REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI
Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe
TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
-
Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
-
Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
artt. 14, 15, 18, comma 1, 25, comma 1 e 37, comma 1, della legge della
Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale
sull’energia e attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del
23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione
dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva
abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE),
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato
il 3-10 dicembre 2012, depositato in cancelleria l’11 dicembre 2012 ed
iscritto al n. 186 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto
di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2014 il Giudice relatore Aldo
Carosi;
uditi l’avvocato Franco Mastragostino per la Provincia
autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 3-10 dicembre 2012
e depositato l’11 dicembre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri
ha impugnato, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo
comma, lettera s), e terzo comma della Costituzione – in
relazione agli artt. 17 e 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge
di contabilità e finanza pubblica) – gli artt. 14, 15, 18, comma 1, 25,
comma 1, e 37, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 4
ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull’energia e attuazione
dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia
da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della
direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige 4 ottobre
2012, n. 40, numero straordinario n. 2.
1.1.– Anzitutto, il ricorrente
impugna gli artt. 14, 15 e 18, comma 1, della legge provinciale per
violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.
In particolare, l’art. 14,
al fine di sostenere ed incentivare «gli investimenti pubblici e privati
diretti ad un uso razionale dell’energia, all’efficienza energetica e
all’impiego delle fonti rinnovabili di energia» (comma 1), prevede al
comma 2 che la Provincia autonoma di Trento possa concedere contributi per
gli interventi ivi contemplati, fino al 70% della spesa, percentuale
suscettibile di aumento fino al 90% nei casi stabiliti dal comma 3; il
comma 8, infine, consente alla Provincia di stipulare convenzioni per
affidare a soggetti esterni lo svolgimento dell’istruttoria per la
concessione del contributo e l’attività di controllo.
L’art. 15 della
legge impugnata prevede al comma 1 la costituzione, da parte di banche e
altri soggetti del sistema finanziario, di fondi volti a finanziare
progetti di riqualificazione energetica degli edifici pubblici ed, al
comma 2, che la Provincia possa erogare, a beneficio di enti pubblici,
aziende speciali e società in house che gestiscono servizi pubblici
locali, un contributo fino al 20% – percentuale successivamente elevata al
30% – della spesa per interventi di riqualificazione energetica degli
edifici pubblici e che, per i progetti finanziati dal fondo di cui al
comma 1, possa «destinare quote dei fondi di garanzia, istituiti ai sensi
delle leggi in materia di incentivi ai settori economici, all’erogazione
di garanzie ai realizzatori degli interventi».
L’art. 18, comma 1,
prevede che la Provincia sostituisca, entro dieci anni dall’entrata in
vigore della legge, tutti i veicoli a sua disposizione con mezzi a elevata
efficienza energetica ed a basso impatto ambientale.
Ad avviso del
ricorrente le disposizioni impugnate comporterebbero nuovi oneri senza che
ne sia indicata la copertura finanziaria, nemmeno nell’art. 37 della legge
provinciale, la quale la prevede solo con riferimento alle spese
discendenti dall’applicazione di altre norme della medesima legge. Da ciò
deriverebbe la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.
1.2.– Il
Presidente del Consiglio, inoltre, impugna l’art. 25, comma 1, della legge
prov. Trento n. 20 del 2012 in quanto, nell’inserire il comma 3-bis nell’art. 16-novies della legge della Provincia autonoma di Trento
8 luglio 1976, n. 18 (Norme in materia di acque pubbliche, opere
idrauliche e relativi servizi provinciali), prevede che: «I concessionari
di piccole derivazioni a scopo idroelettrico i cui impianti sono entrati
in esercizio prima del 3 ottobre 2000 possono ottenere l’aumento della
portata massima derivabile, nei limiti della potenzialità delle opere già
in esercizio, prescindendo dalla valutazione dell’interesse ambientale
prevista dall’articolo 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di
tutela delle acque». Tale ultima disposizione, rubricata «Disciplina per
il rilascio dei minimo deflusso vitale», prevede che: «A complemento della
vantazione degli usi diversi di cui all’articolo 7, comma 1, lettera F),
delle norme di attuazione del progetto di piano generale per
l’utilizzazione delle acque pubbliche, la Giunta provinciale valuta –
preventivamente all’attivazione del procedimento di concessione di nuove
derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico – se sussiste un prevalente
interesse ambientale incompatibile con la derivazione proposta, tenendo
conto: a) delle necessità di garantire il raggiungimento o il mantenimento
degli obiettivi di qualità ambientale e per specificazione del corpo
idrico; b) delle esigenze di funzionalità fluviale e
paesaggistiche».
