Sommario
1.Il rilievo sostanziale di una
questione processuale.
2.1. La nuova Plenaria Conclusioni
ineccepibili.
2.2. (Segue) La nuova Plenaria. Conclusioni
ineccepibili. Motivazioni un po’ meno.
3. Quel che rimane da
decidere per non violare processo e concorrenza.
4. Le
provocazioni agostane e la funzione insostituibile del giudice
amministrativo
1.Il rilievo sostanziale di una
questione processuale.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di
Stato è dovuta tornare ad occuparsi del rapporto tra ricorso
principale e ricorso incidentale nei contenziosi in materia di
procedure ad evidenza pubblica (Ad.
Plen. n. 9/14).
Lo ha dovuto fare a seguito della nota
pronuncia della Corte di Giustizia (4 luglio 2013 C-100/12 Fastweb)
che peraltro faceva seguito a rilievi critici al precedente arresto
della stessa Plenaria (4/11) mossi non solo nell’ambito della
giurisdizione amministrativa ma anche, sia pure in forma di obiter,
dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (21.6.12 n.
10294).
Del resto chi scrive (non da solo ma nemmeno in ampia
compagnia) aveva da tempo segnalato che prima o poi la questione
della iperprotezione del ricorrente incidentale sarebbe esplosa. E
che la soluzione data dalla Plenaria del 2011 non poteva resistere
ad un vaglio sulla base di coordinate imposte non solo da principi
fondamentali di parità delle parti in ogni processo (art. 111 Cost.
rep.) ma anche da regole basilari comunitarie e nazionali in tema di
concorrenza.
Ad animare quella certezza, indubbiamente sfrontata
(per brevità sia consentito rinviare a G. Pellegrino La Plenaria
e le tentazioni dell’incidentale. Nota ad AP n. 4/11 in
giustizia-amministrativa.it) , vi era in realtà una banalissima
considerazione che muoveva dal piano concreto
dell’effettività.
Due imprese che con riguardo ad una gara si
contestano ritualmente e reciprocamente le rispettive ammissioni
(ciascuna con il solo strumento che l’ordinamento appresta), non
possono che, nel processo, essere trattate sul medesimo piano. Un
processo che non lo garantisce non può, per evidenti ragioni, dirsi
un processo giusto.
Inoltre un trattamento diseguale sul piano
processuale di due analoghe e reciproche contestazioni poste a
tutela della concorrenza, si traduce inesorabilmente in una
violazione sostanziale di principi fondamentali in tale cruciale
ambito (la concorrenza) del sistema economico.
Da qui facevo, e
non posso che far ancora, conseguire, una se volete banale
conclusione. Le reciproche contestazioni delle rispettive ammissioni
ove entrambe fondate non possono che essere:
- o entrambe
accolte;
- o entrambe dichiarate improcedibili
E se talvolta,
quando ad esempio la materia contenziosa sia limitata a tali
reciproche contestazioni delle rispettive ammissioni, e vi siano
anche altri concorrenti in gara, si può ammettere che per economia
processuale si valuti prima la censura mossa dall’aggiudicatario e
ricorrente incidentale, ciò non può assolutamente essere una regola
generale, altrimenti incorrendo in una clamorosa ingiustizia che
nasce processuale ma diviene ineludibilmente sostanziale.
Si
pensi ad esempio al caso non infrequente in cui in una gara con più
concorrenti in gara, il secondo classificato contesti non solo
l’illegittima ammissione del primo ma anche un regalo di punteggio
aggiuntivo di cui quest’ultimo ha beneficiato, ottenendo, il primo
posto in graduatoria che in realtà non gli spettava; e ciò in
illegittimo danno del ricorrente principale
Ebbene in tal caso
ritenere che la incidentale contestazione dell'aggiudicatario
rivolta avverso la ammissione del ricorrente principale, sia idonea
di per sé a paralizzare l’intera azione principale, finisce
con l’integrare non solo una clamorosa ingiustizia processuale ma
anche un’altrettanto evidente violazione delle regole di
concorrenza, almeno le tante volte in cui pure la censura escludente
mossa dal ricorrente principale sia fondata.
Con l’ulteriore
paradosso che a quel punto una stazione appaltante che abbia in
ipotesi ammesso tutti illegittimamente, potrebbe poi aggiudicare la
gara con assoluto arbitrio senza che nessuno possa fare ricorso
nemmeno per ottenere il rispetto delle regole all’interno della
gara, con riguardo alla formazione della graduatoria.
