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n. 7-2014 - © copyright |
PAOLO PROVENZANO
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Brevi riflessioni a margine della
disciplina sugli oneri dichiarativi ex art. 38 D.Lgs. 163/2006 contenuta
nell'art. 39 del Decreto Legge n. 90/2014
Sommario: 1. Introduzione; 2. Sull'art. 39 del
Decreto Legge n. 90/2014; 3. Sull'interpretazione sostanziale degli
oneri dichiarativi ex art. 38; 4. Sulla duplice natura,
innovativa ed interpretativa, dell'art. 39 del Decreto Legge n.
90/2014; 5. Conclusioni.
1.- Come già diversi Autori
hanno avuto modo di evidenziare sotto vari e molteplici punti di
vista buona parte delle previsioni contenute nel Decreto Legge 24
giugno 2014 n. 90 destano, per usare un eufemismo, non poche
perplessità[1].
Tale Decreto Legge, infatti, costituisce
l'ultima (e certamente più grave) manifestazione di quella sempre
più diffusa e preoccupante corrente di pensiero che taccia la
giurisdizione amministrativa di essere uno dei freni che impediscono
la ripresa economica del nostro paese[2].
Infatti, la
soppressione delle sezioni staccate dei T.A.R.[3], l'introduzione di
draconiane «misure per il contrasto all'abuso del
processo»[4] nonché la previsione nel rito degli appalti
dell'obbligo (salvo nei non meglio chiariti casi di «gravi ed
eccezionali ragioni») di subordinare l'efficacia delle misure
cautelari ad una cauzione[5] rappresentano all'evidenza interventi
normativi il cui fine ultimo è quello di disincentivare in modo
apriorisitico la proposizione di ricorsi giurisdizionali, rendendo
ancor più difficile e più costoso (il già difficile e costoso)
accesso alla Giustizia amministrativa[6].
Con tali previsioni,
dunque, l'Esecutivo tenta, peraltro tramite un uso quanto meno
disinvolto della decretazione d'urgenza, di ridurre drasticamente il
numero di ricorsi che, come noto, è invero già notevolmente calato
in questi anni a causa dell'esponenziale e sproporzionato aumento
del contributo unificato[7].
Ebbene, sotto tali profili non si
può, quindi, che auspicare in sede di conversione un massiccio
intervento di rimaneggiamento del Decreto Legge in questione. Il
quale, venendo al tema del presente scritto, introduce comunque
anche delle novità, a mio avviso, degne di apprezzamento[8] ancorché
perfettibili in sede di conversione.
2.- Mi riferisco, in
particolare, all'art. 39 del più volte citato Decreto Legge.
Con
siffatta disposizione, rubricata «semplificazione degli oneri
formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti
pubblici», il Governo ha novellato gli articoli 38 e 46 del
D.Lgs. n. 163/2006 ivi introducendo delle previsioni con cui in
buona sostanza si stabilisce (recte: ribadisce) che
l'irregolarità, l'incompletezza e (addirittura) la mancanza delle
autocertificazioni con cui i concorrenti attestano il possesso dei
requisiti di ordine generale non può, in modo automatico, essere
sanzionata con esclusione degli stessi dalle pubbliche
gare.
Secondo la previsione in commento, infatti, mentre le
omissioni dichiarative o le irregolarità «essenzial(i)» nelle
stesse dichiarazioni possono essere sempre sanate dai concorrenti su
impulso della Stazione appaltante[9]; «nei casi di irregolarità
non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni
non indispensabili» non è neppure necessaria un'attività
integrativa da parte del privato[10].
Ne consegue, pertanto, che
ciò che assume rilevanza ai fini della partecipazione alle gare è
l'effettiva sussistenza dei requisiti di ordine generale in capo ai
concorrenti, e non, viceversa, la presenza o il contenuto delle
dichiarazioni con cui i medesimi concorrenti attestano il possesso
dei requisiti di partecipazione.
Si ribadisce così espressamente
la preminenza del dato sostanziale (la sussistenza dei requisiti di
partecipazione) su quello formale (la completezza ed analiticità
delle autodichiarazioni prodotte dai concorrenti all'atto della
presentazione delle offerte).
Sicché, il concorrente che ha
presentato una dichiarazione ex art. 38 incompleta, o che,
per ipotesi, ha tout court omesso di presentarla non
può per tali pure e semplici ragioni essere escluso da una pubblica
gara, dovendo essergli sempre consentito di sanare le omissioni in
cui è incorso, dimostrando di essere comunque in possesso di tutti i
requisiti di ordine generale di cui all'art. 38 del Codice degli
appalti[11].
3.- Viene così espressamente positivizzato un
approdo interpretativo cui certa giurisprudenza era già giunta
facendo essenzialmente leva sia sul tenore letterale degli articoli
38 del D.Lgs. n. 163/2006 e 45 della Direttiva 2004/18, sia sui più
elementari principi di proporzionalità e massima partecipazione[12].
Come noto, infatti, ad una più diffusa impostazione ermeneutica
di matrice formale (per non dire formalistica) per la quale le
omissioni dichiarative devono essere automaticamente sanzionate con
l'esclusione dei concorrenti[13], se ne contrappone un'altra di
senso opposto che tende, viceversa, a ritenere che solo in caso di
mancanza dei requisiti di carattere generale può essere
legittimamente adottata nei confronti di un concorrente una misura
espulsiva[14].
In particolare, secondo tale ultima tesi
interpretativa[15], per un verso, è giocoforza considerare che i
citati articoli 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e 45 della Direttiva
2004/18 si limitano a prevedere che non possono ambire
all'aggiudicazione i concorrenti privi dei requisiti di carattere
generale e non già anche quelli che, pur in possesso di detti
requisiti, non li abbiano tuttavia compiutamente dichiarati. Per
altro verso, è necessario sottolineare che l'esclusione di un
concorrente in possesso dei requisiti di partecipazione, ma reo di
non averli puntualmente e specificatamente dichiarati, s'appalesa
incompatibile con i richiamati principi di proporzionalità e massima
partecipazione su cui- lo si sa- è informata tutta la disciplina in
materia di evidenza pubblica[16], così come si desume agevolmente
dal secondo “considerando” della citata Direttiva 2004/18[17],[18].