Secondo il ricorrente, prescindendo dalla «valutazione
dell’interesse ambientale prevista dall’articolo 8, comma 16, delle norme
di attuazione del piano di tutela delle acque», la norma si porrebbe in
contrasto con l’art. 12-bis, comma 1, del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e
impianti elettrici) – come da ultimo modificato dall’art. 95
(rectius: 96, comma 3) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152 (Norme in materia ambientale) – secondo cui «Il provvedimento di
concessione è rilasciato se: a) non pregiudica il mantenimento o il
raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua
interessato; b) è garantito il minimo deflusso vitale e l’equilibrio del
bilancio idrico; c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque
reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur
sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto
il profilo economico». A suo avviso, infatti, l’aumento della portata del
prelievo consentito ai concessionari di piccole derivazioni idroelettriche
determinerebbe fisiologicamente la diminuzione dei deflussi a valle, onde
la necessità di verificare che venga comunque garantito il mantenimento
del deflusso minimo vitale (DMV). La sede per tale verifica era la
valutazione prevista dall’art. 8, comma 16, delle norme attuative del
piano di tutela delle acque. Prescindere da essa significherebbe
prescindere dalla garanzia che sia comunque «garantito il minimo deflusso
vitale e l’equilibrio del bilancio idrico» come previsto dalla normativa
statale che fissa gli standards minimi ed uniformi della tutela
ambientale. Ne deriverebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., che, secondo la giurisprudenza costituzionale,
assegnerebbe allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di
tutela dell’ambiente e dell’ecosistema anche nei confronti delle Regioni a
statuto speciale e delle Province autonome, non trattandosi di materia
rientrante tra le competenze statutarie primarie o concorrenti, regionali
o provinciali, neppure per effetto dell’art. 10 della legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione). Alla legislazione regionale e provinciale sarebbe soltanto
consentito, nell’esercizio di una diversa competenza, incrementare i
livelli di tutela assicurati dal legislatore statale.
1.3.– Il
Presidente del Consiglio dei ministri, infine, impugna l’art. 37, comma 1,
della legge prov. Trento n. 20 del 2012. Originariamente esso prevedeva
che: «Alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione degli
articoli 11 e 20, stimati nell’importo di 60.000 euro per l’esercizio
finanziario 2012 e di 54.000 euro per ciascuno degli esercizi finanziari
dal 2013 al 2014, si provvede con le minori spese riferite all’unità
previsionale di base 61.30.210 (Finanziamenti in conto capitale nel
settore dell’energia) derivanti dall’abrogazione della legge provinciale
sul risparmio energetico».
Secondo il ricorrente, la norma si porrebbe
in contrasto con l’art. 17, comma 1, della legge n. 196 del 2009 –
applicabile alle Regioni e Province autonome in ragione del richiamo
operato dal successivo art. 19, comma 2, ed in virtù dell’art. 1, comma 5,
della medesima legge – che impedisce la copertura di nuovi o maggiori
oneri (peraltro, non quantificati) di parte corrente (nella specie, spese
di formazione) attraverso risorse in conto capitale. Poiché il menzionato
art. 17 della legge n. 196 del 2009 è dichiaratamente attuativo dell’art.
81, quarto comma, Cost., esso risulterebbe violato unitamente all’art.
117, terzo comma, Cost. «con specifico riferimento al “coordinamento della
finanza pubblica”».
2.– Con atto depositato il 14 gennaio 2013, si è
costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento, chiedendo la
reiezione delle questioni proposte, in quanto inammissibili e, comunque,
infondate.
3.– Dopo la notifica del ricorso è intervenuta la legge
della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della
Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria provinciale
2013).
L’art. 76, comma 1, di detta legge ha sostituito il comma
3-bis introdotto nell’art. 16-novies della legge prov.
Trento n. 18 del 1976 dall’impugnato art. 25, comma 1, della legge prov.
Trento n. 20 del 2012. A seguito della sostituzione, il comma 3-bis prevede che: «I concessionari di piccole derivazioni a scopo
idroelettrico i cui impianti sono entrati in esercizio prima del 3 ottobre
2000 possono ottenere l’aumento della portata massima derivabile, nei
limiti della potenzialità delle opere già in esercizio, a seguito di breve
istruttoria ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, del regio decreto n.
