1. Servizi pubblici – Giurisdizione e Competenza – Pagamento canoni per noleggio dei cassonetti - Giurisdizione amministrativa – Esclusione - motivi.
2. Servizi pubblici – Giurisdizione
e Competenza – Servizio smaltimento rifiuti – Giurisdizione amministrativa
in materia di servizi pubblici - Controversie relative ad attività istituzionalmente
e direttamente finalizzate a soddisfare i bisogni della collettività
– Giurisdizione - Sussiste – attività strumentali a detti
bisogni – giurisdizione – E’ esclusa.
1. I canoni corrisposti per il noleggio dei cassonetti dei rifiuti non costituiscono prestazioni monetarie per lo svolgimento di un servizio pubblico, bensì il compenso per la fornitura di beni che, rispetto al servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti, si pongono in rapporto soltanto strumentale. Sulle relativa controversie, pertanto, il giudice amministrativo è privo di giurisdizione.
2. Con l’avvento della legge n. 205 del 21 luglio 2000 (e prima ancora in base al d.lgs. n. 80 del 31 marzo 1998), il giudice amministrativo conosce in sede esclusiva di tutte le controversie in materia di pubblici servizi. Deve trattarsi però di controversie relative ad attività istituzionalmente e direttamente finalizzate a soddisfare i bisogni della collettività e non anche ad attività strumentali a detti bisogni. Tali ultime attività, infatti, in quanto estranee alla diretta finalizzazione ai bisogni sociali, fuoriescono dalla categoria dei servizi pubblici.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione seconda)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 12502 del 2000, proposto da
Fallimento della Alpi 85 s.p.a., in persona del suo curatore rag. Aldo Scateni, rappresentato difeso dall’avv. Massimo Gizzi ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, alla via Anapo n. 29;
contro
Comune di Cori, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Cesellato ed elettivamente domiciliato preso il suo studio in Roma, al viale Regina Margherita, n. 290;
per l'accertamento dei crediti asseritamene vantati dalla Società ricorrente per il mancato pagamento di canoni relativi a servizi dalla medesima disimpegnati.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cori;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 26 novembre 2003 il consigliere Massimo L.
Calveri e udito l’avv. Gizzi per la ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Premette il Fallimento in epigrafe di essere creditore del Comune
di Cori della complessiva somma di L. 659.008.241, pari ad € 340.349,35.
Il credito nascerebbe dal mancato pagamento di fatture risalenti al periodo
1990-1994, concernenti canoni, e relativo adeguamento ISTAT, per il servizio
di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nonché
canoni per il noleggio di cassonetti.
Sull’indicata e documentata premessa, il Fallimento ricorrente ha chiesto
l’accertamento in via dichiarativa dei crediti vantati e la conseguente
condanna del Comune di Cori al pagamento delle somme dovute, ivi comprese gli
accessori monetari dovuti per legge (interessi e rivalutazione).
Resistendo al ricorso il Comune intimato ha eccepito, in via pregiudiziale,
l’inammissibilità del ricorso per avvenuta prescrizione estintiva
dei crediti vantati dal ricorrente e per difetto di giurisdizione limitatamente
al pagamento dei canoni di noleggio dei cassonetti; nel merito ha opposto l’infondatezza
delle pretese azionate con l’impugnativa.
Alla pubblica udienza del 26 novembre 2003 il ricorso è stato trattenuto
in decisione.
DIRITTO
1.- Le due eccezioni di inammissibilità del ricorso sono fondate.
2.- Quanto a quella che oppone il difetto di giurisdizione,
non può che convenirsi sul fatto che il pagamento di canoni per il noleggio
dei cassonetti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani esula dalla sfera
di cognizione del giudice amministrativo.
Non è dubbio infatti che, con l’avvento della legge n. 205 del
21 luglio 2000 (e prima ancora con il d.lgs. n. 80 del 31 marzo 1998), il giudice
amministrativo conosce in via esclusiva di tutte le controversie in materia
di pubblici servizi. Deve trattarsi però, come ben puntualizza la giurisprudenza
invocata ex adverso dal resistente (Cds, V, 13 giugno 2003, n. 3346), di controversie
relative ad attività istituzionalmente e direttamente finalizzate a soddisfare
i bisogni della collettività e non anche ad attività strumentali
a detti bisogni. Tali ultime attività, infatti, in quanto estranee alla
diretta finalizzazione ai bisogni sociali fuoriescono dalla categoria dei servizi
pubblici.
Nel caso all’esame, i canoni per i cassonetti non costituiscono prestazioni
monetarie per lo svolgimento di un servizio pubblico, ma il compenso per la
fornitura di beni che, rispetto al servizio pubblico (servizio di smaltimento
dei rifiuti solidi urbani), si pongono in rapporto soltanto strumentale.
