CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - decisone 2 
  settembre 2003 n. 4873
  Pres. Giacchetti, Est.Pajno, 
  Tiziano Mazzon e Pavani Edizioni Musicali s.n.c. (Avv. Ennio Mazzocco) c. Renato 
  Recca, Alessandro Iacovaccio, DIPIU' s.r.l., Ducale s.n.c. (Avv. Renato Recca) 
  Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) (Avv.ti Carlo Rienzi, Paolo Piccozza, 
  , Giovanni Maria Pinna Antonio Tomaselli,), Ministero per i Beni e le Attività 
  Culturali, Fernando Brambilla, Vincenzo Barbalarga, Bravin Edizioni Musicali, 
  Radio Dimensione Suono, Andrea Franco, Leisure Records (n.c.), Elio Cesari (Tony 
  Renis), Giancarlo Bigazzi, Mario Lavezzi, Rapetti Giulio (Mogol), Dalla Lucio, 
  Edizioni Southern Music s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore; 
  Fonit Cetra Music Publishing s.r.l., Edizioni Caramba s.r.l., Edizioni Musicali 
  Bagutti s.n.c., (Avv.ti Claudio Marcello Leonelli e Goffredo Gobbi). 
Enti pubblici e privati - SIAE – riparto proventi tra autori - rilevazioni dei brani negli spettacoli - unicita’ di categoria tra brani d’autore e brani “dance” – legittimita’.
E’ legittima la distribuzione degli incassi della SIAE per l'utilizzazione di brani musicali mediante strumenti meccanici (lettori CD ed altri strumenti di riproduzione sonora) in occasione di balli e trattamenti danzanti, se tale riparto e’ effettuato raggruppando in classi gli incassi ed i programmi musicali (50% attribuito su campione rilevato da incaricati SIAE, di durata non inferiore a 90 minuti per singola manifestazione con almeno 1600 ore per semestre, campione poi integrato con dati relativi ad un terzo dei programmi consegnati dagli organizzatori; 21% attribuito a coloro che avessero partecipato, negli ultimi due semestri, alla ripartizione dei compensi del ballo dal vivo; 5% a beneficio di coloro che avessero già percepito compensi nelle due ultime tornate ripartitarie, 24% attribuito a coloro che avessero concorso, nei due semestri precedenti, alla ripartizione della Sezione Musica. E’ illegittimo il precedente criterio, che sostanzialmente riservava agli autori ed editori soltanto una quota del 50% dei compensi percepiti dagli utilizzatori, attribuendo il restante 50% ad autori ed editori che nulla avevano a che fare con le opere ultimate (autori di musica dal vivo). Ai fini del riparto, la distinzione tra musica “dance” o “non dance”, ed in genere tra generi musicali, non ha alcun significato o valore specifico: e’ solo rilevante che i proventi realizzati, da qualunque tipo di musica provengano, siano il frutto di una diffusione delle opere mediante strumenti meccanici. Per le medesime ragioni, appare privo di rilievo la circostanza che i proventi provengano da discoteche o da altri locali (esecuzioni musicali effettuate in balli in case private, in trattenimenti familiari organizzati da circoli privati): ciò che conta, infatti è che essi, da qualunque locale provengano, siano il frutto di una diffusione delle opere relative mediante strumenti meccanici.
Lucio Dalla, Tony Renis e Mogol, tra gli altri, contestavano che le loro canzoni (cd. brani d’autore), pur appartenendo a categoria diversa dai brani danzabili (“dance”), fossero utilizzati in balli o trattenimenti danzanti. Tale utilizzazione sottraeva proventi (riscossi tramite la SIAE), in quanto i diritti riscossi dalla SIAE e versati agli autori conteggiano, mescolandoli, brani di autore con brani dance. Dalla ballabilita’ o meno di tali brani, cioe’ dall’uso frequente nelle discoteche dei brani stessi, e’ quindi scaturita una lite con la SIAE, conclusa con la decisione in oggetto, che ritiene congrui e logici i criteri di riparto adottati. I cantautori hanno visto respinte le loro domande da una sentenza che affronta problemi di rilevazione e di controlli, coinvolgendo altresi’ (punto 10) aspetti relativi al diritto di autore su brani prelevati da reti telematiche (downloading) o caricati e diffusi attraverso reti telematiche ( streaming-webcasting). (Guglielmo Saporito)
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FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale 
  del Lazio l’Avv. Renato Recca, autore aderente alla SIAE (pos. n.6763), il Sig. 
  Alessandro Iacovaccio, autore aderente alla SIAE (pos. n.12361), la s.r.l. Dipiù, 
  coautrice musicale aderente alla SIAE (pos. n.90859), la s.n.c. Ducale di Marco 
  Matalon e C., produttrice discografica aderente alla SIAE (pos. n.000001), impugnavano: 
  
  - la deliberazione n.22 del 7 marzo 2001, con cui il Commissario straordinario 
  della SIAE aveva approvato, con decorrenza dal 1° gennaio 2001, la ripartizione 
  dei proventi relativi alla Sezione Musica; 
  - l’elaborato prodotto dal Gruppo di lavoro, nominato dalla Commissione della 
  Sezione Musica SIAE, da questa approvato nella seduta del giorno 8 settembre 
  2001; 
  - il verbale della seduta della Commissione della Sezione Musica in pari data; 
  
  - il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali, del 2 marzo 2001, 
  recante l’approvazione dei criteri per la ripartizione dei proventi dei diritti 
  d’autore tra gli aventi diritto per l’anno 2001, come annotati dalla Sezione 
  Musica SIAE; 
  - ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. 
  I ricorrenti precisavano, innanzi tutto, di essere: l’Avv. Recca autore di opere 
  musicali varie; il Sig. Alessandro Iacovaccio autore di musica dance, eseguita 
  in locali da ballo e discoteche; la DIPIU’ s.r.l. una casa editrice musicale 
  titolare in via derivata di diritti di autore di opere musicali varie, sopratutto 
  di opere musicali dance; la Ducale S.r.l. di essere un’impresa produttrice fonografica, 
  nonché una casa editrice musicale e titolare di diritti di riproduzione fonomeccanica 
  (c.d. diritti connessi) oltre che titolare in via derivata di diritti di autore 
  di opere musicali. Tutti dichiaravano, pertanto, di avere diritto a partecipare 
  alla ripartizione degli incassi della Classe 1 SIAE (balli e trattenimenti con 
  ballo con esecuzioni meccaniche di qualsiasi tipo). 
  Tanto premesso, e dopo aver precisato che la SIAE ente pubblico a base associativo, 
  svolge, ai sensi dell’art.7, comma 1, del d.lgs. n.29 ottobre 1999 n.419 “l’attività 
  di intermediatore, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di 
  intervento, mediazione, mandato, rappresentanza, di esecuzione, di recitazione, 
  di radiodiffusione, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite 
  e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate”, esponevano 
  che con D.P.R. 31 maggio 1999 il Governo, allora in carica aveva, in considerazione 
  della grave situazione gestionale, commissariato l’Ente, attribuendo al Prof. 
  Mauro Masi i poteri del Presidente e del Consiglio di Amministrazione e non, 
  invece, quelli degli organi democraticamente eletti dagli autori ed editori 
  associati. Tali organi erano rimasti in carica fino alla scadenza naturale a 
  seguito della quale i poteri e le competenze degli stessi, con D.P.R. del 22 
  dicembre 2000, venivano attribuiti al Commissario, il cui incarico veniva, peraltro, 
  via via prorogato. 
  Nel corso del commissariamento veniva, peraltro, approvato il d.lgs. n.419 del 
  1999, il cui art.7, concernente la SIAE che le definire la SIAE un ente pubblico 
  a base associativa, ha previsto l’adozione di un nuovo statuto ed ha stabilito 
  che “la gestione dei servizi attinenti alla tutela del diritto d’autore e dei 
  diritti connessi, si uniforma ai principi della massima trasparenza nella ripartizione 
  dei proventi tra gli aventi diritto. I criteri di ripartizione sono annualmente 
  determinati dalla SIAE e sottoposti all’approvazione del Ministro vigilante”. 
  
  I ricorrenti, fanno, pertanto, presente che, nelle more dell’approvazione del 
  nuovo statuto, sono rimasti in vigore le procedure stabilite dal precedente, 
  approvato con D.P.R. 19 maggio 1995 n.223, da coordinarsi con le indicazioni 
  di cui all’art.7, comma 7, del d.lgs. n.419/99. 
  In particolare, per quanto concerne la ripartizione dell’anno 2001, nella seduta 
  del giorno 8 settembre 2000 la Commissione della Sezione Musica si riuniva per 
  esaminare i criteri della nuova ordinanza di ripartizione. In tale occasione 
  il Commissario straordinario sottoponeva all’esame della stessa un documento 
  di un gruppo di lavoro, costituito fra i componenti della Commissione Musica, 
  che conteneva delle “linee guida sull’ordinanza di ripartizione della Sezione 
  Musica”. Conformemente alla proposta del Commissario, la Commissione deliberava 
  di inviare al Ministero vigilante il documento elaborato dal gruppo di lavoro, 
  stralciandone i punti relativi ai fattori critici, limitandolo all’enunciazione 
  dei principi generali con l’aggiunta della Classe VI, specificatamente prevista 
  per le utilizzazioni telematiche. 