E a ciò si aggiunga che all'eventuale esclusione motivata sulla
sola carenza delle dichiarazioni prodotte dai concorrenti non
corrisponde, a ben vedere, alcun effettivo e concreto interesse
pubblico, dato che la ratio dei requisiti di cui all'art. 38
è ovviamente quella di evitare che l'Amministrazione ponga in essere
rapporti contrattuali con soggetti inaffidabili in quanto sprovvisti
dei requisiti di solidità economica e moralità professionale imposti
dalla legge.
Da qui, dunque, la ritenuta “innocuità” delle
omissioni dichiarative in cui incorrono i concorrenti comunque in
possesso dei requisiti di carattere generale[19].
E va da sé che
«un approccio non formalistico a questi problemi sembra coerente
anche con lo spirito e la finalità della legge n. 241/1990 e delle
disposizioni correlate in tema di semplificazione dei procedimenti e
della documentazione amministrativa»[20], nonché con le più
recenti evoluzioni legislative in materia di pubbliche gare (si
pensi ad esempio al neointrodotto comma 1-bis dell'art. 46
del D.Lgs. 163/2006) le quali mirano proprio ad «evitare
eccessivi formalismi, suscettibili di sfociare in una vera e propria “caccia all'errore” nella fase di verifica della
regolarità della documentazione amministrativa”»[21].
4.- Alla luce di quanto detto, non può che esprimersi un
giudizio positivo sulla disciplina introdotta dal citato art. 39. La
quale, nel disconoscere la legittimità delle esclusioni disposte a
cagione delle sole omissioni dichiarative, si pone nel solco della
più recente legislazione ed accentua quanto già risultava e risulta
dalla portata letterale dei commi 1 e 2 del medesimo art. 38 del
D.lgs. n. 163/2006[22].
In tale ottica, quindi, pare potersi dire
che la norma in questione abbia una duplice natura. Essa, infatti,
oltre ad essere norma di natura innovativa, posto che introduce
un'inedita disciplina sanzionatoria nei confronti dei
concorrenti[23]; è anche, al contempo, norma di natura
interpretativa[24], giacché, in linea con lo spesso equivocato
tenore letterale dell'art. 38, conferma e rende ancor più palese la
preminenza del dato sostanziale su quello formale[25].
D'altro
canto, solo ed esclusivamente se verrà valorizzata anche
quest'ultima natura della norma di cui si discorre potranno essere
raggiunti gli obiettivi di deflazione del contenzioso e di riduzione
degli annullamenti e delle sospensioni delle aggiudicazioni fondati
su motivi di carattere puramente formale che sembrano essere
perseguiti dal Legislatore (d'urgenza) tramite la novella in parola,
così come si desume, tra l'altro, dalla collocazione dello stesso
art. 39 nel Titolo del Decreto Legge recante le «misure per lo
snellimento del processo amministrativo»[26].
Diversamente,
infatti, e cioè riconoscendo al nuovo comma 2-bis dell'art.
38 natura puramente innovativa, in tutti i ricorsi attualmente
pendenti e in tutti quelli che verranno proposti relativamente alle
gare i cui bandi sono stati pubblicati antecedentemente all'entrata
in vigore del Decreto Legge potrebbero, per una subdola eterogenesi
dei fini, aversi esiti opposti rispetto a quelli
preventivati.
Infatti, ragionando a contrariis, i fautori
dell'interpretazione formalistica potrebbero trarre dalla nuova
disciplina argomenti a sostegno della correttezza della lettura
dell'art. 38 da essi finora operata, sostenendo, in particolare, che
la circostanza per cui la novella si applica «alle procedure di
affidamento indette successivamente alla data di entrata in
vigore del (…) decreto» confermi, per tutte le
gare bandite antecedentemente a tale data, la necessità di dar
prevalenza al dato formale.
Si corre, dunque, il rischio che la
riforma, nata con l'intento di limitare i contenziosi fondati su
censure di natura puramente formale, possa paradossalmente
risolversi (quantomeno parzialmente) in un invito alla “caccia
all'errore” e, dunque, nel trionfo delle ricostruzioni che in teoria
si intendeva avversare.
Sicché, a mio sommesso avviso, è
opportuno introdurre in sede di conversione del Decreto Legge degli
accorgimenti che rendano palese che l'art. 38 deve essere in ogni
caso (e, quindi, in tutte le gare a prescindere dalla data di
pubblicazione del bando di indizione delle stesse) interpretato in
chiave sostanziale, così come già ritenuto da certa
giurisprudenza[27], [28].
Ciò, peraltro, consentirebbe, da un
lato, di imporre normativamente un'interpretazione dell'art. 38
conforme all'art. 45 della Direttiva 2004/18[29] che, come
accennato, prevede l'esclusione solo nel caso in cui un concorrente
non sia effettivamente in possesso dei requisiti di
partecipazione[30]. Dall'altro, di evitare che nel diritto vivente,
speculando sul circoscritto campo di applicazione temporale della
novella in esame, possa instaurarsi, a seconda della data di
indizione della procedura di gara, una discrasia nel trattamento
delle omissioni dichiarative, che in certi casi sarebbero sanabili
in altri verrebbero in modo automatico sanzionate con
l'esclusione.
Ed è appena il caso di considerare che siffatta
discrasia, oltre ad essere chiaramente foriera di incertezze, si
porrebbe anche in violazione del principio della retroattività della
norma sanzionatoria più favorevole. Il quale, in base alla più
recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell'uomo[31], è ormai assurto al rango di principio immanente
all'intera materia sanzionatoria, che, in quanto tale, deve trovare
applicazione, in virtù dei noti criteri Engel[32], (anche) in tutti
i casi in cui il destinatario di un provvedimento subisca a causa di
questo delle conseguenza finanziarie negative[33]. E quindi, a mio
modo di vedere, anche rispetto ai provvedimenti di esclusione dalle
procedura ad evidenza pubblica[34].