1775 del 1933, svolta dalla struttura provinciale competente in materia di
acque pubbliche, nel corso della quale si procede anche alla valutazione
dell’interesse ambientale, ai sensi dell’articolo 12-bis del regio
decreto n. 1775 del 1933».
L’art. 78, comma 3, della legge prov. Trento
n. 25 del 2012 ha sostituito l’art. 37, comma 1, della legge impugnata
(lettera a) ed ha di seguito inserito i commi 1-bis,
1-ter e 1-quater, relativi alla copertura degli oneri
derivanti dall’applicazione dei censurati artt. 14, 15 e 18, comma 1
(lettera b).
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha
dapprima depositato (il 18 aprile 2013) atto di rinuncia al ricorso
limitatamente all’art. 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del
2012 – cui è seguito il deposito (il 9 luglio 2013) del verbale di
deliberazione della Giunta provinciale di Trento contenente la relativa
accettazione – e, successivamente, ha depositato (il 4 febbraio 2014) un
secondo atto di rinuncia al ricorso con riferimento agli artt. 14, 15 e
18, comma 1, delle medesima legge provinciale. Nel corso dell’udienza la
difesa della resistente ha depositato il verbale di deliberazione della
Giunta provinciale di Trento contenente l’accettazione di detta ulteriore
rinuncia parziale.
4.– Il 20 gennaio 2014 la Provincia autonoma di
Trento ha depositato una memoria illustrativa delle proprie difese.
In
particolare, quanto alla questione relativa all’art. 25, comma 1, della
legge prov. Trento n. 20 del 2012, la resistente ricorda di aver adottato,
anche prima dell’emanazione del d.lgs. n. 152 del 2006, norme di
protezione dei corpi idrici, finalizzate a specifici obiettivi di tutela
della qualità delle acque e dell’ambiente. Viene richiamata a tale
proposito la legge provinciale n. 18 del 1976, contenente una procedura di
valutazione preliminare – dunque antecedente al procedimento di rilascio
della concessione di derivazione, di cui al r.d. n. 1775 del 1933 – circa
la sussistenza dell’eventuale prevalente interesse ambientale, che possa
risultare incompatibile con la derivazione d’acqua pubblica di cui è
richiesta la concessione.
La Provincia resistente rileva che già nel
Piano energetico-ambientale provinciale, approvato con deliberazione della
Giunta provinciale del 3 ottobre 2003, n. 2438, era disposto che le
concessioni per nuove derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico potessero
essere assentite solamente in difetto di un prevalente interesse pubblico
ad un diverso uso delle acque. Si tratterebbe di previsione ripresa
dall’art. 7, comma 1, lettera F), del Piano generale di
utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP), reso esecutivo con d.P.R. 15
febbraio 2006 (Norme di attuazione del Piano generale di utilizzazione
delle acque pubbliche).
La valutazione della sussistenza del prevalente
interesse ambientale prevista all’art. 8, comma 16, della deliberazione
della Giunta provinciale di Trento 30 dicembre 2004, n. 3233 (Approvazione
del piano di tutela delle acque) – per gli effetti di cui al decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque
dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il
trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE
relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole), sostituito dal codice
dell’ambiente e dall’art. 55 della legge prov. Trento 19 febbraio 2002, n.
2 (recte: n. 1), recante «Misure collegate con la manovra di
finanza pubblica per l’anno 2002» – sarebbe stata poi disciplinata, quanto
a misure organizzative e metodologiche, in atti amministrativi e,
segnatamente, nella deliberazione della Giunta provinciale del 21 aprile
2006, n. 783, come modificata dalle deliberazioni della Giunta provinciale
31 agosto 2007, n. 1847, e 11 settembre 2009, n. 2196, che prevede
l’acquisizione del parere dell’Agenzia provinciale per la protezione
dell’ambiente (APPA) – con riguardo agli obiettivi di qualità, alle
esigenze di funzionalità fluviale e, ove ne ricorrano i presupposti, di
altra compatibilità ambientale – e l’intervento del servizio provinciale
urbanistica e tutela del paesaggio.
La verifica della sussistenza di un
interesse ambientale incompatibile con la derivazione si concretizzerebbe,
dunque, in un parere di competenza della Giunta provinciale, fondato sulle
valutazioni dei citati organi e servizi e si qualificherebbe come
sub-procedimento, che si innesta nel procedimento principale, volto al
rilascio della concessione idroelettrica, di competenza del servizio
utilizzazione delle acque pubbliche.