Dall’esposto ordine di considerazioni consegue che il ricorso, in parte
qua, va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, la quale appartiene
al giudice ordinario.
3.- Quanto poi all’eccezione per intervenuta prescrizione
presuntiva dei crediti vantati e pretesi dal Fallimento ricorrente non può
del pari dubitarsi che essi, inerendo a pagamenti da disporsi periodicamente
per la fornitura del servizio, erano soggetti a prescrizione quinquennale, ai
sensi dell’art. 2948, n. 4, cod. civ..
Orbene, il Comune resistente, invocando tale norma, oppone la prescrizione dei
crediti in questione in ragion del fatto che essi sono sorti nel periodo 1990-1994,
come dimostrerebbe la data di emissione delle relative fatture.
Osserva in proposito la Sezione come l’eccezione non sia stata in alcun
modo contraddetta dal Fallimento ricorrente a mezzo della produzione di una
qualche prova dimostrativa dell’esercizio del diritto di credito nel periodo
utile per farlo valere.
Nella così desumibile inerzia del creditore deve concludersi nel senso
che il diritto di credito qui reclamato si sia prescritto.
4.- Alla stregua di quanto precede il ricorso va dichiarato
inammissibile per le ragioni distintamente enunciate.
Giusti motivi spingono a compensare tra le parti spese di lite e onorari di
causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, pronunciando
sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile, in parte, per difetto di
giurisdizione e, in parte, per intervenuta prescrizione dei diritti patrimoniali
azionati.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 26
novembre 2003 e del 28 gennaio 2004.
Domenico La Medica presidente
Roberto Capuzzi consigliere
Massimo L. Calveri consigliere est.
Il presidente Il consigliere est.
La giurisdizione amministrativa esclusiva sui servizi pubblici si arresta davanti … al cassonetto
Avv. Stefano Tarullo
(ricercatore universitario di diritto amministrativo – Università
Tor Vergata di Roma)
Una società conveniva innanzi al TAR
del Lazio un’Amministrazione comunale ai fini dell’accertamento
di propri crediti relativi al mancato pagamento di canoni concernenti in parte
alcuni servizi da essa disimpegnati (consistenti nella raccolta, trasporto e
smaltimento dei rifiuti solidi urbani) ed in parte il noleggio di cassonetti.
Con la sentenza n. 1212 del 9 febbraio 2004 la Sezione giudicante ha accolto
l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata
da parte resistente limitatamente al petitum avente ad oggetto la corresponsione
dei canoni non percepiti per il noleggio dei cassonetti.
Secondo il Collegio laziale l’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, come
da ultimo riformato per effetto della legge n. 205 del 2000, nell’affidare
al giudice amministrativo in sede esclusiva la cognizione di tutte le controversie
in materia di pubblici servizi, include in tale novero le questioni che siano
“relative ad attività istituzionalmente e direttamente finalizzate
a soddisfare i bisogni della collettività”, ma non anche quelle
concernenti attività “strumentali a detti bisogni”.
In sostanza, il TAR aderisce alla tesi in virtù della quale non possono
ricadere nella giurisdizione amministrativa esclusiva attività che si
appalesino “estranee alla diretta finalizzazione ai bisogni sociali”.
Non può in questa sede approfondirsi l’analisi della tormentata
questione che interessa la perimetrazione del concetto di servizio pubblico.
Si rileva, incidentalmente, che nell’art. 33 del d.lgs. n.80 del 1998
il legislatore delegato non ha voluto fornire una siffatta definizione, accontentandosi
di offrire qualche elemento indiziario. D’altra parte neppure la legge
n.205 del 2000, che ha modificato l’originaria disposizione del 1998,
ha precisato la nozione, che a tutt’oggi si presenta come un “concetto-fisarmonica,
estensibile o restringibile, a tutto detrimento degli utenti del servizio giustizia”
(secondo l’icastico giudizio di C. VOLPE, in Affidamento, esecuzione e
giurisdizione alla luce della l.205/2000: rigenerazione o omologazione del G.A.?,
in Urb. e appalti, 2001, 832).
Di qui la constatazione che spetta ancora ad interpreti e giudici l’arduo
compito di individuare i limiti della definizione (M. FILIPPI, La giurisdizione
amministrativa sugli atti di soggetti privati alla luce del d.lgs.80/98, in
Dir. amm., 1998, 581), accompagnata dal sospetto che ciò corrisponda
ad una precisa intenzione legislativa, concretantesi in una sostanziale “delega”
all’interprete, specialmente giudiziale.
Ad ogni modo, se si decifrano in modo corretto i pochi dati testuali disponibili,
il legislatore del 2000 sembra aver inteso il concetto in questione nell’accezione
più ampia tanto sul piano dell’oggetto della prestazione quanto
sul piano dei suoi destinatari.
