REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI
Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe
TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
-
Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
-
Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio 2013,
n. 4 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale n. 1 del 2013,
all’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2012 e disposizioni
concernenti i cantieri comunali), promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 23-29 aprile 2013, depositato in
cancelleria il 24 aprile 2013 ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi
2013.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma
Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2014 il
Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato dello Stato
Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 23-29 aprile 2013,
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 117, terzo
comma, e 119 della Costituzione, dell’art. 2 della legge della Regione
autonoma Sardegna 21 febbraio 2013, n. 4 (Modifiche all’articolo 1 della
legge regionale n. 1 del 2013, all’articolo 2 della legge regionale n. 14
del 2012 e disposizioni concernenti i cantieri comunali).
1.1.– Ad
avviso del Governo, l’impugnato art. 2 sarebbe illegittimo per contrasto
con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., segnatamente per violazione
del principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica» di
cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122. La Regione autonoma Sardegna avrebbe,
in tal modo, travalicato i limiti della sua competenza concorrente in
materia di «coordinamento della finanza pubblica», ad essa estesa
dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione), quale forma di
autonomia più ampia.
Ritiene, a tal proposito, il ricorrente non
potersi nutrire dubbio alcuno sul contrasto della norma in esame con
l’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, di cui più volte questa Corte
ha rimarcato la natura di principio di coordinamento della finanza
pubblica, non derogabile dalla legge regionale. Peraltro, la disposizione
regionale censurata non sarebbe riconducibile ad alcuna delle eccezioni
introdotte dall’art. 4-ter, comma 12, del decreto-legge 2 marzo
2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, efficientamento e potenziamento delle procedure di
accertamento), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 26 aprile 2012, n. 44, con il quale il legislatore statale ha
consentito agli enti locali, a decorrere dal 2013, di superare il limite
previsto dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, posto che il
superamento del limite è previsto per i soli casi di «assunzioni
strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia
locale, di istruzione pubblica e del settore sociale».
1.2.– La norma
regionale in esame, inoltre, non prevedendo i mezzi finanziari necessari a
coprire le spese di assunzione del personale, contrasterebbe con l’art.
81, quarto comma, Cost.
2.– Si è costituita la Regione autonoma
Sardegna e nella sua memoria ha preliminarmente osservato che l’art. 2
della legge reg. n. 4 del 2013 è stato interamente sostituito dall’art. l
della legge della Regione autonoma Sardegna 23 aprile 2013, n. 9
(Interventi urgenti in materia di lavoro e nel settore sociale).
2.1.–
La difesa regionale assume che l’articolo specificamente impugnato è stato
vigente per un brevissimo lasso temporale (dato che la legge reg. n. 9 del
2013 è seguita a meno di due mesi dalla legge reg. n. 4 del 2013 ed è
stata approvata addirittura prima della notificazione del ricorso da parte
dell’Avvocatura generale dello Stato) e che di tale circostanza questa
Corte ha sempre tenuto conto ai fini della cessazione della materia del
contendere.
2.2.– La resistente eccepisce, in ogni caso,
l’inammissibilità del gravame, anzi la sua irricevibilità per difetto di
rituale notificazione dell’atto introduttivo del presente giudizio. Essa è
stata effettuata dall’Avvocatura generale dello Stato «in proprio» ai
sensi dell’art. 55 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia
di processo civile), che, secondo la difesa regionale, non sarebbe
applicabile nel caso in esame.
2.3.– L’impugnazione sarebbe, inoltre,
inammissibile per difetto di una completa identificazione dei parametri di
legittimità costituzionale. È all’uopo richiamata una giurisprudenza,
asseritamente consolidata, di questa Corte per cui sarebbe onere del
ricorrente dimostrare che l’atto impugnato esorbita dalle competenze della
Regione (o della Provincia autonoma), dando espressamente conto delle
fonti che ne tutelano l’autonomia speciale.
