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CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE III - Sentenza 14 luglio 2014 n. 3669
Pres. Giuseppe Romeo, est.Silvestro Maria Russo
TEAM Ambiente s.p.a. (già Società ecologica toscana – SET s.r.l.), in proprio e n.q. di capogruppo mandataria dell’ATI con la SIRIO Ecologica s.r.l. (avv. Patrizio Trifoni) c. Azienda USL n. 10 di Firenze (Avv.ti Filippo Donati ed Alfonso Celotto), Azienda sanitaria di Firenze (n.c.).


1. Contratti della p.a.- Revisione dei prezzi – Obiettivo – Evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati in danno della P.A. e che l'impresa riduca gli standard qualitativi delle prestazioni – Si applica - Proroghe contrattuali propriamente dette - Atti successivi al contratto originario - Non s’applica

 

2. Contratti della p.a.- Revisione dei prezzi – Indice FOI in sostituzione degli indici ISTAT o dell’ Osservatorio dei contratti pubblici – Si applica - Art. 6, c. 4, II per. della l. 537/1993 – Limite – Continuità rapporti giuridici

 

 

1. Nei contratti pubblici, la revisione dei prezzi ha il compito di tutelare l'esigenza della P.A. di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto e del pari di evitare che l'impresa subisca un’alterazione del sinallagma che potrebbe indurla alla surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni. Ne deriva che, per la duplice funzione testé rammentata, la revisione dei prezzi dei contratti con la P.A. può concernere soltanto le proroghe contrattuali propriamente dette e non s’applica anche agli atti successivi al contratto originario, con cui, mercé specifiche manifestazioni di volontà, si dia corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici. (1)

 

2. Nei contratti pubblici, ai fini della revisione dei prezzi del contratto, alla mancanza dei indici ISTAT o dell’Osservatorio dei contratti pubblici si può ovviare facendo ricorso al c.d. “indice FOI”, ossia l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Tuttavia, quest’indice ha una rilevazione con cadenza periodica mensile e con riferimenti mensile ed annuale, onde esso, per quanto posto quale linea-guida per la conduzione dell’istruttoria ex art. 6, c. 4, II per. della l. 537/1993, al contempo rappresenta il limite minimo al di sotto del quale non si configura una vicenda revisionale. (Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’intero periodo in contestazione costituisce una somma di quattro distinti rapporti giuridici per i quali è logicamente difficile configurare la caratteristica della continuità che il cit.art. 6, c. 4 assume a presupposto per l’obbligatoria revisione dei prezzi che ha pertanto ritenuto inapplicabile) (2)

 

 

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(1) cfr., da ultimo, Cons. St., V, 23 aprile 2014 n. 2052; Cons. St., III, 8 maggio 2012 n. 2682
(2) cfr., p. es., Cons. St., V, 19 giugno 2009 n. 4079; id., 23 aprile 2014 n. 2052, per l’art. 115 del Dlg 163/2006

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso n. 6243/2009 RG, proposto dalla TEAM Ambiente s.p.a. (già Società ecologica toscana – SET s.r.l.), corrente in Prato, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n.q. di capogruppo mandataria dell’ATI con la SIRIO Ecologica s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Patrizio Trifoni, con domicilio eletto in Roma, via Aniene n. 14,

contro



- l’Azienda USL n. 10 di Firenze, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Donati ed Alfonso Celotto, con domicilio eletto in Roma, via Due Macelli 66 - e l’Azienda sanitaria di Firenze, in persona del Direttore generale pro tempore, non costituita nel presente giudizio,

per la riforma



della sentenza del TAR Toscana, sez. II, n. 621/2009, resa tra le parti e concernente la revisione dei prezzi, a favore dell’ATI appellante, per periodo di rinnovo (1° luglio 1999 / 31 marzo 2001) del servizio di smaltimento rifiuti appaltatole dall’AUSL n. 10;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della sola AUSL n. 10 intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;
Relatore all'udienza pubblica del 15 maggio 2014 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Caruso (su delega di Trifoni) e Donati;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 


