Dieci punti di novità
come (prime) chiavi interpretative per leggere le innovazioni
introdotte dal “Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa”
(Editoriale del 29
ottobre 2004)
1. Premessa introduttiva.
- Con la firma di oggi a Roma da parte dei Capi
di Stato e di Governo del “Trattato che adotta una
Costituzione per l’Europa”, si viene a chiudere
quell’articolato processo cominciato il 15 dicembre
2001 con l’approvazione della c.d. "Dichiarazione
di Laeken" che istituiva la Convenzione sul futuro
dell’Europa, ovvero quello speciale e composito
organismo che, presieduto dall'ex Presidente della
Repubblica francese Giscard D'Estaing e da Giuliano
Amato e Jean-Luc Deheane, attraverso un’ampia serie
di interrogativi (incentrati essenzialmente sulla
semplificazione e il riordino degli attuali Trattati,
sulla necessità o meno di incorporare la Carta dei
diritti fondamentali nel Trattato, sulle modalità
per accrescere la legittimità democratica e la trasparenza
delle attuali istituzioni, sul problema dell’efficienza
del processo decisionale e del funzionamento delle
istituzioni, anche in vista dell’allargamento dell’Unione
poi avvenuto con il Vertice di Atene dell’aprile
2004) aveva il compito di “esaminare le questioni
essenziali che il futuro sviluppo dell’Unione comporta
e di ricercare le diverse soluzioni possibili”,
assicurando, come affermato nella Dichiarazione,
“una preparazione quanto più ampia e trasparente
possibile della prossima Conferenza intergovernativa”.
Sulla base di questo mandato, quindi, la Convenzione
europea, dopo 17 mesi di lavoro, 26 riunioni in
sessione plenaria, oltre 1800 interventi, 11 gruppi
di lavoro e 3 circoli di discussione, ha terminato
i propri lavori adottando per consenso la Parte
I e II il 13 giugno, e la Parte III e IV il 10 luglio
2003, e consegnando a Roma il 18 luglio 2003 alla
Presidenza italiana (nella ‘classica’ semestrale
rotazione alla guida del Consiglio Europeo), il
“progetto di Trattato che istituisce una Costituzione
per l’Europa”.
Con questo (voluminoso) progetto di Trattato in
mano – ai sensi dell’art. 48 del Trattato sull’Unione
Europea - tornava nuovamente in capo agli Stati
nazionali, attraverso i loro Capi di Stato e di
Governo, il compito di decidere se e come dotarsi
di una “Costituzione europea”. Una decisione che,
stante l’impossibilità di raggiungere un accordo
finale durante i lavori del semestre di Presidenza
dell’Unione a guida italiana (immediatamente successivo
ai lavori della Convenzione ed aperto ufficialmente
il 4 ottobre 2003 con la Conferenza intergovernativa
di Roma), veniva presa durante il successivo semestre
di presidenza irlandese al vertice di Bruxelles
del 17 e 18 giugno 2004, con l’approvazione definitiva
di un testo, in molti punti peraltro ampiamente
diverso da quello predisposto dalla Convenzione.
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2. Il disegno strutturale del
testo del Trattato. – Il testo del Trattato
che adotta (e non più “istituisce”) una Costituzione
per l’Europa presenta, come ogni accordo di compromesso,
luci ed ombre.
Strutturalmente, esso consta di quattro parti, introdotte,
da un preambolo, congegniate in modo tale che, mentre
nella prima parte, quella propriamente più “costituzionale”,
si possono trovare in sessanta articoli la definizione
dell’Unione, i suoi valori, i suoi obiettivi, la
ripartizione delle competenze fra Stati membri e
Unione, l’assetto istituzionale, gli strumenti d’azione,
il quadro finanziario e le disposizioni per l’appartenenza
all’Unione, nella parte seconda, invece, si può
ritrovare la Carta dei diritti fondamentali (compreso
con il ‘suo’ preambolo) approvata a Nizza nel dicembre
2000; nella parte terza, si trovano invece tutte
le disposizioni relative alle politiche dell’Unione,
e, nella parte quarta, si possono rintracciare le
clausole finali ed alcuni protocolli.
