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n. 3-2011 - © copyright |
T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE III
BIS - Sentenza 16 marzo 2011 n. 2361
Evasio Speranza, Presidente -
Francesco Brandileone, Estensore
A. A. M. (Avv. C. Rienzi, M. Tabano,
G. Giuliano) c/ Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
e Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” (Avv.
Stato) |
1. Università – Corsi – Prove – Numero di quesiti –
Modalità costituzione commissione – Predeterminazione legislativa –
Omissione – Violazione art. 3 e 97 Cost. – Manifesta infondatezza –
Ragioni
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2. Concorso – Prove preselettive – Conclusione –
Annullamento in autotutela – Ammissibilità – Limiti – Sussistenza par
condicio candidati
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3. Università – Corsi – Numerus clausus – Legittimità –
Sussiste – Ragioni – Diritto allo studio incondizionato – Esclusione
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4. Università – Corsi – Accesso – Procedura selettiva a
quiz – Violazione art. 34 Cost. – Manifesta infondatezza – Ragioni
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1. In materia universitaria, è manifestamente infondata
l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 4 L. 264/99 in relazione agli
artt. 97 e 3 Cost. per omessa specificazione in sede legislativa del
numero dei quesiti relativi a ciascun argomento oggetto della prova di
accesso ai corsi universitari e per la mancata regolamentazione delle
modalità di costituzione della Commissione incaricata alla predisposizione
dei test. Infatti, rientra nella discrezionalità normativa del legislatore
primario la scelta tra una valutazione predeterminata legislativamente del
numero dei quesiti, delle modalità di costituzione della Commissione, dei
casi di incompatibilità a farne parte, ed una valutazione rinviata
all’autorità amministrativa.
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2. In materia di prove preselettive concorsuali,
l’amministrazione procedente che abbia accertato l’erroneità di uno dei
quesiti a risposta multipla dalla tenutasi prova selettiva può,
legittimamente, procedere al suo annullamento. Infatti l’esercizio di un
tale potere di autotutela non viola i fondamentali principi in materia di
buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, ma ne
costituisce concreta applicazione in quanto, data la sua portata generale,
garantisce par condicio a tutti i canditati. Nella fattispecie il Giudice
ha ritenuto legittimo l’annullamento delle due domande del test d’ingresso
nelle facoltà di Medicina operato dal Ministero dell’Istruzione e
dell’Università.
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3. In materia universitaria, posto che il diritto allo
studio non appartiene indiscriminatamente a tutti i cittadini, ma solo ai
più capaci e meritevoli, deve ritenersi legittima l’adozione del numerus
clausus come criterio di accesso ai corsi universitari, in quanto non
rappresenta una limitazione arbitraria del diritto allo studio, ma una
garanzia di qualità dell’insegnamento e, al contempo, uno strumento per
evitare il sovraffollamento.
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4. E’ manifestamente infondata l’eccezione di
incostituzionalità dell’art. 4 L. 264/99 in relazione all’art. 34 Cost.
per aver disposto una procedura selettiva a quiz di cultura generale per
l’accesso alla facoltà di medicina, in quanto la norma anzidetta non
implica che l’accesso all’istruzione universitaria debba essere garantito
senza condizioni ed indiscriminatamente a tutti i cittadini, ma
presuppone, piuttosto, che l’eventuale introduzione di limitazioni sia
fondata su procedere e criteri selettivi funzionali alla valorizzazione
della capacità e del merito degli aspiranti, in attuazione del principio
di uguaglianza nonché in osservanza dei principi di imparzialità e di buon
andamento dell’azione amministrativa.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso 8693-07 proposto dalla
Sig.
Mafrica Arturo Antonio, rappresentato e difeso dall’avv. prof. Carlo
Rienzi, unitamente agli avv.ti Mariacristina Tabano e Gino Giuliano con
domicilio eletto presso il loro studio del primo, in Roma, Viale delle
Milizie 119;
contro
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca, in persona del Ministro p.t.; e: Università degli Studi
del Piemonte Orientale “Amedeo Avogafro”;
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Commissione tecnica, nominata per la predisposizione dei
quesiti per le prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso
programmato, rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato
presso la sede in Roma, Via dei Portoghesi 12;
per l'annullamento
- della Graduatoria di merito per le prove di
ammissione al Corso di Laurea In Medicina e Chirurgia a.a. 2007/2008,
dell’Università di cui in epigrafe ;
- della prova di ammissione al
corso di laurea in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2007/2008,
svoltasi presso l’Università di cui in epigrafe;
- del Bando emanato
dall’Università di cui in epigrafe per l'ammissione al Corso di Laurea in
Medicina e Chirurgia, per l'anno a.a. 200712008;
- del D.M. 19 giugno
2007, in parte qua, recante "Definizione posti disponibili per ammissioni
corsi di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia A.A. 2007/2008" che
ha determinato in 8.518 i posti disponibili a livello nazionale per le
immatricolazioni al corso di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia
per l'a.a. 2007/2009, nonché del D.M. 21 luglio 1997, n. 245, concernente
"Regolamento recante norme in materia di accessi al! 'istruzione
universitaria e di connesse attività di orientamento";
-del D.M. del
17 maggio 2007, recante Modalità e contenuti delle prove di ammissione per
l'a.a. 2007/2008 ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, in
odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria;
- degli
atti di estremi ignoti, mai conosciuti, con i quali il Ministero
resistente ha istituito, ai sensi dell'mi. 2 D.M. del 18 giugno 2007, la
Commissione incaricata della predisposizione dei test, nonché di tutti gli
atti relativi ai lavori di tale Commissione, nonché gli atti con i quali
il Ministero resistente ha approvato i lavori della stessa;
- del
provvedimento emanato dal Ministro resistente di carattere ed efficacia
generale con il quale lo stesso ha annullato d’ufficio due domande errate
(la n.71 e la n.79);
degli atti di regolamentazione delle prove nella
parte in cui non hanno previsto modalità di verifica della collocazione
dei candidati secondo il criterio del sorteggio, di adeguata vigilanza e
controllo delle prove, di esclusione di strumenti di consultazione e
comunicazione a distanza nelle varie sedi di esame.
