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n. 4-2014 - © copyright |
GUGLIELMO PASSARELLI
DI NAPOLI
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L’avvalimento a cascata nella
giurisprudenza del Consiglio di Stato
(brevi note a Cons. Stato,
sez. V, 13 marzo 2014 n. 1251).
Il caso. - La società appellante Senesi
S.p.a. partecipava alla gara per l’affidamento del servizio di
igiene urbana indetta dal Comune di Acerra, da aggiudicarsi con il
criterio del prezzo più basso. La Ego Eco veniva esclusa per
pregressi inadempimenti; la procedura si svolgeva fra le restanti
concorrenti (la società Senesi S.p.a. e la società Ecologia
Falzarano s.r.l.) fino alla determina di esclusione comminata ai
danni della ricorrente per la mancanza delle attestazioni
comprovanti il tipo di servizio reso con il relativo importo. La
Senesi proponeva ricorso avverso la determinazione espulsiva e la
successiva aggiudicazione provvisoria disposta in favore della
società Ecologia Falzarano s.r.l., con il quale censurava la
valutazione operata dalla commissione, nonché il paragrafo 4 del
bando capitolato in tema di dimostrazione dell’avvenuto espletamento
del servizio di spazzamento meccanico. Il Tar Campania, Napoli, sez.
I, rigettava il ricorso con sentenza n. 26798/2010, affermando la
legittimità del provvedimento di esclusione. La Senesi s.p.a.
proponeva appello con il quale censurava le argomentazioni poste a
sostegno della sentenza di prime cure.
La decisione del
Consiglio di Stato. - Il provvedimento di esclusione adottato
dall’amministrazione era motivato in forza della mancanza del
possesso del requisito dello svolgimento di servizi analoghi nel
triennio (2007-2009) per un importo pari a 20 milioni di euro, IVA
esclusa. In particolare, il paragrafo 4, lettera d), del
bando-capitolato prescriveva il possesso dello svolgimento dei
servizi analoghi nel triennio mediante allegazione di uno specifico
elenco di attività svolte, con indicazione dei committenti, delle
date e dei singoli importi. Al fine di dimostrare la ricorrenza del
requisito, la società Senesi s.p.a. indicava servizi svolti dalla
società Lavajet s.r.l., con la quale aveva stipulato un contratto di
avvalimento in data 14 maggio 2010. Nel testo contrattuale emerge,
infatti, che Senesi s.p.a. possiede un fatturato globale nel
triennio pari a quasi sei milioni di euro (rispetto ai venti
richiesti dal bando) in una con un fatturato specifico pari a quasi
quattro milioni e mezzo di euro (a fronte dei venti prescritti).
Pertanto, per valutare la legittimità dell’esclusione della
ricorrente dalla gara, è necessario accertare se la Senesi s.p.a.
possedesse i requisiti richiesti dal bando, e cioè, in sostanza,
alla luce dell’avvalimento, se i requisiti prestati dall’ausiliaria
Lavajet s.r.l. fossero o meno computabili a beneficio della
ausiliata. Nel caso in esame, la Senesi s.p.a., ausiliata, stipulava
il contratto di avvalimento con la Lavajet s.r.l., la quale deteneva
il 100% delle quote azionarie del soggetto che aveva effettivamente
svolto i servizi di cui la ausiliata intendeva avvalersi (Lavajet
s.a.l. & N.B.H.H.). Pertanto, l’impresa ausiliaria offriva i
requisiti oggetto del contratto di avvalimento, che erano in realtà
posseduti da un soggetto giuridicamente distinto, pur se collegato
alla società ausiliaria da vincoli di gruppo.
Il “cuore” del
problema, dunque, è se sia ammissibile un simile tipo di
avvalimento: un avvalimento che si ha quando la società ausiliata si
avvale di un soggetto con cui stipuli il contratto di avvalimento,
il quale, a sua volta, debba fare perno sui requisiti maturati in
capo ad altro soggetto di cui detiene il 100% delle quote azionarie.
È, questo, il cd. avvalimento a cascata.