La resistente afferma che in tale
filtro di ammissibilità, propedeutico a qualsivoglia altro approfondimento
ed esame istruttorio sulle caratteristiche tecniche e di localizzazione
delle domande di nuova derivazione, consisterebbe la «valutazione
dell’interesse ambientale» di cui all’impugnato art. 25, comma 1, della
legge prov. Trento n. 20 del 2012. Di conseguenza, sarebbe evidente che
una siffatta valutazione riguarderebbe unicamente le domande di nuove
concessioni e non il rispetto dei profili di tutela ambientale del corpo
idrico, a cui afferisce la concessione già in esercizio. In ordine a tale
vaglio preliminare si richiama la sentenza del Tribunale superiore delle
acque pubbliche 6 dicembre 2013, n. 204.
Inoltre, la Provincia precisa
che nell’ambito del procedimento avviato a seguito dell’istanza di aumento
della potenza dell’impianto non sarebbe omessa una valutazione di ordine
ambientale ai fini della tutela dell’equilibrio del bilancio del corpo
idrico interessato, poiché il procedimento richiamato dall’art. 25, comma
1, sarebbe esattamente quello prefigurato dall’art. 49, secondo comma, del
r.d. n. 1775 del 1933, che prevede una procedura semplificata per le
varianti non sostanziali. Tale procedura si differenzierebbe da quella
ordinaria, di cui al comma primo del citato art. 49, solo per l’assenza
della fase di evidenza pubblica, non più necessaria, trattandosi di
variante a concessione già in esercizio. Per il resto, il procedimento
avrebbe un suo compiuto svolgimento ed includerebbe, nella pur breve
istruttoria, tutte le valutazioni da parte dell’APPA, dei servizi bacini
montani, del servizio utilizzazione acque pubbliche e del servizio foreste
e fauna.
La resistente ammette che l’originaria formulazione del comma
3-bis dell’art.16-novies della legge prov. Trento n. 18 del
1976, come introdotto dall’impugnato art. 25, comma 1, della legge
provinciale n. 20 del 2012, dove si prevedeva semplicemente l’istruttoria
breve di cui all’art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, poteva
ingenerare dubbi. Tuttavia questi ultimi sarebbero stati superati nella
seconda versione, adottata con l’art. 76, comma 1, della legge prov.
Trento n. 25 del 2012, in cui è espressamente previsto lo svolgimento
della verifica ambientale di cui all’art. 12-bis del r.d. n. 1775
del 1933 nel corso della predetta istruttoria breve. In base alla modifica
introdotta, a giudizio della Provincia, sarebbe chiaro che anche
nell’ambito dell’istruttoria breve debbano essere effettuate verifiche che
garantiscano che il prelievo idrico superiore a quello oggetto di
concessione e comunque nei limiti della potenzialità delle opere già in
esercizio, non pregiudichi il mantenimento o il raggiungimento degli
obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato, garantisca
il DMV ed assicuri l’equilibrio di bilancio idrico.
La Provincia
conclude nel senso che non sussisterebbe alcun contrasto della normativa
provinciale con il citato art. 12-bis.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso depositato l’11 dicembre 2012
il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato alcune disposizioni
della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20
(Legge provinciale sull’energia e attuazione dell’articolo 13 della
direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del
Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili,
recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e
della direttiva 2003/30/CE).
Gli artt. 14, 15, 18, comma 1, e 37, comma
1, sono stati censurati in riferimento all’art. 81, quarto comma, della
Costituzione, ed il solo art. 37, comma 1, anche per violazione dell’art.
