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GIANLUIGI PELLEGRINO

Considerazioni su rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale dopo Corte di Giustizia (Fastweb) e la nuova Adunanza Plenaria

 

 


 

 

Sommario
1.Il rilievo sostanziale di una questione processuale.
2.1. La nuova Plenaria Conclusioni ineccepibili.
2.2. (Segue) La nuova Plenaria. Conclusioni ineccepibili. Motivazioni un po’ meno.
3. Quel che rimane da decidere per non violare processo e concorrenza.

4. Le provocazioni agostane e la funzione insostituibile del giudice amministrativo



1.Il rilievo sostanziale di una questione processuale.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è dovuta tornare ad occuparsi del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale nei contenziosi in materia di procedure ad evidenza pubblica (Ad. Plen. n. 9/14).
Lo ha dovuto fare a seguito della nota pronuncia della Corte di Giustizia (4 luglio 2013 C-100/12 Fastweb) che peraltro faceva seguito a rilievi critici al precedente arresto della stessa Plenaria (4/11) mossi non solo nell’ambito della giurisdizione amministrativa ma anche, sia pure in forma di obiter, dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (21.6.12 n. 10294).
Del resto chi scrive (non da solo ma nemmeno in ampia compagnia) aveva da tempo segnalato che prima o poi la questione della iperprotezione del ricorrente incidentale sarebbe esplosa. E che la soluzione data dalla Plenaria del 2011 non poteva resistere ad un vaglio sulla base di coordinate imposte non solo da principi fondamentali di parità delle parti in ogni processo (art. 111 Cost. rep.) ma anche da regole basilari comunitarie e nazionali in tema di concorrenza.
Ad animare quella certezza, indubbiamente sfrontata (per brevità sia consentito rinviare a G. Pellegrino La Plenaria e le tentazioni dell’incidentale. Nota ad AP n. 4/11 in giustizia-amministrativa.it) , vi era in realtà una banalissima considerazione che muoveva dal piano concreto dell’effettività.
Due imprese che con riguardo ad una gara si contestano ritualmente e reciprocamente le rispettive ammissioni (ciascuna con il solo strumento che l’ordinamento appresta), non possono che, nel processo, essere trattate sul medesimo piano. Un processo che non lo garantisce non può, per evidenti ragioni, dirsi un processo giusto.
Inoltre un trattamento diseguale sul piano processuale di due analoghe e reciproche contestazioni poste a tutela della concorrenza, si traduce inesorabilmente in una violazione sostanziale di principi fondamentali in tale cruciale ambito (la concorrenza) del sistema economico.
Da qui facevo, e non posso che far ancora, conseguire, una se volete banale conclusione. Le reciproche contestazioni delle rispettive ammissioni ove entrambe fondate non possono che essere:
- o entrambe accolte;
- o entrambe dichiarate improcedibili
E se talvolta, quando ad esempio la materia contenziosa sia limitata a tali reciproche contestazioni delle rispettive ammissioni, e vi siano anche altri concorrenti in gara, si può ammettere che per economia processuale si valuti prima la censura mossa dall’aggiudicatario e ricorrente incidentale, ciò non può assolutamente essere una regola generale, altrimenti incorrendo in una clamorosa ingiustizia che nasce processuale ma diviene ineludibilmente sostanziale.
Si pensi ad esempio al caso non infrequente in cui in una gara con più concorrenti in gara, il secondo classificato contesti non solo l’illegittima ammissione del primo ma anche un regalo di punteggio aggiuntivo di cui quest’ultimo ha beneficiato, ottenendo, il primo posto in graduatoria che in realtà non gli spettava; e ciò in illegittimo danno del ricorrente principale
Ebbene in tal caso ritenere che la incidentale contestazione dell'aggiudicatario rivolta avverso la ammissione del ricorrente principale, sia idonea di per sé a paralizzare l’intera azione principale, finisce con l’integrare non solo una clamorosa ingiustizia processuale ma anche un’altrettanto evidente violazione delle regole di concorrenza, almeno le tante volte in cui pure la censura escludente mossa dal ricorrente principale sia fondata.
Con l’ulteriore paradosso che a quel punto una stazione appaltante che abbia in ipotesi ammesso tutti illegittimamente, potrebbe poi aggiudicare la gara con assoluto arbitrio senza che nessuno possa fare ricorso nemmeno per ottenere il rispetto delle regole all’interno della gara, con riguardo alla formazione della graduatoria.
Si vengono in tal modo a creare dei veri e propri bacini di arbitrio non giustiziabili in ambiti di concorrenza quali indubbiamente sono le singole gare.
E’ per questo che il tema del rapporto ricorso principale-ricorso incidentale che inizialmente veniva derubricato a questione marginale o ad ossessione di qualche operatore, si è inevitabilmente rivelato essere una questione implicante tematiche ben più generali e importanti quali la concorrenza nel settore degli appalti pubblici e più complessivamente dell’evidenza pubblica.
Risulta così evidente come il tema si presti ad essere affrontato sia, per così dire, dall’alto e cioè muovendo dalle questioni capitali del nostro sistema, sia dal basso, da banali esigenze di parità delle parti che poi è esattamente la prospettiva, come operatore, che nell'autunno del 2006 mi spinse a gettare il sasso nello stagno.