2.4.– Sarebbe, poi,
specificamente inammissibile il secondo motivo di ricorso, con il quale il
ricorrente denuncia una presunta violazione dell’art. 81, quarto comma,
Cost. senza preoccuparsi di dimostrare che la disposizione in oggetto
preveda effettivamente una spendita di risorse nuove o maggiori da parte
della Regione Sardegna (ciò che, secondo la resistente sarebbe, invece, da
escludere).
2.5.– Nel merito, la difesa regionale deduce la non
fondatezza delle censure del Governo.
2.5.1.– Priva di fondamento
sarebbe, anzitutto, quella di violazione del principio fondamentale della
materia «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 9, comma
28, del d.l. n. 78 del 2010. E ciò perché, secondo la resistente, le
risorse umane impiegate nei cosiddetti «cantieri comunali» non sono al
diretto servizio degli enti locali e non possono essere qualificate come
«personale» da calcolare nel limite di cui all’art. 9, comma 28, del d.l.
n. 78 del 2010. Tanto risulterebbe dal comma 2-bis dell’art. 5
della legge della Regione autonoma Sardegna 15 marzo 2012, n. 6
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della
Regione – legge finanziaria 2012), ove si prevede, con una formula
inequivoca, che i cantieri comunali devono essere avviati in ogni caso
«evitando forme di impiego che costituiscano presupposti per la creazione
di nuovo precariato».
Ritiene, comunque, la difesa regionale che,
quand’anche i lavoratori dei cantieri comunali fossero da computare nel
personale dell’ente locale, non per questo la disposizione impugnata
sarebbe illegittima.
I cantieri comunali sono stati istituiti dal
legislatore regionale nel lontano 1988, come strumento di intervento nel
settore sociale, incentivante l’occupazione mediante progetti finalizzati
alla realizzazione, riattamento, manutenzione e gestione di opere o
attività pubbliche o di pubblica utilità.
La difesa regionale ne desume
che – come già ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 10 del 2010, a
proposito della cosiddetta “social card” – l’intervento in esame è
finalizzato «ad alleviare una situazione di estremo bisogno e di
difficoltà nella quale versano talune persone, mediante l’erogazione di
una prestazione che non è compresa tra quelle assicurate dal sistema
previdenziale e da quello sanitario, ma costituisce un intervento di
politica sociale», peraltro, «attinente all’ambito materiale
dell’assistenza e dei servizi sociali, oggetto di una competenza residuale
regionale» ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. La finalità sociale
dei cantieri comunali sarebbe stata confermata dalla nuova formulazione
dell’art. 2 della legge reg. Sardegna n. 4 del 2013, come novellata
dall’art. l della legge reg. n. 9 del 2013, là dove prevede che i progetti
e le assunzioni di lavoratori sono preordinati a «garantire l’esercizio di
funzioni specifiche del settore sociale», rendendo così esplicito un dato
che era comunque evidente anche nella originaria formulazione della
disposizione impugnata e che si poteva ricavare dall’intero ordinamento
dei cosiddetti «cantieri comunali» o «progetti comunali finalizzati
all’occupazione».
Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il
ricorrente, la disposizione in oggetto rientrerebbe a pieno titolo nella
deroga prevista per gli interventi nel «settore sociale» proprio dall’art.
9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, limitatamente alle assunzioni
strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni, tra le
altre, nel campo “sociale”.
2.5.2.– Infondato sarebbe pure il secondo
motivo di ricorso, con cui si censura la violazione dell’art. 81, quarto
comma, Cost. presupponendo che il legislatore regionale non abbia
individuato le risorse necessarie a coprire le nuove spese.
In verità,
secondo la difesa regionale, la disposizione in esame si limiterebbe a
qualificare gli interventi di sviluppo sociale posti in essere dai Comuni,
senza per questo determinare nuovi o maggiori oneri in capo
all’Amministrazione regionale. In particolare, la norma impugnata non
farebbe altro che definire i cantieri comunali come «progetti speciali»
che «non hanno carattere permanente», di guisa che essi possano dar luogo
soltanto ad assunzioni «di progetto». E ciò senza alcuna previsione di
spesa, che resterebbe, dunque, regolata dalla disciplina previgente,
estranea al presente giudizio. In buona sostanza, il finanziamento dei
cantieri comunali sarebbe assicurato dalle singole leggi di spesa che
attribuiscono ai Comuni i fondi per la realizzazione dei progetti e che
disciplinano le modalità di utilizzo di quegli stessi fondi.