- nonché di tutti
gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi a quelli di cui
sopra;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto
di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente ;
Viste le
memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
Udito alla
pubblica udienza del 11 gennaio 2011 il Consigliere Francesco Brandileone
ed uditi, altresì, gli avvocati come da verbale d’udienza.
Ritenuto in
fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in esame i ricorrenti chiedono
l'annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe, deducendo i
seguenti motivi di gravame:
1) Sulla NON COINCIDENZA DELLE PROVE
PREVISTE DAL D.M 17 MAGGIO 2007, CON LE PRESCRIZIONI DI CUI ALL'ART. 4, L.
264/99: Violazione art. 4, L. 264/99.
Il D.M. 17 giugno 2007, Modalità
e contenuti delle prove di ammissione, per l'a.a. 2007/2008, ai corsi di
laurea in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in
medicina veterinaria, nel disciplinare le materie oggetto delle prove de
quibus, è andato ben oltre le apposite previsioni contenute nell'art. 4,
L. 269/94, secondo cui l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso
programmato "è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove
di cultura generale,sulla base dei programmi della scuola secondaria
superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline
oggetto dei corsi medesimi."
Infatti, detto D.M., all'art. 1, accanto
alle domande di "cultura generale", ha previsto che le prove avrebbero
anche riguardato argomenti di "LOGICA".
Come è ben evidente la
"logica" è cosa ben diversa dalla "cultura generale". Peraltro a giudicare
da diversi quesiti, si tratta di domande più cervellotiche che di logica.
Orbene, l'avere preteso il predetto DM 18 giugno 2009 di modificare il
contenuto delle prove come stabilito dall'art. 4, L. 264/99, si pone in
contrasto col principio della gerarchia delle fonti, secondo cui una fonte
di rango secondario non può modificare una norma introdotta con una fonte
di rango primario.
Ancora più grave è il fatto che l'impugnato D.M. 18
giugno 2009, pur avendo previsto, praeter legem, tali domande di logica,
insieme a quelle di cultura generale, non ha neppure specificato il numero
delle domande di logica e quelle di cultura generale, indicando soltanto
il numero complessivo delle domande di logica e cultura generale, pari a
trentatre.
2) SULL'OMESSA SPECIFICAZIONE IN SEDE LEGISLATIVA, e
comunque in via generale, una volta per tutte, DEL NUMERO DEI QUESITI
relativi a ciascun argomento. Sul mutamento ad anni alterni del numero di
quesiti per ciascuno degli argomenti oggetto di prova. Eccezione di
illegittimità costituzionale dell'art. 4, L. 264/99: Violazione art. 97 e
3 Cost..
L'art. 4, L. 264/99 cit. appare gravemente insufficiente,
laddove si limita ad indicare genericamente il contenuto delle prove
d'ammissione, senza indicare, una volta per tutte, il numero dei quesiti
relativi a ciascun argomento oggetto di prova.
È accaduto così, ad
esempio, che per l'accesso ai corsi di laurea de quibus, per l' a.a.
2000/2001, il D.M. 25 maggio 2000, recante modalità e contenuti delle
prove d'ammissione, prevedesse venti domande per ciascuno dei quattro
argomenti oggetto di prova (biologia, chimica, fisica e matematica, logica
e cultura generale).
Nell'a.a. 200112002, sono state previste invece
ventisei domande per l'argomento di logica e cultura generale e diciotto
per ciascuno dei restanti argomenti. (Cfr. D.M.11 maggio 2001).
Nell'a.a. 2007/2008, sono stati previsti invece trentatrè quesiti di
logica e cultura generale, ventuno per l'argomento di biologia, tredici
per ciascuno dei restanti argomenti (Cfr. D.M. 17 maggio 2007).
Come
si può vedere, ad anni alterni, ciascun Ministro si fa i suoi quesiti,
ripartendo li tra un argomento e l'atro, come meglio gli aggrada. Non si
comprende poi l'aumento progressivo dei test di cultura generale e logica,
per una facoltà scientifica come quella di medicina, dove si richiedono
un' attitudine allo studio delle materie scientifiche.
Tale modo di
procedere risulta del tutto illegittimo, ove si consideri che intanto è
diritto degli studenti sapere con congruo anticipo il numero preciso dei
quesiti previsti per ciascuna delle materie oggetto di prova, e non un
paio di mesi prima dello svolgimento delle prove, come accade ogni anno,
dove il D.M. previsto dallart. 4, L. 264/99 cit., viene emanato nel mese
di maggio.