5.- In conclusione,
ricollegandomi a quanto criticamente osservato nell'introduzione del
presente scritto, mi pare che si possa ritenere che se proprio si
sente la necessità di intervenire normativamente al fine di limitare
il contenzioso amministrativo, che (a torto) viene considerato uno
tra i fattori che maggiormente influisce in modo negativo sulle
precarie condizioni economico-finanziarie del nostro paese, è allora
necessario pensare ad interventi normativi, come quello contenuto al
citato art. 39 del D.L. n. 90/2014, che siano volti a razionalizzare
e semplificare il diritto sostanziale che spesso (invero anche per
le continue e disorganiche riforme che nel tempo si sono susseguite)
risulta essere causa di incertezza.
Non può, viceversa,
realisticamente pensarsi di risolvere detti problemi limitando e
disincentivando, a priori, l'accesso alla Giustizia
amministrativa, tramite “tagli lineari” a quelle garanzie che
costituiscono lo zoccolo duro di ogni Stato di diritto.
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[1] Per un primo commento al Decreto Legge n.
90/2014 e ai lavori preparatori che sono sfociati nella sua adozione
si vedano: M. A. Sandulli, Osservazioni a primissima lettura
sull'impatto del d.l. 24 giugno 2014 n. 90 impattanti sul sistema di
giustizia amministrativa, in www.federalismi.it; M.
Lipari, L'efficienza della P.A. e le nuove norme sul processo
amministrativo, in www.giustamm.it; G. Cumin, Ancora
sul principio di effettività della tutela giurisdizionale, in www.lexitalia.it; M. Clarich, Quello sterile pressing
sulla giustizia amministrativa che elude la sfida di far funzionare
meglio i processi, in Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore,
2014, n. 21; Idem, Pochi ritocchi al processo amministrativo ma
spending review per Tar e Avvocati di Stato, in www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com; G. Virga, Sull'abolizione delle sezioni staccate dei Tribunali
Amministrativi Regionali, in www.lexitalia.it; P. Quinto, L'eccesso di potere «manifesto» e l'eccesso di
potere legislativo, in www.lexitalia.it. In generale, con
riferimento alle riforme in materia di diritto amministrativo che
l'attuale esecutivo si accinge a varare cfr. D. U. Galetta, Alcuni recenti sviluppi del diritto amministrativo italiano (fra
riforme costituzionali e sviluppi della società civile), in www.giustamm.it e D. Gagliotti, L’annuncio della riforma
amministrativa del governo Renzi: spunti di riflessione, in www.giustamm.it.
[2] Tale convinzione, come noto, è stata
espressa dall'ex Presidente del Consiglio Romano Prodi in
due, ormai noti, articoli titolati, rispettivamente, “Più risorse
abolendo T.A.R. e Consiglio di Stato” (pubblicato su “Il
Messaggero” lo scorso 11 agosto) e “Basta decisioni
miracolistiche: riformare la pubblica amministrazione affrontando i
problemi concreti ad uno ad uno” (edito su “Il
Messaggero” il 9 marzo 2014). Per una puntuale critica alle
argomentazioni contenute in detti articoli si rinvia a S. Raimondi, Prodi sbaglia: abolire i TAR non serve, in Giornale di
Sicilia,19 agosto 2013, p. 4; M. Clarich, Quella scorciatoia
illusoria per abolire i Tar nella vana speranza di far ripartire il
Paese, in Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore, 2013,
n. 38, pp. 7 ss.; M. Oricchio, Entia non sunt moltiplicanda,
in www.lexitalia.it; M. Perin, Abolire la giustizia
amministrativa: proposta o provocazione?, in www.lexitalia.it; P. Quinto, La giustizia amministrativa
sotto attacco, in www.lexitalia.it. Sul tema si veda
anche A. Pajno, Giustizia amministrativa e crisi economica,
in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2013, pp. 951 ss.
[3] Per una analitica e documentata critica a tale
inaspettata e non ponderata decisione si rinvia al contributo,
titolato “perchè la soppressione delle sedi staccate dei TAR è
inutile e dannosa” pubblicato sul sito internet
dell'Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi – A.N.M.A: www.anmadirettivo.it.
[4] Sul punto si rinvia a quanto
autorevolmente osservato da M. A. Sandulli, Op. ult. cit., pp. 5 ss., ove, tra l'altro, si evidenzia, da un lato,
che nella non remota eventualità di soccombenza dell'Amministrazione
resistente previsioni sanzionatorie di tal fatta rischiano di
ritorcersi contro come un boomerang, ponendosi così «in
chiara controtendenza rispetto alle misure di contenimento della
spesa pubblica». Dall'altro, che dette previsioni, per via del
loro carattere sanzionatorio, devono necessariamente essere
«rimodulat(e) per adeguarsi ai principi generali (in
primis quelli di legalità e proporzionalità) che regolano
l'applicazione delle pene». Con riferimento, in generale, agli
istituti volti a disincentivare la proposizione dei ricorsi si veda
M. A. Sandulli, Le nuove misure di deflazione del contenzioso
amministrativo: prevenzione dell'abuso di processo o diniego di
giustizia?, in www.federalismi.it.