3.– Con
memorie depositate in prossimità dell’udienza le parti hanno argomentato
ulteriormente le proprie posizioni, ribadendo le conclusioni già
rassegnate nei rispettivi atti iniziali del giudizio.
3.1. – In
particolare, la difesa della Regione ha insistito nella richiesta di
dichiarazione della cessazione della materia del contendere alla luce
delle ulteriori modificazioni del quadro normativo rilevante. Quanto alla
mancata applicazione della legge impugnata, la difesa regionale ha
rilevato che: a) l’articolo censurato è stato vigente per un
brevissimo lasso di tempo (meno di due mesi); b) 1’Amministrazione
regionale, con nota prot. n. 4938/I.7.1 del 3 febbraio 2014, ha attestato
che i finanziamenti in contestazione sono stati disposti, per il 2012, in
applicazione della legge reg. n. 6 del 2012 e, per il 2013, anche in
applicazione delle leggi regionali, di modifica della prima, n. 9 del 2013
e 2 agosto 2013, n. 21 (Sostegno alle povertà e interventi vari) (è
richiamata la delibera della Giunta regionale n. 47/19 del 14 novembre
2013), di tal che la legge impugnata non avrebbe avuto concreta attuazione
da parte della Regione Sardegna.
3.2. – Con la dedotta cessazione della
materia del contendere la difesa dello Stato non ha concordato affatto,
denunciando la sostanziale invarianza del contenuto precettivo della
disposizione impugnata. Con la conseguenza che, a suo avviso, sarebbero
rimaste valide ed attuali le censure proposte dal Presidente del Consiglio
dei ministri con il ricorso introduttivo del presente giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso notificato a mezzo del servizio
postale il 23-29 aprile 2013 e depositato in cancelleria il 24 aprile
2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 2 della legge
della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio 2013, n. 4 (Modifiche
all’articolo 1 della legge regionale n. 1 del 2013, all’articolo 2 della
legge regionale n. 14 del 2012 e disposizioni concernenti i cantieri
comunali), deducendone il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, 119 e
81, quarto comma, della Costituzione.
La disposizione regionale
censurata prevede che «I cantieri comunali per l’occupazione e i cantieri
verdi costituiscono a tutti gli effetti progetti speciali finalizzati
all’attuazione di competenze e di politiche regionali, non hanno carattere
permanente e pertanto le assunzioni di progetto in essi previste non
costituiscono presupposto per l’applicazione dei limiti di cui all’art. 9,
comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica),
convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e
successive modifiche ed integrazioni».
Le censure sono articolate su un
duplice ordine di motivi.
Con il primo motivo il Governo denuncia la
violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., perché non sarebbe
stato rispettato il principio di coordinamento di finanza pubblica di cui
all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, in base al quale «A
decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi
di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento
della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009 […]».
Con
il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 81, quarto
comma, Cost., in quanto, a suo avviso, la legge regionale in esame non
avrebbe previsto i mezzi finanziari necessari a coprire le spese di
assunzione del personale.
2.– La difesa della Regione autonoma Sardegna
ha chiesto la dichiarazione di cessazione della materia del contendere
alla luce dello ius superveniens di seguito indicato ed ha,
comunque, eccepito l’inammissibilità del ricorso e dedotto la sua
infondatezza.
3.– Per stabilire se la materia del contendere sia
cessata o meno, occorre premettere che il testo originario della
disposizione regionale censurata, oggetto d’impugnazione da parte del
Governo, è stato interamente sostituito dall’art. l della legge della
Regione autonoma Sardegna 23 aprile 2013, n. 9 (Interventi urgenti in
materia di lavoro e nel settore sociale), non impugnata.