Non è difficile comprendere inoltre come la diversa
ripartizione quantitativa, nel corso degli anni, dei quesiti tra i vari
argomenti oggetto delle prove de quibus, si risolve in una disparità di
trattamento tra gli studenti che sostengono le prove in anni diversi,
attesa la sperequazione che viene a crearsi tra un anno e l'altro, in
ordine al livello di difficoltà delle prove.
Si tratta anche in questo
caso di aspetti vizianti che traggono origine dalla eccessiva genericità
della norma, l'art. 4, L. 264/99, che disciplina in modo del tutto
generico e lacunoso le prove d'ammissione de quibus.
3) Sulla MANCATA
REGOLAMENTAZIONE DELLE MODALITÀ DI COSTITUZIONE DELLA COMMISSIONE
incaricata della predisposizione dei quesiti, dei casi di incompatibilità
a fame parte, dei suoi criteri d'azione. Eccezione di illegittimità
costituzionale dell'art. 4, L. 264/99: Violazione art. 97 Cost.
La
citata legge n. 264/99, recante norme in materia di accessi ai corsi
universitari, dedica un solo breve articolo alla disciplina delle prove
per l'ammissione ai corsi di laurea de quibus.
La norma ora citata
dedica due righe soltanto alle modalità e ai contenuti delle prove in
questione, rinviando per il resto all'adozione di un decreto del Ministero
dell'Università e della Ricerca, e senza neppure contemplare la
commissione incaricata della predisposizione dei quesiti.
Orbene, il
fatto che tale Commissione,pur risultando essere l'organo centrale di tali
procedure d'ammissione, non viene neppure contemplata dalla citata legge
n. 264/99, né tanto meno essa detta, ovvero rinvia a tal fine ad altra
fonte normativa, i criteri per la sua composizione, le norme per i casi di
incompatibilità a fame parte, i criteri del suo operato, come fa ogni
disciplina generale in materia di commissioni, non può che porsi in palese
contrasto col principio di imparzialità, consacrato dall'art. 97 Cost.
Nulla di tutto questo è avvenuto nel caso di specie. Dove la legge non
contiene una sola parola su tale Commissione, né tanto meno affida ad
altra fonte normativa la regolamentazione di tale commissione. Lasciando
in tal modo tutto alla libertà del Ministro dell'Università e della
Ricerca, che non incontra alcun limite nella scelta! Scelta che peraltro a
giudicare dai risultati, ovvero dal numero di errori in cui è incorsa la
commissione, e riconosciuti dallo stesso Ministero resistente, non è stata
delle più azzeccate.
Addirittura, nessuno degli atti del procedimento
relativo alle prove d'ammissione de quibus, fa riferimento al D.M. di
nomina dei membri della Commissione, né tanto meno ai suoi estremi. D.M.
introvabile persino su Internet! E questa è una storia che si ripete anno
per anno, perché i D.M. di nomina della predetta Commissione non risultano
mai richiamati in nessuno degli atti relativi alle precedenti prove
d'ammissione. Ma è questo un livello di trasparenza adeguato ad una prova
come quella per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato?
L'omessa preventiva regolamentazione della predetta Commissione,
appare del tutto irragionevole ove si consideri che anche per accedere ad
un posto di medio livello, come ad esempio, terminali sta, vi sono norme
più garantiste, come dettate dal citato DPR n. 487/94, di quelle previste
invece per l'accesso all'Università! Sotto tale profilo la norma in esame
si pone anche in contrasto con l'art. 3 Cost.
4) SULL'OMESSA PRESA IN
CONSIDERAZIONE, ai fini dell'accertamento del grado di preparazione in
materia di "cultura generale", DEL VOTO conseguito all'esame di maturità.
Eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, L. 264/99:
Violazione art. 3 e 97 Cost.
L'art. 4, L. 264/99, appare
incostituzionale, anche laddove, pur avendo preteso di saggiare la
capacità degli studenti che aspirano a iscriversi ai corsi di laurea de
quibus, anche sulla base del grado di preparazione a livello di "CULTURA
GENERALE, SULLA BASE DEI PROGRAMMI DELLA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE ..",
anziché fare riferimento al voto conseguito all' esame di maturità, ha
ritenuto di dover far svolgere appositi quesiti ai fini di verifica di una
singola prova a quiz, la preparazione a livello di "cultura generale"
acquisita dai concorrenti durante gli anni della scuola secondaria
superiore, laddove invece esiste un dato, riferito a tale preparazione,
come il voto conseguito alla maturità, che è il frutto di un lungo tratto
della calTiera scolastica, basato sulle valutazioni succedutesi nel corso
dei vari anni di frequenza scolastica, e come tale certamente più
attendibile del risultato valutativo, offerto dalla prova a quiz in esame.
In altri termini, logica e ragionevolezza avrebbero quanto meno
imposto di valutare la preparazione a livello di "cultura generale ",
facendo riferimento al voto conseguito per il diploma di scuola secondaria
superiore.
E se è vero che rientra nella discrezionalità del
legislatore stabilire come impostare le prove de quibus, è altrettanto
vero che la discrezionalità medesima non può mai trasmodare in scelte
irragionevoli ed arbitrarie, come quella sottesa alla contestata norma di
legge.
