REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 19 di
A.P. del 2014, proposto da: Accenture Spa, Accenture Technology Solutions
Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Damiano Lipani, Francesca Sbrana,
Luigi Mazzoncini, con domicilio eletto presso Lipani & Partners in
Roma, via Vittoria Colonna ,40;
contro
Wolters Kluwer Italia Srl, Skill On Line Srl,
Knowledge Management & Security Srl, Project Automation Spa, Media
Touch 2000 Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Maurizio Zoppolato, Eva
Maschietto, Katja Besseghini, con domicilio eletto presso Maurizio
Zoppolato in Roma, via del Mascherino 72;
nei confronti di
Ministero dell'Interno - Dipartimento di
Pubblica Sicurezza - Dir.Centr.Ist.Istr., rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede
di Roma, Sezione I Ter, n. 9376 del 4 novembre 2013, resa tra le parti,
concernente la gara d'appalto per la realizzazione e la gestione del
progetto SISFOR - Sistema di formazione on-line delle Forze
dell'ordine.
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Wolters Kluwer
Italia Srl e di Skill On Line Srl e di Knowledge Management & Security
Srl e di Project Automation Spa e di Media Touch 2000 Srl e di Ministero
dell'Interno - Dipartimento di Pubblica Sicurezza -
Dir.Centr.Ist.Istr.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli
atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio
2014 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Lipani,
Sbrana, Besseghini, e dello Stato Gentili;
Ritenuto e considerato in
fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza impugnata il tribunale
amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso incidentale
proposto da Accenture S.p.A. e Accenture Techonology Solutions S.r.l.
(d’ora innanzi RTI Accenture) e, in accoglimento dei primi due motivi del
ricorso principale proposto da Wolters Kluver Italia S.r.l., Skill On Line
S.r.l., Knowledge Managment & Security S.r.l., Project Automation
S.p.A. e Media Touch 2000 S.r.l. (d’ora innanzi RTI Wolters Kluver), ha:
1) annullato l’aggiudicazione, in esito alla procedura ristretta bandita
dal Ministero dell’Interno, al RTI Accenture dell’appalto avente ad
oggetto la realizzazione e la gestione del progetto “SISFOR – sistema di
formazione on-line delle forze dell’ordine”, per un periodo di 48 mesi
dalla stipula del contratto; 2) disposto l’aggiudicazione dell’appalto in
favore di RTI Wolters Kluver; 3) ordinato, in caso di avvenuta
stipulazione del contratto d’appalto, il subentro nel rapporto del RTI
ricorrente principale.
Avverso la predetta decisione proponeva appello
RTI Accenture, contestando sia il capo di reiezione del proprio ricorso
incidentale in primo grado, sia la statuizione di annullamento
dell’aggiudicazione in proprio favore dell’appalto, e concludendo per la
riforma della sentenza gravata e per la conseguente declaratoria di
inammissibilità o, in subordine, per il rigetto nel merito del ricorso
originario di RTI Wolters Kluver.
Si costituiva RTI Wolters Kluver,
contestando la fondatezza dell’appello principale, impugnando, in via
incidentale, il capo di reiezione del terzo motivo del proprio ricorso
incidentale in primo grado e concludendo per la conferma della decisione
appellata e, in subordine, per l’accoglimento del proprio appello
incidentale.
Resisteva anche il Ministero dell’Interno, contestando la
fondatezza delle censure dedotte a sostegno dell’appello principale,
difendendo la correttezza della statuizione appellata e domandandone la
conferma.
L’esecutività della sentenza appellata veniva sospesa con
l’ordinanza adottata nella camera di consiglio del 19 dicembre
2013.
Con ordinanza n.2214/2014 in data 29 aprile 2014 la terza sezione
del Consiglio di Stato rimetteva all’Adunanza Plenaria la soluzione della
questione, afferente all’accoglimento del primo motivo del ricorso
principale di primo grado e in relazione alla quale giudicava utile un
chiarimento definitivo, relativa alla necessità (o meno) dell’indicazione
nominativa, nella dichiarazione sostitutiva depositata ai sensi
dell’art.38 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, di tutte le persone munite della
rappresentanza legale della società che devono possedere i requisiti
morali prescritti dalla predetta disposizione.
Alla pubblica udienza
del 9 luglio 2014, dinanzi all’Adunanza Plenaria, il ricorso veniva
trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- Occorre preliminarmente definire i confini
dell’oggetto della presente statuizione, al fine di circoscrivere l’esame
alla sola questione effettivamente controversa dinanzi all’Adunanza
Plenaria.
Ancorchè la disamina della parte dell’appello principale,
intesa a contestare il capo di reiezione del ricorso incidentale proposto
in primo grado dal RTI Accenture, apparisse logicamente antecedente,
rispetto allo scrutinio della fondatezza del gravame rivolto avverso
l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso proposto in primo grado
dal RTI Wolters Kluver, la terza sezione ha, nondimeno, ritenuto utile un
chiarimento, da parte dell’Adunanza Plenaria, su una questione che attiene
proprio all’accoglimento del primo motivo del ricorso di primo grado e
che, tuttavia, nella decisione dell’appello potrebbe anche rivelarsi
ininfluente (nell’ipotesi in cui venisse accolto l’appello del RTI
Accenture nella parte in cui si contesta la reiezione del ricorso
incidentale di primo grado e che comporterebbe la declaratoria
dell’inammissibilità del ricorso di prima istanza del RTI Wolters
Kluver).