Detta
modifica, giusta l’art. 2 della stessa legge reg. n. 9 del 2013, è entrata
in vigore il giorno della pubblicazione della legge nel Bollettino
ufficiale della Regione, ossia il 26 aprile 2013 (a circa due mesi di
distanza dall’entrata in vigore della legge reg. n. 4 del 2013). Nella
formulazione vigente, l’art. 2 della legge reg. n. 4 del 2013 prevede
quanto segue: «I cantieri comunali per l’occupazione e i cantieri verdi
costituiscono a tutti gli effetti progetti speciali finalizzati
all’attuazione di competenze e di politiche regionali le cui assunzioni
risultano strettamente necessarie a garantire l’esercizio di funzioni
specifiche del settore sociale. L’onere finanziario è interamente a carico
di risorse regionali e le assunzioni di progetto in essi previste sono
riconducibili alle deroghe introdotte dall’articolo 4-ter, comma
12, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia
di semplificazioni tributarie, efficientamento e potenziamento delle
procedure di accertamento), convertito con legge 26 aprile 2012, n. 44,
con il quale il legislatore statale ha consentito agli enti locali, a
decorrere dal 2013, di superare il limite previsto dall’articolo 9, comma
28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in
legge, con modificazioni, dall’articolo l, comma l, della legge 30 luglio
2010, n. 122, nei soli casi di assunzioni strettamente necessarie a
garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione
pubblica e del settore sociale».
Infine, la disciplina in esame è stata
ulteriormente definita (pur senza novellare testualmente le fonti
previgenti) dall’art. 3 della legge della Regione autonoma Sardegna 2
agosto 2013, n. 21 (Sostegno alle povertà e interventi vari) – esso pure
non censurato direttamente –, ove si è stabilito che «I cantieri comunali
per l’occupazione e i cantieri verdi, il cui onere è finanziato con
risorse regionali, costituiscono a tutti gli effetti progetti speciali
finalizzati all’attuazione di competenze e di politiche regionali miranti
a fronteggiare l’emergenza socio-economica. I comuni attuano gli
interventi ai sensi dell’articolo 94 della legge regionale 4 giugno 1988,
n. 11 (legge finanziaria 1988), [e s.m.i.], e le relative spese sono
classificate quali spese di investimento; qualora i progetti speciali
siano attuati ai sensi dell’articolo 24 della legge regionale 20 aprile
2000, n. 4 (legge finanziaria 2000), per le assunzioni in essi previste si
applicano le disposizioni di cui all’articolo l della legge regionale 23
aprile 2013, n. 9 (Interventi urgenti in materia di lavoro e nel settore
sociale)».
4.– Alla luce del sopra riportato ius superveniens,
che non ha formato oggetto di alcuna impugnazione da parte del Governo, la
Regione autonoma Sardegna ritiene che sia cessata la materia del
contendere. La difesa dello Stato non concorda con tale conclusione,
sottolineando, in particolare, la sostanziale omogeneità del testo
novellato della disposizione in esame con quello originario specificamente
censurato.
In buona sostanza, mentre la disposizione regionale
escludeva le assunzioni di progetto previste nei cantieri comunali
dall’ambito di applicazione dei limiti di cui all’art. 9, comma 28, del
d.l. n. 78 del 2010 (50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nel
2009), la novella di cui all’art. 1 della legge reg. n. 9 del 2013 le ha
ascritte al novero delle deroghe di cui all’art. 4-ter, comma 12,
del d.l. n. 16 del 2012. Con quest’ultima disposizione si è consentito
agli enti locali, a partire dal 2013, di superare il limite anzidetto «nei
soli casi di assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio
delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore
sociale». L’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1 della legge
reg. n. 9 del 2013 è stata poi confermata dall’art. 3 della legge reg. n.
21 del 2013 relativamente alle assunzioni nei progetti speciali attuati ai
sensi dell’art. 24 della legge della Regione autonoma Sardegna 20 aprile
2000, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale della Regione – legge finanziaria 2000), sostitutivo dell’art.
36 della legge della Regione automa Sardegna 29 gennaio 1994, n. 2
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della
Regione – legge finanziaria 1994). Lo stesso art. 3 ha, invece,
classificato come «spese di investimento» tutte quelle relative agli
interventi attuati dai Comuni ai sensi dell’art. 94 della legge della
Regione autonoma Sardegna 4 giugno 1988, n. 11 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale della Regione – legge finanziaria
1988).