[5] Si tratta
certamente di previsione meno preoccupante rispetto alla ventilata
(ed insostenibile) soppressione in radice della tutela cautelare nel
rito degli appalti, ma comunque non del tutto rassicurante. E ciò
non solo perché non sono stati fissati criteri guida per la
determinazione del quantum della cauzione e perché non sono
stati indicati i casi in cui sussistono «gravi ed eccezionali
ragioni» che consentono al Giudice di derogare alla regola in
parola; ma anche (e soprattutto) perché l'obbligo (ancorché non
inderogabile) di subordinare la concessione della tutela cautelare
ad una cauzione si risolve in ulteriore misura di dissuasione alla
proposizione di istanze cautelari (e quindi di ricorsi) in materia
di appalti. Per una dettagliata analisi degli aspetti critici della
previsione di cui si discorre si rinvia a M. A. Sandulli, Osservazioni a primissima lettura sull'impatto del d.l. 24 giugno
2014 n. 90 impattanti sul sistema di giustizia amministrativa,
cit., p. 8. Sul punto si veda anche M. Lipari, L'efficienza della
P.A. e le nuove norme sul processo amministrativo, cit., p. 38.
Il quale si domanda «se l'imposizione obbligatoria della cauzione
non finisca per paralizzare eccessivamente l'interessato, ponendo
anche un problema di compatibilità con il diritto europeo, con
particolare riferimento alla operatività dello stand still processuale».
[6] Con riferimento ad interventi normativi
di tal fatta non può che osservarsi, con autorevole dottrina, che
«è sorprendente che si sia smarrito il senso dello Stato di
diritto e si sia dimenticato che l'istituzione nel 1889 della IV
sez. del Consiglio di Stato, con la introduzione della tutela
giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica
amministrazione anche per gli interessi legittimi rappresentò una
grande conquista dello Stato di diritto. Dalla quale non si può
recedere». E che «è doloroso dovere constatare il persistente
orientamento a limitare tale tutela giurisdizionale, di cui
costituisce significativa manifestazione l'imposizione di
insostenibili balzelli come il c.d. contributo di iscrizione a
ruolo» (così S. Raimondi, La Tutela cautelare nel giudizio
amministrativo, relazione al Convegno nazionale della Società
Lombarda degli Avvocati Amministrativisti – Unione Nazionale
Avvocati Amministrativisti- Milano 20 giugno 2014, p. 11).
[7]
La dubbia legittimità dell'ingente e sproporzionato importo del
contributo unificato previsto dal D.P.R. 115/2002 s.m.i. per i
ricorsi in materia di appalti, come noto, è stata recentemente
rilevata dalla coraggiosa Ordinanza del T.R.G.A., Trento, n. 23 del
29 gennaio 2014, nella quale si evidenzia che tale «normativa
nazionale si pon(e) in rotta di collisione non solo con i
principi costituzionali di effettività e satisfattività della tutela
giurisdizionale (...), ma - soprattutto, principalmente e
preliminarmente - con la ricordata Direttiva n. 665/89, la quale ha
posto anch’essa, come priorità assoluta ed incondizionata,
l'esigenza di effettività della tutela del ricorrente, come
variabile indipendente dall'interesse alla celere e non ostacolata
esecuzione del contratto pubblico». Ed ancora, da un
lato, che «il principio della tutela giurisdizionale effettiva
costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, a sua
volta derivato dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri, che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, oltre ad
essere stato ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (...)». Dall'altro,
che
«l’efficacia dei mezzi di ricorso presuppone, infatti, costi
sostenibili e proporzionati al vantaggio che il ricorrente confida
di ritrarre dalla controversia, mentre la citata disciplina del
contributo unificato in materia di appalti sembra ostacolare il
raggiungimento dell’effetto utile perseguito dalla Direttiva n.
665/89» (così T.R.G.A., Trento, Ord. n. 23/2014 cit., in www.giustamm.it). Per un commento a tale Ordinanza cfr. R.
Fusco, Prove di compatibilità della disciplina impositiva sul
contributo unificato in materia di contratti pubblici con i principi
europei di effettività della tutela e di non discriminazione degli
operatori economici, in www.giustamm.it. Sul tema si veda
anche la recente ordinanza del T.R.G.A., Trento, n. 58 in data 24
giugno 2014, n. 58 con nota di A. Mirabile, Un nuovo capitolo
nella «guerra» al contributo unificato in materia di appalti: il
T.R.G.A. di Trento sospende l’invito al pagamento, in www.giustamm.it.
[8] In dottrina un giudizio
tendenzialmente positivo sulla novella in questione è stato espresso
anche da M. Lipari, Op. ult. cit., p. 8. Il quale, tuttavia,
nutre qualche dubbio sull'ultimo alinea del novellato comma
2-bis dell'art. 38, ove si prevede che «ogni variazione
che intervenga, anche i conseguenza di una pronuncia
giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione,
regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del
calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della
soglia di anomalia delle offerte». A detta dell'A., infatti,
tale previsione «seppure finalizzata a velocizzare le operazioni
di gara e, soprattutto, a impedire che si possa contestare
l'ammissione o l'esclusione di un soggetto terzo, ai fini del solo
calcolo della soglia di anomalia, non convince pienamente, perché
potrebbe determinare la patologia opposta, consentendo una
preventiva influenza sul procedimento di gara, al prezzo di sole
sanzioni pecuniarie, mediante la domanda di partecipazione di
soggetti sicuramente disinteressati» (così M. Lipari, Op.
ult. cit., p. 11).
[9] Si consideri che il primo alinea del
nuovo comma 2-bis dell'art. 38 del D.lgs. n. 163/2006 prevede
che il concorrente che ha omesso una dichiarazione essenziale ovvero
che ne ha presentato una incompleta o irregolare in aspetti
essenziali è, in ogni caso, obbligato «al pagamento, in favore
della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal
bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non
superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non
superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla
cauzione provvisoria».
[10] In tale ottica si è
osservato che con la norma in commento «tutte le amministrazioni
-stazioni appaltanti- sono chiamate a svolgere un delicato compito
di prevenzione sostanziale delle liti (almeno nell'ambito delle
procedure di affidamento dei contratti pubblici), attraverso un
radicale ampliamento del dovere di soccorso istruttorio e di
completa sterilizzazione degli adempimenti formali “non essenziali”,
imposti ai concorrenti» (così M. Lipari, Op. ult. cit., p.5).