  Con decreto del 2 marzo 2001, il Ministero per i Beni e le Attività culturali 
  approvava i criteri di ripartizione dei proventi dell’esenzione dei diritti 
  d’autore, tra gli aventi diritto, per il 2001, come approvati dalla Commissione. 
  
  Con deliberazione n.22 del 7 marzo 2001 il Commissario Straordinario della SIAE, 
  rilevata “l’urgenza di deliberare al più presto le nuove norme ripartitarie, 
  che regolino l’attribuzione agli aventi diritto dei proventi derivanti dalle 
  nuove forme di utilizzazione emerse nella recente realtà di mercato, con particolare 
  riguardo alle utilizzazioni su reti telematiche e/o di telecomunicazione”, e 
  ritenuto che sussistesse il presupposto delle “eccezionali esigenze” che consente, 
  ai sensi del vigente regolamento, la modificazione della normativa ripartitaria, 
  con effetto sui proventi relativi al corrente anno”, abrogava integralmente 
  la precedente ordinanza e dettava i nuovi criteri ripartitori degli incassi 
  effettuati dal 1° gennaio 2001. 
  Sia il decreto ministeriale che la deliberazione del Commissario n.22 del 2001 
  venivano, pertanto impugnati dagli interessati che, a sostegno del ricorso, 
  deducevano le seguenti doglianze. 
  1) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.7, comma 
  7, secondo periodo, del d.lgs. 29 ottobre 1999 n.419 e degli artt.10, comma 
  3 e 36 ultimo comma del D.P.R. n.223 del 1995. Violazione dell’art.1 della legge 
  7 agosto 1990 n.241. Incompetenza. 
  2) Violazione e falsa applicazione degli artt.7, comma 7, secondo periodo del 
  d.lgs. n.419 del 1999, 10, comma 3, dello Statuto SIAE sotto altro profilo, 
  violazione e falsa applicazione dell’art.85, comma 2, ultimo periodo, del Regolamento 
  Generale SIAE. Violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge 7 agosto 
  1990 n.241. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto 
  e per difetto di motivazione. 
  3) Violazione e falsa applicazione dell’art.7 comma 7, secondo periodo, del 
  d.lg. 29 ottobre 1992 n.419. Eccesso di potere per errore nei presupposti di 
  fatto e di diritto e per disparità di trattamento. 
  4) Violazione e falsa applicazione dell’art.7, commi 4, ultimo periodo, e 7, 
  del d.lgs. 29 ottobre 1999 n.419. Eccesso di potere per violazione dei principi 
  di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all’art.3 Cost.. Con motivi aggiunti 
  notificati il 14 novembre 2001 i ricorrenti, venuti a conoscenza dell’esistenza 
  della deliberazione commissariale n.72 del giorno 11 luglio 2001, integrativa 
  di quella n.22 del 2001, deducevano: 
  5) l’illegittima emanazione del nuovo provvedimento, che non poteva essere assunto 
  dal solo Commissario Straordinario e non poteva eludere il principio attraverso 
  l’urgenza e con la necessità di apportare disposizioni di dettaglio; 
  6) l’illegittima esclusione, per gli incassi relativi alle musiche eseguite 
  mediate strumenti meccanici in balli e trattenimenti danzanti, delle composizioni 
  relative a programmi descritti in moduli che presentino irregolarità di comunicazione. 
  
  Costituitosi il contraddittorio, con sentenza n.4123 del 10 maggio 2002 il TAR 
  del Lazio, Sez.III ter, riteneva preliminarmente che non sussistesse la necessità 
  di integrare il contraddittorio, considerata la natura di atto generale dell’ordinanza 
  del Commissario n.22 del 2001; disattendeva un’eccezione di irricevibilità per 
  tardività del ricorso, nonché quella di difetto di giurisdizione relativamente 
  all’impugnazione dell’ordinanza, osservando che quest’ultima pur se dovuta all’an, 
  risultava assai più dettagliata e fruiva delle linee guida elaborate dalla Commissione 
  della Sezione Musica SIAE (meno atto preparatorio) e comunque impugnate dagli 
  interessati; disattendeva, altresì, l’eccezione di inammissibilità del ricorso 
  collettivo, in quanto proposto da soggetti in conflitto di interessi fra di 
  loro ritenendo non sussistenti tali conflitti, anche, in particolare, con riferimento 
  alle “La Ducale” s.n.c. ed i ricorrenti autori musicali. 
  Il tribunale riteneva, poi, fondato il quarto mezzo di impugnazione, in relazione 
  al riparto dei diritti d’autore, come stabilito per la Sezione Musica per il 
  2001. In particolare, il TAR riteneva illegittimo, per violazione dell’art.7 
  del d.l.vo n.419 del 1999, il provvedimento del Commissario, nella parte in 
  cui statuiva che soltanto il 50% dei diritti incassati era attribuito sulla 
  base di un campionamento delle effettive esecuzioni musicali, risultando la 
  restante parte ripartita con criteri indiretti, a vantaggio di altre classi 
  della Sezione Musica. Il provvedimento prevedeva che, della totalità dei proventi 
  derivanti da BSM (bollo con strumento meccanico) il 50% venisse ripartito in 
  base ad un meccanismo di campionamento volto ad identificare i singoli brani 
  eseguiti in una parte delle predette manifestazioni danzanti, rilegato con i 
  dati relativi ad 1/3 dei “programmi musicali” inviati dagli organizzatori di 
  tali eventi (ovvero quei documenti contenenti l’elenco delle composizioni musicali 
  eseguite nel corso della serata). 
  La restante quota veniva, invece distribuita in tre classi: - il 21% alla Ripartizione 
  supplementare (RS) di classe I ballo, ripartita proporzionalmente tra chi avesse 
  ottenuto, negli ultimi due semestri, “proventi da ballo con esecuzioni musicali 
  dal vivo”; - il 5% alla RS di Classe I “concertino”, ripartita proporzionalmente 
  tra quanti avessero partecipato negli ultimi due semestri alla ripartizione 
  dei c.d. “concertini” (apparecchi analoghi). 
  Il Tribunale riteneva, innanzitutto, il metodo sopra descritto in contrasto 
  con il principio di trasparenza di cui all’art.7, comma 7, del d.lgs. n.419/1999, 
  ed osservava che il medesimo, mediante le aliquote dei proventi riservate a 
  favore di soggetti partecipanti nei due semestri precedenti alla ripartizione 
  dei compensi del ballo dal vivo e, rispettivamente, alla ripartizione della 
  Sezione Musica, pareva un sistema poco trasparente ed inidonea a descrivere 
  l’ammontare effettivamente spettante a ciascun autore delle opere coinvolte, 
  e che lo storno a favore di soggetti terzi, diversi dagli autori le cui opere 
  musicali venivano effettivamente riprodotte mediante strumenti meccanici appariva 
  non razionale e non rispondente alla ratio dell’art.7 del d.lgs. n.419 del 1999.
  Il Tribunale rilevava altresì che non appariva legittimo l’intento solidaristico 
  con il provvedimento perseguito, e riteneva fondate le osservazioni dei ricorrenti 
  circa il metodo di campionatura delle esecuzioni, dal momento che pur dovendosi 
  far ricorso a criteri ed accertamenti statistici e a campione, occorreva comunque 
  predisporre un serio e penetrante controllo sugli adempimenti documentali, e 
  non essendo sufficiente la disposta integrazione dell’accertamento in virtù 
  per un terzo dei programmi redatti dai gestori dei locali per affermare l’efficacia 
  dell’azione accertativa, dovendo anche tali moduli formare oggetto di verifica. 
  
  Il Tribunale accoglieva, altresì, nei limiti precisati, l’ultimo motivo del 
  ricorso di primo grado, concernente l’assoggettamento a ripartizione dei presenti 
  derivanti dall’uso della musica su reti telematiche. In particolare il TAR, 
  pur ritenendo condivisibile la .....?..... di ........?.......... gli autori 
  per l’utilizzazione delle opere musicali, riprodotte in supporto, nell’ambito 
  delle telecomunicazioni o in occasione di collegamenti a reti telematiche ha, 
  ritenuto illegittima la delibera impugnata nella parte in cui, attribuiva alla 
  discrezionalità del Consiglio di Amministrazione i casi in cui non era conveniente 
  pervenire alla ripartizione analitica, apparendo tale discrezionalità ancorata 
  alla sola clausola della non economicità, non ancorata ad un parametro, non 
  irragionevole, che stabilizza la soglia minima al di sotto della quale non vi 
  è remuneratività nella predetta ripetizione analitica, apparendo tale discrezionalità 
  ancorata alla sola clausola della non economicità, non ancorata ad un parametro, 
  non irragionevole, che stabilisce la soglia minima al di sotto della quale non 
  vi è remuneratività nella predetta ripartizione analitica. Il Tribunale rigettava, 
  altresì, la prima, la seconda e la terza censura dedotte con il ricorso introduttivo, 
  e la prima parte del quarto motivo, con cui era stato censurato il c.d. “doppio 
  punteggio”. 