2.1. La nuova Plenaria (9/14). Conclusioni ineccepibili.
Da quanto precede deriva la rilevanza di un tema che in verità andava risolto già sulla base del nostri principi interni, che già consentivano e imponevano di evitarci la rampogna della Corte di giustizia.
Peraltro l'intervento della Corte è stato paradossalmente tanto più significativo quanto ellittico e assertivo. Si è avuta in qualche modo l’impressione che il giudice comunitario abbia ritenuto semplicemente fuori dall’ipotizzabile, che tra due imprese che ritualmente si contestino analoghi vizi sulle rispettive ammissioni, il processo possa preferirne una a favore dell’altra. E quindi per tale banale ragione di fondo, la Corte di Giustizia ha sostanzialmente liquidato la vicenda, facendo prevalere su tutto il profilo sostanziale del comune reciproco interesse di due imprese di settore, perché la gara non sia illegittimamente aggiudicata a nessuna delle due, e per essere aggiungiamo noi, eventualmente ribandita.
Il tranciante assunto della Corte di Giustizia, ed ancor prima le motivate perplessità suscitate dalla soluzione di cui alla decisione 4/11 della Plenaria, hanno così imposto che la questione venisse nuovamente rimessa al massimo collegio del Consiglio di Stato, che è tornato a pronunciarsi con la sentenza 9/14.
Possiamo dire subito che, tralasciando per un attimo l’iter motivazionale seguito, il nuovo epilogo cui giunge ora la Plenaria può ritenersi senz’altro condivisibile in quanto riassumibile nei termini che seguono: due reciproche censure escludenti che incidano sullo stesso segmento del procedimento di evidenza pubblica devono essere trattate sullo stesso piano.
Così sarà se le due parti si contestino entrambe reciprocamente la tardività della domanda a partecipare la gara; oppure sempre reciprocamente l’illegittima ammissione in sede di verifica dei requisiti amministrativi, morali e tecnici; o ancora sempre reciprocamente vizi in ipotesi escludenti relativi ai contenuti delle offerte e che emergano in sede di esame delle stesse.
Ne è corollario (e non può essere diversamente) che ove invece una delle due rispettive contestazioni escludenti attenga ad una fase procedimentale che precede quella su cui invece impinge la contrapposta censura (pur essa escludente), ciò determinerà, solo in questo caso, anche un ordine di esame con l’effetto che l’eventuale fondatezza della prima esclude in radice l’esame della seconda, risultando irrilevante il mezzo (principale o incidentale) in cui è contenuta.
Trattasi di approdo (questo ora attinto da Plenaria n. 9/14) non solo assolutamente condivisibile ma che con ogni evidenza supera e archivia la precedente sentenza n. 4 del 2011, al di là del pur comprensibile sforzo di non contraddizione che la motivazione della nuova sentenza cerca di operare. Ed infatti la sentenza del 2011 (ribaltando erroneamente la precedente Plenaria 11/08) aveva all’opposto affermato una pregiudizialità sempre e comunque della censura escludente contenuta nel ricorso incidentale, ammettendo solo alcune eccezionali deroghe che qui non assumono rilievo.