Il Consiglio di Stato,
nella sentenza in questione, afferma che “una fattispecie di
avvalimento a cascata, da ritenersi vietata in quanto elide il
necessario rapporto diretto che deve intercorre tra ausiliaria e
ausiliata, allungando e, quindi, indebolendo, la catena che, lega,
innescando i relativi precipitati in punto di responsabilità
solidale, il soggetto ausiliato al soggetto ausiliario munito in via
diretta dei requisiti da concedere quo ad proceduram”, perché
“l’avvalimento rappresenta già di per sé una deroga al principio di
personalità dei requisiti di partecipazione alla gara, e deve
pertanto essere consentito solo in ipotesi delineate in maniera
rigorosa onde garantire l’affidabilità, in executivis, del soggetto
concorrente. E infatti, l’istituto dell’avvalimento – e la correlata
deroga al principio del possesso in proprio dei requisiti di gara –
si giustifica solo sulla base del vincolo di responsabilità che lega
il soggetto che partecipa alla gara a quello munito, in via diretta,
dei requisiti prescritti dalla disciplina regolatrice della
procedura competitiva. E’, quindi, irrinunciabile la sussistenza di
un rapporto diretto e immediato tra soggetto ausiliario e soggetto
ausiliato, legati dal menzionato vincolo di responsabilità solidale
in relazione all’intera prestazione dedotta nel contratto da
aggiudicare”.
L’avvalimento: nozione ed origini
comunitarie dell’istituto. - Per avvalimento si può intendere
tanto il fenomeno in forza del quale un’Amministrazione pubblica si
avvale, per esercitare le proprie funzioni, dell’apparato
organizzativo di un altro ente, quanto un diverso (ma in qualche
modo analogo) fenomeno: cioè il fatto che un’impresa fruisca dei
requisiti di capacità di un’altra impresa all’interno di una gara
d’appalto.
Inteso in questo secondo senso, l’avvalimento è un
istituto di origine comunitarie; per la precisione, è stato
elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea
(sez. V, 14.04.1994, in causa C-389/1992, e poi sez. V, 2.12.1999,
in causa C-176/1998) che, nelle citate sentenze, ha statuito il
seguente principio: la partecipazione ad una procedura concorsuale
non può essere esclusa per il sol fatto che il concorrente, per
dimostrare le proprie capacità tecniche, finanziarie ed economiche
nonché il possesso dei mezzi necessari per l’esecuzione
dell’appalto, faccia riferimento alle capacità ed ai mezzi di uno o
più soggetti diversi, ai quali conta di ricorrere. Si tratta di un
principio chiaramente ispirato ad un favor verso la
concorrenza, e dunque al maggior ampliamento possibile della
partecipazione alle gare; d’altronde il diritto comunitario ha –
notoriamente – un approccio sostanzialistico, sicché ritiene
sufficiente la prova adeguata (da parte del concorrente)
dell’effettiva disponibilità, da parte sua, dei requisiti promessi
alla stazione appaltante per tutta la durata dell’appalto.
Il
diritto comunitario ha disciplinato l’istituto con le direttive Ce
31.03.2004 nn. 17 e 18; sicché al legislatore italiano non restava
che adeguarsi. Ciò è stato fatto con l’art. 49 del Codice: il comma
1 prevede che “Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato
ai sensi dell'articolo 34, in relazione ad una specifica gara di
lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al
possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico,
organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA
avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell'attestazione
SOA di altro soggetto”. Sono esclusi i requisiti cd. “morali”,
elencati dagli artt. 38 e 39 del Codice, che devono essere posseduti
da tutti i partecipanti ad una procedura di evidenza pubblica perché
si riferiscono a qualità strettamente personali dell’impresa.
Rischi e limiti dell’avvalimento. – Purtroppo,
l’istituto in questione (o meglio, un uso abusivo e distorto dello
stesso) espone al forte rischio di inquinamento delle gare; sicché
il comma 2 dell’art. 49 ha previsto limiti ben precisi per cercare
di ridurre al minimo fenomeni di turbativa delle gare o di
infiltrazioni criminali; in particolare, la norma esige che
l'impresa alleghi una serie di dichiarazioni e documenti.
La
disciplina prevista dal codice è, pertanto, un po’ contraddittoria:
come è stato efficacemente detto, si ha come la sensazione che
l’ordinamento, strattonato tra le contrapposte esigenze di
concorrenza e di garanzia, finisca per desiderarle entrambe,
deludendole tutte e due. Ancora, autorevole dottrina ha evidenziato
che “Molte delle difficoltà interpretative derivano dal fatto che
l’avvalimento opera al confine tra l’assoluta estraneità al
confronto competitivo dell’impresa ausiliata e la sua piena
compartecipazione come parte dell’ATI”: infatti, un primo strumento
per ampliare la possibilità di partecipazione alle gare è il
raggruppamento temporaneo di imprese; tuttavia, quest'ultimo “non
esaurisce, secondo il giudice comunitario, la gamma delle soluzioni
ammesse dall’ordinamento, sicché anche una forma di circolazione dei
requisiti che non impegni l’ausiliaria alla propria partecipazione
alla gara deve ritenersi ammissibile, quale che sia il vincolo
giuridico tra ausiliaria ed ausiliata”[1].