Si vengono
in tal modo a creare dei veri e propri bacini di arbitrio non
giustiziabili in ambiti di concorrenza quali indubbiamente sono le
singole gare.
E’ per questo che il tema del rapporto ricorso
principale-ricorso incidentale che inizialmente veniva derubricato a
questione marginale o ad ossessione di qualche operatore, si è
inevitabilmente rivelato essere una questione implicante tematiche
ben più generali e importanti quali la concorrenza nel settore degli
appalti pubblici e più complessivamente dell’evidenza
pubblica.
Risulta così evidente come il tema si presti ad essere
affrontato sia, per così dire, dall’alto e cioè muovendo dalle
questioni capitali del nostro sistema, sia dal basso, da banali
esigenze di parità delle parti che poi è esattamente la prospettiva,
come operatore, che nell'autunno del 2006 mi spinse a gettare il
sasso nello stagno.
2.1. La nuova Plenaria (9/14). Conclusioni ineccepibili.
Da quanto precede deriva la
rilevanza di un tema che in verità andava risolto già sulla base del
nostri principi interni, che già consentivano e imponevano di
evitarci la rampogna della Corte di giustizia.
Peraltro
l'intervento della Corte è stato paradossalmente tanto più
significativo quanto ellittico e assertivo. Si è avuta in qualche
modo l’impressione che il giudice comunitario abbia ritenuto
semplicemente fuori dall’ipotizzabile, che tra due imprese che
ritualmente si contestino analoghi vizi sulle rispettive ammissioni,
il processo possa preferirne una a favore dell’altra. E quindi per
tale banale ragione di fondo, la Corte di Giustizia ha
sostanzialmente liquidato la vicenda, facendo prevalere su tutto il
profilo sostanziale del comune reciproco interesse di due imprese di
settore, perché la gara non sia illegittimamente aggiudicata a
nessuna delle due, e per essere aggiungiamo noi, eventualmente
ribandita.
Il tranciante assunto della Corte di Giustizia, ed
ancor prima le motivate perplessità suscitate dalla soluzione di cui
alla decisione 4/11 della Plenaria, hanno così imposto che la
questione venisse nuovamente rimessa al massimo collegio del
Consiglio di Stato, che è tornato a pronunciarsi con la sentenza
9/14.
Possiamo dire subito che, tralasciando per un attimo
l’iter motivazionale seguito, il nuovo epilogo cui giunge ora la
Plenaria può ritenersi senz’altro condivisibile in quanto
riassumibile nei termini che seguono: due reciproche censure
escludenti che incidano sullo stesso segmento del procedimento di
evidenza pubblica devono essere trattate sullo stesso piano.
Così
sarà se le due parti si contestino entrambe reciprocamente la
tardività della domanda a partecipare la gara; oppure sempre
reciprocamente l’illegittima ammissione in sede di verifica dei
requisiti amministrativi, morali e tecnici; o ancora sempre
reciprocamente vizi in ipotesi escludenti relativi ai contenuti
delle offerte e che emergano in sede di esame delle stesse.
Ne è
corollario (e non può essere diversamente) che ove invece una delle
due rispettive contestazioni escludenti attenga ad una fase
procedimentale che precede quella su cui invece impinge la
contrapposta censura (pur essa escludente), ciò determinerà, solo in
questo caso, anche un ordine di esame con l’effetto che l’eventuale
fondatezza della prima esclude in radice l’esame della seconda,
risultando irrilevante il mezzo (principale o incidentale) in cui è
contenuta.
Trattasi di approdo (questo ora attinto da Plenaria n.
9/14) non solo assolutamente condivisibile ma che con ogni evidenza
supera e archivia la precedente sentenza n. 4 del 2011, al di là del
pur comprensibile sforzo di non contraddizione che la motivazione
della nuova sentenza cerca di operare. Ed infatti la sentenza del
2011 (ribaltando erroneamente la precedente Plenaria 11/08) aveva
all’opposto affermato una pregiudizialità sempre e comunque della
censura escludente contenuta nel ricorso incidentale, ammettendo
solo alcune eccezionali deroghe che qui non assumono rilievo.
2.2. (Segue) Plenaria 9/14 Conclusioni
ineccepibili. Le motivazioni un po’ meno.