  Il Tribunale rigettava altresì, le doglianze dedotte con i motivi aggiunti. 
  La pronuncia di primo grado è stata, adesso, impugnata con un primo ricorso 
  (n.6029/2002 R.G.) dal Signor Mazzon Tiziano e dalla S.n.c. Pavani Edizioni 
  Musicali. I medesimi, dopo aver premesso di aver appreso che il criterio di 
  riparto dei proventi relativi alle utilizzazioni delle opere assegnate alla 
  Sezione Musica sono stati annullati dal TAR, hanno dedotto le seguenti doglianze:
  1) Violazione delle norme in materia di contraddittorietà, 
  violazione del diritto di difesa. 
  Erroneamente il Tribunale avrebbe escluso la necessità di procedere all’integrazione 
  del contraddittorio. all’attuale appellante andrebbe riconosciuta la qualità 
  di controinteressato.
  2) Erroneamente il Tribunale avrebbe escluso l’inammissibilità 
  del ricorso collettivamente proposto da soggetti in palese conflitto di interessi. 
  
  Il conflitto sussisterebbe fra gli autori ricorrenti e la Soc. Ducale, titolare 
  di diritti connessi. La Società Ducale, titolare di diritti connessi, sarebbe 
  stata altresì priva di interesse al ricorso. Il conflitto sussisterebbe tra 
  la Soc. DIPIU’ e i Signori Recca e Iacovaccio.
  3) Nell’accogliere parzialmente il quarto motivo del ricorso 
  il primo giudice sarebbe incorso in una serie di errori di fatto e di diritto. 
  In particolare, l’ordinanza impugnata apparirebbe migliorativa rispetto al passato, 
  avendo aumentato, e non diminuito, la quota percentuale di proventi da ripartire 
  direttamente agli aventi diritto. 
  Erroneamente il tribunale avrebbe, poi, ritenuto che con l’ordinanza in questione 
  si fosse inteso perseguire intenti solidaristici.
  Sarebbe fuor di luogo l’assimilazione tra trattenimento con B.S.M. e trattenimenti 
  in discoteche, essendo quello in discoteca uno dei possibili trattenimenti in 
  B.S.M.. erroneamente si affermerebbe che la mancata ripartizione anche di una 
  sola parte percentuale di proventi non ripartita al BSM costituirebbe un esproprio 
  ai danni delle discoteche. 
  Sarebbe stato, altresì, accolto un motivo di censura formulato compiutamente 
  nei motivi aggiunti e dichiarati inammissibili dal TAR ed accennato in modo 
  del tutto generico e inammissibile nell’atto introduttivo del giudizio. 
  Erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che tutti gli incassi che si cumulano 
  per un certo semestre e sono da ripartire, sarebbero direttamente formati dalle 
  singole esecuzioni musicali ovvero dai singoli trattenimenti. Il provento non 
  sarebbe un dato omogeneo, mentre nella ripartizione confluirebbero somme di 
  diversissima natura. 
  Per tali ragioni, allo scopo di far ricadere le somme in maniera più rispondente 
  alla verità, una parte degli incassi verrebbe suddivisa indirettamente. Poiché 
  una parte degli incassi forfettariamente formata non potrebbe essere divisa 
  ........?........., una quota, pari al 21% tornerebbe indirettamente alla classe 
  I (balli dal vivo), una parte (il 24%) al BSM attraverso l’attribuzione indiretta 
  alla classe I, ed una parte (il 5%) al concertino (trattenimenti musicali senza 
  ballo). 
  Le percentuali sarebbero individuate attraverso un esame ponderato dai dati, 
  mentre la restante parte dei proventi sarebbe suddivisa in base ad un campione 
  di ore di registrazione effettuato dai locali integrato da un terzo dei programmi 
  consegnati dagli organizzatori. Il TAR sarebbe entrato nel merito delle scelte 
  dell’ente, ed avrebbe erroneamente ritenuto che sarebbe diminuito il sistema 
  di rilevamento statistico. 
  La formulazione di programmi non costituirebbe una delega agli organizzatori.
  4) Con riferimento ai criteri di ripartizione delle ore 
  trasmesse in via telematica, sussisterebbe il difetto di interesse dei ricorrenti 
  anche perché le disposizioni censurate sarebbero migliorative, posto che in 
  precedenza, per la novità del settore, nessun provento sarebbe stato attribuito 
  per tali utilizzi. 
  La sentenza del TAR del Lazio n.4123 del 2002 è stata, altresì, impugnata, con 
  altro ricorso (n.6161/2002 R.G.) dai Signori Recca e Iacovaccio, dalla DIPIU’ 
  s.r.l. e dalla Ducale s.n.c., che hanno, altresì chiesto il rigetto dell’appello 
  proposto dal Sig. Tiziano Mazzon e dalla Società Pavani Edizioni Musicali s.n.c.. 
  
  I signori Recca e Iacovaccio e le società DIPIU’ e Ducale hanno impugnato i 
  capi della sentenza n.4123 del 2002 a loro sfavorevoli (in quanto hanno rigettato 
  doglianze dai medesimi prospettate), deducendo le censure che seguono: 
  1) Contraddittorietà della motivazione rispetto alla censura n.1 (differenza 
  esistente fra il documento approvato l’8 settembre 2001 e l’ordinanza di ripartizione 
  adottata successivamente all’approvazione ministeriale, nella parte in cui, 
  pur riconoscendosi la validità della statuto approvato con D.P.R. 19 maggio 
  1995 n.223, si è ravvisata la presenza di una discussionalità del Presidente 
  della SIAE in merito all’adozione dell’ordinanza di ripartizione. 
  2) Violazione del principio dell’annualità dell’ordinanza di ripartizione sancita 
  dall’art.7, comma 7, secondo periodo, del d.lgs. n.419/99 (censura n.2). 
  3) Errata interpretazione dell’art.7 del d.lgs. n.419/99 in tema di unicità 
  dell’ordinanza di ripartizione, tale da dover necessariamente comprendere anche 
  i diritti connessi. Errata valutazione dei presupposti di fatti relativi all’accettazione 
  della tutela dei diritti connessi da parte della SIAE (censura n.3). 
  4) Irragionevolezza della sentenza nella parte in cui si è ritenuto il carattere 
  premiante il sistema del c.d. doppio punteggio, omettendo di affermarne l’illegittima 
  aleatorietà (censura n.4). 
  Con l’atto di appello (n.6161/2002 R.G.) l’Avv. Recca ed i suoi consorti in 
  lite hanno dedotto l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal Signor Mazzon 
  e dalla Pavani S.n.c., dal momento che gli stessi hanno, altresì, dedotto l’infondatezza 
  dell’impugnazione proposta con il ricorso n.6029/2002 R.G. e la sostanziale 
  assenza di censure in merito all’annullamento dell’art.9, classe VI, lett. b, 
  dell’ordinanza Commissariale n.22/2001. Gli appellanti hanno, infine, formulato 
  alcune istanze istruttorie. 
  Nel relativo giudizio si è costituita la SIAE. 
  La sentenza n.4123/2002 del TAR del Lazio è stata, altresì, impugnata con ricorso 
  al Consiglio di Stato (n.9308/2002 R.G.) dai signori Elio Cesari (Tony Renis), 
  Giancarlo Bigazzi, Mario Lavezzi, Giulio Rapetti (Mogol), Lucio Dalla, nonché 
  da Edizioni Southern Music s.r.l., Edizioni Musicali Bagutti s.n.c.. 
  I ricorrenti, dopo aver fatto presente di aver appreso della sentenza da notizie 
  di stampa, hanno fatto presente che questa appare lesiva dei loro interessi, 
  essendo i medesimi autori o editori di musica di genere “non dance e cioè di 
  composizioni musicali c.d. d’autore che, pur non appartenendo alla categoria 
  “dance” vengono utilizzati in balli o trattenimenti con ballo a mezzo di strumenti 
  meccanici. gli stessi vedono, così, ridotti i propri introiti a seguito della 
  sentenza, a tutto vantaggio degli autori ed editori di musica “dance”. 
  Tanto premesso, gli interessati hanno dedotto le doglianze che seguono: 
  1) Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, erroneamente disatteso 
  dal Tribunale. Il giudice di appello è chiamato a declinare la propria giurisdizione, 
  quanto meno con riguardo all’ordinanza 22/2001. 
  2) Conflitto di interessi fra i ricorrenti collettivi. 