L’ordinanza di rimessione risulta, a ben vedere, strutturata e
motivata come devolutiva al giudizio dell’Adunanza Plenaria della sola
questione, di seguito meglio illustrata, relativa alla valenza della
dichiarazione sostitutiva nella specie depositata dal RTI Accenture ai
sensi dell’art.38 d.lgs. n.163/06.
Ritiene, quindi, questa Adunanza,
esercitando la facoltà riconosciutale dall’art.99, comma 4, c.p.a., di
limitare il proprio giudizio all’affermazione del principio di diritto
relativo alla sola questione rimessale dalla terza sezione e di restituire
a quest’ultima la definizione del giudizio di appello, anche tenuto conto
che il dibattito processuale (sia scritto, sia orale) è rimasto
circoscritto alla disamina del solo problema esaminato nell’ordinanza di
rimessione e che, quindi, anche il rispetto del contraddittorio esige che
il presente esame resti limitato al predetto scrutinio.
2.- Così
definito l’ambito oggettivo della presente cognizione, occorre illustrare
e precisare i termini, di fatto e di diritto, della questione
controversa.
2.1- Principiando dalla disamina dei profili di fatto, si
deve rammentare che il bando (sezione III.2.1) e il disciplinare di gara
(artt.6.2 e 9 lett.a) richiedevano, a pena di esclusione, il possesso dei
requisiti prescritti dall’art.38 d.lgs. cit., ammettendo esplicitamente la
possibilità di attestarlo tramite dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà ai sensi dell’art.47 d.P.R. 28 dicembre 2000, n.445 e indicando
la formulazione della dichiarazione nei seguenti termini: “di non trovarsi
in nessuna delle condizioni di esclusione dalla partecipazione alle gare
ai sensi dell’art.38 del d.lgs. n.163/2006…” (art.6.2 lett.a n.4 del
disciplinare di gara).
Accenture S.p.A. aveva prodotto una
dichiarazione di un procuratore ad negotia (Giovanni Mario Pisanu)
formulata nei termini indicati nel disciplinare ma senza l’indicazione
nominativa dei due legali rappresentanti della società, mentre
l’amministratore delegato di Accenture Technology Solutions S.r.l. (Carlo
Trimarchi) aveva omesso la specifica menzione del presidente del consiglio
di amministrazione, ancorchè (anch’egli) dotato di poteri di
rappresentanza legale dell’impresa.
In particolare, le due
dichiarazioni contenevano l’esplicita e specifica attestazione “che non
sussistono a carico di coloro i quali rivestono la legale rappresentanza
dell’impresa condanne irrogate con sentenze passate in giudicato o con
sentenze di applicazione della pena a richiesta ai sensi dell’art.444
c.p.p. per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale o per
delitti finanziari” e la più generica attestazione, testualmente conforme
al lessico del disciplinare, “di non trovarsi in nessuna delle condizioni
di esclusione dalla partecipazione alle gare ai sensi dell’art.38 del
d.lgs. n.163/2006 e successive modificazioni”.
Dalla relazione
depositata dal Ministero dell’Interno nella camera di consiglio del 19
dicembre 2013 risulta che “a conclusione della procedura di gara,
l’Amministrazione, espletate tutte le predette verifiche, ha accertato,
con l’acquisizione di merito di tutta la necessaria documentazione, che
entrambe le società costituenti il RTI Accenture, nonché tutti i suoi
rappresentanti, risultano pienamente in regola con tutti gli obblighi
posti dalla normativa vigente in materia”.
Deve, ancora, precisarsi che
non risultano controversi, in fatto, sia il possesso dei requisiti di
moralità prescritti dall’art.38 d.lgs. cit. da parte di tutti i soggetti
muniti di poteri rappresentativi di entrambe le società che costituiscono
il RTI Accenture, sia l’effettivo e positivo accertamento, da parte
dell’Amministrazione appaltante, dell’insussistenza delle relative
condizioni ostative.
2.2- Così chiarita la situazione di fatto, occorre
illustrare i termini di diritto della questione controversa.
I giudici
di prima istanza, pur riconoscendo in capo a una persona munita dei
relativi poteri rappresentativi la legittimazione a presentare le
dichiarazioni prescritte per conto della società e dei suoi legali
rappresentanti (come è accaduto per Accenture S.p.A.), hanno, nondimeno,
rilevato la carenza, in entrambe le dichiarazioni depositate dalle due
società che costituiscono il RTI Accenture, di alcune informazioni
essenziali, giudicando, quindi, doverosa l’esclusione del RTI inadempiente
e, quindi, illegittima l’aggiudicazione in suo favore dell’appalto per cui
è causa.
Il TAR ha, in particolare, ritenuto mancanti le attestazioni
specificamente riferite a tutti i soggetti muniti di poteri di
rappresentanza delle due imprese, sia per la genericità delle
dichiarazioni prodotte, sia per l’omessa identificazione delle suddette
persone, ha, quindi, ritenuto inapplicabile, a fronte della predetta,
insanabile carenza, la regola del c.d. soccorso istruttorio e ha,
pertanto, giudicato illegittima l’omessa esclusione del RTI Accenture e
l’aggiudicazione in suo favore dell’appalto.