In altri termini, sul piano logico è molto più congeniale alla
verifica della preparazione a livello di cultura generale affidarsi a
valutazioni che sono il frutto di numerose valutazioni precedenti, e come
tali sono molto meno esposte al rischio di valutazioni che, per riguardare
lo svolgimento di una sola prova, di due ore, non danno garanzie appunto
sulla piena attendibilità del risultato valutativo.
Del resto, non è
un caso se numerosi docenti e presidi di Facoltà, come riportate da
diversi organi di stampa, sono apparsi concordi nel ritenere che il solo
test d'ingresso non possa assicurare una adeguata valutazione dei
candidati.
5) SULL'ANNULLAMENTO D'UFFICIO DELLE DOMANDE N. 71 E 79.
Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità, falsità dei
presupposti, sviamento. Violazione art. 97 Cost.
Nei test d'ammissione
alle facoltà di medicina c'erano diverse domande errate, e due peraltro
come già ricordato, sono state annullate d'ufficio dallo stesso Ministero
resistente.
In particolare, la domanda n. 71 della griglia ufficiale,
così recitava: 'Un aereo viaggia a 800 km/ora, in assenza di vento, in
direzione Est per 400 km poi ritorna indietro. Il tempo impiegato per
realizzare l'intero percorso è quindi un'ora. Quando lungo il tragitto
soffia un vento diretto verso Ovest (o verso Est) pari a 100 km/ora
costante per tutto il percorso} il tempo di percorrenza (andata e ritorno)
sarà: a) un'ora b) più di un'ora c) meno di un'ora d) più di un'ora se il
vento spira da Ovest e) più di un'ora se il vento spira da Est'. .
La
domanda è stata annullata in quanto erano possibili più risposte esatte
tra le opzioni indicate.
Il secondo quesito annullato, il n. 79 della
griglia ufficiale, riguardava una complessa equazione: la domanda chiedeva
qual era "l'insieme di tutte le sue soluzioni reali." L'annullamento è
stato giustificato col fatto che "è omessa l'indicazione della risposta
esatta in quanto da un'ulteriore verifica operata dalla commissione
istituita per la predisposizione dei quesiti, è risultato che nessuna
delle opzioni indicate può essere considerata corretta: il quesito
pertanto è annullato".
A seguito di tale annullamento il Ministero
dell'Università e della Ricerca, ha disposto che "la valutazione
complessiva della prova avverrà su 78 quesiti per le motivazioni indicate
alle domande n. 71 e n. 79".
L'erroneità delle due domande succitate,
seguita dal loro annullamento d'ufficio, oltre ad evidenziare una grave
incapacità tecnica della commissione che ha predisposto i quesiti, risulta
illegittima, per diverse ragioni.
In primo luogo, occorre rilevare che
la pretesa del Ministero resistente di limitare la valutazione complessiva
della prova a 78 quesiti, e non già agli 80 quesiti previsti
dall'impugnato D.M. 17 maggio 2007, e somministrati ai partecipanti alle
prove de quibus, si pone in palese contrasto col bando, che come è noto
costituisce lex specialis della procedura selettiva.
Il Bando infatti
prevedeva che "la prova di ammissione consiste nella soluzione di 80 quiz
a riposta multipla, di cui una sola risposta esatta tra le cinque
indicate, sulle seguenti materie .... ".
E' evidente perciò come la
pretesa dell'amministrazione resistente di annullare d'ufficio tali due
domande, si risolve in una illegittima modifica, ex post, del bando,
dettata da esigenze sopravvenute a seguito dello svolgimento della prova.
Tradendosi in tal modo la natura stessa del bando, atto a contenuto
generale, recante i criteri di scelta, che come tale non può che precedere
l'effettuazione delle scelte, e quindi insuscettibile di essere
modificato, dopo lo svolgimento delle prove selettive de quibus.
Senza
voler ripetere critiche ripetute tante volte in questi giorni, non sfugge
a nessuno come l'erroneità delle domande in questione abbia influito sulle
stesse condizioni psicologiche generali dei candidati, presi da scoramento
e disagio, per l'impossibilità di venire a capo dei quesiti predetti,
rivelatisi poi sbagliati.
6) La limitazione agli accessi alle
Università CONTRASTA CON IL DIRITTO ALLO STUDIO E AGLI INSEGNAMENTI,
tenuto conto che il principio della limitazione degli accessi
all'Università porterebbe a conseguenze incostituzionali, a causa della
mancata parametrazione dell'offerta formativa potenziale alla domanda di
istruzione. Eccezione di illegittimità costituzionale: Violazione degli
artt. 33 e 34 della Cost.
La normativa attualmente vigente, volta a
limitare l'accesso, tra gli altri, al corso di laurea, in medicina e
chirurgia, subordinandolo al superamento di quiz a risposta multipla, su
materie spesso del tutto estranee a quelle oggetto del corso di laurea, si
pone in palese contrasto col diritto allo studio, riconosciuto e garantito
dalla Costituzione.
Va in primo luogo osservato come tale diritto si
colloca, in una Costituzione garantita e solidarista come la nostra, nel
novero dei diritti sociali, ovvero di quei diritti che promuovono
l'intervento dello Stato diretto a soddisfare le esigenze essenziali dei
singoli.
In questa sede la scrivente difesa intende sollevare
questione di legittimità costituzionale di suddetta disposizione, in
relazione agli artt. 3, 33 e 34 Cost., sul rilievo per cui la stessa
avrebbe introdotto un'ingiustificata deroga alla libertà di accesso
all'istruzione.