[11] Con riferimento all’art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006 si vedano: G. Bergonzini, I requisiti di partecipazione
agli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, in I
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (a cura di) R.
Villata- M. Bertolissi - V. Domenichelli - G. Sala, Padova, 2014,
vol. I, pp. 299 ss.; H. Garuzzo, Requisiti di ordine
generale, in Commentario al codice dei contratti
pubblici, (diretto da) G. F. Ferrari - G. Morbidelli, Milano,
2013, vol. I, pp. 527 ss.; G. Manfredi, Moralità professionale
nelle procedure di affidamento e certezza del diritto, in Urb. e App., 2010, pp. 508 ss.; G. Neri, Requisiti di
ordine generale per la partecipazione agli appalti pubblici: spunti
ricostruttivi, in Riv. Trim. Appalti, 2009, pp. 309 ss.;
F. Matteucci, L'art. 38 lett. c) del Codice dei contratti
pubblici: dichiarazione incompleta ed esclusione dalla gara.
Orientamenti a confronto, in Foro Amm. T.A.R., 2009, pp.
2985 ss.; R. Greco, I requisiti di ordine generale, in Trattato dei contratti pubblici, (diretto da) M. A. Sandulli
- R. De Nictolis – R. Garofoli, Milano, 2008, vol. II, pp. 1267 ss.;
L. Ponzone, Requisiti di ordine generale e di idoneità
professionale, in Il nuovo codice dei contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture, (a cura di) F. Saitta, Padova,
2008, pp. 239 ss,; S. Luce, I requisiti degli operatori
economici, in I Contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture, Ambito oggettivo e soggettivo. Procedure di
affidamento, (a cura di) R. De Nictolis, Milano, 2007,
pp. 464 ss; F. Cardarelli, Art. 38 – requisiti di ordine
generale, in Il Codice dei Contratti Pubblici- Commento al
d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, AA.VV., Milano, 2007, pp.
418 ss.; C. Grillo – R. Pellegrini, I requisiti dei partecipanti
alle procedure di affidamento, in Commento al Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture D.Lg. 12
aprile 2006, n. 163, (a cura di) M. Sanino, Torino, 2006, pp.
183 ss.; F. Cortese, Il requisito della moralità negli appalti
pubblici, in Urb. e App., 2003, pp. 464 ss.
[12] Sul principio di proporzionalità si vedano, più di recente,
D. U. Galetta, Il principio di proporzionalità, in Studi sui
principi del diritto amministrativo, (a cura di) M. Renna
- F. Saitta, Milano, 2012, pp. 389 ss. e S. Cognetti, Principio
di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi
sistematica, Torino, 2011.
[13] In tal senso si vedano, tra
le tante, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092, in www.leggiditalia.it; Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2014, n.
2778, in www.leggiditalia.it; Cons. Stato, III, 15 gennaio
2014, n. 123, in www.leggiditalia.it; Cons. Stato sez. V, 2
giugno 2013, n. 3397, in www.leggiditalia.it; Cons. Stato,
sez. V, 3 giugno 2013, n. 3045, in www.leggiditalia.it; Cons.
Stato, sez. III, 5 dicembre 2012, n. 6223, in www.dejure.it;
Cons. Stato, sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471, in www.dejure.it ; Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2013, n. 815, in www.dejure.it; Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2012, n. 3966,
in www.leggiditalia.it. In termini cfr. anche A.V.C.P., 23
ottobre 2008, pareri nn. 233 e 234, in www.avcp.it.
[14]
Per una ricostruzione dei due orientamenti in parola si vedano: F.
Aperio Bella, Riflessioni sul requisito di "moralità
professionale": vecchi dubbi e nuove soluzioni alla luce del
"Decreto sviluppo" n. 70 del 2011, convertito nella l. n. 106 del
2011, in Foro amm. T.A.R., 2011, pp. 10 ss.; L.
Bertonazzi, Le sentenze della plenaria, nn. 10 e 21 del 2012:
alcune perplessità a prima lettura, in www.giustamm.it;
A. Massera, Lo Stato che contratta e che si accorda. Vicende
della negoziazione con le PP.AA. tra concorrenza per il mercato e
collaborazione con il potere, Pisa, 2011, pp. 104-105; F.
Bertini, Partecipazione alle gare e pregiudizi dei cessati dalle
cariche: punti critici e ipotesi compositive, in Urbanistica
e appalti, 2011, pp. 1253 ss. Mi sia consentito di rinviare
anche a P. Provenzano, La teoria del “falso innocuo” in materia
di dichiarazioni ex art. 38 D.Lgs. n. 163/2006 al vaglio della Corte
di Giustizia, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2013, pp. 234
ss.
[15] Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 19 marzo 2014, n.
805; T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 23 dicembre 2013, n. 1058; T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. I, 9 dicembre 2013, n. 2768; Cons. Stato,
sez. V, 22 ottobre 2012, n. 5393; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I,
ord. 15 gennaio 2013, n. 123; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 28
giugno 2012, n. 1321; T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, 20 marzo
2012, n. 298; T.R.G.A., Trento, 16 dicembre 2011, n. 317; Cons.
Stato, sez. VI, 8 luglio, 2010, n. 4436; Cons. Stato, sez. VI, 22
febbraio 2010, n. 1017; Cons. Stato, sez. V, 9 novembre 2010, n.
7967; T.A.R. Piemonte, Torino, 17 giugno 2010, n. 1926; T.A.R.
Piemonte, Torino, 22 ottobre 2010, n. 3736; T.A.R. Umbria, sez. 1°
aprile 2011, n. 103; Cons. Stato, sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4907;
Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2009, n. 892; T.A.R. Lazio, Roma,
sez. II, 20 aprile 2009, n. 3984, tutte in www.leggiditalia.it.