Natura
giuridica dell’avvalimento. – La natura giuridica
dell’avvalimento è molto discussa; si è sostenuto che esso andrebbe
assimilato al consorzio, al raggruppamento temporaneo tra imprese,
al subappalto; ma nessuno di tali istituti possiede le peculiarità
dell’avvalimento (per le distinzioni tra avvilimento e subappalto,
si veda oltre). Si è accostato l’avvalimento al noleggio, ma il
noleggiatore non assume alcun obbligo nei confronti della p.a., né è
responsabile in solido con l’appaltatore. Si è sostenuto che
l’istituto sarebbe inquadrabile nella promessa del fatto del terzo,
ma anche il tal caso il regime della responsabilità non appare
compatibile con il disposto dell’art. 1381 c.c.. In dottrina[2] si è
ritenuto che l’avvalimento vada inquadrato nel fenomeno del
collegamento negoziale.
In giurisprudenza si è spesso affermato
che il contratto di avvalimento è un contratto atipico (che può
rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale, e la
sua esistenza può essere provata in qualunque modo idoneo[3]),
mentre autorevole dottrina[4] ha definito l’avvalimento come un
contratto “mutevole”, e non come un contratto atipico, sia perché
esso è previsto e disciplinato dalla legge, sia perché assume, come
già detto, il contenuto di un contratto a sua volta tipico (un
subappalto, un affitto di azienda). Secondo tale autore,
l’avvalimento si caratterizza per una distinzione – propria anche di
altri tipi contrattuali, come ad es. la cessione del credito – tra
una causa costante identificativa del tipo ed una causa variabile;
per la precisione, la causa costante è il prestito dei requisiti di
partecipazione, mentre il contenuto causale variabile è la messa a
disposizione dei beni e/o utilità corrispondenti al requisito
prestato.
Problemi giuridici posti dall’avvalimento. – Non è possibile, in questa sede, soffermarsi dettagliatamente
sulle diverse problematiche poste da tale istituto. In estrema
sintesi, può dirsi che in giurisprudenza è pacifica la necessità di
provare in modo rigoroso l'effettiva disponibilità dei mezzi
dell'impresa avvalsa, mediante la presentazione di un apposito
impegno da parte di quest'ultima, riferito allo specifico appalto e
valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara, non
essendo sufficiente - a tal fine - la mera allegazione dei legami
societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per
l'autonomia contrattuale di cui godono le singole società del
gruppo[5]. Più discussa è invece l’ammissibilità dell’avvalimento
per le certificazioni di qualità, perché quest’ultima costituisce un
requisito di natura soggettiva delle imprese, sicché non è apparsa
suscettibile di avvalimento[6]; ma, secondo l’orientamento
giurisprudenziale che appare prevalente, l’avvalimento deve
ritenersi ammissibile anche per le certificazioni di qualità, atteso
che l’avvalimento è la regola generale e le sue limitazioni
costituiscono eccezioni a tale regola[7]. È certo ammissibile
l’avvalimento anche nell’ambito di consorzi o di Raggruppamenti
Temporanei di Imprese (R.T.I.), ai sensi dell’art. 49 comma 1 d.lgs.
n. 163/2006 che consente l’avvalimento al “concorrente, singolo o
consorziato o raggruppato ai sensi dell'articolo 34”.
Giova
ricordare che, di recente, la Corte di Giustizia[8] ha ritenuto
incompatibile con il diritto dell’UE l’art. 49 co. 6 c.c.p., che
vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad
una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di
avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle
capacità di più imprese: ha cioè ritenuto ammissibile il cd.
avvalimento plurimo.