Non può, allora, non apparire palese che un tale
sistema non riesce a garantire in alcun modo la valutazione delle reali
attitudini e capacità dei candidati.
La delicatezza del tema trattato
appare aggravata dalla circostanza che la limitazione all'accesso
all'università incide sul futuro di migliaia di giovani, contribuendo in
maniera decisiva ad orientarne scelte di vita spesso definitive.
Le
considerazioni che precedono dimostrano la palese illegittimità
costituzionale, per contrasto con gli artt., 33 e 34 Cost..
La gravità
della situazione attuale può apprezzarsi ancor di più se si considera la
direzione verso cui è orientata la normativa attualmente vigente in
materia di accesso ai corsi universitari.
Il riferimento è, in
particolare, all'art. 3 della L. 264/99 -che prevede e disciplina la
competenza ministeriale per la determinazione e ripartizione annuale del
numero di posti disponibili nelle università, dove, al comma 1, letto a),
si legge che la determinazione annuale del numero di posti a livello
nazionale per i corsi di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b)
(che, tra gli altri, richiamano i corsi di laurea in medicina e chirurgia,
in medicina veterinaria, in odontoiatria e protesi dentaria, in
architettura etc.), debba avvenire "sulla base della valutazione
dell'offerta potenziale del sistema universitario, TENENDO ANCHE CONTO DEL
FABBISOGNO DI PROFESSIONALITÀ DEL SISTEMA SOCIALE E PRODUTTIVO".
In
sostanza, nell' ambito della procedura per la determinazione del numero
annuale di posti disponibili, vengono effettuate valutazioni che non
risultano finalizzate a garantire l'adeguatezza dell' offerta formati va,
come invece dovrebbe essere in base a quanto è stato indicato dalla
disciplina comunitaria e ricordato dalla Corte Costituzionale nella citata
sentenza n. 383/98.
Si costituisce in giudizio l’Amministrazione
resistente e l’interventore che nel controdedurre alle censure di gravame,
chiedono la reiezione del ricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo di gravame parte ricorrente
censura il D.M 18 maggio 2007, per violazione dell’art. 4, L. 264/99 in
quanto, il bando, nel disciplinare le materie oggetto delle prove
selettive ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, in odontoiatria e
protesi dentaria e in medicina veterinaria per l'a.a. 2007/2008 , sarebbe
andato oltre le previsioni contenute nell'art. 4, L. 269/94, secondo cui
l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato "è disposta dagli
atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale,sulla base
dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della
predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi." ,
prevedendo all'art. 1, accanto alle domande di "cultura generale", anche
prove avrebbero riguardanti argomenti di "LOGICA.
La doglianza è priva
di consistenza.
Ed invero osserva il Collegio che la prospettata
censura si risolve in una doglianza di “merito”, tesa a censurare la
discrezionalità tecnica dell’Amministrazione insindacabile in questa sede
se non per evidenti vizi di logicità non rinvenibili nella specie posto
che le pretese e censurate previsioni di domande di “logica” sono
facilmente riconducibili in elementi sintomatici del grado di preparazione
culturale dei candidati ed in quanto tali riconducibili nelle previsioni
contenute nell'art. 4, L. 269/94. Senza contare che nessuna specifica
doglianza viene formulata su specifiche domande preselettive.
Con il
secondo motivo di gravame parte ricorrente eccepisce l’illegittimità
costituzionale dell'art. 4, L. 264/99 per violazione art. 97 e 3 Cost. per
OMESSA SPECIFICAZIONE IN SEDE LEGISLATIVA, e comunque in via generale, una
volta per tutte, DEL NUMERO DEI QUESITI relativi a ciascun
argomento.
L’eccezione di incostituzionalità è manifestamente infondata
rientrando nella discrezionalità normativa del legislatore primario la
scelta tra una valutazione predeterminata legislativamente del numero dei
quesiti ed una valutazione rinviata all’autorità amministrativa: peraltro
la scelta operata dal legislatore del rinvio all’autorità amministrativa
della determinazione del numero dei quesiti non presenta nessuno segno
sintomatico di un uso del potere discrezionale normativo primario illogico
né contraddittorio, con la conseguenza che non è ravvisabile difformità
con i principi contenuti nell’art.97 e 3 della Cost.
Né ai fini
selettivi la ravvisata esigenza degli studenti di sapere con congruo
anticipo il numero preciso dei quesiti previsti per ciascuna delle materie
oggetto di prova, può identificarsi necessariamente in un periodo
superiore ai due mesi prima dello svolgimento delle prove: in sostanza sia
che il periodo indicato risulti superiore o inferiore in entrambi i casi
non è idoneo a rendere illegittima la procedura di cui si controverte.
.
Parimenti infondato risulta il terzo motivo di gravame con il quale
parte ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale dell'art. 4, L.
264/99 per violazione art. 97 per MANCATA REGOLAMENTAZIONE DELLE MODALITÀ
DI COSTITUZIONE DELLA COMMISSIONE incaricata della predisposizione dei
quesiti, dei casi di incompatibilità a fare parte, dei suoi criteri
d'azione.