[16] In tal senso si veda, tra le
tante, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 25 maggio 2011, n. 1324,
in www.giustizia-amministrativa.it e Cons. Stato, sez. V, 8
aprile 2014, n. 1648 in www.leggiditalia.it.
[17] Giova,
infatti, rammentare che detto “considerando” stabilisce testualmente
che «l’aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto
dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi
di diritto pubblico è subordinata al rispetto dei principi del
trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione
delle merci, della libertà di stabilimento e della libera
prestazione dei servizi, nonché ai principi che ne derivano, quali i
principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di
riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza.
Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa
soglia è opportuno elaborare disposizioni di coordinamento
comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali
appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti
ed assicurare l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di
conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere
interpretate conformemente alle norme e ai principi citati, nonché
alle altre disposizioni del trattato». In termini si veda, da
ultimo, anche il primo “considerando” della Direttiva n. 2014/24.
[18] Sul punto si veda, in particolare, il rinvio
pregiudiziale operato dal T.A.R. Lombardia con la già citata Ord. n.
123 del 15 gennaio 2013, ove si evidenzia che «l’apertura del
diritto comunitario in favore di una verifica sostanziale della
situazione personale del concorrente è finalizzata alla tutela di
due fondamentali princìpi:- il principio di concorrenza nell’area
del mercato unico, direttamente ricavabile dall’art. 45 della
Direttiva 2004/18/CE, che, come si è innanzi detto, ha come proprio
corollario la massima partecipazione di offerenti alle procedure di
evidenza pubblica;- il principio di proporzionalità, manifestamente
violato, nel caso di specie, nel momento in cui la commissione
giudicatrice ha disposto l’esclusione della ricorrente sulla base di
un giudizio determinato da una presunzione iuris et de iure, indotta
dall’omessa dichiarazione del direttore tecnico indicato nella
domanda di partecipazione». Con riferimento a tale ordinanza, mi
sia consentito di rinviare nuovamente a P. Provenzano, La teoria
del “falso innocuo” in materia di dichiarazioni ex art. 38 D.Lgs. n.
163/2006 al vaglio della Corte di Giustizia, cit.
[19] Si è
così, per certi versi, mutuata nel campo delle pubbliche gare la
teoria penalistica del “falso innocuo”. Sul punto si vedano: E.
Zampetti, Il falso innocuo nelle gare per l'affidamento di
appalti pubblici, in Corriere Merito, 2011, pp. 889 ss.;
M. Giustiniani - A. Carella, Il Consiglio di Stato “revoca la
cittadinanza” del falso innocuo negli appalti pubblici, in www.ilnuovodirittoamministrativo.it; C. Commandatore, Il “falso innocuo” nelle gare per l'affidamento degli appalti
pubblici, in www.lexitalia.it; L. Ieva, Le "falsità"
amministrative irrilevanti nelle procedure di gara, in Urb. e
app., 2010, pp. 1325 ss.; R. De Nictolis, Manuale dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Roma,
2010, pp. 404 ss.; A. Larussa, Dal settore penale a quello
amministrativo: la rilevanza del falso innocuo nell'ordinamento
giuridico, in www.giustamm.it; O. Carapelli, L'incidenza del c.d. "falso innocuo" nelle dichiarazioni
sostitutive, in www.lexitalia.it; E. Munno, L'ambito
di applicazione dell'art. 38 del D.Legis. n. 163/2006: il recente
orientamento del Consiglio di Stato, in Nuova Giur. Civ.,
2011, pp. 638 ss.
[20] Così Cons. Stato, sez. III, ord.
29 aprile 2014, n. 2214, in www.giustizia-amministrativa.it,
ove si osserva, altresì, che «un interpretazione più
sostanzialistica della disposizione sull'autodichiarazione contenuta
nell'art. 38, comma 2, del condice dei contratti, non risulta in
contrasto nemmeno con le disposizioni sul soccorso istruttorio
dettate dal comma 1-bis dell'art. 46 del codice, secondo cui,
“nei limiti previsti dagli articoli 38 a 45, le stazioni appaltanti
invitano, se necessario, i concorrenti a completare o fornire
chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e
dichiarazioni presentati” ed è coerente con il principio di
tassatività delle clausole di esclusione, indrodotto dall'art. 4,
comma 2, lett. d), del d.l. n. 70 del 2011, che ha drasticamente
ridotto le fattispecie escludenti (fra cui quelle incentrate su vizi
meramente formali), e consentito la regolarizzazione di adempimenti
non più colpiti dalla sanzione dell'esclusione».
[21] Così
T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 8 novembre 2013, n. 2696, in www.giustizia-amministrativa.it.
[22] Il che risulta
chiaramente dalla sentenza del Cons. Stato n. 1017 del 22 febbraio
2010 cit., in cui si legge che «mentre il comma 1 dell'articolo
in questione (...) prevede in modo inequivoco che sia il
possesso in sé di determinati requisiti a condizionare la
possibilità di partecipazione alle gare; al contrario il successivo
comma 2 prescrive tout court le modalità ordinarie per
attestare il possesso dei requisiti di partecipazione in capo a
ciascun candidato, senza che la disposizione in questione fornisca
alcun argomento dirimente nel senso dell'esclusione per l'ipotesi di
mancata o non perspicua dichiarazione, ovvero nel senso che il dato
(per così dire: formale ed estrinseco) relativo all'effettuazione
della dichiarazione in sé possa prevalere - nelle ipotesi di
contrasto, evidentemente non rientranti nella fisiologia dei
rapporti - sul dato (per così dire: sostanziale ed intrinseco)
relativo al possesso in concreto dei requisiti di partecipazione, a
prescindere - cioè - dal contenuto delle dichiarazioni attraverso
cui tale possesso sia stato veicolato».