La terza sezione del
Consiglio di Stato, non condividendo le conclusioni raggiunte dai primi
giudici, rilevando un’incertezza giurisprudenziale sulla suddetta
questione e reputando, quindi, necessario un chiarimento, con valenza
nomofilattica, da parte dell’Adunanza Plenaria, ha rimesso a quest’ultima
la delibazione del problema, prospettando, quale soluzione preferibile,
l’affermazione del principio della mancanza di necessità che la
dichiarazione sull’assenza delle cause ostative dettagliate all’art.38
d.lgs. cit. contenga l’indicazione nominativa di tutti i soggetti per i
quali dev’essere attestato il possesso dei relativi requisiti
morali.
3.- Così chiariti i termini della questione controversa,
occorre, ancora in via preliminare, precisare che la gravata statuizione
di accoglimento del primo motivo del ricorso originario si compone di due
distinti accertamenti: la genericità della dichiarazione relativa
all’assenza delle condizioni preclusive previste dall’art.38 d.lgs. cit.
(e, cioè, l’omessa indicazione delle singole cause ostative) e la mancata
indicazione nominativa dei legali rappresentanti ai quali si riferiscono i
requisiti di moralità personali.
A ben vedere, con l’ordinanza di
rimessione si investe l’Adunanza Plenaria della sola questione relativa al
secondo accertamento, ma si ritiene, per esigenze di completezza di
trattazione del capo di appello in questione, di esaminare anche la prima
statuizione (che, si ricorda, attiene alla riscontrata genericità della
dichiarazione sostitutiva sull’inesistenza delle condizioni ostative
prescritte dal codice dei contratti pubblici).
Occorre, al riguardo,
rilevare che la necessità di indicare puntualmente l’assenza di tutte le
condizioni ostative dettagliate all’art.38 d.l.gs. cit. dev’essere esclusa
sia perché gli stessi atti di gara suggerivano la formulazione testuale
della dichiarazione in termini omnicomprensivi (ingenerando, in tal modo,
un affidamento meritevole di tutela sulla sua correttezza), sia perché, ai
fini dell’attestazione (con la valenza assegnata alle dichiarazioni
sostitutive dal d.P.R. n.445/2000) dei requisiti di moralità in questione,
il richiamo generico (ma esaustivo) alla disposizione legislativa che li
contempla si rivela del tutto sufficiente (nella fase di gara a cui si
riferisce il deposito della dichiarazione) a fornire all’Amministrazione
quell’impegno (assistito dalla sanzione penale per le dichiarazioni false)
sull’insussistenza delle condizioni ostative nel quale si risolve
l’acquisizione delle attestazioni ai sensi dell’art.47 d.P.R. cit.
Né
varrebbe obiettare che la dichiarazione avrebbe dovuto menzionare
specificamente l’assenza di cause preclusive, quantomeno per i requisiti
di moralità riferiti alle persone munite di poteri rappresentativi
dell’impresa, atteso che, ai fini che qui rilevano, l’attestazione
omnicomprensiva sull’insussistenza delle condizioni ostative previste
dall’art.38 d.lgs. cit. dev’essere, evidentemente, intesa come riferita,
quanto ai requisiti relativi ai legali rappresentanti della società (e non
alla persona giuridica), alle singole persone fisiche che rivestono la
qualifica di legali rappresentanti.
Un’interpretazione delle
dichiarazioni de quibus coerente con i principi di ragionevolezza, di
buona fede e di conservazione degli effetti giuridici, impone, infatti, di
riferire, di volta in volta, il contenuto delle stesse alla persona
giuridica concorrente o alle persone fisiche munite, nell’ambito della
compagine societaria, di poteri rappresentativi, a seconda del referente
soggettivo all’uopo preso in considerazione nelle varie fattispecie di cui
al paradigma normativo citato.
Le dichiarazioni depositate dalle due
società che costituiscono il RTI Accenture devono, quindi, essere
giudicate complete, sotto il profilo appena esaminato, nella misura in cui
andavano intese (così come le ha correttamente valutate il Ministero
appaltante) come riferite a tutte le condizioni ostative previste
dall’art.38 d.lgs. cit. e, relativamente ai requisiti di moralità
personali, ai singoli soggetti dotati di poteri di rappresentanza legale
all’interno delle due società.
4.- Resta, quindi, da esaminare la
questione, principalmente controversa, della necessità o meno della
menzione nominativa, nella dichiarazione sostitutiva relativa al possesso
dei requisiti di cui all’art.38 d.lgs. cit., di tutti i soggetti muniti di
rappresentanza legale dell’impresa e delle eventuali conseguenze, sulla
legittimità della procedura, di una attestazione che la omette.
A tale
questione possono offrirsi tre soluzioni: a) la dichiarazione che omette
la menzione nominativa delle persone fisiche dotate di poteri
rappresentativi e che si limita ad attestare l’assenza delle condizioni
ostative previste dall’art.38 d.lgs. cit. è completa e non necessita di
alcuna integrazione; b) una dichiarazione siffatta impone
all’amministrazione l’uso dei poteri di soccorso istruttorio e non
autorizza, di per sé, l’esclusione dell’impresa che l’ha prodotta; c) una
dichiarazione siffatta dev’essere considerata mancante di elementi
essenziali, non consente l’integrazione e (anzi) impone l’esclusione
dell’impresa che l’ha prodotta.