117, terzo comma, Cost. L’art. 25, comma 1, è stato invece impugnato in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Dopo
la notifica del ricorso è intervenuta la legge della Provincia autonoma di
Trento 27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Provincia autonoma di
Trento – legge finanziaria provinciale 2013), il cui art. 78 ha sostituito
l’art. 37, comma 1, della legge impugnata e vi ha aggiunto i commi
1-bis, 1-ter e 1-quater, relativi alla copertura
finanziaria derivante dall’applicazione dei censurati artt. 14, 15 e 18,
comma 1.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dapprima
depositato atto di rinuncia al ricorso limitatamente all’art. 37, comma 1,
della legge prov. Trento n. 20 del 2012, cui è seguita l’accettazione
della Provincia autonoma di Trento, e, successivamente, ha depositato un
secondo atto di rinuncia al ricorso con riferimento agli artt. 14, 15 e
18, comma 1, delle medesima legge provinciale. Nel corso dell’udienza la
difesa della resistente ha depositato il verbale di deliberazione della
Giunta provinciale di Trento contenente l’accettazione di detta ulteriore
rinuncia parziale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato – come detto – anche l’art. 25, comma 1, della legge della
Provincia autonoma di Trento 8 luglio 1976, n. 18 (Norme in materia di
acque pubbliche, opere idrauliche e relativi servizi provinciali), in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in
quanto l’aumento della portata del prelievo consentito dalla norma in
esame ai concessionari di piccole derivazioni idroelettriche avrebbe
determinato fisiologicamente la diminuzione dei deflussi a valle, onde la
necessità di verificare che venisse comunque garantito il mantenimento del
deflusso minimo vitale, secondo quanto previsto dalla normativa statale
(individuata dal ricorrente nell’art. 12-bis del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, recante «Testo unico delle disposizioni di legge
sulle acque e impianti elettrici», come successivamente modificato), che
fissa gli standards minimi ed uniformi della tutela ambientale. Con
riguardo all’ambito provinciale, la sede per tale verifica sarebbe quella
della valutazione prevista dall’art. 8, comma 16, della deliberazione
della Giunta provinciale di Trento 30 dicembre 2004, n. 3233 (Approvazione
del piano di tutela delle acque), da cui, invece, la disposizione
censurata avrebbe consentito di prescindere.
L’art. 76, comma 1, della
legge prov. Trento n. 25 del 2012 ha sostituito il comma 3-bis introdotto nell’art. 16-novies della legge della Provincia autonoma
di Trento 8 luglio 1976, n. 18 (Norme in materia di acque pubbliche, opere
idrauliche e relativi servizi provinciali), dall’impugnato art. 25, comma
1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, prevedendo espressamente che,
nel corso della breve istruttoria ai sensi dell’art. 49, secondo comma,
del r.d. n. 1775 del 1933, si proceda anche alla valutazione
dell’interesse ambientale.
Con riguardo all’art. 25, comma 1, della
legge prov. Trento n. 20 del 2012, nella memoria illustrativa delle
proprie difese la resistente evidenzia che l’art. 8, comma 16, del piano
di tutela delle acque, conterrebbe una procedura di valutazione
preliminare – rispetto al procedimento di rilascio della concessione di
derivazione, disciplinato dal r.d. n. 1775 del 1933 – circa la sussistenza
dell’eventuale prevalente interesse ambientale, che possa risultare
incompatibile con la derivazione d’acqua pubblica di cui è richiesta la
concessione.
La Provincia afferma che in tale filtro di ammissibilità
sarebbe consistita la «valutazione dell’interesse ambientale» di cui
all’impugnato art. 25, comma 1, che avrebbe riguardato unicamente le
domande di nuove concessioni e non il rispetto dei profili di tutela
ambientale del corpo idrico, a cui afferisce la concessione già in
esercizio. Inoltre, precisa che, nell’ambito del procedimento avviato a
seguito dell’istanza di aumento della potenza dell’impianto, quello
richiamato dall’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012
corrispondeva esattamente alla procedura prefigurata dall’art. 49, secondo
comma, del r.d. n. 1775 del 1933, che la prevede in forma semplificata per
le varianti non sostanziali.
2.– In via preliminare dev’essere
dichiarata, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo limitatamente
alle questioni relative agli artt. 14, 15 e 18, comma 1, e 37, comma 1,
della legge prov. Trento n. 20 del 2012, a seguito delle rinunce al
ricorso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, intervenute in
successione e, con analoghe modalità, accettate dalla Provincia autonoma
di Trento.
3.– Al contrario, non è stata oggetto di rinunzia la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge
prov. Trento n. 20 del 2012, proposta in riferimento all’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost.
Secondo il ricorrente, l’esonero dalla
relativa procedura di accertamento del rispetto degli standards minimi previsti dall’art. 8, comma 16, del piano di tutela delle acque
avrebbe consentito di assentire l’aumento della portata del prelievo ai
concessionari di piccole derivazioni idroelettriche senza alcuna verifica
complessiva dei potenziali effetti di diminuzione dei deflussi a
valle.
È opportuno ricordare in questo contesto la sopravvenienza,
rispetto alla norma impugnata, dell’art. 76, comma 1, della legge prov.