[23] Come si è
detto, infatti, si è previsto di introdurre al comma 2-bis dell'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 una sanzione pecuniaria che
verrà irrogata dalle Stazioni appaltanti ai concorrenti che hanno
omesso di presentare le dichiarazioni sostitutive
«indispensabili» o che le abbiano presentate in modo
incompleto o irregolare. Sul punto è appena il caso di evidenziare
che, per via del suo notevole importo (che può raggiungere
addirittura i 50.000 euro), la sanzione in parola s'appalesa
sproporzionata rispetto alle inadempienze dei concorrenti che mira a
punire.
[24] Con riferimento alle disposizioni di carattere
interpretativo si rinvia a V. Italia, La fabbrica delle leggi.
Leggi speciali e leggi di principio, Milano, 1990, pp. 67 ss.
[25] Sotto tale aspetto cfr. M. Lipari, Op. ult. cit., p.
12, il quale, per un verso, osserva che «sotto il profilo del
diritto interpolare, la norma è molto chiara nello stabilire, al
comma 3, che le nuove disposizioni di cui ai commi 1 e 2 “si
applicano alle procedure di affidamento indette successivamente alla
data di entrata in vigore del presente decreto”». Per altro
verso, soggiunge che «non si può escludere, tuttavia, che la
nuova disciplina sia considerata, già in sede interpretativa, come
un elemento immediatamente rilevante per depotenziare la rilevanza
di difformità meramente formali e per ampliare lo spazio applicativo
del dovere di soccorso, ancorché gli indirizzi più recenti del
Consiglio di Stato sembrino piuttosto prudenti in ordine alla
possibilità di allargare l'ambito operativo della
regolarizzazione». Sul punto si veda anche R. De Nictolis, Le
novità dell'estate 2014 in materia di contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture, in www.federalismi.it, p.17, la quale, dopo aver evidenziato che sul piano temporale la
nuova disciplina si applicherà «solo alle procedure di
affidamento indette successivamente alla data di entrata in vigore
del decreto legge», osserva che «tale opzione rallenterà di
molto gli effetti(vi) benefici della disposizione, che non
può essere applicata alle gare in corso». E che «sarebbe
forse stato opportuno un regime transitorio diverso, che estendesse
la nuova disciplina anche alle gare in corso, che non fossero giunte
alla fase di verifica della completezza delle produzioni documentali
(c.d. fase di apertura della busta A)».
[26] In tal
senso si esprime anche M. Lipari, Op. ult. cit., p. 9, ove si
osserva che «è significativo che, in un capo dedicato formalmente
“al processo amministrativo”, si collochi una disposizione destinata
ad operare nella fase sostanziale di selezione dei contraenti».
Lo stesso A. sottolinea anche che alla «la norma intende
modificare una linea di tendenza ormai radicata nel nostro
ordinamento e nel suo diritto vivente, tesa a concentrare una parte
consistente del contenzioso in materia di contratti pubblici nella
valutazione dei requisiti meramente formali di partecipazione dei
concorrenti: in particolare sulla corrispondenza alle prescrizioni
del bando delle dichiarazioni e dei documenti allegati alla domanda
di ammissione» (cfr. Op. ult. cit., p. 9).
[27] Cfr. supra sub nota n. 15.
[28]
Oltre a siffatti accorgimenti è quantomai necessario, in sede di
conversione, meglio definire la distinzione tra «dichiarazioni
necessarie» e «dichiarazioni non indispensabili» nonché
tra «irregolarità essenziali» e «irregolarità non
essenziali». Rimettendo, infatti, in prima battuta alle Stazioni
appaltanti il compito di definire tali concetti si corre il rischio
che, queste ultime, spinte dall'intento di far cassa, tendano a
ritenere in ogni caso punibili con l'irrogazione della sanzione
pecuniaria prevista dalla novella le eventuali omissioni in cui sono
incappati i concorrenti. La necessità di meglio chiarire i confini
della suddette distinzioni nasce ovviamente anche dal fatto che,
essendo le stesse rilevanti ai fini dell'irrogazione di una sanzione
pecuniaria, s'appalesa doveroso il rispetto dei più elementari
principi di legalità e prevedibilità. I quali, come noto, sono
principi ineludibili in materia di irrogazione di sanzioni
amministrative.
[29] Per un commento all'art. 45 della Direttiva
2004/18/CE, si rinvia G. Morbidelli - M. Zoppolato, Appalti
pubblici, in Trattato di diritto amministrativo europeo,
(diretto da) M. P. Chiti - G. Greco, Milano, 2007, Parte speciale,
tomo I, pp. 497 ss. e R. Greco, Le cause soggettive di
esclusione, in Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella
direttiva 2004/18 /Ce, (a cura di) R. Garofoli - M. A. Sandulli,
Milano, 2005, pp. 575 ss. In giurisprudenza si veda, in particolare,
Corte di Giust., 13 dicembre 2012, causa C-465/11,Forposta SA-
ABC Direct Contact sp. Z o.o. c. Poczta Polska SA, in www.curia-lex.eu.
[30] Come è stato evidenziato in
giurisprudenza l'art. 45 della Direttiva 2004/18 «fa conseguire
l'esclusione dalla gara nelle sole ipotesi di grave colpevolezza e
di false dichiarazioni, non rinvenibili nel caso in cui il
concorrente non consegua alcun vantaggio in termini corrispettivi,
essendo in possesso di tutti i requisiti» (Così Cons. Stato,
sez. V, 24 novembre 2011, n. 6240; in termini si vedano: T.A.R.
Campania, Salerno, sez. I, 28 giugno 2012, n. 1321; T.A.R. Lazio,
Roma, sez. III, 12 dicembre 2011, n. 9696; T.A.R. Lazio, Roma, sez.
III-quater, 12 dicembre 2012, n. 9688; Cons. Stato, sez. III,
21 dicembre 2011, n. 6777; Cons. Stato, 22 febbraio 2010, n. 1017;
T.A.R. Lombardia, ord. 15 gennaio 2013, n. 123 cit. , tutte in www.giustizia-amministrativa.it). Il che, peraltro, sembra
essere confermato anche dall'art. 57 della nuova Direttiva n.
24/2014.