2.2. (Segue) Plenaria 9/14 Conclusioni ineccepibili. Le motivazioni un po’ meno.
Francamente almeno in sede di prima analisi, molto meno convincente delle conclusioni e a tratti pure perplesso appare, almeno a chi scrive, l’iter motivazionale che è dato leggere nella nuova Plenaria, in particolare dove nel cercare di non contraddire l’impostazione teorica di cui alla decisione del 2011, si legge che una disparità delle parti nel processo amministrativo come quella che la 4/11 chiaramente avallava, sarebbe da non ripudiare in applicazione dei principi del cd. “abuso del processo” (così testualmente la sentenza in commento al paragrafo n. 8.3.3.2 lett. d).
Si sostiene in altri termini che una prevalenza tout court dell’impugnazione escludente incidentale, rispetto ad una omologa contrapposta impugnazione mossa dal ricorrente principale, troverebbe giustificazione nella circostanza che l’impresa seconda classifica che si assume consapevole della sussistenza di una propria causa di esclusione non rilevata dalla pubblica amministrazione, non dovrebbe in alcun modo contestare l’aggiudicazione alla prima, altrimenti risultando censurabile per una qualche slealtà sul versante sostanziale che ridonderebbe nel giudizio quale profilo di “abuso del processo”.
In realtà a superare l’invero (a nostro avviso) sorprendente assunto, basterebbe la considerazione che speculare valutazione andrebbe operata con riguardo all’aggiudicatario che pur sapendo dell’esistenza della causa di esclusione a suo carico, ritenga ugualmente di poter muovere con il ricorso incidentale una censura escludente nei confronti del concorrente.
Ma l’obiezione è così scontata da doversi escludere che la Plenaria non se ne sia fatta carico; sicchè quella considerazione, che peraltro fortunatamente non ha impedito il già apprezzato approdo finale della decisione n. 9/14 , sembra piuttosto riecheggiare un qualche pregiudiziale favore processuale per l’esito voluto dalla pubblica amministrazione e la connessa posizione dell’aggiudicatario; inclinazione che a ben vedere costituisce, almeno a parere di chi scrive, il vizio di origine, di questa ormai annosa questione.
Peraltro nel cercare le ragioni, per così dire storiche, di questo sbilanciamento di prospettiva, vi è con ogni probabilità il, peraltro condivisibile, arresto pretorio, che consente la impugnazione degli atti di ammissione ad una gara solo al suo esito e quindi solo una volta intervenuta l’aggiudicazione definitiva. Ma ciò deriva da condivisibili considerazioni in punto di attualità e concretezza dell’interesse nel senso che si è voluto fissare un principio in base al quale, un operatore che partecipa alla gara ambendo al bene della vita della sua aggiudicazione, solo all’esito di questa può valutare se ha in concreto interesse a contestare l’ammissione di uno o più concorrenti.
E’ solo da tale principio (e non da altri) che derivano due semplici conseguenze:
- l’impresa che infine non risulta aggiudicataria solo a quel punto (all’esito della gara) potrà ammissibilmente contestare l’ammissione di chi la precede in graduatoria;
- mentre l’impresa che risulti aggiudicataria solo ove riceva una contestazione (ricorso principale) della sua aggiudicazione avrà interesse a contestare (a quel punto con ricorso incidentale) l’ammissione di chi le muove quella contestazione rendendo non più certo l’esito del procedimento per essa favorevole.
Solo per questo le due reciproche contestazioni saranno una contenuta nel mezzo denominato “ricorso principale” e l’altra contenuta nel mezzo denominato “ricorso incidentale”; fermo però restando che le stesse agiscono sul medesimo piano (ove in particolare relative al medesimo segmento procedimentale di gara), esattamente come vi avrebbero agito ove l’arresto pretorio fosse nel senso di consentire la immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione di una impresa concorrente, senza necessità di attendere l’esito della gara.
E’ così come in tal caso nessuno potrebbe disconoscere l’assoluta reciproca equipollenza delle due rispettive contestazioni (che potrebbero persino essere contenute in due autonomi ricorsi principali senza possibilità alcuna di ritenere l’uno pregiudiziale all’altro!), a identica conclusione si deve arrivare anche se, per condivisibile insegnamento, riteniamo che tutte tali reciproche contestazioni devono spostarsi all’esito della gara.
Sembra a chi scrive che ciò già basti a rifuggire una qualche istintiva iperprotezione dell’aggiudicatario/ricorrente incidentale, atteso che come è superfluo sottolineare, dinnanzi ad un giudice terzo investito di reciproche impugnazioni delle rispettive ammissioni, le imprese e la PA, non possono che essere tutte su un piano di assoluta parità processuale e sostanziale, essendo questo un in sé della terzietà del giudice.
Peraltro, come abbiamo già visto, l’esito cui comunque arriva la nuova Plenaria, al netto di alcune premesse, è pienamente condivisibile ed in linea con l’indirizzo espresso dalla Corte di Giustizia, rispetto alla cui pronuncia peraltro la sentenza della Plenaria sembra manifestare qualche esplicito fastidio ove espressamente contesta sul versante processuale la rimessione operata dal Tar Piemonte che ha occasionato l’intervento del giudice comunitario.
Per completezza segnaliamo come almeno a noi non riesca a risultare chiaro un ulteriore paragrafo motivazionale della decisione Plenaria n. 9 del 2014 ove al punto 8.3.7 si afferma che “nei casi come quello sottoposto alla Adunanza Plenaria non è configurabile neppure l’interesse ad agire”.
Si tratta probabilmente di un’aporia redazionale, oppure del frutto di considerazioni che almeno ad un primo esame sfuggono a chi scrive, atteso che l’affermazione che nel giudizio esaminato non vi sarebbe “neppure” l’interesse, mal si concilia con le conclusioni cui pure la Plenaria correttamente giunge in base alle quali nei casi come quello che le era sottoposto senz’altro sussistono sia legittimazione che interesse se è vero che afferma il principio di diritto secondo cui “sussiste la legittimazione del ricorrente in via principale…. quando le due offerte siano affette da vizio afferente la medesima fase procedimentale” e su tale base manda per il prosieguo del giudizio alla Sezione rimettente. Come avrebbe fatto in modo sicuramente diverso ove avesse ritenuto non sussistente “nemmeno l’interesse”.
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Peraltro sul fronte non della legittimazione ma dell’interesse e prima della pronuncia della Corte di giustizia, anche chi scrive aveva indicato la possibilità che ferma restando la dovuta affermazione di assoluta parità di reciproche contestazioni sulla fase di ammissione, con riguardo ai due soli concorrenti in gara si potesse infine affermare come l’esito deserto della gara non integrasse un “interesse strumentale”, atteso che, diversamente da quanto avviene ove il giudice annulli in parte qua un bando (il che onera la PA di proseguire o rieditare le parti della procedura non annullate), invece dall’esito deserto di una gara non scaturisce analogo obbligo alla ripetizione. Si trattava però di approdo che comunque muoveva dall’assolutamente necessaria affermazione di equipollenza delle due reciproche contestazioni.
Peraltro trattasi di esito che in qualche modo è restato precluso, o almeno sconsigliato, dalla reazione tranciante della Corte di Giustizia che in qualche modo è risultata provocata dal contrapposto, ugualmente tranciante e a nostro giudizio errato, arresto della Plenaria n. 4/11 che per converso affermava persino in punto di legittimazione una valenza sempre pregiudiziale e paralizzante del ricorso incidentale escludente. Omettendo però di considerare che ad analogo risultato doveva giungersi sulla legittimazione del ricorrente incidentale a proporre la contro domanda impugnatoria rivolta avverso l’ammissione del ricorrente principale.