  Rispetto ai criteri di cui all’ordinanza di ripartizione, si porrebbero almeno 
  due categorie di soggetti in conflitto di interessi: gli autori ed editori di 
  musica dance, nonché gli autori e editori di musica “non dance”, comunque utilizzata 
  nei trattenimenti danzanti. Il Tribunale avrebbe errato nel pronunciare l’ammissibilità 
  del ricorso collettivo nonostante il palese conflitto di interessi. 
  3) Lesione del diritto di difesa e mancata integrazione del contraddittorio. 
  
  In subordine, dovrà in ogni caso essere pronunciata l’illegittimità della pronuncia 
  lì dove è stata disconosciuta l’incompletezza del contraddittorio già prospettata 
  in primo grado. 
  L’oggetto del giudizio non sarebbe costituito da un atto a contempo programmatorio 
  ma da un provvedimento idoneo a incidere in modo concreto e attuale su tutti 
  gli iscritti alla Sezione Musica SIAE. 
  Dovrebbe, pertanto, essere disposto l’annullamento della sentenza con ricorso 
  al giudice di primo grado ai fini dell’integrazione del contraddittorio. 
  4) Gli appellanti ricordano che il Tribunale avrebbe affermato che la ripartizione 
  dei proventi BSM violerebbe i criteri di trasparenza, ragionevolezza ed equità 
  imposti dalle norme di settore e che i sistemi censurati troverebbero fondamento 
  in esigenze solidaristiche. Il TAR avrebbe annullato, mandando all’autorità 
  preposta la ridistribuzione degli introiti per l’anno 2001, in base a riformulandi 
  criteri ispirati al potenziamento dei controlli diretti, in rito. 
  La pronuncia in parte qua, sarebbe viziata da una falsa applicazione delle disposizioni 
  invocate dai ricorrenti in primo grado con il ricorso introduttivo, da eccesso 
  di potere per travisamento dei presupposti fattuali, illogicità ed ingiustizia 
  manifesta nonché da un evidente difetto di motivazione. 
  5) La ripartizione censurata sarebbe in linea con le norme legislative che governano 
  la struttura e l’attività dell’ente. il principio di trasparenza di cui all’art.7 
  del d.lgs. 419/99 dovrebbe ritenersi espressione dei principi di buona fede 
  e correttezza nella ripartizione normativa, che imporrebbe la predisposizione 
  di criteri e la sottoposizione al ministero vigilante. 
  Le norme legislative consentirebbero l’adozione di strumenti indiretti di ripartizione, 
  come sarebbe avvenuto nel caso di specie. 
  6) Occorrerebbe tenere presente che nelle discoteche verrebbero eseguite musiche 
  diverse da quelle dance, e che non tutti i proventi del BSM deriverebbero dalla 
  discoteche e dall’esecuzione di musica dance. Esisterebbero brani di musica 
  d’autore utilizzati nelle discoteche per la loro “ballabilità”. 
  Il TAR avrebbe errato nel ritenere la sussistenza di una piena equiparazione 
  tra compensi versati dagli utilizzatori e opere eseguite. In tale contesto, 
  la IAE avrebbe utilizzato un sistema comparato, basato su tre meccanismi di 
  rilevazione fra loro combinati: cioè un accertamento diretto con finalità statistiche, 
  una dichiarazione documentale degli organizzatori, una ripartizione per analogia. 
  
  In tale sistema comparato, ciascuno dei tre meccanismi di individuazione degli 
  aventi diritto avrebbe la funzione di compensare le distorsioni degli altri, 
  sicché apparirebbe incongruo smembrare tale sistema lasciandolo in vita – come 
  avrebbe fatto il Tribunale – uno soltanto dei meccanismi che lo formerebbero. 
  
  Il sistema del campione di 1600 ore, se utilizzato come unico criterio per l’individuazione 
  degli aventi diritto, risulterebbe inaffidabile. Il sistema di rilevazione, 
  proprio con riferimento alla musica “dance”, potrebbe dar luogo a manipolazioni. 
  
  Il TAR avrebbe omesso di considerare che non tutte le manifestazioni danzanti 
  sarebbero oggetto del campionamento sopra indicato. 
  Verrebbero, così, in rilievo i dati relativi al 1/3 dei “programmi” consegnati 
  dagli organizzatori, contenenti l’elenco delle composizioni musicali eseguite 
  nel corso della serata, scelti con metodo di selezione automatica. Tale sistema 
  si proporrebbe di correggere i difetti del campione e di identificare il maggior 
  numero possibile di aventi diritto. 
  Quanto alla funzione delle RS (Ripetizioni supplementari), la stessa sarebbe 
  spiegata sia sullo studio del Gruppo di lavoro che nell’ordinanza impugnata. 
  Il TAR non avrebbe tenuto conto di tali motivazioni, attendendosi su di un’inedita 
  ricostruzione solidaristica di tali sistemi che non troverebbe riscontro negli 
  atti impugnati. 
  Nel giudizio si sono costituiti la SIAE ed il Ministero dei Beni e le Attività 
  culturali, nonchè l’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite.
  Sia la SIAE che l’Avv. Recca, il Sig. Iacovaccio, le Società DIPIU’ e Ducale, 
  ed il signor Elio Cesari ed i suoi consorti in lite hanno illustrato le proprie 
  ragioni. Anche la SIAE, con apposita memoria, ha illustrato le proprie difese. 
  L’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite hanno depositato distinte memorie difensive 
  nei ricorsi nn.6029/2002, 6161/2002 e 9308/2002 R.G.. 
  Con atti depositato il 21 febbraio 2002 il sig. Mazzon Tiziano e la Società 
  Pavani Edizioni Musicali hanno dichiarato di rinunciare all’appello dei medesimi 
  proposto avverso la sentenza n.4123 del 2002 del TAR del Lazio. 
  Con ordinanza n.1352 del 2003 la Sezione ha preliminarmente disposto la riunione 
  dei tre ricorsi, in quanto costituenti appelli avverso la medesima sentenza, 
  ed ha disposto la trasmissione del fascicolo di primo grado ed il deposito, 
  in originale o copia autentica, del decreto del Ministero dei Beni Culturali 
  del 2 marzo 2001. 
  Il Sig. Mazzon e la società Pavani Edizioni Musicali hanno prodotto l’originale 
  dell’atto di rinuncia all’appello dai medesimi proposto. 
  Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza di discussione l’Avv. Recca 
  ed i suoi consorti in lite hanno fatto presente che l’atto a suo tempo dai medesimi 
  impugnato non sarebbe più in essere e sarebbe cessata ogni sua efficacia. La 
  SIAE, infatti, in esecuzione della sentenza del TAR del Lazio n.616 del 2003, 
  avrebbe adottato nuovi criteri di ripartizione per il BSM, satisfattivi per 
  i ricorrenti, eliminando l’intervento del Commissario ad acta. In particolare, 
  l’Avv. Recca ed i suoi consorti hanno dedotto quanto segue: 
  a) I titolari del ricorso n.9308/2002 R.G., che, utilizzando lo strumento dell’opposizione 
  di terzo, avevano appellato la sentenza n.4123/2002 del TAR del Lazio, sarebbero 
  intervenuti, azionando lo stesso strumento, nel giudizio per l’esecuzione di 
  tale sentenza, promosso dall’Avv. Recca e consorti. Tale contenzioso sarebbe 
  stato definito con sentenza del TAR del Lazio n.616/2003, con cui sarebbe, peraltro, 
  intervenuto, avendo la SIAE ottemperato nel termine fissato dal giudice. L’appello 
  non avrebbe, pertanto, ragione di continuare sul suo iter. 
  b) I titolari del ricorso n.6029/2002 R.G. avrebbero dichiarato di non aver 
  interesse a proseguire il giudizio di appello. 
  c) L’appello avverso la sentenza n.4123/2002, proposto con il ricorso n.6162/2002 
  R.G. non sarebbe da coltivare, avendo la SIAE emesso un nuovo provvedimento 
  conforme alle istanze dei ricorrenti. 
  L’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite hanno, pertanto fatto presente che il 
  giudizio di appello concernente i ricorsi indicati in epigrafe non andrebbe 
  più portato avanti, essendo cessata la materia del contendere. 
  Con memoria depositata anch’essa prima dell’udienza di discussione il Sig. Elio 
  Cesari ed i suoi consorti in lite hanno insistito per l’accoglimento dell’appello 
  dai medesimi proposto. In particolare, gli stessi hanno dedotto che risulterebbero 
  confermate le prime due eccezioni formulate con i primi due motivi di appello, 
  e replicando alle considerazioni formulate dall’Avv. Recca con la precedente 
  memoria del 14 febbraio 1995, che i sistemi di rilevazione previsti nell’ordinanza 
  impugnata al di là di ogni miglioramento gestionale, andrebbero intimati unitamente. 