[31] Cfr. Corte E.D.U., 17 settembre 2009, Scoppola
c. Italia, e Corte E.D.U., 24 gennaio 2012, Mihai Toma c.
Romania entrambe in www.echr.coe.int/echr. Con
riferimento a tale orientamento si veda anche Trib. Cremona, sez. I,
ord. 11 settembre 2013, n. 447, in www.altalex.com, in cui,
proprio citando dette sentenze, si evidenzia che «l'acquisita
natura di garanzia convenzionale del principio della retroattività
della lex mitior, unitamente all’inclusione dell’illecito
amministrativo e delle relative sanzioni nella materia penale ai
sensi della Convenzione, comporta (...) la necessità di
riconsiderare – superandolo - l’orientamento giurisprudenziale
consolidato (cfr Cass. 6712/1999, Cass. SS.UU. 890/1998, Cass.
8074/1998, Cass. 2058/1998, Cass. 11928/1995, Cass. 13246/1992,
Cass. 6318/1986, Cons. St. 3497/2010, Cons. St. 2544/2000), avallato
in passato dalle sentenze 501/2002 e 245/2003 della Corte
Costituzionale, sfavorevole all’applicazione alla materia delle
sanzioni amministrative del principio in esame». Sul tema mi sia
consentito di rinviare a P. Provenzano, La retroattività in mitius delle norme sulle sanzioni amministrative, in Riv.It. Dir. Pubbl. Com., 2012, pp. 877 ss. Più di recente si
veda P. Pantolone, Principio di legalità e favor rei nelle
sanzioni amministrative,in Il potere sanzionatorio delle
Autorità amministrative indipendenti, (a cura di) M. Allena – S.
Cimini, in www.giustamm.it, pp. 32 ss.
[32] Come
risaputo, i c.d. criteri Engel sono, in estrema sintesi, quei
criteri interpretativi elaborati in via pretoria dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo al fine di assoggettare una
determinata misura di natura afflittiva alle garanzie individuali
riservate dalla Convenzione ai destinatari di sanzioni penali. Tra i
suddetti criteri, che sono tendenzialmente alternativi e non
necessariamente cumulativi, rientrano, oltre chiaramente alla
qualificazione giuridica data all'illecito nel diritto interno,
anche la natura del precetto violato e, per quel che qui in
particolare rileva, la severità della sanzione a cui va incontro il
suo trasgressore. Con riferimento a tali criteri e, in generale,
all'incidenza della giurisprudenza della Corte di Strasburgo sul
diritto amministrativo nazionale si rinvia in dottrina a G. Greco, La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il diritto
amministrativo in Italia, in Argomenti di diritto
amministrativo, Milano, 2013, vol. II, pp. 19 ss.; F. Goisis,
Profili di trasformazione del diritto amministrativo nazionale
grazie alla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo: nozione di
sanzione in senso stresso e principali conseguenze del
riconoscimento del carattere sostanzialmente penale di una sanzione
amministrativa, introduzione al Seminario dal titolo
“Riflessioni sull'incertezza delle regole: le sanzioni
amministrative “nascoste” e le nuove sanzioni pecuniarie introdotte
dal c.p.a.”, Università degli Studi Roma Tre, 6 febbraio
2014, in www.diritto-amministrativo.org; Idem, Un'analisi
critica delle tutele procedimentali e giurisdizionali avverso la
potestà sanzionatorio della Pubblica amministrazione, alla luce dei
principi dell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo. Il caso delle sanzioni per pratiche commerciali
scorrette, in Dir. Proc. Amm., 2013, pp. 669 ss.; Idem, Nuove prospettive per il principio di legalità in
materia sanzionatoria-amministrativa: gli obblighi discendenti
dall'art. 7 CEDU, in Foro Amm.T.A.R., 2013, pp. 1228;
Idem, Garanzie procedimentali e Convenzione europea per la tutela
dei diritti dell'uomo, in Riv. Dir. Proc. Amm., 2009, pp.
1339 ss.; M. Allena, Garanzie procedimentali e
giurisdizionali alla luce dell'art. 6 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, in www.giustamm.it; M. Allena, Art. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, Napoli,
2012, pp. 47 ss.; S. Vernile, Le sanzioni amministrative tra
diritto amministrativo e diritto penale: la questione della
successione impropria, in corso di pubblicazione su Il
diritto dell'economia, vol. 2/2014; S. Mirate, Giustizia
amministrativa e Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L'«altro» diritto europeo in Italia, Francia e Inghilterra,
Napoli, 2007, pp. 246 ss.; V. Manes, Commento all'art. 7
C.E.D.U, in Commentario breve alla Convenzione Europea dei
Diritti dell'Uomo, (a cura di) S. Bertole - P. De Sena - V.
Zagrebelsky, Padova, 2012, pp. 260 ss.; M. De Salvia, Lineamenti di diritto europeo dei diritti dell'uomo, Padova,
1997, pp. 140 ss. In giurisprudenza si veda, da ultimo, Corte
E.D.U., 4 marzo 2014,Grande Stevens e altri c. Italia in www.echr.coe.int/echr
[33] A tal riguardo cfr. Corte.
E.D.U., 1° febbraio 2005, Ziliberberg c. Moldavia in www.echr.coe.int/echr.
[34] La natura sanzionatoria dei
provvedimenti di esclusione mi sembra essere riconosciuta anche C.
Celone, I procedimenti sanzionatori dell'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici, in Il potere sanzionatorio
delle Autorità amministrative indipendenti, (a cura di) M.
Allena – S. Cimini, cit., p. 301 e P. Cerbo, intervento al Seminario
dal titolo: “Riflessioni sull'incertezza delle regole: le
sanzioni amministrative “nascoste” e le nuove sanzioni pecuniarie
introdotte dal c.p.a.”, Università degli Studi Roma Tre,
6 febbraio 2014, in www.diritto-amministrativo.org.
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(pubblicato il
25.7.2014)
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