungersi che
risultano condivisibili le deduzioni difensive formulate dal Comune di
Conegliano circa il sostanziale venir meno del piano di recupero Canon
d’Oro (non tanto o non solo del termine decennale di efficacia, quanto
piuttosto) perché approvato sull’erroneo presupposto della piena proprietà
e disponibilità delle aree interessate al piano stesso da parte della
I.T.A.V. s.n.c. (il che ha già reso impossibile l’esecuzione degli
interventi ivi previsti), con conseguente inadempimento agli obblighi
derivanti dalla relativa convenzione, e sull’entrata in vigore nel 1988
della variante al piano regolatore generale della zona “A Centro Storico”
e della zona “B – Vecchio Centro”, variante in cui sono state inserite le
disposizione derogate dalla deliberazione impugnata.
Quanto alla
decadenza del piano di recupero, essa è stata poi espressamente dichiarata
all’atto dell’effettivo rilascio della concessione edilizia in deroga
(art. 1), oggetto di impugnativa del ricorso NRG. 845/1999 (su cui vedi
infra sub. 7.3.): tale pronuncia di decadenza non risulta neppure essere
stata ritualmente impugnata.
7.1.3. Quanto poi alla pretesa
illegittimità della concessione edilizia in deroga per la violazione
dell’art. 8, comma 1, punto 1, del D.M. 2 aprile 1968, va rilevato che la
giurisprudenza (Cons. St., sez. V, 5 novembre 1999, n. 1841) ha affermato
che, ferma restando l'inderogabilità, da parte della concessione edilizia,
delle norme della l. 17 agosto 1942, n. 1150, l'art. 1 del D.M. 2 aprile
1968, n. 1444, esclude espressamente che le disposizioni contenute nei
successivi articoli si applichino direttamente e con immediata forza
precettiva in assenza della necessaria mediazione rappresentata dal loro
recepimento in uno strumento urbanistico o in un regolamento edilizio,
cosa che implica la novazione della fonte regolatrice dei rapporti esterni
tra pubblica amministrazione e privati o tra privati, che s'identifica
nelle specifiche norme d'attuazione del piano regolatore, con la
conseguenza che queste ultime, per la tipica natura di dettaglio (tale,
cioè, da non involgere i criteri generali e le linee direttrici su cui il
piano regolatore si basa), rientrano pacificamente tra le previsioni
derogabili, ai sensi dell'art. 41 quater, l. n. 1150 del 1942 e dell'art.
3 l. 21 dicembre 1955, n. 1357, dalla pubblica amministrazione per
assentire un intervento edilizio destinato al preminente soddisfacimento
di un interesse pubblico o generale.
7.1.4. In definitiva deve essere
confermata la legittimità della ricordata delibera consiliare.
7.2. Ad
analoghe conclusioni deve giungersi anche con riguardo all’impugnazione
della delibera (ex art. 32 della l. n. 142 del 1990) del Commissario
Straordinario del Comune di Conegliano n. 4 – 25 del 14 aprile 1998
(avente ad oggetto “Sdemanializzazione parziale tratto di marciapiede in
via XX settembre con salvezza dell’uso pubblico dello stesso e
realizzazione a cura e spese della parte privata di un portico:
integrazione del. CC. N. 56 – 281 del 15.7.1997. Approvazione) e del
decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 1503 del 4
agosto 1998 (recante “Comune di Conegliano TV – Declassificazione di un
tratto di strada adibito a marciapiede sito lungo Via XX Settembre. D.
Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 – D. Lgs. 10 settembre 1993, n. 360”), oggetto
del ricorso NRG. 2869/1998.
7.2.1. Invero, diversamente da quanto
sostenuto dagli appellanti, la delibera del Commissario Straordinario del
Comune di Conegliano motiva puntualmente ed esaustivamente, al di là di
ogni ragionevole dubbio, la sdemanializzazione di parte del marciapiede di
via XX settembre, facente parte del demanio stradale in quanto via
pubblica (e quindi perciò stesso la sua sottrazione all’uso pubblico
generale), proprio con lo stesso interesse pubblico sotteso
all’ampliamento dell’albergo Canon d’Oro che ha anche giustificato il
rilascio della concessione edilizia in deroga, come correttamente
sottolineato dai primi giudici.
D’altra parte dalla lettura di quel
provvedimento si evince inequivocamente la corretta preoccupazione
dell’amministrazione di limitare allo stretto indispensabile il sacrificio
dell’interesse pubblico, laddove si sottolinea che risponde
“…all’interesse pubblico utilizzare il bene in discorso, in modo tale da
garantire due obiettivi, tra di loro compatibili, ossia l’uso come
marciapiede pubblico e, al contempo, l’uso edificatorio, con salvezza
peraltro del predetto marciapiede”: sotto tale profilo l’uso pubblico del
marciapiede – portico, lungi poi dal costituire un indizione della
insussistenza della sdemanializzazione, come suggestivamente prospettato
dagli appellanti, prova piuttosto che, come già sottolineato in
precedenza, l’amministrazione ha cercato di contemperare gli interessi in
conflitto, garantendo il massimo uso pubblico possibile del
marciapiede.
7.2.2. Posto poi che la predetta sdemanializzazione di
parte del marciapiede di via XX Settembre ha costituito un sacrificio
indispensabile per perseguire l’altro interesse pubblico collegato alla
realizzazione degli interventi di ampliamento dell’albergo Canon d’Oro
(interesse pubblico che ha giustificato il rilascio della concessione
edilizia in deroga), correttamente i primi giudici hanno escluso la
fondatezza delle censure relative rispettivamente alla pretesa violazione
delle garanzie partecipative ed all’immotivata cessione a trattativa
privata del bene sdemanializzato: non è dato infatti comprendere a che
titolo gli appellanti avrebbero dovuto ricevere la comunicazione
dell’avvio del procedimento di sdemanializzazione, né gli stessi vantavano
(né hanno provato di vantare) un eventuale titolo per rendersi quanto meno
potenziali cessionari del bene stesso.