  
  All’udienza del 9 maggio 2002 è stata acquisita copia della nota n.4839/03DA 
  del giorno 8 maggio 2003 del Segretariato Generale del Ministero per i Beni 
  e le Attività culturali.
DIRITTO
1. Nell’ordine logico, deve, innanzitutto, essere 
  esaminata la richiesta, formulata con la memoria depositata nell’imminenza dell’udienza 
  di discussione, con cui l’Avv. Renato Recca ed i suoi consorti in lite hanno 
  chiesto che venga dichiarata “l’improcedibilità dell’azione promossa in sede 
  di appello avverso la sentenza n.4123 del 2002 della Terza Sezione del TAR del 
  Lazio, di cui ai ricorsi distinti con i nn.6029, 6161, 9308/02 R.G., dando atto 
  della cessata materia del contendere”. 
  In tal modo, l’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite chiedono che venga dichiarata 
  la cessazione della materia del contendere, comunque l’improcedibilità, in ordine 
  a tutti i gravami proposti avverso alla sentenza del TAR del Lazio n.4123 del 
  2002, già riuniti con la precedente ordinanza collegiale n.1352 del 2003; e 
  cioè in ordine al ricorso n.6029/2002 R.G., proposto da Mazzon Tiziano e da 
  Pavani Edizioni Musicali s.n.c., al ricorso n.6161/2002 R.G., proposto dallo 
  stesso Recca Renato e dagli altri appellanti, nonchè con riferimento al ricorso 
  n.9308/2002 R.G., proposto dal sig. Cesari Elio (Tonis Renis) e degli altri 
  consorti in lite. Ad avviso dell’Avv. Recca, infatti, il ricorso n.6029 del 
  2002 non potrebbe essere più esaminato, avendo i titolari del medesimo dichiarato 
  di non aver più interesse a proseguire il giudizio di appello, “per l’evidente 
  consapevolezza ricettiva dell’emissione di un nuovo provvedimento dell’Amministrazione; 
  l’appello di cui al ricorso n.6161/2002 R.G., proposto dal medesimo Avv. Recca, 
  non sarebbe dal coltivare, avendo la SIAE emesso un nuovo provvedimento conforme 
  alle istanze degli interessati; l’appello di cui al ricorso n.9308/2002 R.G. 
  (proposto dal sig. Elio Cesari e dai suoi consorti in lite) non avrebbe più 
  “ragione di continuare nel suo iter” essendo i titolari del relativo ricorso 
  intervenuto a mero di opposizione di terzo, nel giudizio per l’esecuzione della 
  sentenza n.4123 del 2002 del TAR del Lazio, definito con sentenza n.616 del 
  2003 dello stesso giudice, con il quale sarebbe stato accolto parzialmente il 
  ricorso proposto dallo stesso Recca, con reiezione delle doglianze del Ministero 
  per i beni e le attività culturali e della SIAE, e con ottemperanza della SIAE 
  nel termine assegnato dal giudice, con soddisfazione dei ricorrenti. 
  La richiesta dell’Avv. Recca è, peraltro, sostanzialmente contestata dal sig. 
  Elio Cesari e dai suoi consorti in lite, che hanno proposto il ricorso in appello 
  n.9308 del 2002 R.G.. 
  Questi, infatti, con la memoria depositata prima dell’udienza di discussione, 
  hanno insistito diffusamente per l’accoglimento del proprio gravame, così chiaramente 
  evidenziando di ritenere che la materia del contendere non sia cessata e che, 
  comunque, non sia intervenuto alcun provvedimento od alcun fatto idoneo ad evidenziare 
  una sopravvenuta carenza di interesse al gravame. 
  In proposito, si osserva che la richiesta formulata dall’Avv. Recca e dai suoi 
  consorti in lite trova origine, sul fatto che, con sentenza n.613 del 3 febbraio 
  2003 il TAR del Lazio, adito dai Signori Recca Renato e Iacovaccio Alessandro 
  e dalla società Dipiù e La Ducale, ha accolto il ricorso dagli stessi proposti 
  e per l’effetto dichiarato nulla la deliberazione del Commissario della SIAE 
  n.41 del 2002, adottata dal medesimo a seguito della sentenza n.4123 del 2002, 
  nel presente giudizio impugnato. con tale pronuncia n.613 del 2003 il Tribunale 
  ha per una parte qualificato come ottemperanza il ricorso proposto dall’Avv. 
  Recca e dai suoi consorti in lite, avendo ritenuto che la SIAE ha prestato acquiescenza 
  alla sentenza di primo grado, e che quindi, inter partes (e cioè nei confronti 
  della SIAE e del Ministero per i beni e le attività culturali) si fosse formato 
  il giudicato, con il conseguente obbligo della SIAE di ottemperare ad esso; 
  dall’altra, ha ritenuto irrilevante ai fini dell’ammissibilità del giudizio 
  di ottemperanza, il gravame spiegato dai Signori Lavezzi e consorti, ed ha parzialmente 
  accolto il ricorso, con conseguente dichiarazione dell’obbligo della SIAE di 
  rideterminarsi in conformità della sentenza di ottemperanza nel termine assegnato 
  e nomina di un Commissario ad acta per il caso di inadempimento. 
  Secondo quanto riferiscono l’avv. Recca ed i suoi litisconsorti, la SIAE ha 
  poi tempestivamente e correttamente ottemperato. 
2. Tanto premesso, il Collegio osserva che nella fattispecie, può esclusivamente darsi atto della rinuncia al ricorso in appello da parte del Signor Mazzon Tiziano e della Società Pavani Edizioni Musicali (n.6029/2002 R.G.); non può invece essere dichiarata la cessazione della materia del contendere o comunque, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse nè con riferimento al ricorso n.9308/2002 R.G., proposto da Cesari Elio ed altri, nè con riferimento allo stesso ricorso n.6161/2002 R.G., proposto da Recca Renato ed altri.
3. Il sig. Tiziano Mazzon e la Società Pavani Edizioni Musicali hanno espressamente rinunciato, con atto notificato alle altre parti e depositato in giudizio, al ricorso in appello n.6029/2002 R.G.. Poichè la rinuncia al ricorso in appello non necessità di accettazione delle controparti (Cons. Stato, Sez.II, 28 marzo 2003 n.1644), di tale rinuncia il Collegio deve dare espressamente atto.
4. La circostanza, invece, che la SIAE abbia, 
  anche a seguito della sentenza del TAR del Lazio n.613 del 2003, dato esecuzione 
  alla precedente sentenza n.4123 del 2002, nella presente sede impugnata, non 
  può, invece, comportare né la cessazione della materia del contendere né, comunque, 
  la sopravvenuta carenza di interesse in ordine al ricorso in appello n.9308/2002 
  R.G., proposto dal sig. Cesari Elio e dai suoi consorti in lite.
  A tal fine, non acquista rilevanza la questione della 
  qualificazione dell’azione proposta dall’Avv. Recca e dai suoi litisconsorti 
  dinanzi al TAR del Lazio dopo la sentenza n.4123 del 2002 del medesimo Tribunale: 
  se cioè, essa l’azione proposta dall’Avv. Recca debba essere qualificata come 
  volta ad ottenere l’ottemperanza dell’Amministrazione ad un giudicato, ovvero 
  il semplice adempimento rispetto a quanto stabilito con una sentenza esecutiva. 
  In proposito, è ormai intervenuta una statuizione giurisdizionale (la sentenza 
  n.613 del 2003 del TAR del Lazio) che ha ritenuto di qualificare quello esaminato 
  con ricorso per l’ottemperanza al giudicato, sicché ogni critica nei confronti 
  di tale statuizione non può che essere formulata a mezzo di apposita impugnazione 
  di tale pronuncia, ed esaminata nel relativo giudizio. 
  Allo scopo di stabilire se l’adempimento (o l’ottemperanza) della SIAE possa 
  comportare la cessazione della materia del contendere o la sopravvenuta carenza 
  di interesse all’appello (n.9308/2002 R.G.) proposto dal Sig. Cesari Elio e 
  dai suoi litisconsorti acquista, invece, rilievo decisivo la considerazione 
  del contenuto di tale appello. Ora, con il ricorso n.9308/2002 R.G. gli interessati 
  hanno, tra l’altro, dedotto di non essere stati parti nel giudizio di primo 
  grado; e cioè che la sentenza del Tribunale n.4123 del 2002 sarebbe stata pronunciata 
  con un contraddittorio non integro, e con lesione dei diritti di difesa degli 
  appellanti. 