Orbene, questa Corte ha ripetutamente affermato che le
condizioni richieste «perché debba essere dichiarata la cessazione della
materia del contendere» sono «a) sopravvenuta abrogazione o modificazione
delle norme censurate in senso satisfattivo della pretesa avanzata con il
ricorso; b) mancata applicazione, medio tempore, delle norme
abrogate o modificate (ex plurimis, sentenze n. 193 del 2012; n. 32
del 2012; n. 325 del 2011)» (sentenza n. 300 del 2012).
Alla luce di
siffatte enunciazioni, è da ritenere che nella specie non sussiste alcuno
dei requisiti enucleati dalla giurisprudenza costituzionale per pervenire
alla declaratoria di cessazione della materia del contendere» (al
riguardo, sentenze n. 246, n. 228, n. 218 e n. 187 del 2013).
In
particolare, quanto al carattere satisfattivo della modifica normativa
sopravvenuta, la nuova formulazione della disposizione regionale
impugnata, sancendo che le assunzioni di progetto nei cosiddetti cantieri
comunali «risultano strettamente necessarie a garantire l’esercizio di
funzioni specifiche del settore sociale […] e […] sono riconducibili alle
deroghe introdotte dall’articolo 4-ter, comma 12, del decreto-legge
2 marzo 2012, n. 16», non assicura, per la genericità della sua
formulazione, la riconduzione delle fattispecie da essa previste
nell’ambito settoriale e ben circoscritto delle ipotesi derogatorie
individuate dal legislatore statale. Sicché, come condivisibilmente ha
osservato la difesa dello Stato opponendosi alla dedotta cessazione della
materia del contendere, il contenuto e la ratio della disposizione
in vigore sono rimasti fondamentalmente identici a quelli della versione
precedente (con la sottrazione delle anzidette assunzioni alla disciplina
di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010), essendo mutata solo
ed unicamente la “giustificazione” della non applicabilità alla
fattispecie in esame dei limiti posti dal legislatore statale (prima la
“specialità” e il “carattere non permanente” dei progetti, ora anche la
espressa riconduzione delle assunzioni de quibus alle eccezioni di
cui all’art. 4-ter, comma 12, del d.l. n. 16 del 2012).
Allo
stesso modo, il successivo art. 3 della legge reg. Sardegna n. 21 del 2013
ha confermato l’impianto della normativa previgente. Da un lato, esso ha,
infatti, stabilito che le disposizioni di cui all’art. 1 della legge reg.
n. 9 del 2013 si applicano alle assunzioni previste nei «cantieri comunali
per l’occupazione» e «verdi» costituenti progetti speciali attuati ai
sensi dell’art. 24 della legge reg. n. 4 del 2000. Dall’altro, ha
classificato come «spese di investimento» quelle relative agli interventi
attuati dai Comuni ai sensi dell’art. 94 della legge reg. n. 11 del 1988,
e successive modifiche ed integrazioni, con ciò sottraendo i costi
imputabili ai lavoratori ivi utilizzati al tetto di spesa invocato dal
Governo a motivo del denunciato contrasto della norma impugnata con gli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.
Sotto l’altro profilo, militano
contro la mancata applicazione medio tempore della norma censurata,
sia la sua efficacia (potenzialmente) immediata, non potendosi escludere
che «assunzioni di progetto» possano essersi verificate alla stregua della
disposizione novellata durante il suo, ancorché contenuto, periodo di
vigenza (circa due mesi), sia il mancato riscontro – nel corpo della
delibera della Giunta regionale n. 47/19 del 14 novembre 2013, richiamata
dall’attestazione rilasciata dalla Regione Sardegna ai propri difensori –
che i finanziamenti per il 2013 sarebbero stati assegnati anche in
applicazione delle modificazioni apportate all’art. 2 della legge reg. n.
4 del 2013 dalle successive leggi regionali n. 9 e n. 21 del 2013.