Peraltro, all’interno di questo disegno, stante
il carattere meramente introduttivo di questa nostra
presentazione di un testo che consta (semplicemente…)
di 448 articoli, ci sembra utile in questa sede
sottolineare soltanto alcune delle novità più rilevanti
e che rendono comunque questo Trattato - pur con
tutte le difficoltà legate al fatto di aver dovuto
coniugare i due principi cardine dell’Unione, quello
intergovernativo con quello comunitario, pressoché
in ogni articolo – una importante apertura verso
il futuro, soprattutto alla luce del recente allargamento
a venticinque Paesi, nonostante il fatto che, se
sarà ratificato da tutti i Paesi dell’Unione, prendendo
il posto dell'originario Trattato di Roma, esso
non entrerà in vigore in generale prima del 2009
e, per alcuni aspetti, prima del 2014, lasciando
funzionare l’Unione fino a quel momento ancora con
i “vecchi” trattati in vigore.
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3. Le maggiori novità. – Dieci
innovazioni a nostro avviso possono rappresentare
utili chiavi di lettura per analizzare a prima vista
questo Trattato.
La prima innovazione da rilevare è la scelta di
fondere i cd. tre pilastri, inserendo le attuali
disposizioni in un unico quadro giuridico comune
(pur consentendo l’applicazione delle procedure
in modo variabile a seconda dell'azione prevista,
attraverso un uso differenziato delle procedure
di voto). Di certo, un notevole passo in avanti
verso la semplificazione e l’intelligibilità stessa
del Trattato.
La seconda innovazione è l’incorporazione della
Carta dei diritti nel Trattato e quindi la sua completa
‘giuridicizzazione’ e vincolatività per tutti gli
Stati dell’Unione che lo ratificheranno. E’ la chiara
presa di coscienza dei Capi di Stato e di Governo
dell’Unione dell’importanza di introdurre nella
costruzione europea quella Carta fondamentale approvata
a Nizza capace di intrecciare con abile maestria
i diritti tradizionali con quelli che sono nati
da nuove sensibilità culturali e morali, dalla forza
delle innovazioni scientifiche e tecnologiche, dalle
responsabilità verso l’ambiente e le generazioni
future ed, in molti casi, ampiamente riconosciuti
dalle Corti costituzionali dei singoli Stati membri
e dalla stessa evoluzione delle loro tradizioni
giuridiche costituzionali.
La terza innovazione, prevista all’art. 7 della
Parte I, è assai importante in quanto dota esplicitamente
l’Unione di un’unica personalità giuridica, aprendo
- con quattro parole - tutti quegli spazi di intervento
che il diritto di ogni tempo, su questa base, da
sempre riconosce, garantisce e tutela.
La quarta innovazione riguarda la riforma del “sistema
delle fonti normative” dell’Unione, con modifiche
che, partendo da una ridefinizione di ciascuna anche
del nomen, ne disciplina meglio i rispettivi ambiti,
prevedendo da un lato gli atti legislativi, ovvero
la legge europea, la legge quadro europea e i regolamenti,
ovvero atti non legislativi di portata generale
e, dall’altro, atti non legislativi in senso stretto
come le decisioni (sebbene in qualche caso possano
anch’essi avere portata generale essendo in ciò
quindi sostanzialmente equiparati ai regolamenti),
le raccomandazioni e i pareri. Infine, come atti
non aventi valore giuridico, gli atti a carattere
atipico quali risoluzioni, conclusioni, dichiarazioni,
che l'art. I-33 non prevede però espressamente.
La quinta innovazione, legata alla precedente, razionalizza
ed innova il riparto delle competenze tra Unione
e Stati membri, risolvendo parzialmente i molti
problemi legati sia tra i soggetti rispetto alle
singole aree di intervento sia internamente tra
le stesse materie.
La sesta innovazione riguarda la ‘forma di governo’
dell’Unione che, non utilizzando più istituzioni
plurivalenti a seconda dei pilastri di appartenenza,
assume più chiaramente un figurino di governo dell’Unione,
sebbene nella sua variante bicefala, tra Presidente
del Consiglio europeo e Presidente della Commissione.
Di rilievo, inter alia, oltre alla non incompatibilità
tra le due figure apicali (in uno schema che in
futuro potrà eventualmente aprire nuovi scenari
di tipo monista), vi è la riforma della struttura
dei Consigli dei Ministri (art. I-24) e la composizione
interna della Commissione (art. I-26), con la valorizzazione
del Ministro degli affari esteri dell'Unione anche
come VicePresidente della Commissione, e quindi
come uomo “cerniera” nei nuovi rapporti tra Consiglio
europeo e Consiglio dei ministri.