  Risulta, così, evidente, come l’eventuale adempimento (o ottemperanza) dell’Amministrazione 
  non possa essere in alcun modo satisfattivo dell’interesse fatto valere dagli 
  appellanti di cui al ricorso n.9308/2002 R.G., o comunque, provocarne la carenza 
  sopravvenuta, e cioè perché gli appellanti lamentano proprio che tale statuizione 
  sia intervenuta in violazione delle regole che presiedano alla sua formazione 
  in contraddittorio. L’interesse degli appellanti può quindi, ritenersi, essere 
  soddisfatto dall’annullamento della pronuncia che si assume illegittimamente 
  assunta, e non certo dal suo adempimento. Lo stessa TAR del Lazio, d’altra parte, 
  con la sentenza n.613 del 2003, nell’affermare che la SIAE era tenuta a ricalcolare, 
  per l’anno 2001, i proventi erroneamente decurtati in base all’annullata deliberazione 
  commissariale, ed a conguagliare il pagamento ai ricorrenti, afferma che la 
  medesima SIAE avrebbe potuto non già continuare ad accantonare il 50% ma “accompagnare 
  tali pagamenti con la clausola della riserva – da sciogliere se del caso, qualora 
  il giudice di appello annullasse la sentenza ottemperanda in accoglimento dell’opposizione 
  di terzo”: così lasciando chiaramente intendere che l’esecuzione della pronuncia 
  del TAR Lazio n.4123 del 2002 non solo non provocava conseguenze in ordine alla 
  permanenza dell’interesse al ricorso n.9308/2002 R.G., ma appariva anche, in 
  qualche modo, legata all’esito del medesimo. 
5. Non può, infine, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, ovvero la sopravvenuta carenza di interesse in ordine al ricorso (n.6161/2002 R.G.) proposto dall’Avv. Renato Recca e dai suoi consorti in lite. Le affermazioni contenute nella memoria del medesimo Avv. Recca (e dei suoi consorti), secondo le quali l’appello avverso la sentenza del TAR del Lazio n.4123 del 2002, proposto con il ricorso n.6161/2002 non sarebbe “da coltivare, in quanto la SIAE ha emesso un nuovo provvedimento conforme alle istanze dei ricorrenti”, non costituisce in alcun modo un atto di rinuncia al ricorso in appello, né tale può essere considerato, dovendo provvedersi alla rinuncia con atto notificato alle parti interessate; dalla cennata dichiarazione contenuta nella memoria depositata prima dell’udienza di discussione, non può d’altra parte dedursi una sopravvenuta carenza degli appellanti al ricorso. E’ noto, infatti, che, in via generale, può parlarsi di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso giurisdizionale allorché si sia di fronte ad atti o provvedimenti sopravvenuti che, pur non essendo integralmente satisfattivi dell’interesse del ricorrente, rendano tuttavia inutile l’intervento del giudice ed il sopravvenire della sentenza. Una situazione del genere non sembra verificarsi nella fattispecie, nella quale l’appello proposto dall’avv. Recca e dai suoi causanti in lite riguarda profili ulteriori e diversi rispetto a quelli presi in considerazione dalla sentenza dalla sentenza del TAR del Lazio n.613 del 2003 e dall’adempimento posto in essere dall’Amministrazione con i provvedimenti sopravvenuti. Lo stesso Avv. Recca, peraltro, con la memoria depositata prima dell’udienza del 25 febbraio 2002, aveva espressamente rilevato la sussistenza di una interesse attuale alla pronuncia giurisdizionale pur dopo la sentenza del TAR del Lazio n. 613 del 2003.
6. La circostanza che si sia dato atto della 
  rinuncia degli appellanti al ricorso n. 6029/2002 R.G. esime, ovviamente, il 
  Collegio dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità che, con riferimento 
  a tale impugnazione, era stata sollevata dall’Avv. Recca e dai suoi causanti 
  in lite. 
  Deve, invece, passarsi alla considerazione del ricorso in appello n.9308/2002 
  R.G., proposto del Sig. Cesari Elio e dai suoi causanti in lite. In ordine a 
  tale gravame, deve, peraltro, essere preliminarmente esaminata l’eccezione di 
  irricevibilità per violazione dell’art.404 c.p.c. con riferimento ad esso prospettata 
  . Ad avviso dell’avv. Recca e dei suoi causanti, la sentenza del TAR del Lazio 
  n.4123 del 2002, che avrebbe concluso un giudizio del quale il Sig. Cesari Elio 
  ed i suoi causanti non erano stati parti, sarebbe passata in giudicato, quanto 
  ai capi censurati con il ricorso n.9308/2002 R.G., essendo stata tale sentenza 
  notificata all’ente, e non avendo né la SIAE, né altre parti del giudizio di 
  primo grado proposto autonoma impugnazione. Allorquando la sentenza sia passata 
  in giudicato, l’unico strumento per contestare il decisume sarebbe l’opposizione 
  di terzo ex art.404 c.p.c.; opposizione che, peraltro, dovrebbe essere proposta 
  dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza (art.405 c.p.c.). 
  Da qui, appunto, l’irricevibilità dell’appello n.9308/2002 R.G., proposto per 
  saltus dinanzi al Consiglio di Stato; mentre la convenzione dell’opposizione 
  di terzo in autonoma impugnativa potrebbe essere ammessa fino a quando la sentenza 
  non abbia acquisito forma di giudicato. 
  L’eccezione in tal modo formulata è infondata, e deve di conseguenza essere 
  disattesa. 
  Va, in proposito, innanzi tutto, ricordato che, secondo un indirizzo giurisprudenziale 
  da tempo consolidato, ed espressamente confermato anche dopo l’introduzione 
  del rimedio dell’opposizione di terzo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 
  17 maggio 1995 n. 177, sono considerati legittimati all’impugnazione del giudice 
  amministrativo tutti coloro che, comunque, abbiano subito o subiscano pregiudizio 
  dalla sentenza impugnata (Cons. Stato, Sez. VI, 3 aprile 2002 n. 1854; Cons. 
  Giust. Amm. Reg. Sic., 6 agosto 2002 n. 510), e quindi anche i soggetti che, 
  pur non essendo parti necessarie del giudizio di primo grado, siano portatori 
  di un vantaggio, e quindi di un apprezzabile interesse al mantenimento dell’atto 
  impugnato (Cons. Stato, Sez.V, 10 aprile 2002 n.1945). Ancora di recente, d’altra 
  parte, la Sezione ha espressamente affermato che colui che è stato leso da una 
  sentenza del giudice amministrativo può impugnare la sentenza che costituisce 
  la fonte della lesione subita, anche se non è stata fonte del giudizio di primo 
  grado (Cons. Stato, sez.VI, 26 gennaio 1993 n. 1092). 
  Ora, una volta ammessa in via generale la legittimazione ad appellare dei soggetti 
  comunque incisi dalla sentenza di primo grado, appare evidente che il termine 
  per la proposizione del gravame da parte di tali soggetti non può che essere 
  quello di un anno dal deposito della sentenza, di cui all’art. 327 c.p.c.. Tali 
  soggetti, infatti, in quanto non sono stati parti nel presente giudizio, non 
  possono normalmente essere destinatari (e normalmente non sono destinatari) 
  di apposite notificazioni della sentenza di primo grado volte a consentire il 
  decorso del termine breve per l’impugnazione: notificazioni, queste, che riguardano 
  normalmente le parti necessarie del giudizio di primo grado, o comunque, quelle 
  che effettivamente vi hanno preso parte. 
  In ogni caso, la notificazione delle sentenze di primo grado ai fini della decorrenza 
  del termine breve per l’impugnazione, non può che produrre i propri effetti 
  esclusivamente nei confronti dei destinatari di tale notificazione: gli effetti 
  derivanti dalla notificazione della sentenza non ammettono, infatti, equipollenti 
  e on possono prodursi in forza di una conoscenza della pronuncia acquisita aliunde 
  (sez.VI, 4 settembre 1997 n. 1291). Deriva da ciò che la notificazione della 
  sentenza di primo grado, eventualmente effettuata dall’avv. Recca e dai suoi 
  consorti in lite nei confronti della SIAE e delle altre parti del giudizio di 
  primo grado non può che produrre effetti esclusivamente nei confronti dei soggetti 
  destinatari di tali notificazioni. Nei confronti del Sig. Cesari Elio e degli 
  altri proponenti il ricorso n. 9308/2002 R.G. non può, invece, che trovare applicazione 
  il termine annuale per l’impugnazione: e poiché la sentenza n.4123/2002 del 
  TAR del Lazio è stata depositata il 14 febbraio 2002, evidente appare la ricevibilità 
  del sopra ricordato ricorso in appello, notificato nei giorni 4 e 5 novembre 
  2002. 
  Le osservazioni sopra esposte, evidenziando la tempestività dell’appello proposto 
  con il ricorso n. 9308/2002 rendono del tutto irrilevanti le considerazioni 
  formulate dall’avv. Recca e dai suoi consorti in lite in ordine al rimedio dell’opposizione 
  di terzo ed alla convertibilità in essa dell’appello: in ordine alle quali si 
  ricorda, tuttavia che per ricevuto indirizzo giurisprudenziale, nel giudizio 
  amministrativo competente a conoscere l’opposizione di terzo è il giudice del 
  gravame (Cons. Stato, sez.VI, n. 263 del 1998) e che sarebbe, comunque ammissibile 
  la conversione dell’appello in tale mezzo di gravame. 