3. Quel che rimane da decidere per non violare processo e concorrenza.
Si è detto che comunque assolutamente condivisibile è ora l’approdo finale della Plenaria n. 9/14 là dove, sia pur dopo faticosa motivazione, afferma la sicura equipollenza di due reciproche impugnazioni escludenti che incidano sulla stessa fase procedimentale, con il corollario (in qualche modo imposto dalla Corte di Giustizia), che nel caso le reciproche contestazioni riguardino tutti i (soli) concorrenti alla gara e siano tutte fondate, le stesse debbano essere tutte accolte.
Resta peraltro fermo che ove invece le reciproche censure ancorchè tutte di tipo escludente attengano però a fasi diverse della gara, ad avere valenza pregiudiziale (siano esse contenute in mezzi principali o in mezzi incidentali) saranno quelle relative alle fasi che si collocano più a monte, se fondate, a paralizzare quelle contrapposte (pure escludenti ma) che si riferiscono a fasi successive.
Quanto precede esauriva la questione che in ragione delle circostanze di quello specifico giudizio, la Plenaria doveva affrontare. Il che però non fornisce soluzione almeno espressa a due ulteriori (e non meno importanti) ipotesi, sempre afferenti al rapporto ricorso principale/ricorso incidentale.
La prima peraltro è di facile soluzione. Ci riferimento all’ipotesi in cui le reciproche contestazioni ancorchè riguardanti la stessa fase di gara non involgono però tutti i concorrenti.
Ebbene in tal caso secondo consolidati principi si deve ritenere che non essendo a quel punto immediatamente riscontrabile un interesse comune delle parti ad un esito deserto della gara, anche la rispettiva fondatezza delle due impugnazioni non potrebbe portare a tale risultato. Pertanto in tali casi sia pur per mera economia processuale la fondatezza della contestazione mossa in via incidentale potrà continuarsi a ritenere assorbente.
Certo la perentorietà del provocato tranciante arresto della Corte di Giustizia potrebbe creare qualche problema persino a tale conclusione (atteso che si potrebbe affermare che anche in tal caso vi sarebbe il reciproco interesse ad evitare l’aggiudicazione illegittima al concorrente). E però sembra a chi scrive che adeguate motivazioni potranno illustrare al giudice comunitario come la richiamata conclusione (insussistenza di un interesse tutelabile alla reciproca esclusione quando vi sono altri concorrenti in gara) sia imposta da nostre regole processuali sul punto sicuramente non in contrasto con i principi comunitari che invece si è giustamente ritenuto violati da una incondizionata ipeprotezione dell’aggiudicatario/ricorrente incidentale.
Ben più articolata e di estremo rilievo per il rispetto di regole elementari di concorrenza è invece l’ultima ipotesi. Ci riferiamo al caso in cui in presenza di altri concorrenti in gara, il secondo classificato contesti non solo l’ammissione del primo ma anche la illegittima attribuzione a questi di un punteggio che ne ha decisivamente drogato la collocazione in graduatoria e che ove correttamente non assegnato avrebbe visto vincente il secondo graduato (ricorrente principale); mentre in via incidentale il primo classificato, nulla potendo a sua volta rivendicare sul versante del punteggio, si limita a contestare (in termini di solo parziale reciprocità) la ammissione alla gara del ricorrente principale.
Pertanto si avrà il ricorrente principale che contesta sia l’ammissione che, per vizio proprio afferente ai punteggi, la collocazione in graduatoria e l’aggiudicazione. Mentre il ricorrente incidentale può contestare solo l’ammissione del ricorrente principale.
Ebbene in tal caso, premessa l’affermazione di equipollenza tra due reciproche contestazioni delle ammissioni se relative alla stessa fase procedimentale (affermazione cui giunge ora la Plenaria e dalla quale crediamo non si possa più arretrare), è evidente che dalla possibile fondatezza delle reciproche contestazioni sull’ammissione, se da un lato non può derivare l’accoglimento di entrambi i mezzi in quanto vi sono altri concorrenti in gara, dall’altro non può mai derivare l’oblio (id est omesso esame) delle contestazioni relative alla fase di assegnazione dei punteggi e di formazione della graduatoria.