4.1- Così identificate le opzioni di
catalogazione della fattispecie esaminata ed i connessi effetti di diritto
di ognuna delle possibili classificazioni, si deve osservare che il
problema risulta risolto de futuro dall’art.39 del decreto legge 24 giugno
2014, n.90, che, per le sole procedure bandite dopo la sua entrata in
vigore, inserisce un comma 2-bis all’art.38 d.lgs. cit., che introduce una
sanzione pecuniaria per la mancanza, l’incompletezza e ogni altra
regolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive, obbliga la stazione
appaltante (l’uso del verbo assegnare all’indicativo presente segnala la
doverosità del comportamento) ad assegnare al concorrente un termine non
superiore a dieci giorni per la produzione o l’integrazione delle
dichiarazioni carenti e consente (anzi: impone) l’esclusione nel solo caso
di inosservanza di tale ultimo adempimento.
La disposizione, poi,
distingue, con un lessico infelice e foriero di incertezze interpretative
ed applicative (e, quindi, anche di contenzioso), la diversa fattispecie
di irregolarità non essenziali o di mancanza o incompletezza di
dichiarazioni non indispensabili, per la quale viene esclusa la necessità
di regolarizzazione e, a fortiori, l’applicabilità della sanzione
dell’esclusione.
Si tratta di una disposizione che, a prescindere dalle
prevedibili difficoltà esegetiche sottese alla qualificazione come
essenziali o meno delle irregolarità delle dichiarazioni sostitutive in
questione, risulta finalizzata proprio a superare le incertezze
interpretative e applicative del combinato disposto degli artt.38 e 46
d.lgs. cit., mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso
istruttorio (che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di
irregolarità delle dichiarazioni sostitutive) e la configurazione
dell’esclusione dalla procedura come sanzione unicamente legittimata
dall’omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle
dichiarazioni carenti entro il termine assegnato dalla stazione appaltante
(e non più da carenze originarie).
Nonostante, al momento della
redazione della presente decisione, la disposizione (come già rilevato,
inserita nel decreto legge n.90 del 2014) sia ancora in fase di
conversione in legge, la stessa, ancorchè non applicabile direttamente
alla presente controversia (come chiarito dall’art.39, comma 3) offre,
quale indice ermeneutico, l’argomento della chiara volontà del legislatore
di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi,
dell’ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla
procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza
assoluta delle dichiarazioni), di imporre un’istruttoria veloce, ma
preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni (prima della
valutazione dell’ammissibilità della domanda), e di autorizzare la
sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte
dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale (entro
il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione
appaltante).
Si tratta, quindi, di un’innovazione legislativa che, per
quanto inapplicabile alla presente controversia, indica la volontà univoca
del legislatore di valorizzare il potere di soccorso istruttorio al
duplice fine di evitare esclusioni formalistiche e di consentire le più
complete ed esaustive acquisizioni istruttorie.
4.2- Così esclusa la
diretta ed immediata applicabilità dello ius superveniens alla fattispecie
controversa, occorre procedere alla descrizione del sistema di regole
vigente al momento dell’aggiudicazione della procedura in questione.
La
definizione del quadro normativo di riferimento postula una lettura
coordinata e coerente degli artt. 38 e 46 d.lgs. cit. e degli atti di gara
(e segnatamente del bando e del disciplinare).
Occorre, al riguardo,
premettere che le questioni attinenti alla portata escludente delle
omissioni o delle carenze nelle dichiarazioni relative all’assenza delle
condizioni ostative dettagliate all’art.38 d.lgs. cit., ai rapporti, a
questi fini, tra la normativa primaria e la lex specialis di gara e agli
ambiti entro i quali può reputarsi legittimo o, addirittura, doveroso
l’esercizio dei poteri di cui all’art.46, comma 1, d.lgs. cit. sono state
decifrate e risolte con indirizzi giurisprudenziali incerti e, a volte,
contraddittori, sicchè anche su tali profili si impone un chiarimento da
parte dell’Adunanza Plenaria.
L’esegesi delle predette disposizioni è
stata, infatti, condotta sia con l’uso di canoni interpretativi
formalistici, che hanno fondato l’affermazione che ogni mancanza nelle
dichiarazioni comporta la sanzione dell’esclusione e non ammette il c.d.
soccorso istruttorio, che si risolverebbe in una lesione della par
condicio (Cons. St., sez. III, 24 giugno 2014, n.3198; sez. V, 16 ottobre
2013, n.5023; sez. III, 2 luglio 2013, n.3550), sia mediante parametri più
sostanzialistici, che, valorizzando una lettura teleologica delle
disposizioni interpretate, hanno fondato la diversa e contraria
affermazione che, nelle ipotesi in cui difetti un’espressa comminatoria di
esclusione nel bando, solo la mancanza oggettiva del requisito di
moralità, e non anche la sua omessa dichiarazione, giustifica l’esclusione
(Cons. St., sez. III, 6 febbraio 2014, n.583; sez. V, 9 dicembre 2013,
n.5883) e che, in tali fattispecie, il soccorso istruttorio costituisce il
doveroso strumento amministrativo per garantire il favor partecipationis
ed evitare misure espulsive inappropriate e formalistiche (Cons. St., sez.
V, 8 aprile 2014, n.1648).