7. Deve, adesso essere esaminato il primo motivo 
  del ricorso n.1308/2002 R.G., con cui gli appellanti deducono che sussisterebbe, 
  nella fattispecie, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, quanto 
  meno con riferimento all’ordinanza del Commissario Straordinario n.22 del 7 
  marzo 2001. 
  In proposito, i ricorrenti ricordano che la Corte regolatrice ha tradizionalmente 
  distinto ai fini del riparto di giurisdizione, tra atti di organizzazione, sindacabili 
  dal giudice amministrativo in quanto coinvolgenti situazioni soggettive di interesse 
  legittimo, ed atti dell’organizzazione (e cioè atti di gestione coinvolgenti 
  situazioni di diritto soggettivo), sindacabili dall’AGO, e che le ordinanze 
  di ripartizione sono state tradizionalmente ricompresse fra gli atti di organizzazione, 
  con conseguente conoscibilità delle relative questioni da parte del giudice 
  amministrativo. Gli appellanti osservano, peraltro, che la situazione si sarebbe 
  modificata a seguito del decreto legislativo n. 414 del 1999. Nel nuovo quadro 
  normativo le linee-guida (costituenti atti di organizzazione) promanerebbero 
  dalle apposite Commissioni SIAE e sarebbero approvate con decreto ministeriale;la 
  concreta distribuzione che costituirebbe atto dell’organizzazione, implicante 
  la considerazione di situazioni di diritto soggettivo, sarebbe invece affidata 
  allo strumento dell’atto di ripartizione, meramente attuativa delle c.d. linee-guida. 
  Erroneamente, pertanto il Tribunale avrebbe afferrato che la circostanza che 
  l’impugnativa fosse risolta anche avverso le linee-guida avrebbe dovuto essere 
  sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, che, invece, 
  avrebbe dovuto declinare la propria giurisdizione quanto meno con riferimento 
  all’ordinanza di ripartizione n.22 del 7 marzo 2001. 
  La doglianza in tal modo spiegata è infondata e deve, di conseguenza, essere 
  disattesa. Acquistano in proposito rilievo decisivo non l’astratta ricostruzione 
  della disciplina di cui al d.lgs. n.419 del 1999 (e del successivo Statuto dell’Ente) 
  quanto, da una parte, il contenuto effettivo dei provvedimenti impugnati in 
  primo grado dagli interessati, e, dall’altra la concreta domanda spiegata da 
  questi ultimi con l’atto introduttivo con l’atto introduttivo del ricorso di 
  primo grado. 
  La sussistenza – o insussistenza- della giurisdizione del giudice adito va, 
  infatti, stabilita alla stregua del contenuto dei provvedimenti impugnati, e 
  del tenore della questione introdotta in giudizio dai ricorrenti. 
  Nel caso in esame l’ordinanza n.22 del 2001, pur menzionando nelle proprie premesse 
  sia le linee guida approvate dalla Sezione Musica, ed il decreto del Ministro 
  dei Beni e delle Attività culturali del 2 marzo 2001, di approvazione dei “criteri 
  dei proventi dell’esazione dei diritti d’autore fra gli aventi diritto”, non 
  si limita in alcun modo ad un’operazione di mera ripartizione dei proventi in 
  applicazione puntuale dei criteri già elaborati, ma provvede ad introdurre una 
  disciplina della ripartizione, più specifica di quella meramente programmatica 
  contenuta nelle “linee guida”e nei criteri di ripartizione approvati con decreto 
  ministeriale, ma che tuttavia rimane pur sempre un’elaborazione di regola volta 
  a disciplinare il riparto dei proventi, e non un’operazione di mera applicazione 
  di regole già integralmente predeterminate. L’ordinanza del Commissario Straordinario 
  dell’Ente n.22 del 2001, in questa sede impugnata, non costituisce infatti, 
  una mera operazione di riparto dei proventi derivanti dai diritti d’autore alla 
  stregua di regole già integralmente predisposte, ma si risolve nella predisposizione 
  di un’ulteriore normativa, che specifica ed integra i criteri in precedenza 
  elaborati ed approvati, peraltro -come ha esattamente osservato il Tribunale 
  -a carattere meramente programmatico ed i danni, pertanto, a costituire un mero 
  presupposto di una disciplina più dettagliata e, per tale ragione, effettivamente 
  applicabile. 
  Si è, pertanto, di fronte ad un provvedimento a contenuto sostanzialmente normativo 
  e frutto della discrezionalità dell’ente nello stabilire e specificare le regole 
  da applicarsi nel riparto dei proventi, e non ad un atto di mera divisione dei 
  proventi, e cioè di attribuzione di quote o percentuali di essi ai singoli associati: 
  come, d’altra parte, risulta evidente dalle stesse premesse dell’ordinanza impugnata, 
  nelle quali si era espressamente richiamata “l’urgenza di deliberare al più 
  presto” le nuove norme ripartitorie che l’attribuzione agli aventi diritto dei 
  proventi derivanti dalle nuove forme di utilizzazione emerse nelle recente realtà 
  di mercato. 
  La natura regolatrice e normativa della disciplina introdotta con l’ordinanza 
  in questione appare evidente, sicché non può dubitarsi che il sindacato sul 
  corretto esercizio del potere discrezionale di stabilire e determinare le regole 
  del riparto spetti al giudice amministrativo. 
  Gli esiti sopra esposti appaiono, peraltro, integralmente confermati dalla considerazione 
  dei motivi di doglianza introdotti dai ricorrenti in primo grado, e dalle stesse 
  censure introdotte dagli odierni appellanti con l’impugnazione. Sia con il ricorso 
  di primo grado che con l’atto d’appello vengono, infatti, introdotti profili 
  di doglianza attinenti non alla operazioni del riparto, ma ai criteri di effettuazione 
  del medesimo, alle modalità di campionamento ed alla conformità di tali criteri 
  alla disciplina legislativa di settore: in una parola al corretto esercizio 
  del potere di determinazione delle regole del riparto. 
  Non può pertanto dubitarsi del fatto che le questioni attinenti alla legittimità 
  dell’ordinanza del Commissario Straordinario dell’Ente n.22 del 2001 rientrino 
  nella giurisdizione del giudice amministrativo, contenendo l’ordinanza in questione 
  una normativa sul riparto che integra e specifica i criteri meramente programmatici 
  previamente predisposti. 
8. Deve, adesso, essere esaminato il secondo 
  motivo di appello dedotto con il ricorso n.9308/2002 R.G., con cui gli appellanti 
  deducono che erroneamente il Tribunale avrebbe disatteso l’eccezione di inammissibilità 
  del ricorso collettivo di primo grado, in quanto posto da ricorrenti in posizione 
  di aperto conflitto di interessi. 
  Ad avviso degli appellanti, infatti, rispetto ai criteri di ripartizione come 
  delineati con l’ordinanza impugnata, e con le linee guida approvate con il decreto 
  ministeriale del 2 marzo 2001, si porrebbero due categorie di soggetti in aperto 
  conflitto di interessi: da una parte gli autori (ed i relativi editori) di musica 
  “dance”, dall’altra gli autori (e gli editori) di musica “non dance”, di altri 
  generi musicali comunque utilizzati nei trattenimenti danzanti. Poiché l’Avv. 
  Recca sarebbe soggetto totalmente estraneo alla musica “dance”, settore al quale 
  apparterrebbe la società Dipiù, il TAR avrebbe errato nel pronunciare l’ammissibilità 
  del ricorso collettivo. 
  La doglianza in tal modo formulata è infondata, e deve, di conseguenza, essere 
  disattesa. 
  Va, in proposito, ricordato che si verte in una situazione di conflitto di interessi 
  tra i ricorrenti, che preclude l’ammissibilità del ricorso giurisdizionale, 
  allorché l’accoglimento del ricorso, con il consequenziale annullamento dell’atto 
  impugnato, determinerebbe come propria conseguenza immediata e diretta quella 
  di giovare ad alcuni soggetti e di nuocere, in modo chiaro ed evidente, contemporaneamente, 
  ad altri ricorrenti. In questa prospettiva, il vantaggio per alcuni dei ricorrenti 
  e lo svantaggio per altri, devono costituire, perché sussista il conflitto di 
  interessi, un effetto evidente, immediato e diretto della statuizione di accoglimento, 
  e non costituisce, invece, una semplice possibilità connessa con l’attività 
  dell’Amministrazione successiva all’annullamento giurisdizionale, dal momento 
  che l’Avv. Recca ed i suoi consorti in lite hanno provveduto ad impugnare una 
  disciplina della ripartizione dei proventi non ritenuta sotto diversi profili 
  conforme a legge, ed auspicano che, attraverso il nuovo esercizio del potere 
  amministrativo di procedere alla determinazione delle regole della ripartizione 
  dei proventi, sia possibile pervenire alla definizione di criteri diversi, idonei 
  a realizzare un più equilibrato assetto nel riparto. Sotto questo profilo, appare 
  evidente che l’interesse sotteso dal ricorso non è soltanto quello di pervenire 
  ad un riparto economicamente più favorevole ad una o all’altra categoria di 
  soggetti, quanto piuttosto l’altro, di pervenire ad un assetto del riparto che, 
  nel suo complesso, possa essere considerato più ragionevole ed equilibrato per 
  tutti i soggetti comunque iscritti alla SIAE e destinatari del riparto medesimo, 
  a prescindere all’appartenenza, di fatto, ad una piuttosto che ad un’altra categoria 
  o tipologia di iscritti. 