Francamente almeno
in sede di prima analisi, molto meno convincente delle conclusioni e
a tratti pure perplesso appare, almeno a chi scrive, l’iter
motivazionale che è dato leggere nella nuova Plenaria, in
particolare dove nel cercare di non contraddire l’impostazione
teorica di cui alla decisione del 2011, si legge che una disparità
delle parti nel processo amministrativo come quella che la 4/11
chiaramente avallava, sarebbe da non ripudiare in applicazione dei
principi del cd. “abuso del processo” (così testualmente la sentenza
in commento al paragrafo n. 8.3.3.2 lett. d).
Si sostiene in
altri termini che una prevalenza tout court dell’impugnazione
escludente incidentale, rispetto ad una omologa contrapposta
impugnazione mossa dal ricorrente principale, troverebbe
giustificazione nella circostanza che l’impresa seconda classifica
che si assume consapevole della sussistenza di una propria causa di
esclusione non rilevata dalla pubblica amministrazione, non dovrebbe
in alcun modo contestare l’aggiudicazione alla prima, altrimenti
risultando censurabile per una qualche slealtà sul versante
sostanziale che ridonderebbe nel giudizio quale profilo di “abuso
del processo”.
In realtà a superare l’invero (a nostro avviso)
sorprendente assunto, basterebbe la considerazione che speculare
valutazione andrebbe operata con riguardo all’aggiudicatario che pur
sapendo dell’esistenza della causa di esclusione a suo carico,
ritenga ugualmente di poter muovere con il ricorso incidentale una
censura escludente nei confronti del concorrente.
Ma l’obiezione
è così scontata da doversi escludere che la Plenaria non se ne sia
fatta carico; sicchè quella considerazione, che peraltro
fortunatamente non ha impedito il già apprezzato approdo finale
della decisione n. 9/14 , sembra piuttosto riecheggiare un qualche
pregiudiziale favore processuale per l’esito voluto dalla pubblica
amministrazione e la connessa posizione dell’aggiudicatario;
inclinazione che a ben vedere costituisce, almeno a parere di chi
scrive, il vizio di origine, di questa ormai annosa questione.
Peraltro nel cercare le ragioni, per così dire storiche, di
questo sbilanciamento di prospettiva, vi è con ogni probabilità il,
peraltro condivisibile, arresto pretorio, che consente la
impugnazione degli atti di ammissione ad una gara solo al suo esito
e quindi solo una volta intervenuta l’aggiudicazione definitiva. Ma
ciò deriva da condivisibili considerazioni in punto di attualità e
concretezza dell’interesse nel senso che si è voluto fissare un
principio in base al quale, un operatore che partecipa alla gara
ambendo al bene della vita della sua aggiudicazione, solo all’esito
di questa può valutare se ha in concreto interesse a contestare
l’ammissione di uno o più concorrenti.
E’ solo da tale principio
(e non da altri) che derivano due semplici conseguenze:
-
l’impresa che infine non risulta aggiudicataria solo a quel punto
(all’esito della gara) potrà ammissibilmente contestare l’ammissione
di chi la precede in graduatoria;
- mentre l’impresa che risulti
aggiudicataria solo ove riceva una contestazione (ricorso
principale) della sua aggiudicazione avrà interesse a contestare (a
quel punto con ricorso incidentale) l’ammissione di chi le muove
quella contestazione rendendo non più certo l’esito del procedimento
per essa favorevole.
Solo per questo le due reciproche
contestazioni saranno una contenuta nel mezzo denominato “ricorso
principale” e l’altra contenuta nel mezzo denominato “ricorso
incidentale”; fermo però restando che le stesse agiscono sul
medesimo piano (ove in particolare relative al medesimo segmento
procedimentale di gara), esattamente come vi avrebbero agito ove
l’arresto pretorio fosse nel senso di consentire la immediata
impugnazione dei provvedimenti di ammissione di una impresa
concorrente, senza necessità di attendere l’esito della gara.
E’
così come in tal caso nessuno potrebbe disconoscere l’assoluta
reciproca equipollenza delle due rispettive contestazioni (che
potrebbero persino essere contenute in due autonomi ricorsi
principali senza possibilità alcuna di ritenere l’uno pregiudiziale
all’altro!), a identica conclusione si deve arrivare anche se, per
condivisibile insegnamento, riteniamo che tutte tali reciproche
contestazioni devono spostarsi all’esito della gara.