FATTO e DIRITTO



1. – In esito ad apposita gara, la SET s.r.l. (ora, TEAM Ambiente s.p.a., corrente in Prato), n.q. di capogruppo mandataria dell’ATI con la SIRIO Ecologica s.r.l., il 16 maggio 1997 stipulò con l’AUSL n. 10 di Firenze l’appalto per il servizio annuale di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti prodotti dai vari presidi aziendali.
Fu prevista, in virtù dell’art. 12 del CSA e con le modalità ivi stabilite, la possibilità del rinnovo espresso dell’appalto per ulteriori due annualità, con revisione annuale del prezzo ai sensi dell’art. 44 della l. 23 dicembre 1994 n. 724. L’appalto de quo fu perciò prorogato, su richiesta dell’AUSL, fino al 30 giugno 1998, giusta nota prot. n. 3210 del 7 luglio 1997 e fino al 30 giugno 1999, giusta nota prot. n. 2873 del 28 luglio 1998. Tuttavia l’AUSL, nelle more del nuovo affidamento di detto servizio, chiese all’ATI stessa la prosecuzione del rapporto fino al 30 settembre 1999 (nota n. 1712 del 15 aprile 1999), fino al 31 marzo 2000 (nota n. 5221 del 30 dicembre 1999), fino al 31 dicembre 2000 (nota n. 2194 del 30 maggio 2000) e fino al 31 marzo 2001 (nota n. 176 del 17 gennaio 2001). Negli ultimi tre casi, l’AUSL non fece più riferimento all’art. 12 del vecchio CSA per giustificare i relativi rinnovi del rapporto negoziale.
2. – Poiché l’AUSL non intese riconoscere a detta ATI alcuna revisione dei prezzi ai sensi dell’art. 6, c. 4 della l. 24 dicembre 1993 n. 537 (nel testo appunto novellato dal citato art. 44 della legge n. 724), essa adì allora il TAR Toscana, con il ricorso n. 1463/2005 RG. Tanto per l’accertamento del suo diritto alla revisione dei prezzi del servizio, per il periodo compreso tra il 1° luglio 1997 ed il 31 marzo 2001 o, in via subordinata, per l’attivazione dell’istruttoria ex art. 6, c. 4 della l. 537/1993.
L’adito TAR, con la sentenza n. 621 del 10 aprile 2009, ha accertato sì il diritto dell’ATI ricorrente all’invocata revisione, ma solo per il periodo tra il 1° luglio 1997 ed il 31 marzo 1999. Viceversa, per il periodo successivo, quando, cioè, s’era già esaurito il biennio di proroga previsto dal citato art. 12 del CSA, la rinnovazione del contratto ha trovato titolo in una nuova manifestazione della volontà delle parti, fin dalla nota del 15 aprile 1999. Per tal periodo «… interessato da tre delibere di proroga, sulla scorta della legislazione statale il diritto alla revisione del prezzo in favore della società ricorrente non può dunque essere astrattamente disconosciuto…», oltre che in base al capitolato generale regionale d’appalto. Nondimeno, «… l’art. 3 co. 2 del capitolato generale … implica infatti che la richiesta stessa sia formulata in costanza di esecuzione del rapporto contrattuale, non potendo avere altro significato la previsione in forza della quale, ove accettata…, la revisione decorre dal momento della richiesta (non si vede come potrebbe operare il meccanismo della decorrenza se la revisione fosse chiesta a contratto oramai esaurito) …».
3. – Appella quindi detta ATI, con il ricorso in epigrafe, contestando l’impugnata sentenza in parte qua perché, a suo dire, sarebbe stato sempre applicabile l’art. 12 del CSA alla vicenda negoziale, che va considerata unica essendovi stata la proroga del solo termine di efficacia del contratto originario. Ai fini dell’accoglimento del ricorso stesso, l’ATI appellante chiede pure l’accertamento incidentale dell’ illegittimità del capitolato generale (regol reg. n. 1/1997), perché in contrasto con l’art. 6 della l. 537/1993, nonché con gli artt. 2934, 2936 e 2946 c.c. sulla prescrizione). In via subordinata, l’appellante chiede l’attivazione dell’istruttoria di cui al ripetuto art. 6, c. 4, per ottenere quanto dovutole a titolo di revisione o, in caso contrario, la condanna delle due Aziende, ciascuna per quanto di ragione, al pagamento dell’indennizzo a titolo di arricchimento senza causa.
Resiste in giudizio la sola AUSL n. 10 intimata, che conclude per il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 15 maggio 2014, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
4. – La domanda principale d’appello, con cui si predica in sostanza il difetto d’ogni soluzione di continuità dell’unico rapporto negoziale via via prorogato, non può esser condivisa.
È ben noto (cfr., da ultimo, Cons. St., V, 23 aprile 2014 n. 2052) che, nei contratti pubblici, alla revisione dei prezzi è affidato anzitutto il compito di tutelare l'esigenza della P.A. di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. Del pari, tal istituto tutela, pur se in via mediata, anche l'interesse dell'impresa a non subire alterazioni del sinallagma, conseguenti alle modifiche dei costi che si verifichino durante il rapporto e potrebbero indurla alla surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni.