La settima innovazione riguarda il c.d. meccanismo
delle “passerelle” e quindi il sistema di votazione
che ha fissato come regola generale la maggioranza
qualificata e la codecisione, sebbene – ed è la
c.d. passerella - il Consiglio europeo può decidere
all’unanimità, previa approvazione del Parlamento
europeo, che si pronuncia a maggioranza assoluta,
che la regola della maggioranza qualificata si estenda
anche ai settori per i quali la Parte III della
Costituzione prevede l’unanimità, sebbene basti
il warning di un solo Parlamento nazionale, trasmesso
a Bruxelles senza dibattito alcuno con altri, perché
questa procedura si possa bloccare.
L’ottava innovazione riguarda l’ampliamento dei
poteri del Parlamento europeo. Esso eserciterà,
insieme al Consiglio europeo, la funzione legislativa
e quella di bilancio, ma avrà l'ultima parola su
tutte le spese dell'Unione. Eleggerà il presidente
della Commissione europea e ratificherà la nomina
del ministro degli Esteri e dei membri della Commissione,
mantenendo altresì il potere esclusivo di censura
sulla Commissione. Il Parlamento europeo potrà raggiungere
inoltre un massimo 750 parlamentari in modo tale
però da rispettare il criterio che vede un numero
mimino e massimo di deputati per ciascun Paese in
un range che va da 6 a 96 componenti.
La nona innovazione riguarda il recupero dei Parlamenti
nazionali che vengono reinseriti nei processi decisionali
intrecciando la loro possibilità di intervento e
di partecipazione intorno all’applicazione del principio
di sussidiarietà.
La decima innovazione riguarda il nuovo ruolo attribuito
al principio di sussidiarietà che, insieme con quello
di proporzionalità, viene reso giustiziabile dalla
Corte di Giustizia e costituisce oggetto di un protocollo
ad hoc.
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4. Le ombre ancora presenti.
– Rispetto a queste dieci punti di novità, molte
ombre rimangono sullo sfondo, figlie probabilmente,
per la Convenzione, della necessità di trovare un
accordo e, per la CIG, della volontà degli Stati
di tornare subito a far valere i propri interessi
specifici nelle riunioni della Conferenza intergovernativa,
quasi che per loro la partecipazione ai lavori della
Convenzione europea (addirittura, per molti Paesi,
attraverso il diretto coinvolgimento degli stessi
Ministri degli Affari Esteri) avesse rappresentato
soltanto una parentesi, non vincolante in qualche
modo neanche rispetto alla propria opinione pubblica.
Di certo costituiscono un pesante freno all’integrazioni
alcune disposizioni quali, ad esempio, il fatto
che il potere di veto sia stato mantenuto in troppi
casi, soprattutto in materie primarie come la politica
estera, oppure, il fatto che in rilevanti politiche-chiave,
come nel campo della cooperazione giudiziaria in
materia penale, della tassazione indiretta, delle
risorse proprie e della programmazione finanziaria,
le importanti novità introdotte dalla Convenzione
si siano scontrate contro i timori e i veti nazionali,
facendo sì che il Consiglio europeo vi rinunciasse
per prudenza.
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5. Considerazioni finali.
– A nostro avviso, quindi, il “Trattato che adotta
una Costituzione per l’Europa” riconosce certamente
i cinquant’anni di successi dell’acquis communitaire
che sono scaturiti dalla scelta originaria che fecero
allora Adenauer, Schuman e De Gasperi - poi sancita
con la firma nel 1957 a Roma in Campidoglio, nella
sala degli Orazi e Curiazi, della nascita della
prima Europa a sei Paesi - ma, al tempo stesso,
non è possibile non notare che questo testo lascia
aperte non soltanto molte aree nelle quali ancora
Landsrecht bricht Bundesrecht ma anche il fatto
che anche una rapida lettura dello stesso dimostra
chiaramente la presenza di molte zone grigie e spazi
interpretativi rilevanti su punti importanti, a
partire dalla sua stessa natura di “trattato costituzionale”.
In questo senso, però, il Trattato-Costituzione
che oggi viene firmato costituisce una miniera da
scavare, approfondire e indagare per tutti gli studiosi
e gli operatori del diritto, di certo, almeno per
i prossimi cinquant’anni.
Buona lettura.
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