Sembra a chi
scrive che ciò già basti a rifuggire una qualche istintiva
iperprotezione dell’aggiudicatario/ricorrente incidentale, atteso
che come è superfluo sottolineare, dinnanzi ad un giudice terzo
investito di reciproche impugnazioni delle rispettive ammissioni, le
imprese e la PA, non possono che essere tutte su un piano di
assoluta parità processuale e sostanziale, essendo questo un in sé
della terzietà del giudice.
Peraltro, come abbiamo già visto,
l’esito cui comunque arriva la nuova Plenaria, al netto di alcune
premesse, è pienamente condivisibile ed in linea con l’indirizzo
espresso dalla Corte di Giustizia, rispetto alla cui pronuncia
peraltro la sentenza della Plenaria sembra manifestare qualche
esplicito fastidio ove espressamente contesta sul versante
processuale la rimessione operata dal Tar Piemonte che ha
occasionato l’intervento del giudice comunitario.
Per completezza
segnaliamo come almeno a noi non riesca a risultare chiaro un
ulteriore paragrafo motivazionale della decisione Plenaria n. 9 del
2014 ove al punto 8.3.7 si afferma che “nei casi come quello
sottoposto alla Adunanza Plenaria non è configurabile neppure l’interesse ad agire”.
Si tratta probabilmente di un’aporia
redazionale, oppure del frutto di considerazioni che almeno ad un
primo esame sfuggono a chi scrive, atteso che l’affermazione che nel
giudizio esaminato non vi sarebbe “neppure” l’interesse, mal
si concilia con le conclusioni cui pure la Plenaria correttamente
giunge in base alle quali nei casi come quello che le era sottoposto
senz’altro sussistono sia legittimazione che interesse se è vero che
afferma il principio di diritto secondo cui “sussiste la
legittimazione del ricorrente in via principale…. quando le
due offerte siano affette da vizio afferente la medesima fase
procedimentale” e su tale base manda per il prosieguo del
giudizio alla Sezione rimettente. Come avrebbe fatto in modo
sicuramente diverso ove avesse ritenuto non sussistente “nemmeno
l’interesse”.
*
Peraltro sul fronte non della legittimazione
ma dell’interesse e prima della pronuncia della Corte di giustizia,
anche chi scrive aveva indicato la possibilità che ferma restando la
dovuta affermazione di assoluta parità di reciproche contestazioni
sulla fase di ammissione, con riguardo ai due soli concorrenti in
gara si potesse infine affermare come l’esito deserto della gara non
integrasse un “interesse strumentale”, atteso che, diversamente da
quanto avviene ove il giudice annulli in parte qua un bando (il che
onera la PA di proseguire o rieditare le parti della procedura non
annullate), invece dall’esito deserto di una gara non scaturisce
analogo obbligo alla ripetizione. Si trattava però di approdo che
comunque muoveva dall’assolutamente necessaria affermazione di
equipollenza delle due reciproche contestazioni.
Peraltro
trattasi di esito che in qualche modo è restato precluso, o almeno
sconsigliato, dalla reazione tranciante della Corte di Giustizia che
in qualche modo è risultata provocata dal contrapposto, ugualmente
tranciante e a nostro giudizio errato, arresto della Plenaria n.
4/11 che per converso affermava persino in punto di legittimazione
una valenza sempre pregiudiziale e paralizzante del ricorso
incidentale escludente. Omettendo però di considerare che ad analogo
risultato doveva giungersi sulla legittimazione del ricorrente
incidentale a proporre la contro domanda impugnatoria rivolta
avverso l’ammissione del ricorrente principale.
3. Quel che rimane da decidere per non violare processo e
concorrenza.
Si è detto che comunque assolutamente
condivisibile è ora l’approdo finale della Plenaria n. 9/14 là dove,
sia pur dopo faticosa motivazione, afferma la sicura equipollenza di
due reciproche impugnazioni escludenti che incidano sulla stessa
fase procedimentale, con il corollario (in qualche modo imposto
dalla Corte di Giustizia), che nel caso le reciproche contestazioni
riguardino tutti i (soli) concorrenti alla gara e siano tutte
fondate, le stesse debbano essere tutte accolte.
Resta peraltro
fermo che ove invece le reciproche censure ancorchè tutte di tipo
escludente attengano però a fasi diverse della gara, ad avere
valenza pregiudiziale (siano esse contenute in mezzi principali o in
mezzi incidentali) saranno quelle relative alle fasi che si
collocano più a monte, se fondate, a paralizzare quelle contrapposte
(pure escludenti ma) che si riferiscono a fasi successive.