Una
volta escluso che la disposizione regionale censurata sia stata modificata
in termini satisfattivi delle censure e non abbia avuto alcuna concreta
applicazione, si deve procedere senz’altro allo scrutinio della sua
legittimità costituzionale.
Inoltre, attesa la sopravvivenza del nucleo
precettivo contestato nella versione riformata della norma impugnata, la
questione dev’essere trasferita, altresì, alla nuova formulazione di essa,
avendo questa Corte anche di recente ribadito il proprio consolidato
orientamento secondo cui «nell’ipotesi in cui le modifiche normative non
siano satisfattive rispetto alle censure, la questione di costituzionalità
[deve essere] trasferita sulla nuova disposizione, salvo che quest’ultima
appaia dotata di un contenuto radicalmente innovativo rispetto alla norma
originaria (ex plurimis, sentenze n. 193 del 2012 e n. 30 del
2012)» (sentenza n. 219 del 2013).
In definitiva, la ravvisata
continuità normativa tra il disposto originario specificamente censurato e
le sue successive modificazioni e integrazioni impone l’ampliamento del
giudizio di legittimità nei confronti di tutte quelle norme che, come
quella sostitutiva dell’art. 2 della legge reg. n. 4 del 2013, hanno
modellato la disciplina delle risorse umane impiegate nei cosiddetti
«cantieri comunali» in termini tali da sottrarla parimenti
all’applicazione dei limiti di spesa stabiliti dal legislatore statale sub art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010.
Questa Corte ha,
infatti, affermato, con giurisprudenza costante, «che, in forza del
principio di effettività della tutela delle parti nei giudizi in via di
azione, s’impone il trasferimento della questione alla norma che, sebbene
portata da un atto legislativo diverso da quello oggetto di impugnazione,
sopravvive immutata nel suo contenuto precettivo (sentenze numeri 449 del
2006, 424 del 2004 e 533 del 2002)» (sentenza n. 162 del 2007).
Tale
estensione del sindacato di costituzionalità risponde, del resto, a quanto
implicitamente sostenuto nella memoria depositata in prossimità
dell’udienza dalla difesa dello Stato, la quale, pur senza invocare
espressamente il trasferimento della questione, dimostra di darla per
scontata, là dove rileva «che il contenuto precettivo è rimasto
sostanzialmente invariato».
5.– Ciò premesso, la Regione autonoma
Sardegna eccepisce l’inammissibilità del ricorso sotto tre profili, tutti
privi di fondamento.
5.1.– L’irricevibilità del ricorso perché
notificato “in proprio”, in quanto non è ravvisabile alcun serio motivo
per discostarsi dalla giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto
ammissibile tale forma di notificazione nel giudizio di legittimità
costituzionale in via principale (sentenze n. 277 del 2013 e n. 310 del
2011).
5.2.– L’omessa o incompleta identificazione dei parametri
statutari, perché il ricorrente, ancorché stringatamente, ha espressamente
dedotto che l’autonomia speciale della Sardegna, invero non ascrivibile a
materia di competenza legislativa regionale di fonte statutaria, non esime
l’anzidetta Regione dal rispetto dell’art. 117, terzo comma, Cost.,
mostrando con ciò, «evidentemente, di ritenere quest’ultimo parametro
idoneo ad attribuire alla Regione stessa un’autonomia più ampia nella
materia del coordinamento della finanza pubblica» (sentenza n. 277 del
2013, citata, ove si è esclusa la pretermissione dei parametri statutari
denunciata dalla resistente, anche in quel caso, Regione autonoma
Sardegna).
5.3.– Anche l’eccepita carenza di motivazione della
violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. dev’essere disattesa, perché,
sia pure in modo succinto, il Governo ha argomentato adeguatamente al
riguardo.
6.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge reg. n. 4 del 2013 promossa dal Governo per
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. è fondata.