Non solo, ma anche sui rapporti tra
normativa primaria e atti di gara, quanto alla portata escludente delle
violazioni delle prescrizioni relative alle dichiarazioni sostitutive,
possono registrarsi soluzioni giurisprudenziali differenti (anche se la
recente decisione dell’Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n.9 ha offerto
univoci canoni risolutivi della questione): da quelle (Cons. St., sez. V,
9 settembre 2013, n.4471) che annettono valenza preminente e cogente al
principio di tassatività espresso dall’art.46, comma 1-bis, d.lgs. cit. e
che concludono nel senso che le omissioni in questione comportano la
sanzione dell’esclusione anche se non prevista dal bando (o se prevista
solo come conseguenza del possesso oggettivo del requisito) a quelle
(Cons. St., sez. VI, 1 febbraio 2013, n.634) che, invece, riconoscono
portata prevalente alla lex specialis (là dove prevede l’esclusione come
conseguenza della sola esistenza oggettiva di una causa ostativa e non
anche della sua mancata attestazione) e all’art.38, comma 1, d.lgs. cit. e
che, quindi, ammettono l’esclusione quale conseguenza del solo
accertamento della mancanza in fatto del requisito di moralità
(riconoscendo valenza recessiva al disposto dell’art. 46, comma 1-bis.
d.lgs. cit.).
E’ stato, al riguardo, già chiarito (Ad. Plen. 16
ottobre 2013, n.23, 7 giugno 2012, n.21 e, da ultimo, n.9/2014) che la
costruzione della disposizione contenuta nell’art.46, comma 1-bis, d.lgs.
cit., che ha codificato il principio di tassatività delle cause di
esclusione, impone una sua esegesi ed applicazione nel senso che la
sanzione dell’esclusione dev’essere ritenuta operativa non solo nei casi
in cui sia stata espressamente prevista dallo stesso codice dei contratti
pubblici, ma anche quale conseguenza dell’inosservanza di adempimenti
doverosi stabiliti dallo stesso codice, ancorchè non espressamente a pena
di esclusione.
Un ulteriore corollario di tale principio dev’essere
individuato nell’inserzione automatica, ai sensi dell’art.1339 c.c., della
clausola espulsiva nel bando, là dove questo ometta di prevedere
espressamente l’esclusione quale conseguenza dell’inosservanza di
prescrizioni previste dal codice (Ad. Plen., n.9/2014).
In coerenza e
ad integrazione dei principi di diritto già enunciati da questa Adunanza
Plenaria (con la citata decisione n.9 del 2014) si ritiene, quindi, di
ribadire o di ulteriormente precisare che: a) la formulazione letterale
dell’art.46, comma 1-bis, d.lgs. cit. impone di applicare la sanzione
dell’esclusione alla violazione della prescrizione del codice (contenuta
nell’art.38, comma 2, d.lgs. cit.) relativa alla presentazione delle
dichiarazioni attestanti l’assenza delle relative condizioni ostative
(quand’anche queste fossero in concreto inesistenti); b) la sanzione
espulsiva dev’essere applicata anche nelle ipotesi in cui la lex specialis
di gara la preveda come conseguenza della sola assenza oggettiva dei
requisiti di moralità (e non anche della loro omessa attestazione); c) in
presenza di dichiarazioni radicalmente mancanti resta precluso
all’Amministrazione l’uso del soccorso istruttorio (che si risolverebbe in
una lesione del principio della par condicio).
Alla stregua delle
considerazioni appena svolte, si rileva che, per quanto ci si sforzi di
offrire una lettura delle suddette disposizioni (anche valorizzando la
formulazione testuale delle previsioni del bando e del disciplinare di
gara) che legittimi la sanzione dell’esclusione per i soli casi di difetto
oggettivo dei requisiti di moralità prescritti dall’art.38 d.lgs. cit. (e
non anche per le ipotesi di carenze nelle relative dichiarazioni
sostitutive), l’esegesi dell’art.46, comma 1-bis, d.lgs. cit. impone la
diversa interpretazione della doverosità dell’esclusione nei casi di
inosservanza dell’obbligo, codificato all’art.38, comma 2, d.lgs. cit., di
produrre le dichiarazioni sostitutive.
La portata univoca e generale
del richiamo al “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal
presente codice”, quale violazione che impone l’esclusione dei concorrenti
inadempienti, non ammette, infatti, alcuna interpretazione riduttiva e
vincola, anzi, l’interprete ad assegnare alla disposizione la più ampia
latitudine precettiva, con la conseguenza che l’inosservanza dell’obbligo
di attestazione previsto dal secondo comma dell’art.38 d.lgs. cit. impone
all’Amministrazione l’esclusione del concorrente che lo ha violato
(secondo, si ripete, il regime normativo vigente al momento della
definizione della procedura qui controversa).
4.3- Occorre, quindi,
procedere alla qualificazione della dichiarazione prodotta dal RTI
Accenture, al fine di verificare la condotta che l’Amministrazione avrebbe
dovuto tenere, a fronte di essa, e, quindi, di giudicare la legittimità
dei provvedimenti concretamente adottati.
Come già rilevato, le due
dichiarazioni prodotte dalle società che costituiscono RTI Accenture sono
state confezionate anche ai sensi dell’art.47, comma 2, d.P.R. cit., là
dove consente che la dichiarazione sostitutiva “può riguardare anche
stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti”, di cui il
dichiarante abbia diretta conoscenza.