Quanto precede esauriva la questione che in ragione delle
circostanze di quello specifico giudizio, la Plenaria doveva
affrontare. Il che però non fornisce soluzione almeno espressa a due
ulteriori (e non meno importanti) ipotesi, sempre afferenti al
rapporto ricorso principale/ricorso incidentale.
La prima
peraltro è di facile soluzione. Ci riferimento all’ipotesi in cui le
reciproche contestazioni ancorchè riguardanti la stessa fase di gara
non involgono però tutti i concorrenti.
Ebbene in tal caso
secondo consolidati principi si deve ritenere che non essendo a quel
punto immediatamente riscontrabile un interesse comune delle parti
ad un esito deserto della gara, anche la rispettiva fondatezza delle
due impugnazioni non potrebbe portare a tale risultato. Pertanto in
tali casi sia pur per mera economia processuale la fondatezza della
contestazione mossa in via incidentale potrà continuarsi a ritenere
assorbente.
Certo la perentorietà del provocato tranciante
arresto della Corte di Giustizia potrebbe creare qualche problema
persino a tale conclusione (atteso che si potrebbe affermare che
anche in tal caso vi sarebbe il reciproco interesse ad evitare
l’aggiudicazione illegittima al concorrente). E però sembra a chi
scrive che adeguate motivazioni potranno illustrare al giudice
comunitario come la richiamata conclusione (insussistenza di un
interesse tutelabile alla reciproca esclusione quando vi sono altri
concorrenti in gara) sia imposta da nostre regole processuali sul
punto sicuramente non in contrasto con i principi comunitari che
invece si è giustamente ritenuto violati da una incondizionata
ipeprotezione dell’aggiudicatario/ricorrente incidentale.
Ben più
articolata e di estremo rilievo per il rispetto di regole elementari
di concorrenza è invece l’ultima ipotesi. Ci riferiamo al caso in
cui in presenza di altri concorrenti in gara, il secondo
classificato contesti non solo l’ammissione del primo ma anche la
illegittima attribuzione a questi di un punteggio che ne ha
decisivamente drogato la collocazione in graduatoria e che ove
correttamente non assegnato avrebbe visto vincente il secondo
graduato (ricorrente principale); mentre in via incidentale il primo
classificato, nulla potendo a sua volta rivendicare sul versante del
punteggio, si limita a contestare (in termini di solo parziale
reciprocità) la ammissione alla gara del ricorrente
principale.
Pertanto si avrà il ricorrente principale che
contesta sia l’ammissione che, per vizio proprio afferente ai
punteggi, la collocazione in graduatoria e l’aggiudicazione. Mentre
il ricorrente incidentale può contestare solo l’ammissione del
ricorrente principale.
Ebbene in tal caso, premessa
l’affermazione di equipollenza tra due reciproche contestazioni
delle ammissioni se relative alla stessa fase procedimentale
(affermazione cui giunge ora la Plenaria e dalla quale crediamo non
si possa più arretrare), è evidente che dalla possibile fondatezza
delle reciproche contestazioni sull’ammissione, se da un lato non
può derivare l’accoglimento di entrambi i mezzi in quanto vi sono
altri concorrenti in gara, dall’altro non può mai derivare l’oblio
(id est omesso esame) delle contestazioni relative alla fase di
assegnazione dei punteggi e di formazione della
graduatoria.
Vogliamo dire cioè, come non sia tollerabile sul
versante processuale e ancor meno su quello sostanziale (di tutela
della concorrenza) che una pubblica amministrazione provvedendo ad
ammettere illegittimamente due concorrenti e pur in presenza della
rituale, reciproca e fondata impugnazione di entrambe tali
ammissioni, possa poi rimanere legibus soluta quanto alla fase di
aggiudicazione, potendo compiere ogni arbitrio in sede di
assegnazione del punteggio; ciò anche se pure tale fase è stata
ritualmente contestata da chi ne è risultato illegittimamente
penalizzato.
Né è tollerabile che un’impresa che abbia
beneficiato della doppia illegittimità (in fase di ammissione e in
fase di assegnazione del punteggio) abbia maggiore protezione di
quella che ha solo goduto di analoga illegittimità nella sola fase
di ammissione e poi ha subito invece la manifesta illegittimità in
fase di formazione della graduatoria.
Va da sé peraltro che non
sarebbe nemmeno applicazione per così dire traslata, del brocardo in pari causa turpitudinis melior est condicio
possidentis.