Già la Sezione (cfr. Cons. St., III, 8 maggio 2012 n. 2682) ha precisato al riguardo che la revisione dei prezzi dei contratti della P.A. può concernere soltanto le proroghe contrattuali propriamente dette. L’istituto, appunto per la duplice funzione testé rammentata, non s’applica anche agli atti successivi al contratto originario, con cui, mercé specifiche manifestazioni di volontà, si dia corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici. Fermo restando che sul punto non rileva che il contenuto sia analogo a quello del rapporto originario, la distinzione tra rinnovo e proroga del contratto consiste nell’un caso si ha una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, la quale può concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali. Nell’altro, invece, si determina essenzialmente solo l’effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario.
Ebbene, nella specie e come ben chiarisce il TAR, per il periodo ulteriore rispetto al biennio posto dall’art. 12 del CSA, «… la rinnovazione del contratto costituisce invece un effetto non della clausola contenuta nell’originario capitolato speciale,… bensì della volontà all’uopo manifestata dalle parti a partire dalla nota del 15 aprile 1999…, procrastinandone la scadenza...».
È vero, ma pure irrilevante la sostanziale similitudine delle prestazioni dedotte in sede di rinnovo, rispetto a quelle dell’appalto originario. Infatti, l’interesse creditorio della stazione appaltante era ed è stato di acquistare il medesimo servizio dall’ATI appellante nelle more d’un nuovo affidamento, anche per il periodo non più coperto dalla facoltà di proroga. Tanto alla luce d’una nuova istruttoria diretta a valutare l’attualità e la convenienza del contratto rinnovando —al quale l’ATI ha acceduto in piena autonomia e libertà—, senza, peraltro, più far espresso riferimento all’art. 12 del CSA del rapporto originario. Ciò ha determinato, al di là d’ogni altra apparenza o di formule più o meno solenni, se non tanti nuovi affidamenti a trattativa privata senza previa pubblicazione di bando, a termine breve, quante son state le richieste della stazione appaltante. Il che è come dire che vi son state altrettante novazioni oggettive rispetto al rapporto originario quantunque prorogato per il solo biennio da capitolato, il cui animus novandi s’è inverato nel titolo (trasmutato da un’asta pubblica a una procedura negoziata) e l’aliquid novi nel nuovo termine di durata del rapporto novato.
Donde la sicura inapplicabilità nella specie dell’art. 1231 c.c., quand’anche si volesse intendere il vocabolo «termine» contenuto nella norma a guisa di termine del contratto e non, come vuole retta interpretazione, solo termine d’adempimento.
5. – Non a diversa conclusione deve il Collegio giungere con riguardo all’accertamento incidentale dell’illegittimità dell’art. 3, c. 2 del capitolato generale regionale, da cui il TAR inferisce una decadenza per non aver l’appellante chiesto, per i rapporti successivi al 1° luglio 1999, la revisione in costanza di ciascuno di essi.
Ora, il TAR rettamente non ha escluso a priori l’astratta remunerabilità dell’invocata revisione a favore dell’ATI appellante, ma s’è limitato ad ancorarla a quanto al riguardo prevede tal capitolato generale.
Ad avviso del TAR, infatti, il citato art. 3, c. 2 «… implica… che la richiesta stessa sia formulata in costanza di esecuzione del rapporto contrattuale, non potendo avere altro significato la previsione in forza della quale, ove accettata…, la revisione decorre dal momento della richiesta (non si vede come potrebbe operare il meccanismo della decorrenza se la revisione fosse chiesta a contratto oramai esaurito) …». Replica l’ATI appellante affermando che, ferma l’inserzione in via automatica ex art. 1339 e 1419 c.c. della norma ex art. 44 della l. 724/1994 (clausola obbligatoria di revisione periodica del prezzo per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa), detta revisione soggiace solo al termine decennale (dice l’appellante, in realtà quinquennale: Cons. St., III, 22 ottobre 2013 n. 5128) di prescrizione e non a qualsivoglia decadenza, quand’anche recata dal capitolato generale. Inoltre la norma di quest’ultimo, altrimenti nulla perché elusiva d’una disciplina legale inderogabile, comunque sarebbe stata malamente interpretata dal TAR, perché essa si limita a prescrivere che la «… revisione, richiesta dalla parte interessata, viene operata a seguito di un'apposita istruttoria condotta sulla base dei dati e degli elementi di cui al comma successivo, e decorre, ove accettata, dal momento della richiesta stessa…».