6.1.–
Questa Corte ha reiteratamente affermato, dalla sentenza n. 173 del 2012,
che l’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, indicato dal Presidente
del Consiglio dei ministri come norma interposta, costituisce, in effetti,
un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica»
(sentenze n. 289 e n. 18 del 2013 e n. 262 del 2012) e l’ha ritenuto
applicabile, più di una volta, alla stessa Regione autonoma Sardegna
(sentenze n. 277 del 2013 e n. 212 del 2012), come altre disposizioni
statali ponenti vincoli stringenti in subiecta materia ad altre
Regioni a statuto speciale (ex plurimis, sentenze n. 3 del 2013 e
n. 217 del 2012).
6.2.– I lavoratori impiegati nei cantieri comunali
sono perfettamente assimilabili al personale di cui si occupa la succitata
norma statale di contenimento della spesa pubblica: essi non sono attinti
per l’esercizio di funzioni specifiche del settore sociale, sicché non
rientrano nelle ipotesi eccezionali d’immunità dai limiti di spesa in
esame riservate alle assunzioni degli enti locali per talune specifiche
finalità come quelle suindicate.
Le ambiguità lessicali della normativa
regionale in materia di cantieri comunali non consentono di escludere,
infatti, che le forme di utilizzazione riflettano moduli prettamente
lavoristici. Tant’è che si parla, per richiamare la dizione specificamente
adoperata nella disposizione censurata, di «assunzioni di progetto».
In
ogni caso, l’ambito di applicazione della norma statale di
contingentamento di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 è
talmente ampio da ricondurvi anche una fattispecie, come quella dei lavori
socialmente utili evocata dalla norma in questione, che pure è
contrassegnata da tratti di specialità.
In buona sostanza, l’utilizzo
di prestazioni lavorative per il tramite di «cantieri di lavoro» ricade de plano nell’ambito della disciplina di cui all’art. 9, comma 28,
del d.l. n. 78 del 2010, poiché rappresenta, comunque, una forma di lavoro
temporaneo del quale l’Amministrazione si avvale, anche indirettamente,
per la realizzazione di opere o attività di interesse pubblico
locale.
Peraltro, che gli oneri finanziari sostenuti per la stipula dei
rapporti di lavoro socialmente utili vadano conteggiati ai fini del
rispetto del limite di spesa per le tipologie di lavoro flessibile,
fissato dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, è avvalorato
dall’esplicito differimento dell’applicazione della norma in questione ai
lavoratori socialmente utili in corso di stabilizzazione, introdotto
dall’art. 1, comma 6-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.
216 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2012, n.
14. Vi si prevede, in particolare, che «Le disposizioni dell’articolo 9,
comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, [e s.m.], si applicano
[…] ai lavoratori socialmente utili coinvolti in percorsi di
stabilizzazione già avviati ai sensi dell’articolo 1, comma 1156, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nei
limiti delle risorse già disponibili nel bilancio degli enti locali a tal
fine destinate, a decorrere dall’anno 2013».
Dall’introduzione di una
specifica disposizione transitoria si trae, così, la conferma che, in
linea di principio, anche le forme di lavoro temporaneo caratterizzate da
finalità sociale sono immediatamente soggette alle limitazioni di
carattere generale all’uso del lavoro temporaneo.
6.3.– La disposizione
censurata non rientra neppure nella deroga prevista per gli interventi nel
settore sociale dallo stesso art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del
2010.
Dall’esame del complesso normativo in tema di cosiddetti
«cantieri comunali» si ricava che la loro destinazione, lungi dall’essere
circoscritta alle funzioni del settore sociale riconosciute agli enti
locali, ricomprende tutta una serie di opere e attività in nessun modo
riconducibili alla deroga sopra richiamata. Ne fanno parte, infatti, in
base all’art. 94 della legge reg. Sardegna n. 11 del 1988, «progetti [da
finanziare ai Comuni al fine di incentivare l’occupazione] finalizzati
alla realizzazione, riattamento, manutenzione e gestione di opere o
attività pubbliche o di pubblica utilità e alla promozione o sostegno di
progetti occupazionali connessi al migliore utilizzo delle risorse
locali»; secondo l’art. 24 della legge reg. Sardegna n. 4 del 2000, si
tratta di interventi straordinari di lavoro articolato in tutti i Comuni
della Sardegna e prioritariamente rivolti: «a) alla qualificazione dei
servizi degli enti locali; b) alla salvaguardia, valorizzazione nonché
gestione ottimale dei beni culturali, archeologi e storici; c) al sostegno
di progetti produttivi di itinerari culturali di archeologia industriale e
mineraria; d) alla cura ed estensione del verde urbano nonché del
patrimonio boschivo comunale».