7.3. Non sussistono neppure i
vizi di legittimità dedotti nei confronti della concessione edilizia in
deroga prot. n. 54887/Urb. del 12 gennaio 1999, impugnata col ricorso NRG
845/1999, come già correttamente rilevato dai primi giudici.
7.3.1.
Quanto alle censure di illegittimità derivata rispetto agli atti
presupposti (ed in particolare alla delibera consiliare n. 56 – 281 del 15
luglio 1997), si rinvia a quanto già osservato sub 7.1.1., 7.1.2. e
7.1.3., sottolineando peraltro che l’art. 1 di tale titolo edilizio
contiene la espressa declaratoria di decadenza del piano di recupero di
iniziativa privata di cui alla convenzione n. 746/85 “come già precisato
nel contesto della delibera di Consiglio Comunale n. 56 – 281 del
15.07.1997”.
7.3.2. Ad avviso degli appellanti, poi, i primi giudici
avrebbero inopinatamente ritenuto legittimo il titolo edilizio in
questione, sebbene quest’ultimo avesse inammissibilmente previsto, per un
breve tratto dell’intervento edilizio assentito, una distanza tra
l’edificio di loro proprietà inferiore a ml. 3,80, indicato nella deroga
concessa.
Sennonché, indipendentemente da ogni altra considerazione, la
Sezione osserva che sul punto sono ragionevoli e condivisibili le
deduzioni difensive svolte dall’amministrazione comunale, a tenore delle
quali il parere favorevole espresso con la delibera consiliare n. 56 – 281
del 15 luglio 1997 riguardava la corrispondenza della deroga all’interesse
pubblico relativamente alla norma che prevedeva la costruzione in
aderenza, senza tuttavia disporre direttamente ed in modo fisso
un’effettiva distanza minima: ciò consente di escludere la ricorrenza di
un autonomo vizio di illegittimità per il fatto che per un breve tratto
tra i due edifici esista una distanza (m. 3,23) inferiore a m. 3,80, tanto
più che, anche al di là della minima entità di tale differenza, come
dedotto dall’amministrazione (e non contestato), ciò si verifica solo in
quel tratto in cui dal condominio degli stessi appellanti sporge una
vecchia canna fumaria.
7.4. Risulta infine condivisibile la sentenza
impugnata anche nella parte in cui ha dichiarato irricevibile il quarto
ricorso proposto in primo grado (NRG. 588/2000), per essere stato
impugnato tardivamente il decreto del Presidente della Giunta regionale
del Veneto n. 1747 del 24 settembre 1999, avente ad oggetto “I.T.A.V.
s.n.c. dei F.lli Capraio & C. – Intervento di ampliamento di
fabbricato ad uso alberghiero in Comune di Conegliano. Richiesta di deroga
ai sensi dell’art. 12 della legge 2/2/1974, n. 64 – Norme per la
costruzione in zone antisismiche”, oltre il termine di 60 giorni
decorrente dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione
Veneto n. 95 del 2 novembre 1999.
Anche a prescindere dalla
considerazione che lo stesso decreto prevedeva espressamente, come sua
specifica forma di conoscenza (art. 2), la pubblicazione sul Bollettino
Ufficiale della Regione Veneto, secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, la
pubblicazione di un atto amministrativo sul bollettino ufficiale della
regione risponde ad un’esigenza di ordine generale dell’ordinamento in
ordine alla legale conoscenza degli atti normativi e a carattere generale
rileva anche ai fini della decorrenza dei termini per proporre azione
giurisdizionale (Cons. St., sez. VI, 4 giugno 2007, n. 2934).
Tale
indirizzo è pienamente applicabile al caso di specie, in quanto il decreto
impugnato, riguardando la deroga all’osservanza delle norme contenute
nell’art. 12 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (“Norme per la costruzione
in zone sismiche”) per l’ampliamento dell’albergo Canon d’Oro, aveva come
unica diretta destinataria l’I.T.A.V. s.n.c. dei F.lli Capraio & C.,
proprietaria dell’immobile, così che la forma di pubblicazione sul
bollettino ufficiale ha assicurato la necessaria adeguata forma di
conoscenza per ogni eventuale soggetto interessato alla relativa
contestazione anche in sede giurisdizionale, così coordinando l’esercizio
del diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost.) e quello alla definitiva
certezza dei rapporti giuridici derivanti dall’attività della pubblica
amministrazione (non essendo più impugnabili gli atti decorsi sessanta
giorni dalla loro conoscenza, presunta iuris et de iure nel caso di
specie per effetto della pubblicazione sul bollettino ufficiale
regionale).
8. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le
spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dai
signori Rita De Simone e Mario Mazzer avverso la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto, sez. II, n. 766 del 7 febbraio
2002, lo respinge.
Condanna gli appellanti al pagamento in favore del
Comune di Conegliano, della I.T.A.V. s.n.c. dei F.lli Caprai e C. e della
Regione Veneto delle spese del presente grado di giudizio che liquida
complessivamente in €. 7.500,00 (settemilacinquecento), €. 2.500,00
(duemilacinquecento) ciascuno, oltre I.V.A., C.P.A. ed altri oneri di
legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere,
Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano,
Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/09/2014
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