Rientra, infatti, nella discrezionalità normativa del
legislatore primario la scelta tra una valutazione predeterminata
legislativamente delle modalità di costituzione della Commissione
incaricata della predisposizione dei quesiti, dei casi di incompatibilità
a fare parte, dei suoi criteri d'azione, ed una valutazione rinviata
all’autorità amministrativa: peraltro la scelta operata dal legislatore
del rinvio all’autorità amministrativa della determinazione del numero dei
quesiti non presenta nessuno segno sintomatico di un uso del potere
discrezionale normativo primario illogico né contraddittorio, con la
conseguenza che non è ravvisabile difformità con i principi contenuti
nell’art.97 della Cost.
Peraltro le esigenze di tutela dei candidati è
adeguatamente soddisfatta con la procedimentalizzazione concorsuale
nell’ambito della quale è sempre verificabile l’esercizio del potere
attribuito in tale materia dalla legge alla autorità
amministrativa.
Con il quarto motivo di gravame si solleva la questione
di legittimità costituzionale dell’art.4 legge n.264/99 per l’omessa presa
in considerazione, ai fini dell'accertamento del grado di preparazione in
materia di "cultura generale", del voto conseguito all'esame di maturità.
per contrasto con gli art. 3 e 97 Cost.
Secondo parte ricorrente la
norma risulterebbe illogica e irragionevole per non aver imposto di
valutare la preparazione a livello di "cultura generale", facendo
riferimento al voto conseguito per il diploma di scuola secondaria
superiore risultando la discrezionalità del legislatore caratterizzata da
scelte irragionevoli ed arbitrarie, come quella sottesa alla contestata
norma di legge.
La doglianza si appalesa manifestamente infondata in
quanto tesa a sindacare il merito della discrezionalità normativa del
legislatore che non presenta alcun connotato di irragionevolezza nel non
aver introdotto e preso in considerazione, ai fini dell'accertamento del
grado di preparazione in materia di "cultura generale", il voto conseguito
all'esame di maturità: anzi in considerazione delle eterogenee provenienze
dei candidati da differenti iter scolastici, proprio la introduzione di
tale criterio avrebbe potuto presentare aspetti di irragionevolezza e
discriminazione.
Con il quinto e sesto motivo di gravame si censura l
‘annullamento d'ufficio disposto dall'Amministrazione per i quesiti n. 71
e 79 per assenza dei presupposti di legge, per difetto di motivazione per
ingiusto aggravamento della procedura concorsuale, illogicità, falsità dei
presupposti, sviamento, per violazione art. 97 Cost. e della legge n.241
del 1990 artt. 21 octies, 21 nonies, art.1 e 3.
Le censure sono prive
di consistenza
Ed invero osserva il Collegio che questa Sezione con
svariate sentenze (fra le tante Tar Lazio Sez. III sentenza n. 10536/2009)
ha già avuto modo di pronunciarsi sulla legittimità dell’esercizio del
potere di autotutela attivato dall’Amministrazione con l’annullamento
delle due domande n.71 e 79, acclarando la correttezza dell’operato
dell’Amministrazione. In sostanza questa Sezione ha già avuto modo di
“…..osservare che, nonostante la inusualità della procedura, la
circostanza fondamentale e che impedisce di considerarla viziata ab
origine, tranne i due casi di Bari e di Catanzaro in cui le prove si sono
dovute ripetere per evidenti patologie originarie, è che la presa d’atto
da parte del Ministero che la correzione delle prove era avvenuta senza
considerare, in tutti gli Atenei italiani, le risposte ai due quesiti
errati impedisce che possano essere considerate sperequate le condizioni
dei partecipanti alla selezione, perché li ha messi tutti nelle stesse
condizioni di valutazione.
“In termini la giurisprudenza sulla materia,
anche in tema di prove preselettive concorsuali: “ …l'amministrazione
procedente, che abbia accertato l'erroneità di uno dei quesiti a risposta
multipla dalla tenutasi prova selettiva, legittimamente procede al suo
annullamento; l'esercizio di un tale potere di autotutela, infatti, non
viola i fondamentali principi in materia di buon andamento ed imparzialità
dell'azione amministrativa, ma ne costituisce concreta applicazione in
quanto, data la sua portata generale, garantisce par condicio a tutti i
candidati… ” (TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 5 febbraio 2009, n.
163)….”
Con il settimo motivo di gravame parte ricorrente solleva
questione di legittimità costituzionale della legge 2 agosto 264/99 con
riferimento agli artt. 3, 33, 34 Cost..
La incostituzionalità di tale
legge si rinvenirebbe, secondo parte ricorrente, anche in ordine alle
scelte adoperate dal legislatore medesimo e dal potere esecutivo riguardo
alle modalità con le quali sarebbe stato disposto l'accesso programmato:
la predisposizione di un bando di concorso per poter selezionare
aprioristicamente chi possa o meno accedere ad un corso di laurea
altamente specialistico come quello in Odontoiatria, sarebbe assolutamente
lesivo dei principi costituzionali sopra richiamati, in quanto
selezionerebbe chi può accedere a tale corso di laurea a prescindere dallo
strumento del "profitto".Con la conseguenza che la previsione di qualsiasi
criterio selettivo antecedente all'accesso all'istruzione dovrebbe
ritenersi contraria ai principi costituzionali e manifestamente ingiusta
anche in relazione. all'art. 4 della legge 264/99
In sostanza la
dedotta questione di legittimità costituzionale di suddetta disposizione,
in relazione agli artt. 3, 33 e 34 Cost., viene in questa sede prospettata
sul rilievo per cui la stessa avrebbe introdotto un'ingiustificata deroga
alla libertà di accesso all'istruzione, con la conseguenza che il sistema
legislativamente previsto non riuscirebbe a garantire in alcun modo la
valutazione delle reali attitudini e capacità dei candidati:, da un lato,
non verrebbe assolutamente garantita la completezza della valutazione, (
come invece accadrebbe se si ricorresse a strumenti che consentano di
giudicare gli studenti non solo in considerazione degli esiti di prove
destinate a svolgersi in un brevissimo arco di tempo, ma anche dei
risultati conseguiti e delle attitudini dimostrate nel pregresso corso di
studi), e dall'altro, non risulterebbe assicurata neppure la correttezza e
la regolarità delle operazioni concorsuali con un test della durata di
sole due ore sulla base di una prova a quiz, da "rischia tutto", della
durata di sole due ore, con ben 40 domande di c.d. cultura generale.