E ciò per la banale ragione che a difettare è
proprio la parità di turpitudine, atteso che al contrario verrebbe a
beneficiare di maggior protezione chi ha beneficiato non solo
dell’illegittima ammissione (come l’altro concorrente) ma anche
dell’arbitraria e illegittima assegnazione di punteggi e quindi del
bene della vita (aggiudicazione) in danno dell’altro. E pur essendo
ognuna di questa autonome determinazioni tempestivamente contestata
da chi vi ha pieno interesse.
Si avrebbe in altri termini un
bacino di concorrenza nel quale il giudice amministrativo
rifiuterebbe il suo intervento correttivo pur essendo stato
tempestivamente e ritualmente investito dalla domanda della parte
che ha subito non solo l’illegittima ammissione del concorrente (in
questo equipollente alla sua illegittima ammissione) ma anche
l’abusivo scavalcamento in graduatoria che pure ha ritualmente
contestato.
In tali casi quindi va ricercata una soluzione che a
ben vedere è essa stessa una ricaduta della finalmente raggiunta
affermazione di assoluta equipollenza delle due reciproche
contestazioni sulla fase di ammissione. Ne discende infatti che in
tali ipotesi da un lato non può ritenersi pregiudiziale e di per sé
paralizzante l’impugnazione incidentale relativa alla sola fase di
ammissione, e ove entrambe le reciproche contestazioni su tale fase
risultino fondate, dovranno ritenersi reciprocamente sterilizzate e
improcedibili non potendosene certo accogliere una sola e per altro
verso non essendovi l’interesse comune a fare andare deserta la gara
(essendovi altri concorrenti in graduatoria). A quel punto però,
dichiarate improcedibili le contrapposte impugnazioni sulla fase di
ammissione, si deve passare all’esame delle censure relative alla
fase di assegnazione dei punteggi, in quanto ritualmente introdotte
da una delle parti del processo.
Solo in questo modo il giudice
amministrativo da un lato si manterrebbe ancorato al carattere
soggettivo della sua giurisdizione (essendo stato ritualmente
compulsato da chi vi ha interesse), dall’altro la assolverebbe in
modo pieno e completo facendo appunto giustizia nel rapporto
controverso tra le parti del processo; sterilizzando senz’altro in
quanto reciproche e fondate le censure sulle ammissione ma erogando
la dovuta giustizia nell’ambito della giusta concorrenza dentro la
gara.
Ed infatti è proprio nell’ambito di tale rapporto
processuale che:
- se è giusta la sterilizzazione di due
reciproche e fondate contestazioni relative alla fase di
ammissione;
- sarebbe invece del tutto ingiusto omettere per
questo di erogare almeno il segmento di giustizia interno alla gara
e che è sempre relativo alle parti del processo.
In difetto ci
troveremmo ancora una volta in una qualche istintiva protezione
dell’aggiudicatario che non solo non trova giustificazione
processuale ma al contrario integrerebbe una violazione per difetto
della giurisdizione amministrativa (soggettiva) sugli interessi
legittimi che è il carattere distintivo, e se è consentito la
risorsa distintiva, del giudice amministrativo
italiano.
4. Le provocazione agostane e la funzione
insostituibile del giudice amministrativo
Del resto, a ben
vedere, la debolezza delle provocazioni dello scorso agosto su non
meglio definite ipotesi di superamento del sistema di giustizia
amministrativa, sta proprio là dove non si dice a quel punto a chi
dovrebbe rivolgersi un’impresa ingiustamente scippata di un appalto
come un cittadino ingiustamente vessato dal potere amministrativo.
Ma se e' vero questo e' altrettanto vero che allora il miglior
antidoto a quelle provocazioni è esercitare nel modo più pieno e
completo l’ambito di tutela riconosciuto al GA e che il GA sul campo
si è meritato , evitando rifiuti che non trovino piena
giustificazione in regole processuali le quali per essere
accettabili e costituzionalmente compatibili devono necessariamente
trovare riscontro nei profili di tutela sostanziale rispetto alle
quali il processo deve restare servente e ancillare.
Del resto,
soprattutto quando entrano in ballo valori costituzionali e di
matrice comunitaria, è dall’interno dello stesso sistema di
giustizia amministrativa che devono emergere i correttivi e il
dovuto costante completamento dei sistemi di tutela; altrimenti,
come anche questa vicenda insegna, sono gioco o forza istanze
esterne ad imporlo, a volte magari con forzature che poi risulta
difficile fronteggiare.