Vogliamo dire cioè, come non sia tollerabile sul versante processuale e ancor meno su quello sostanziale (di tutela della concorrenza) che una pubblica amministrazione provvedendo ad ammettere illegittimamente due concorrenti e pur in presenza della rituale, reciproca e fondata impugnazione di entrambe tali ammissioni, possa poi rimanere legibus soluta quanto alla fase di aggiudicazione, potendo compiere ogni arbitrio in sede di assegnazione del punteggio; ciò anche se pure tale fase è stata ritualmente contestata da chi ne è risultato illegittimamente penalizzato.
Né è tollerabile che un’impresa che abbia beneficiato della doppia illegittimità (in fase di ammissione e in fase di assegnazione del punteggio) abbia maggiore protezione di quella che ha solo goduto di analoga illegittimità nella sola fase di ammissione e poi ha subito invece la manifesta illegittimità in fase di formazione della graduatoria.
Va da sé peraltro che non sarebbe nemmeno applicazione per così dire traslata, del brocardo in pari causa turpitudinis melior est condicio possidentis.
E ciò per la banale ragione che a difettare è proprio la parità di turpitudine, atteso che al contrario verrebbe a beneficiare di maggior protezione chi ha beneficiato non solo dell’illegittima ammissione (come l’altro concorrente) ma anche dell’arbitraria e illegittima assegnazione di punteggi e quindi del bene della vita (aggiudicazione) in danno dell’altro. E pur essendo ognuna di questa autonome determinazioni tempestivamente contestata da chi vi ha pieno interesse.
Si avrebbe in altri termini un bacino di concorrenza nel quale il giudice amministrativo rifiuterebbe il suo intervento correttivo pur essendo stato tempestivamente e ritualmente investito dalla domanda della parte che ha subito non solo l’illegittima ammissione del concorrente (in questo equipollente alla sua illegittima ammissione) ma anche l’abusivo scavalcamento in graduatoria che pure ha ritualmente contestato.
In tali casi quindi va ricercata una soluzione che a ben vedere è essa stessa una ricaduta della finalmente raggiunta affermazione di assoluta equipollenza delle due reciproche contestazioni sulla fase di ammissione. Ne discende infatti che in tali ipotesi da un lato non può ritenersi pregiudiziale e di per sé paralizzante l’impugnazione incidentale relativa alla sola fase di ammissione, e ove entrambe le reciproche contestazioni su tale fase risultino fondate, dovranno ritenersi reciprocamente sterilizzate e improcedibili non potendosene certo accogliere una sola e per altro verso non essendovi l’interesse comune a fare andare deserta la gara (essendovi altri concorrenti in graduatoria). A quel punto però, dichiarate improcedibili le contrapposte impugnazioni sulla fase di ammissione, si deve passare all’esame delle censure relative alla fase di assegnazione dei punteggi, in quanto ritualmente introdotte da una delle parti del processo.
Solo in questo modo il giudice amministrativo da un lato si manterrebbe ancorato al carattere soggettivo della sua giurisdizione (essendo stato ritualmente compulsato da chi vi ha interesse), dall’altro la assolverebbe in modo pieno e completo facendo appunto giustizia nel rapporto controverso tra le parti del processo; sterilizzando senz’altro in quanto reciproche e fondate le censure sulle ammissione ma erogando la dovuta giustizia nell’ambito della giusta concorrenza dentro la gara.
Ed infatti è proprio nell’ambito di tale rapporto processuale che:
- se è giusta la sterilizzazione di due reciproche e fondate contestazioni relative alla fase di ammissione;
- sarebbe invece del tutto ingiusto omettere per questo di erogare almeno il segmento di giustizia interno alla gara e che è sempre relativo alle parti del processo.
In difetto ci troveremmo ancora una volta in una qualche istintiva protezione dell’aggiudicatario che non solo non trova giustificazione processuale ma al contrario integrerebbe una violazione per difetto della giurisdizione amministrativa (soggettiva) sugli interessi legittimi che è il carattere distintivo, e se è consentito la risorsa distintiva, del giudice amministrativo italiano.