Le doglianze sono prive di giuridica consistenza.
Nella specie
infatti non si ravvisano né elementi di manifesta incostituzionalità della
discrezionalità normativa ex legge 2 agosto 264/99 né l'asserita
violazione delle disposizioni di cui alla 1. n. 264/1999.
Sotto
quest’ultimo profilo (asserite violazioni della legge n. 264/1999) giova
premettere che la legge medesima ha introdotto un sistema peculiare per
l'accesso ad alcuni corsi di studio universitari.
Ai sensi dell'art.
3, comma l, lett. a) è stabilito che con decreto del Ministero
dell'Istruzione viene determinato annualmente il numero dei posti
disponibili, a livello nazionale, sulla base dell' offerta potenziale del
sistema universitario, anche in relazione al fabbisogno di professionalità
del sistema sociale e produttivo.
A tal fine l'intestato Ministero
acquisisce da ogni Ateneo l'indicazione dell'offerta potenziale ovvero del
numero di iscritti che l'Ateneo medesimo può accogliere compatibilmente
con il proprio assetto organizzativo e logistico.
Con il medesimo D.M.
1'Amministrazione centrale ripartisce i posti relativi ai corsi in
questione tra le Università le quali procedono all'emanazione dei relativi
bandi di concorso recependo le indicazioni contenute in apposito D.M., di
cui all'art. 4 1. n. 264/1999, quanto alle date delle prove e ai contenuti
delle stesse.
Il concorso de qua si configura quale concorso nazionale
posto che il numero dei posti disponibili, i tempi concorsuali, i
contenuti delle prove e i criteri di valutazione sono stabiliti da
apposito D.M. rispetto al quale i bandi delle singole Università hanno
soltanto carattere applicativo.
Alla luce della chiara disposizione
normativa sopra richiamata la determinazione del contingente di posti
disponibili si basa su di un duplice criterio; da un lato, il potenziale
formativo offerto dai singoli Atenei e, dall'altro, il fabbisogno di
professionalità del sistema sociale e produttivo.
Dal tenore della
norma non è dato evincere alcuna graduazione tra i due criteri, i quali
devono contemperarsi al fine di determinare, quale risultante, il quantum
dei posti disponibili. L'equivalenza dei criteri di determinazione dei
posti nei corsi di laurea a numero programmato, inoltre, è coerente con le
esigenze effettive e reali del sistema formativo e professionale e, come
tale, non pone un problema di illegittimità costituzionale, rientrando
nella sfera della discrezionalità normativa del legislatore la cui
sindacabilità da parte del giudice delle leggi incontra il limite nella
manifesta illogicità non rinvenibile nella specie anche alla luce dei
principi contenuti nella pronuncia n. 383/1998 della Corte Costituzionale
(ed alle direttive comunitarie ivi richiamate) la quale ha riconosciuto la
piena legittimità costituzionale del numerus clausus quale criterio di
accesso ai corsi universitari, lasciando alla discrezionalità politica del
legislatore l'individuazione dei criteri di determinazione dei posti
disponibili.
Le direttive comunitarie richiamate dalla Corte
Costituzionale concernono il reciproco riconoscimento, negli Stati membri,
dei titoli di studio universitari sulla base di criteri uniformi di
formazione, l'esercizio del diritto di stabilimento dei professionisti
negli Stati dell'Unione nonché la libera prestazione dei servizi e
riguardano, al momento, i titoli accademici di medico, medico-veterinario,
odontoiatra e architetto.
La medesima Corte ha, altresì, sottolineato
che "Le ricordate direttive prescrivono, in vista dell'analogia dei titoli
universitari rilasciati nei diversi Paesi e del loro reciproco
riconoscimento, standard di formazione minimi a garanzia che i titoli
medesimi attestino il possesso effettivo delle conoscenze necessarie di
esercizio delle attività professionali corrispondenti. In tutti i casi cui
le direttive si riferiscono, si prescrive che gli studi teorici si
accompagnino necessariamente a esperienze pratiche, acquisite attraverso
attività cliniche o, in genere, operative, svolte nel corso di periodi di
formazione e di tirocinio aventi luogo in strutture idonee e dotate delle
strumentazioni necessarie, sotto gli opportuni controlli. E ciò implica e
presuppone che, tra la disponibilità di strutture e il numero di studenti,
vi sia un rapporto di congruità in relazione alle specifiche modalità
dell'apprendimento. "
Nelle sopra citate direttive comunitarie si
rinviene, dunque, un preciso obbligo di risultato che gli Stati membri
sono chiamati ad adempiere predisponendo, per alcuni corsi universitari
aventi particolari caratteristiche, misure adeguate a garantire le
previste qualità, teoriche e pratiche, dell' apprendimento: ma non viene
dettata alcuna disciplina riguardo alle predette misure. Queste sono,
infatti, rimesse alle determinazioni nazionali e il legislatore italiano,
come per lo più i suoi omologhi degli altri Paesi dell 'Unione, ha
previsto la possibilità di introdurre il numerus clausus per tali corsi.