Al fine di circoscrivere l’ambito
della presente indagine, giova ribadire che non risulta contestata la
facoltà (peraltro espressamente ammessa dagli atti di gara) che gli autori
delle dichiarazioni (il procuratore ad negotia per Accenture S.p.A. e
l’amministratore delegato per Accenture Techonology Solutions S.r.l.)
potessero attestare l’assenza delle condizioni ostative anche per le altre
persone munite di poteri di rappresentanza legale per le due rispettive
società, sicché la questione resta circoscritta alla verifica della
necessità o meno della identificazione di queste ultime e delle eventuali
conseguenze giuridiche della sua omissione (nell’ipotesi in cui la stessa
dovesse essere qualificata incompleta o, addirittura, mancante).
Il
problema appena illustrato si risolve, a sua volta, nell’esegesi
dell’art.47, comma 2, d.P.R. n.445/2000 e, segnatamente, della locuzione
“altri soggetti”.
Si tratta, cioè, di verificare se tale disposizione,
là dove ammette l’attestazione di stati, qualità personali e fatti
relativi a persone diverse dal dichiarante, imponga anche (ed a quali
condizioni) la relativa identificazione nel corpo della dichiarazione
(come ritenuto da Cons. St., sez. III, 7 aprile 2014, n.1634; sez. III, 9
aprile 2013, n.1953; sez. IV, 16 novembre 2011, n.6053).
Prima di
esaminare le argomentazioni addotte a sostegno delle tesi contrapposte
appare, tuttavia, utile una sintetica ricognizione dei principi che
governano l’uso delle dichiarazioni sostitutive ai fini dell’attestazione
dei requisiti di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti
pubblici.
Com’è noto, una delle più rilevanti innovazioni legislative
preordinate a semplificare i rapporti tra cittadini, imprese e pubbliche
amministrazioni è stata quella che ha consentito ai primi di attestare il
possesso di stati, qualità o fatti, mediante la presentazione di una
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e fermo restando il compito
dell’amministrazione di controllarne la veridicità (art.43 d.P.R.
cit.).
Ovviamente le finalità pubblicistiche sottese alle verifiche
relative alla produzione di documentazione amministrativa risultano
presidiate e garantite dalle regole concernenti l’identificazione del
dichiarante, la completezza delle informazioni contenute nella
dichiarazione e la responsabilità penale del dichiarante per il caso di
dichiarazioni false (art.76 d.P.R. cit.).
Occorre, quindi, verificare,
ai fini di una corretta esegesi della disposizione in esame, se, nel tipo
di dichiarazione controversa, le predette regole siano state rispettate e
se, in definitiva, gli interessi pubblicistici coinvolti siano stati
pregiudicati o, al contrario, compiutamente realizzati.
Posto che
l’identità dei dichiaranti non è in discussione, risultando nella
fattispecie osservate le prescrizioni poste a presidio della loro
identificazione, resta da stabilire se le dichiarazioni prodotte
contenessero tutte le informazioni indispensabili al fine
dell’accertamento d’ufficio della loro veridicità e se i soggetti che le
hanno rese risultino o meno esposti a responsabilità penale per il caso di
attestazioni mendaci.
4.3.1- Ora, posto che la dichiarazione deve
contenere tutte le informazioni di cui necessita l’Amministrazione per
verificarne d’ufficio la correttezza e la veridicità, anche ai sensi
dell’art.43 d.P.R. cit. (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2013, n.4785),
ritiene l’Adunanza che, mentre deve escludersi l’ammissibilità di
dichiarazioni riferite a persone non identificate e non identificabili,
deve, al contrario, giudicarsi consentita, anche in applicazione dei
principi civilistici in punto di determinabilità del contenuto degli atti
giuridici mediante rinvii ob relationem di semplice decifrazione, la
presentazione di dichiarazioni riferite a persone (ancorchè non
identificate) agevolmente identificabili mediante la consultazione di
registri pubblici o di banche dati ufficiali.
Mentre, infatti, nel
primo caso, la finalità della disposizione, agevolmente identificabile
nella semplificazione dell’attività dichiarativa (Cons. St., sez. VI, 12
luglio 2011, n.4206) ma senza alcun sacrificio delle esigenze di certezza
e di completezza nell’acquisizione delle attestazioni da parte
dell’Amministrazione, resterebbe irrimediabilmente frustrata (precludendo
qualsivoglia accertamento d’ufficio circa la veridicità delle
dichiarazioni), nella seconda ipotesi l’interesse pubblico sotteso alla
disposizione resterebbe integro e compiutamente realizzato.
Se,
infatti, come nel caso in esame, la dichiarazione sostitutiva consente
all’Amministrazione (prima) l’identificazione dei soggetti a cui si
riferisce e (poi) la verifica dell’esattezza e della veridicità delle
attestazioni rese, la stessa non può che reputarsi del tutto conforme alla
disposizione primaria che l’ha consentita e che realizza entrambi gli
interessi a cui risulta preordinata: la semplificazione dell’attività
dichiarativa e la conservazione dell’integrità delle necessità conoscitive
dell’Amministrazione.
Diversamente opinando, invero, si perverrebbe
alla paradossale e inaccettabile conseguenza di ritenere inammissibile
(con il probabile corollario della necessità dell’esclusione dell’impresa
che l’ha prodotta) una dichiarazione che l’Amministrazione ha potuto
agevolmente verificare, sia in ordine all’identità dei soggetti ai quali
si riferisce (mediante l’accesso a una banca dati ufficiale), sia in
ordine alla corrispondenza al vero delle attestazioni che li riguardano.
