ALFONSO CELOTTO

CORTE COSTITUZIONALE
Ormai i tempi sono maturi per l’opinione dissenziente


 

 

 

 

Corte Costituzionale
Ufficio Stampa


Legge “ex Cirielli”





La Corte costituzionale – nella Camera di consiglio del 23 ottobre 2006- ha esaminato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, sollevata dal Tribunale di Bari per la parte in cui la norma prevede che i nuovi termini di prescrizione non si applicano ai processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento; e ha ritenuto fondata la questione così come proposta .
Pertanto ha dichiarato la norma costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole “dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché”.
Il relatore ha chiesto di essere esonerato dalla stesura della motivazione. Il Presidente si è riservato di provvedere in proposito







Dal Palazzo della Consulta, 23 ottobre 2006

 

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1. Molto clamore ha accompagnato lo scarno comunicato stampa con cui la Corte costituzionale ha reso noto l’esito della decisione sulla c.d. legge ex Cirielli.
Senz’altro di grande impatto è il contenuto della decisione, da mesi atteso, relativo alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, limitatamente alle parole “dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché”, così da stabilire che i nuovi termini di prescrizione non si applicano ai processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento.
Tuttavia, a far riflettere il costituzionalista è l’ultima parte del Comunicato stampa ove si osserva che “Il relatore ha chiesto di essere esonerato dalla stesura della motivazione. Il Presidente si è riservato di provvedere in proposito”.
Si tratta di una assoluta novità in quanto – a quanto consta, per la prima volta – viene resa esplicita in un comunicato stampa la posizione dissenziente del relatore rispetto alla sentenza.
Sappiamo che nelle decisioni della Corte costituzionale italiana - come sancito nell’art. 18 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale - vige il principio di collegialità, con mancata menzione dell’esito del voto, nel senso che tutte le decisioni appaiono formalmente prese all’unanimità, senza far emergere né il numero, né le argomentazioni dei contrari. Vale a dire che in Italia, malgrado se ne discuta da tempo, manca la possibilità di esprimere la c.d. dissenting (o la concurring) opinion, tradizionalmente prevista nel sistema di giustizia nordamericano e, oramai, in molti altri sistemi (Germania, Spagna, Canada, Russia).
La ritrosia ad introdurre tale possibilità viene generalmente fondata sul rischio di delegittimazione che potrebbe comportare per la Corte, nel senso di “indebolire” rispetto al mondo politico, istituzionale e dell’opinione pubblica le decisioni non unanimemente collegiali. Tuttavia, si replica che, anche per la forte autorità morale che accompagna la Corte costituzionale dopo quasi cinquanta anni di attività, l’introduzione della opinione dissenziente costituirebbe un elemento decisamente positivo per il processo costituzionale, favorendo la trasparenza delle decisioni e la pluralità delle argomentazioni del processo decisionale [per le diverse posizioni, anche con spunti comparati, cfr. ANZON (a cura di) L’opinione dissenziente, Milano, 1995; LUATTI, Profili costituzionali del voto particolare. L’esperienza del Tribunale costituzionale spagnolo; PANIZZA, L’introduzione dell’opinione dissenziente nel sistema di giustizia costituzionale, Torino, 1998].

2. Malgrado non siano mancate opinioni dissenzienti “di fatto” [espresse informalmente in discorsi, articoli, note; cfr. PIZZORUSSO, Intervento, in OCCHIOCUPO (a cura di), La Corte costituzionale tra norma giuridica e realtà sociale. Bilancio di vent’anni di attività, Bologna, 1978, 132 ss.], nell’impasse del dibattito, ha comunque avuto modo di consolidarsi un piccolo modello di esternazione formale del dissenso, mediante la dissociazione tra giudice relatore e giudice redattore.
Ammontano ormai a decine i casi in cui nella decisione della Corte si segnala un diverso nominativo del giudice redattore rispetto a quello del giudice relatore, così da far emergere che l’originario relatore non si è assunto il compito di redigere il testo della sentenza, per la (presumibile ma non esplicitata) ragione di essere in dissenso rispetto alla decisione assunta dalla Corte (ad es., decc. n. 366 del 1996, n. 449 del 1997, n. 333 e 352 del 1998; n., 198 e 250 del 2000; n. 88 del 2001; n. 53, 206 e 412 del 2002; n 116 e 277 del 2003; n. 2, 35 e 169 del 2004).
Va segnalato addirittura che in alcuni casi la dissociazione fra relatore e redattore della sentenza è stata fatta oggetto di una apposita errata corrige in Gazzetta ufficiale.
Ad esempio con comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 48 del 12 dicembre 2001, rispetto alla ordinanza 30 marzo 2001 n. 88, si è disposto: In calce alla ordinanza citata in epigrafe, alla pag. 24 della sopra indicata Gazzetta Ufficiale, dove e' scritto: "Il redattore: Zagrebelsky”, leggasi: "Il redattore: Flick”. Ancora, con comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 30 del 12 dicembre 2000, rispetto alla sentenza 16 giugno 2000, n. 198, si è disposto: dove e' scritto: "Il Presidente: Mirabelli il redattore: Mezzanotte", leggasi” "Il Presidente e redattore: Guizzi”.
Si tratta tuttavia di casi sporadici e che servono a segnalare solo un “piccolo malumore” più che un dissenso all’interno della collegialità della Corte, senza che emergano minimamente le ragioni giuridiche che hanno portato a tale differenziazione di posizioni. L’emersione del solo dissenso e non delle argomentazioni giuridiche che ad esso hanno portato appare, paradossalmente, ancora più pericoloso per l’autorevolezza della decisione costituzionale, in quanto emerge dalla Corte soltanto una secca frattura nel collegio, lasciando all’immaginazione e al gossip l’articolazione delle motivazioni. ****
Ad ogni modo, la stessa Corte costituzionale ha avuto occasione di ribadire l’inopportunità di una modifica della attuale disciplina che vieta l’espressione di eventuali opinioni dissenzienti o concorrenti, con una apposita delibera resa in sede non giurisdizionale nel maggio del 2002 [se ne dà conto nella rassegna stampa della Corte n. 108 dell’11 maggio 2002; cfr. PANIZZA, L’opinione dissenziente e il sistema italiano di giustizia costituzionale: una questione davvero chiusa (spunti a margine della delibera assunta dalla Coste costituzionale, in sede non giurisdizionale nel maggio 2002 e della modifica, nel maggio 2004, delle Norme integrative), in AA.VV., Scritti dei dottorandi in onore di Alessandro Pizzorusso, Torino, 2005, 476 ss.].
Dato questo quadro di riferimento, si intende ancor meglio quanto sia significativo un segnale forte di dissenso, come il comunicato stampa qui richiamato, ove si afferma a chiare lettere il rifiuto da parte del relatore della stesura della motivazione della sentenza.
Le forme in cui è emerso il dissenso nella sentenza sulla c.d. legge Cirielli rendono evidente che i tempi sono ormai maturi per accogliere – finalmente - l’auspicio che Costantino Mortati formulava già negli anni ’60 e fare entrare a pieno titolo l’opinione dissenziente nelle sentenze della Corte costituzionale (è sufficiente richiamare MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II IX ediz., Padova, 1976, 1376).
Del resto, per farlo, non serve una revisione costituzionale e nemmeno una apposita legge: è sufficiente una semplice modifica delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte!

 

 

(pubblicato il 30/10/2006)