Non vi è, pertanto, alcuno spazio per un sindacato di costituzionalità
in ordine al criterio relativo al "fabbisogno professionale" sulla base
dei principi formulati nella decisione del Giudice delle leggi, posto che
quest'ultimo si è limitato a riconoscere la legittimità costituzionale del
numerus clausus senza alcun riferimento ai criteri in base ai quali esso
deve essere determinato.
Dalla lettura della sentenza della Corte
Costituzionale, pertanto, si evince che il sistema del numero chiuso
risulta pienamente legittimo, attesa la necessità di garantire adeguati
spazi ed opportuni mezzi organizzativi ai fini di un' adeguata formazione
degli studenti, caratterizzata sia da esperienze pratiche che da studi
teorici.
A tal fine, nella sentenza costituzionale in questione, viene
affermata l'esigenza di un rapporto di congruità tra la disponibilità di
strutture e il numero di studenti, esigenza che, ad avviso della Corte
Costituzionale, ben può essere soddisfatta con l'introduzione del numero
chiuso. Infatti, le direttive comunitarie, nel prescrivere standard di
formazione prescrivono a garanzia che i titoli universitari rilasciati nei
diversi Paesi attestino il possesso effettivo delle conoscenze necessarie
all' esercizio delle attività professionali corrispondenti, demandando la
scelta degli strumenti più opportuni alle determinazioni nazionali.
In
relazione, poi, alla pretesa violazione di norme di rango costituzionale,
quali gli artt. 33 e 34 della Costituzione, e di principi internazionali e
comunitari, si rileva che persino l'affermazione di principio contenuta
nell' art. 2 del protocollo addizionale della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - secondo
la quale "il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno" -
non può essere tradotta automaticamente, come più volte confermato dalla
Corte Costituzionale e dalla Giurisprudenza amministrativa,
nell'affermazione che il diritto allo studio appartenga a tutti i
cittadini indiscriminatamente.
A tale proposito, la Corte
Costituzionale e la giurisprudenza amministrativa hanno "ripetutamente
affermato la conformità del sistema legislativo vigente rispetto al
diritto allo studio, il quale non appartiene indiscriminatamente a tutti i
cittadini, ma solo ai più capaci e meritevoli, e deve essere, secondo le
direttive comunitarie che costituiscono fonti normative vincolanti ali
'interno del nostro Stato, con temperato con l'esigenza di evitare il
sovraffollamento. onde realizzare un preciso obbligo di risultato che gli
Stati membri sono chiamati ad adempiere, predisponendo misure adeguate a
garanzia delle previste qualità teoriche e pratiche dell'apprendimento.
Non è, pertanto, ravvisabile un contrasto tra le L. 2 agosto 1999, n. 264,
che pone una limitazione ali 'accesso ali 'Università, e gli artt. 2, 3,
33 e 34 Cost., in quanto la previsione del c.d. numero chiuso non
rappresenta una limitazione arbitraria del diritto allo studio, ma una
garanzia di qualità dell'insegnamento, secondo standard europei. " (T.A.R.
Liguria - Genova, sez. II, 17 febbraio 2003, n. 184).
Si tratta di una
limitazione che non può determinare alcun sospetto di illegittimità
costituzionale del sistema, in considerazione delle ragioni che
impediscono, anche alla stregua di norme e principi comunitari, iscrizioni
indiscriminate e sovradimensionate rispetto alle potenzialità del sistema
universitario (TAR Lazio, sez. III, 10.1.2006, n. 189, ma vd. anche: TAR
Lazio, sez. III, 6 ottobre 2005, n. 7937; TAR Lazio, sez. III, 27 luglio
2005, n. 6020).
Senza contare che l'art. 34 Cost. non implica che
l'accesso all'istruzione universitaria debba essere garantito senza
condizioni ed indiscriminatamente a tutti i cittadini, ma presuppone,
piuttosto, che l'eventuale introduzione di limitazioni sia fondata su
procedure e criteri selettivi funzionali alla valorizzazione della
capacità e del merito degli aspiranti, in attuazione del principio di
uguaglianza nonché in osservanza dei principi di imparzialità e di buon
andamento dell'azione amministrativa: né si ravvisano sotto tale profilo
aspetti di costituzionalità correlati alla procedura selettiva a quiz di
cultura generale che non presenta, proprio per la natura selettiva
d’ingresso vizi di illogicità manifesta.
Sulla base delle suesposte
considerazioni il ricorso va respinto.
Sussistono tuttavia giusti
motivi per la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio, Sez. III bis,definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in
epigrafe lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2011 con l'intervento
dei magistrati:
Evasio Speranza, Presidente
Paolo Restaino,
Consigliere
Francesco Brandileone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/03/2011
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