La stessa norma impugnata si riferisce,
in termini generali, a «cantieri comunali per l’occupazione» e a «cantieri
verdi». L’asserita funzione sociale di essi travalica, dunque, i confini
della deroga invocata dalla difesa regionale. La “stretta necessità” di
assicurare l’esercizio di ben specificate e rigorosamente delimitate
funzioni degli enti comunali (polizia locale, istruzione pubblica e,
appunto, settore sociale) non può offrire “copertura” a qualunque pur
commendevole iniziativa di spesa ispirata a fini sociali per la
realizzazione di progetti speciali diretti all’attuazione di competenze e
politiche regionali.
6.3.1.– La denunciata violazione dell’art. 117,
terzo comma, Cost. sussiste anche per l’art. 1 della legge reg. n. 9 del
2013, che ha sostituito il testo della disposizione regionale impugnata
sancendo a priori l’inerenza al settore sociale dei «progetti
speciali» in esame e delle «assunzioni» ivi previste. Il dettato del
suddetto art. 1, cui poi fa rinvio ulteriormente l’art. 3 della legge reg.
n. 21 del 2013, è, infatti, troppo generico, anche alla luce del quadro
normativo complessivo in tema di «cantieri comunali», per contenere le
«assunzioni di progetto» di cui si controverte nell’alveo ristretto delle
assunzioni eccezionalmente concesse agli enti locali fuori dai limiti di
cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 solo perché
assolutamente indispensabili per lo svolgimento di peculiari funzioni,
come quelle, per quanto qui rileva, del settore sociale.
6.3.2.–
Neppure il citato art. 3 della legge reg. Sardegna n. 21 del 2013 sfugge
alla censura di denunciata violazione dell’anzidetto principio
fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica. E ciò,
per un verso, perché esso richiama per le assunzioni previste nei progetti
speciali attuati ai sensi dell’art. 24 della sopra citata legge reg. n. 4
del 2000 le già ritenute illegittime disposizioni di cui all’art. 1 della
legge reg. Sardegna n. 9 del 2013. Per altro verso, perché, distinguendo
immotivatamente gli interventi omogenei regolati dall’art. 94 della legge
reg. n. 11 del 1988 (e successive modifiche e integrazioni), qualifica
genericamente «di investimento» tutte le relative spese. In tal modo, la
disposizione regionale in oggetto classifica, dunque, come tali anche i
costi delle risorse umane coinvolte nei progetti in esame, finendo per
aggirare il limite invalicabile di spesa puntualmente evocato dal Governo
a parametro interposto.
6.4.– Dev’essere, pertanto, dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Sardegna n. 4
del 2013, nel testo sia originario, sia quale risulta sostituito dall’art.
1 della legge reg. n. 9 del 2013, nonché, in via consequenziale,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. n. 21 del
2013.
7.– La questione di legittimità costituzionale della disposizione
impugnata (e delle suddette disposizioni modificative ed integrative) per
violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost., a questo punto, è assorbita
dalla riscontrata lesione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.
per questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
1) dichiara, l’illegittimità
costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione autonoma Sardegna 21
febbraio 2013, n. 4 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale n. 1
del 2013, all’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2012 e
disposizioni concernenti i cantieri comunali), nel testo sia originario,
sia come sostituito dall’art. 1 della legge della Regione autonoma
Sardegna 23 aprile 2013, n. 9 (Interventi urgenti in materia di lavoro e
nel settore sociale);
2) dichiara, in via consequenziale,
ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione
autonoma Sardegna 2 agosto 2013, n. 21 (Sostegno alle povertà e interventi
vari).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2014.
Depositata in Cancelleria
il 10 aprile 2014.