4.3.2- In ordine, invece, alla configurabilità della responsabilità
penale in capo al soggetto che dichiari falsamente qualità personali,
stati o fatti di altri soggetti (che costituisce il più forte ed efficace
presidio dell’affidabilità del sistema delle dichiarazioni sostitutive),
ancorchè non menzionati nominativamente nella dichiarazione, basti
rilevare che la già riscontrata agevole identificabilità (mediante
l’accesso al registro delle imprese) delle persone a cui si riferisce la
dichiarazione e (soprattutto) la logicamente presupposta loro conoscenza
da parte del dichiarante implicano la sicura individuazione nella
fattispecie considerata degli estremi (soggettivi ed oggettivi) del reato
di falso.
4.4- Così verificata la coerenza delle dichiarazioni
contestate con il paradigma legale di riferimento (art.47, comma 2, d.P.R.
n.445/2000), restano da esaminare le altre argomentazioni addotte dal RTI
appellato per sostenere la diversa tesi della mancanza o, comunque, della
grave incompletezza delle attestazioni in questione, con la preliminare
avvertenza che le stesse non solo non smentiscono le conclusioni ut supra
raggiunte, ma ne confermano la validità e la correttezza.
4.4.1- Con un
primo, suggestivo argomento si allega la segnalazione dell’Autorità di
vigilanza dei contratti pubblici n.1 in data 18 marzo 2014 a sostegno
della tesi della necessaria identificazione di tutti i soggetti muniti di
poteri rappresentativi dell’impresa.
Sennonchè, nella predetta
deliberazione, l’AVCP, esaminando il problema della necessità del
riferimento delle dichiarazioni prescritte dall’art.38 d.lgs. cit. anche
ai procuratori speciali della società (come già affermata da Cons. St.,
Ad. Plen., 16 ottobre 2013, n.23), si è limitata a suggerire una modifica
legislativa (a dire il vero ultronea) che autorizzi il legale
rappresentante dell’impresa a dichiarare l’assenza delle condizioni
ostative anche con riferimento ai procuratori speciali, in un’ottica di
semplificazione degli adempimenti imposti all’impresa partecipante alla
gara.
Come si vede, quindi, l’AVCP non ha in alcun modo affrontato la
questione qui dibattuta, ma ha offerto una soluzione al problema ivi
esaminato (la difficoltà di individuazione dei procuratori speciali ai
quali devono essere riferite le dichiarazioni) che, anzi, pare avvalorare
le conclusioni ut supra raggiunte e, cioè, l’ammissibilità di una
dichiarazione che riguardi terzi soggetti e senza la loro necessaria
identificazione (nel chè sembra risolversi la misura di semplificazione
suggerita dall’Autorità).
4.4.2- Con una seconda argomentazione,
invece, si valorizza la direttiva europea sugli appalti pubblici in data
26 febbraio 2014, n.24, non ancora recepita in Italia, quale provvedimento
che, per un verso, impedisce la produzione di dichiarazioni che omettano
tutte le informazioni indispensabili ad eseguire le verifiche d’ufficio
sulla loro veridicità e che, per un altro, preclude, nella fattispecie
considerata, l’esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.
Anche tali
argomentazioni si rivelano infondate e vanno disattese.
Premesso che la
direttiva in questione dev’essere ancora trasposta nel nostro ordinamento,
che, quindi, risulta priva di qualsiasi efficacia direttamente precettiva
e che le sue previsioni possono essere utilizzate ai soli fini ermeneutici
(e, comunque, con una valenza assai limitata), si osserva che la direttiva
configura un nuovo sistema di attestazione dell’insussistenza di
situazioni ostative (art.59), che si fonda (anch’esso) su
un’autodichiarazione (quale prova preliminare sostitutiva di certificati),
a sua volta cristallizzata nel documento di gara unico europeo (DGUE), e
su una coerente, diversa disciplina dei poteri di controllo e di soccorso
istruttorio riservati alle amministrazioni aggiudicatrici.
Ora, anche
prescindendo dall’inutilità del richiamo della suddetta previsione (attesa
l’inoperatività del sistema ivi configurato, sia perché il modello del
DGUE dev’essere previamente approvato dalla Commissione, sia perché la
direttiva dev’essere ancora recepita nel nostro ordinamento), si può
rilevare che il relativo regime dell’autodichiarazione e dei successivi
controlli non appare, ai fini che qui rilevano, molto dissimile da quello
vigente e non contiene, comunque, principi o regole idonei a smentire le
conclusioni appena raggiunte.
Né vale, ancora, richiamare il disposto
dell’art.57, comma 4, lett. h), per dimostrare la doverosità
dell’esclusione nella fattispecie in esame, sia perché tale previsione
sancisce una mera facoltà (e non un obbligo) di escludere gli operatori
economici che si trovano nelle condizioni ivi dettagliate, sia, ancora,
perché, mentre la previsione richiamata contempla quale causa di
esclusione l’omessa trasmissione delle informazioni richieste per
verificare l’assenza di motivi di esclusione, si è accertato che, nella
fattispecie in esame, tali informazioni fossero state trasmesse (tanto che
l’amministrazione aggiudicatrice ha potuto, in concreto, verificare
l’assenza di condizioni ostative).