Sotto il primo profilo nulla osta a ritenere che il servizio possa tradursi
non soltanto in un facere (come nell’accezione privatistica), ma anche
un dare (cfr. F.G. SCOCA, La concessione come strumento di gestione dei servizi
pubblici, in Studi in memoria di G. Roehrssen, Padova, 1991, 553); sotto il
secondo profilo, nella dizione legislativa può inquadrarsi sia il servizio
reso all’amministrazione per l’espletamento della sua attività
istituzionale (aspetto questo, che ha subito un deciso appannamento in giurisprudenza,
come si vedrà subito infra), sia il servizio “esternalizzato”,
da rendersi agli utenti (in tal senso A. BARTOLINI, Il rito speciale per i “settori
sensibili”, in B. Sassani, R. Villata (a cura di), Il processo davanti
al giudice amministrativo. Commento sistematico alla legge n.205/2000, Torino,
2001, 193 - 194).
Apparendo recessiva, per la sua estrema latitudine e quindi per la sua sostanziale
inservibilità ai fini del riparto di giurisdizione, la nozione impiegata
dall’ordinanza n.1/2000 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di
Stato (nella quale si è ritenuto che non già la sola attività
di gestione delle gare, bensì qualsiasi attività amministrativa,
potrebbe essere concepita come “servizio pubblico”), in tempi più
recenti si colgono significativi e ripetuti sforzi definitori da parte del Consiglio
di Stato.
Si ricordano, per tutte, la sentenza della Sezione IV 29 novembre 2000 n.6325
(in Giur. it., 2001, 611), nonché quella della Sezione V 15 marzo 2001
n.1514 (in Cons. Stato, 22201, I, 674).
In tali due pronunce il servizio pubblico viane descritto come un’attività
economica connotata dal carattere generalmente imprenditoriale:
a) esercitata per erogare prestazioni indispensabili a soddisfare bisogni pubblici
(collettivi) incomprimibili in un determinato contesto sociale e storico;
a) collocata in un ordinamento di settore al cui vertice è posta un'autorità
pubblica che ne vigila, controlla, coordina e indirizza l'espletamento.
Mantenendoci però sullo stretto versante dei profili di giurisdizione,
sembra accreditarsi - e la sentenza del TAR Lazio qui annotata ne è eloquente
esempio - l’idea che la giurisdizione esclusiva non possa abbracciare
le controversie che non siano riconducibili ad attività istituzionalmente
e direttamente finalizzate a soddisfare i sopradetti bisogni collettivi (secondo
la linea di indirizzo già tracciata dalla Suprema Corte: cfr. Cass.,
SS.UU., 30 marzo 2000 n.71, in Foro amm., 2001, 2687); deve quindi trattarsi
di attività connotate da uno stretto nesso finalistico con il servizio
reso al pubblico (in tale ambito ricomprendendosi anche le controversie attinenti
alla gestione del servizio ed all’erogazione delle prestazioni all’utenza).
Di conseguenza rimangono affidate alla cognizione del giudice ordinario le attività
soltanto strumentali al servizio (Cass., SS. UU., ord. 22 luglio 2002 n.1076),
atteggiandosi tale strumentalità a legame indiretto, mediato e riflesso
tra attività considerata e soddisfacimento dei bisogni collettivi.
Il TAR Lazio, nel fare propria tale posizione, richiama la sentenza della Sezione
V del Consiglio di Stato n. 3346 del 13 giugno 2003 (leggibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it),
nella quale il giudice d’appello aveva negato potersi ascrivere alla materia
de qua la lite relativa alla nomina degli amministratori di una società
deputata a gestire un servizio pubblico.
Il richiamo appare pertinente e decisivo; difatti con la sentenza n. 3346/03
è stato posto un tassello ricostruttivo di estrema importanza, consistente
nell’espungere (finalmente, dopo tante perplessità) dal novero
delle controversie riservate in via esclusiva alla cognizione del giudice amministrativo
quelle relative a rapporti funzionali all’espletamento del servizio pubblico,
ossia tali da assumere rilevanza meramente interna o anche valenza soltanto
presupposta e condizionante rispetto all’erogazione della prestazione
finale in favore della collettività (ma v. già in tal senso Cass.
SS. UU., 3 agosto 2000, n.532, in Mass. Giur. it., 2000).
Nella vicenda in esame il TAR, muovendo dalla qualificazione dei canoni da corrispondere
a titolo di corrispettivo per il noleggio dei cassonetti da parte del Comune
interessato come “il compenso per la fornitura di beni che, rispetto al
servizio pubblico (servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani), si pongono
in rapporto soltanto strumentale”, perviene a negare che essi possano
considerarsi “prestazioni monetarie per lo svolgimento di un servizio
pubblico”, in piena coerenza con le premesse sopra tracciate. Di qui la
dichiarazione di inammissibilità per difetto di giurisdizione del ricorso
in parte qua.
Al self-restraint del giudice laziale sommessamente si plaude.