Trento n. 25 del 2012, il quale ha espunto dal suo testo l’inciso
«prescindendo dalla valutazione dell’interesse ambientale prevista
dall’art. 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di tutela delle
acque, approvato con deliberazione della Giunta provinciale 30 dicembre
2004, n. 3233» ed ha disposto che, nell’ambito della breve istruttoria
svolta ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del
1933, «si procede anche alla valutazione dell’interesse ambientale, ai
sensi dell’articolo 12-bis del regio decreto n. 1775 del
1933».
Dal confronto tra le censure formulate ed il contenuto della
norma rideterminata dalla novella legislativa si evince con chiarezza che
la disposizione risultante è immune dal profilo d’illegittimità oggetto di
doglianza da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, risultando
in tal modo satisfattiva della pretesa del ricorrente.
Tuttavia, non
v’è prova che, nel lasso temporale intercorso tra la data di emanazione
della norma impugnata e l’entrata in vigore di quella modificativa, la
prima non abbia avuto applicazione e, conseguentemente, non può essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere. Occorre pertanto
scrutinare egualmente la norma originaria (ex plurimis, sentenza n.
18 del 2013) per verificarne la conformità al precetto espresso dall’art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
3.1.– Tanto premesso, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge
prov. Trento n. 20 del 2012, proposta in riferimento a tale parametro
costituzionale, è fondata.
La norma in esame, pur nell’asserito intento
semplificatorio, invade la materia riservata all’esclusiva competenza
statale della tutela dell’ambiente senza che il suo contenuto sia rivolto
nell’unica direzione consentita dall’ordinamento al legislatore regionale,
ovvero quella di innalzare, eventualmente, il livello di tutela
dell’ambiente. Infatti, l’orientamento di questa Corte è fermo nel
ritenere che «non è consentito alle Regioni ed alle Province autonome di
legiferare, puramente e semplicemente, in campi riservati dalla
Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato, ma soltanto di elevare
i livelli di tutela degli interessi costituzionalmente protetti, purché
nell’esercizio di proprie competenze legislative, quando queste ultime
siano connesse a quelle di cui all’art. 117, secondo comma, Cost.» (ex
plurimis, sentenza n. 151 del 2011).
Con riguardo alla fattispecie
in esame, assume valore dirimente il fatto che la formulazione originaria
dell’impugnato art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012 –
nel prevedere che i concessionari di piccole derivazioni a scopo
idroelettrico, i cui impianti sono entrati in esercizio prima del 3
ottobre 2000, possono ottenere l’aumento della portata massima derivabile,
«prescindendo dalla valutazione dell’interesse ambientale prevista
dall’articolo 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di tutela
delle acque» – risulta in contrasto con l’art. 12-bis del r.d. n.
1775 del 1933 – come modificato dall’art. 96, comma 3, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) – il
quale, a sua volta, ha specificato il precetto costituzionale invocato dal
ricorrente. E ciò nel senso di disporre che il provvedimento di
concessione può essere rilasciato solo ove siano garantiti il minimo
deflusso vitale e l’equilibrio del bacino idrico, valutazioni, queste
ultime, previste proprio nell’ambito dell’art. 8, comma 16, del richiamato
piano di tutela delle acque.
Il tenore letterale dell’originaria
formulazione dell’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del
2012 esclude inequivocabilmente la soluzione interpretativa proposta dalla
Provincia, la quale ha sostenuto l’esistenza di un implicito precetto – di
contenuto conforme alla normativa statale – nell’ambito della disposizione
impugnata.
Peraltro l’univoco significato di detta disposizione viene
indirettamente confermato dal comportamento della Provincia autonoma, la
quale – proprio per tale ragione – l’ha modificata, introducendo l’obbligo
di procedere alla valutazione di cui all’art. 12-bis del r.d. n. 1775 del 1933 secondo le modalità previste dal citato art. 8,
comma 16, del piano di tutela delle acque.
Pertanto, l’art. 25, comma
1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, intervenendo in materia di
tutela ambientale e riducendo il livello di protezione fissato dalla legge
statale, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
per questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 25, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 4
ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull’energia e attuazione
dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia
da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della
direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE);
2) dichiara l’estinzione del processo relativamente alle questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 14, 15, 18, comma 1, e 37, comma 1, della legge
prov. Trento n. 20 del 2012, promosse dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 aprile
2014.
Depositata in Cancelleria il 10 aprile
2014.