4.4-3- Il RTI Wolters Kluver assume,
ancora, che la mancata allegazione da parte dell’Amministrazione di
modelli di dichiarazione (al contrario di quanto ex adverso sostenuto)
impedisce di riconoscere, in capo a RTI Accenture, alcun affidamento
meritevole di tutela circa la formulazione letterale della dichiarazione
sostitutiva effettivamente dovuta.
Ora, anche prescindendo dal
(peraltro dirimente) rilievo che le dichiarazioni presentate dal RTI
Accenture sono state già giudicate conformi alla normativa primaria di
riferimento e, quindi, immuni dai vizi alle stesse ascritti, si osserva
che, se è vero che l’Amministrazione non ha reso disponibile alcun modello
o format di dichiarazione, è anche vero che nel disciplinare di gara
risulta riportata la formulazione testuale della dichiarazione relativa
all’assenza delle condizioni ostative previste dall’art.38 d.lgs. cit., di
talchè la presentazione di una dichiarazione dal tenore letterale identico
a quello riportato negli atti di gara impone la tutela della buona fede in
ordine alla sua correttezza ed impedisce, in ogni caso, qualsivoglia
sanzione espulsiva del concorrente che l’ha presentata.
Si tratta, in
altri termini, di una fattispecie nella quale la conformità della
dichiarazione presentata alle espressioni lessicali contenute nella lex
specialis impone di accordare una tutela più pregnante all’affidamento
ingenerato nell’impresa concorrente (che eviti, in sostanza,
interpretazioni preclusive del suo accesso alla gara) e di perseguire
contestualmente l’interesse pubblico alla più ampia partecipazione alle
procedure (sulla valenza del principio del favor partecipationis cfr. ex
multis Cons. St., sez. V, 8 aprile 2014, n.1648).
Si aggiunga, per
altro verso, che proprio la mancata predisposizione di un modello da parte
della stazione appaltante e la genericità del richiamo operato nella lex
specialis alla normativa primaria, hanno prodotto l’effetto della
rimessione ai concorrenti della scelta relativa alle modalità di
formulazione della dichiarazione, di guisa da impedire, anche alla luce
dei principi comunitari di tutela dell’affidamento legittimo e di
proporzionalità, l’adozione di una sanzione espulsiva in ragione di
pretese irregolarità formali che non impediscano, mediante un rinvio ob
relationem a dati e informazioni agevolmente verificabili, il
raggiungimento dello scopo di identificare la portata delle dichiarazioni
e di controllarne la relativa veridicità.
4.4.4- Con un ultimo ordine
di argomentazioni il RTI appellato sostiene che la gravosità
dell’istruttoria imposta all’Amministrazione, per effetto dell’omessa
indicazione nominativa dei soggetti muniti di poteri rappresentativi,
risulta incompatibile con le esigenze di celerità della procedura ed
imponeva, quindi, per ciò solo, l’esclusione del concorrente che l’aveva
determinata.
Anche tale assunto dev’essere disatteso, in quanto
fondato su un presupposto (la complessità delle verifiche istruttorie
originate dalle dichiarazioni presentate da RTI Accenture) che risulta
smentito in fatto dallo stesso Ministero, là dove, nella relazione sopra
menzionata, riferisce di avere espletato gli accertamenti relativi
all’identità delle persone munite di rappresentanza legale ed
all’insussistenza, a loro carico, di cause ostative, senza che constino,
al riguardo, difficoltà, ritardi o complicazioni procedurali.
Ne
consegue che, anche sotto il profilo appena esaminato, va confermata la
correttezza della procedura in contestazione, non risultando in alcun modo
che l’interesse pubblico alla sua celerità sia stato inficiato o
pregiudicato dalle dichiarazioni presentate dal RTI Accenture.
5.-
Sulla base delle considerazioni che precedono possono, quindi, affermarsi
i seguenti principi di diritto:
a) la dichiarazione sostitutiva
relativa all’assenza delle condizioni preclusive previste dall’art.38
d.lgs. n.163 del 2006 può essere legittimamente riferita in via generale
ai requisiti previsti dalla norma e non deve necessariamente indicare in
modo puntuale le singole situazioni ostative previste dal legislatore;
b) la dichiarazione sostitutiva relativa all’insussistenza delle
condizioni ostative previste dall’art.38 d.lgs. n.163 del 2006 non deve
contenere la menzione nominativa di tutti i soggetti muniti di poteri
rappresentativi dell’impresa, quando questi ultimi possano essere
agevolmente identificati mediante l’accesso a banche dati ufficiali o a
registri pubblici;
c) una dichiarazione sostitutiva confezionata nei
sensi di cui alle precedenti lettere a) e b) è completa e non necessita di
integrazioni o regolarizzazioni mediante l’uso dei poteri di soccorso
istruttorio.
6.- Così affermato il principio di diritto relativo alla
sola questione di cui è stata investita l’Adunanza Plenaria, devono essere
restituiti gli atti alla terza sezione per la definizione del
ricorso.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando sull'appello, come
in epigrafe proposto:
a) formula i principi di diritto di cui in
motivazione;
b) restituisce gli atti alla III Sezione del Consiglio di
Stato per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito nonché sulle
spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 9 luglio 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Pier Giorgio Lignani,
Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno,
Presidente
Giorgio Giaccardi, Presidente
Marzio Branca,
Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Maurizio Meschino,
Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere, Estensore
Nicola Russo,
Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sergio De Felice,
Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2014