Pare al Collegio che la ricostruzione della vicenda operata tanto dall’ATI appellante, quanto dal TAR sia frutto d’un fraintendimento, ché entrambi, in varia guisa, non tengono conto dell’effetto novativo sostanziale recato da ciascun atto dell’AUSL intimata a far tempo dal 1° luglio 1999. Sul punto, non dura fatica il Collegio a concordare con l’ATI appellante sia con l’automaticità della predetta inserzione della clausola ex art. 6, c. 4 della l. 537/1993, sia con l’interpretazione dell’art. 3, c. 2 del capitolato generale regionale, da cui non pare evincersi una decadenza (non prescrizione, che segue regole proprie e distinte) secondo lo schema dell’art. 2965 c.c. Ma neppure sfugge, per le ragioni sopra evidenziate, che ognuno di tali atti abbia manifestato una proposta negoziale nuova e diversa (rispetto al contratto originario e dei successivi), accettata sic et simpliciter dall’appellante. I rispettivi rapporti, autonomi tra loro, son stati quindi remunerati per il solo tempo della loro propria vigenza. È materialmente vero che, a quanto consta in atti, a nessuno di essi fu apposta la clausola di revisione periodica del prezzo, ma è altrettanto indubbio che tutti e ciascun rapporto de quibus son stati di durata varia ed uno solo di poco superiore al semestre.
In tal caso, mentre l’appellante considera l’intero periodo in contestazione come una vicenda unica, in realtà esso solo artificiosamente costituisce una somma di quattro distinti rapporti giuridici. Per ciascuno di essi è logicamente difficile configurare la caratteristica della continuità che il ripetuto art. 6, c. 4 assume a presupposto per l’obbligatoria revisione. Infatti, il successivo c. 6 pone una disciplina legale per l'elaborazione di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale. Non nega il Collegio (cfr., p. es., Cons. St., V, 19 giugno 2009 n. 4079; id., 23 aprile 2014 n. 2052, per l’art. 115 del Dlg 163/2006) che alla mancanza dei predetti indici ISTAT o dell’Osservatorio dei contratti pubblici si possa ovviare facendo ricorso al c.d. “indice FOI”, ossia l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Tuttavia, pure quest’indice ha una rilevazione con cadenza periodica mensile e con riferimenti mensile ed annuale, onde esso, per quanto posto quale linea-guida per la conduzione dell’istruttoria ex art. 6, c. 4, II per. della l. 537/1993, al contempo rappresenta il limite minimo al di sotto del quale non si configura, soprattutto nella specie e con riguardo a ciascuno dei contratti cui l’indice si dovrebbe applicare, una vicenda revisionale.
Dal che l’infondatezza della domanda restitutoria per preteso arricchimento senza causa delle ASL intimate, appunto non configurabile in assenza, come s’è visto, d’uno spostamento patrimoniale sine titulo o per fatto ingiusto. Non si discute qui della sussidiarietà di tal azione e, dunque, della sua ammissibilità, posto che l’appellante l’ha qui riproposta in via subordinata alle citate domande principali, ma non per ciò solo essa è condivisibile. Infatti, nella specie, i vari rapporti sostanziali sorti tra le parti sono stati tutti basati su accordi negoziali non patologici, onde in tal caso non può dirsi insussistente una giusta causa, che renda proponibile l'azione d' ingiustificato arricchimento. In altre parole, ove tal spostamento derivi da un contratto, non si dà tal azione restitutoria, almeno fin quando esso non sia annullato, rescisso o risolto oppure conservi la propria efficacia obbligatoria (cfr., per tutti, Cass., III, 14 maggio 1997 n. 4235; id., 28 gennaio 2013 n. 1889).
6. – In definitiva, l’appello va rigettato, con conseguente assenza d’un obbligo, nel caso in esame, delle ASL intimate d’attivare il procedimento revisionale. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.



Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 6243/2009 RG in epigrafe), lo respinge e conferma con diversa motivazione la sentenza impugnata.
Condanna l’ATI appellante al pagamento, a favore dell’AUSL resistente e costituita, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 3.000,00 (Euro tremila/00), di cui € 800,00 per la fase di studio, € 800,00 per la fase introduttiva ed € 1.400,00 per la fase decisoria, oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 15 maggio 2014, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/07/2014





 

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