Quanto all’avvalimento a cascata, non sembra
che i precedenti giurisprudenziali siano molti; tuttavia il
Consiglio di Stato aveva già ritenuto tale tipo di avvalimento
inammissibile[9]. Si tratta di un assunto condivisibile[10], ad
avviso di chi scrive, e coerente con la premessa in base alla quale
– come per l’appunto afferma il Consiglio di Stato nella sentenza
annotata – “l’avvalimento rappresenta già di per sé una deroga al
principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara,
e deve pertanto essere consentito solo in ipotesi delineate in
maniera rigorosa onde garantire l’affidabilità, in executivis, del
soggetto concorrente”: in altre parole, si ritiene che l’avvalimento
sia l’eccezione. Il problema è che tale principio non è affatto
pacifico, soprattutto nella giurisprudenza della Corte di giustizia:
che ha più volte mostrato di considerare l’avvalimento un istituto a
carattere generale, da guardare con favore perché in grado di
ampliare la concorrenza. Come osservato da autorevole dottrina[11],
“La Corte di Giustizia, come i giudici nazionali, perseguono sempre
il medesimo obiettivo: rendere quanto più facilmente contendibili le
commesse pubbliche, che è la ratio sottesa alla disciplina
europea degli appalti. Il punto di partenza è dichiaratamente
comune: l’avvalimento persegue lo scopo di garantire la massima
partecipazione alle gare. Ma l’arrivo è diverso. Da parte della
giurisprudenza interna proteso a salvaguardare gli interessi
dell’amministrazione; ovvero l’esigenza che almeno un soggetto
possegga integralmente i requisiti di partecipazione, limitando però
di fatto la partecipazione stessa. Da parte della Corte di Giustizia
proteso verso gli operatori economici; nella tutela del principio di
concorrenza, garantire effettivamente un suo corollario, ossia la
massima partecipazione alle gare. Su di tutto, quindi, l’effettività
del principio di concorrenza”.
Non sembra che la Corte di
giustizia si sia pronunziata sulla specifica fattispecie
dell’avvalimento a cascata; resta quindi da vedere se tale
restrittivo orientamento sarà condiviso anche dal giudice
dell’Unione Europea. Giova osservare che il diritto dell’Unione
Europea non sembra prendere espressamente in considerazione lo
specifico problema dell’avvalimento a cascata: gli artt. 47 e 48
della direttiva 18/2004, e l’art. 54 della direttiva 17/2004
prevedono che un operatore economico possa fare affidamento sulle
capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei
suoi legami con questi ultimi; ed espressione analoga è adoperata
dall’art. 63 della recentissima direttiva 24/2014. Dunque, il
problema è come tale espressione sarà interpretata dalla Corte di
giustizia; ma, come correttamente osservato, deve allo stato
preferirsi l’orientamento restrittivo, atteso che “i soggetti
ausiliari devono essere quelli che effettivamente prestano (in tutto
o in parte) i requisiti al concorrente. Altrimenti, se si
consentisse che il soggetto ausiliario a sua volta si possa avvalere
dei requisiti di un altro, si verrebbe a consentire delle scatole
vuote e a snaturare la stessa ratio dell’istituto; che è
quella di permettere la partecipazione di altri soggetti e non di
consentire di potersi rendere ausiliario di altri”[12].
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[1] F. Cintioli, Il contratto di avvalimento tra
diritto comunitario e diritto italiano, su www.giustamm.it.
[2]
A. Ilacqua, Il contratto di avvalimento ex art. 49 d.lgs. 163/2006,
su www.giust.amm.it..
[3] Tar Campania, Salerno, sez. I,
28.03.2012, n. 607; Tar Lazio, Roma, sez. II ter, 04.05.2010, n.
9512.
[4] F. Cintioli, op. cit..
[5] Tar Campania, Napoli,
sez. II, 28.06.2013, n. 3349; Cons. Stato, sez. V, 05.12.2012, n.
6233; Cons. Stato, sez. V, 20.06.2011, n. 3698, tra le tante.
[6] Cons. Stato, sez. V, 27.03.2013, n. 1772; Tar Campania,
Salerno, sez. I, 29.04.2011, n. 813.
[7] Cons. Stato, sez. V,
06.03.2013, n. 1368; Tar Lazio, Roma, sez. II ter, 13.01.2014, n.
337; Tar Puglia, Lecce, sez. I, 05.04.2013, n. 783, tra le tante.
[8] Corte di giustizia Unione Europea, sez. V, 10.10.2013, n.
94/12.
[9] Cons. Stato, sez. V, 24.05.2013, n. 2832.
[10] C.
Viola, La Corte di Giustizia dà il via libera all’avvalimento
plurimo e frazionato, su www.giustizia-amministrativa.it.
[11]
C. Viola, op. cit..
[12] C. Viola, op. cit..
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(pubblicato il
15.4.2014)
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