4. Le provocazione agostane e la funzione insostituibile del giudice amministrativo
Del resto, a ben vedere, la debolezza delle provocazioni dello scorso agosto su non meglio definite ipotesi di superamento del sistema di giustizia amministrativa, sta proprio là dove non si dice a quel punto a chi dovrebbe rivolgersi un’impresa ingiustamente scippata di un appalto come un cittadino ingiustamente vessato dal potere amministrativo. Ma se e' vero questo e' altrettanto vero che allora il miglior antidoto a quelle provocazioni è esercitare nel modo più pieno e completo l’ambito di tutela riconosciuto al GA e che il GA sul campo si è meritato , evitando rifiuti che non trovino piena giustificazione in regole processuali le quali per essere accettabili e costituzionalmente compatibili devono necessariamente trovare riscontro nei profili di tutela sostanziale rispetto alle quali il processo deve restare servente e ancillare.
Del resto, soprattutto quando entrano in ballo valori costituzionali e di matrice comunitaria, è dall’interno dello stesso sistema di giustizia amministrativa che devono emergere i correttivi e il dovuto costante completamento dei sistemi di tutela; altrimenti, come anche questa vicenda insegna, sono gioco o forza istanze esterne ad imporlo, a volte magari con forzature che poi risulta difficile fronteggiare.

 

(pubblicato il 10.4.2014)

 

 

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