9. Gli appellanti di cui al ricorso n. 9308/2002 
  R.G. deducono, altresì, con il quarto motivo del gravame, che erroneamente il 
  Tribunale avrebbe rigettato l'eccezione di disintegrità del contraddittorio, 
  già prospettata in primo grado, affermando che, vertendosi in materia di provvedimenti 
  generali, non sarebbe consentita l'individuazione di controinteressati. Nel 
  caso di specie, oggetto dell'impugnazione sarebbe, infatti, non un provvedimento 
  a contenuto programmatorio, ma un atto idoneo ad incidere in modo concreto, 
  attuale e diretto su tutti gli iscritti alla Sezione Musica della SIAE (oltre 
  50.000), in quanto tutti destinatari delle determinazioni dell'ente associativo 
  in ordine all'assetto distributivo dei presenti. La pronuncia di primo grado 
  dovrebbe, pertanto, essere riformata, con annullamento e rinvio al primo giudice 
  per l'integrazione del contraddittorio. La doglianza così formulata è infondata 
  e deve, di conseguenza, essere disattesa. Va, in proposito, innanzi tutto osservato 
  che la circostanza – dedotta dagli appellanti – alla stregua della quale quell'oggetto 
  del giudizio costituirebbe un provvedimento idoneo ad incidere in modo concreto 
  ed attuale sugli iscritti alla Sezione Musica della SIAE dice, al più, che si 
  è di fronte ad un provvedimento che può essere considerato immediatamente lesivo, 
  e per questo immediatamente impugnabile, ma niente dice in ordine alla qualità 
  di controinteressati in senso tecnico di tutti gli iscritti alla Sezione Musica 
  della SIAE (e fra di essi anche degli appellanti di cui al ricorso n, 9308/2002 
  R.G.). 
  La questione decisiva è infatti, quella riguardante la sussistenza della qualità 
  di controinteressati in senso proprio in capo ai predetti appellanti, dal momento 
  che solo in tal caso potrebbe essere ritenuto sussistente il vizio prospettato 
  di mancata integrazione del contraddittorio. Tale qualità non è, peraltro, riconoscibile 
  in capo agli odierni appellanti, con conseguente infondatezza della doglianza 
  prospettata. Sia il decreto ministeriale del 2 marzo 2001 che l'ordinanza del 
  Commissario straordinario dell'Ente n.22 del 2001, impugnati in primo grado, 
  in quanto contenenti i criteri per la ripartizione dei proventi sono infatti, 
  come è stato espressamente affermato dalla Sezione, atti normativi a contenuto 
  generale, sicché nei loro confronti non sono configurabili controinteressati 
  (Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 1994 n. 1571). E' noto, peraltro, che, per 
  ricevuto insegnamento giurisprudenziale, ai fini della identificazione della 
  figura del controinteressato sono necessari due elementi, di cui uno sostanziale, 
  consistenti nella presenza di un interesse qualificato alla conservazione del 
  provvedimento impugnato, ed uno di carattere formale, costituito dalla circostanza 
  che il soggetto possessore di tale qualificato interesse alla conservazione 
  del provvedimento sia espressamente o nominativamente individuato nel provvedimento 
  medesimo. o comunque agevolmente individuabili in base ad esso. Nel caso di 
  specie, ciò che manca è proprio tale elemento formale costituito dall'esplicita 
  contemplazione del soggetto nel provvedimento impugnato, ovvero nella sua immediata 
  individuabilità (Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 2001 n. 3895). E', infatti, 
  proprio la natura generale delle disposizioni contenute nei provvedimenti impugnati 
  ad escludere tale elemento; mentre la circostanza che gli appellanti rientrino 
  nei 50.000 iscritti alla Sezione Musica della SIAE è idonea ad attribuire ad 
  essi un interesse qualificato alla conservazione degli atti impugnati, ma non 
  conferisce ai medesimi la qualità di controinteressati nel presente giudizio, 
  riguardante l'impugnazione dei criteri di riparto dei proventi. La questione 
  riguardante la sussistenza, in capo da un determinato soggetto, della qualità 
  di controinteressato in un certo giudizio – e cioè di parte necessaria di tale 
  giudizio – è diversa da quella riguardante l'esistenza, in un determinato giudizio, 
  dell'interesse a contrastare l'accoglimento del ricorso avverso il provvedimento 
  impugnato. La prima, implicando la necessaria notificazione del ricorso introduttivo 
  del giudizio, attiene, infatti, alla regolare costituzione del rapporto giuridico 
  processuale ed agli adempimenti necessari a tal fine; la seconda concerne, invece, 
  la semplice legittimazione a contraddire in un determinato processo, e quindi, 
  ad esservi eventualmente presente. L'esistenza della sola legittimazione a contraddire 
  in un processo non implica, peraltro, anche l'attribuzione della qualità di 
  parte necessaria di quel processo, occorrendo, a tal fine, anche l'elemento 
  formale sopra ricordato.
10. Deve, adesso, essere esaminato il quarto 
  motivo di impugnazione, con cui gli appellanti, nell'impugnare le statuizioni 
  di parziale accoglimento del ricorso di primo grado, deducono che la sentenza 
  del Tribunale sarebbe, in parte qua, affetta da una falsa applicazione delle 
  norme invocate dagli stessi ricorrenti in primo grado, da eccesso di potere 
  per travisamento di presupposti fattuali, illogicità ed ingiustizia manifesta, 
  nonché da difetto di motivazione. Ai fini dell'esame delle doglianze prospettate, 
  occorre ricordare che l'oggetto dei provvedimenti impugnati – e quindi della 
  presente controversia – è costituito dalla modalità di distribuzione dei proventi 
  BSM (Ballo con strumenti meccanici), e cioè dei criteri di ripartizione degli 
  incassi pervenuti alla SIAE per l'utilizzazione di brani musicali mediante strumenti 
  meccanici (lettore CD, od altri strumenti di riproduzione sonora) in occasione 
  di balli e trattamenti danzanti. In particolare, l'ordinanza del Commissario 
  dell'Ente n. 22 del 2001, dopo aver provveduto a raggruppare in via generale 
  gli incassi ed i relativi programmi musicali in una serie di classi (art. 2), 
  ha disposto, per quel che in questa sede rileva (art. 3B), che gli incassi relativi 
  alle esecuzioni musicali mediante strumento meccanico, effettuate in occasioni 
  di balli e trattenimenti danzanti siano suddivisi "con i seguenti criteri e 
  modalità": 
  1) "Una quota del 50% di detti incassi è utilizzata per una ripartizione sulla 
  base di un campionamento delle esecuzioni musicali in ballo e trattenimento 
  con basso effettuate con strumento meccanico" E' stato, altresì, previsto che 
  il campionamento venisse costituito "attraverso rilevazioni di dette esecuzioni, 
  effettuate direttamente dalla società mediante proprio incaricati, di durata 
  non inferiore a 90 minuti per singola manifestazione ed ad almeno 1600 ore complessive 
  per semestre, ed integrato con i dati relativi ad un terzo dei programmi consegnati 
  dagli organizzatori, individuati con criteri di selezione statistica". 
  2) "Una quota del 21% è attribuita alla ripartizione supplementare di classe 
  I Ballo (R.S. Cl. I – BL) di cui all'art.11, lett. C, e cioè a beneficio di 
  coloro che avessero partecipato, negli ultimi due semestri, alla ripartizione 
  dei compensi del ballo dal vivo, Classe I, lett. A". 
  3) "Una quota del 5% è attribuita alla Ripartizione supplementare di classe 
  I Concertino (R.S. Cl. I Con) di cui all'art. 11 lett. D (e cioè a beneficio 
  di coloro che avessero già percepito compensi nelle due ultime tornate ripartitarie)". 
  
  4) "Una quota del 24% è attribuita alla Ripartizione supplementare di Classe 
  V (R.S. Cl. V) di cui all'art. 11 lett. B (e cioè a favore di coloro che avessero 
  concorso, nei due semestri precedenti, alla ripartizione della Sezione Musica, 
  ma in proporzione all'ammontare di tutti i rendiconti analitici di classe V 
  lett. A, ripartizione supplementare generale, conseguente all'attribuzione di 
  compensi per l'esecuzione di opere mediante strumenti meccanici di qualsiasi 
  fonte: ballo, spettacoli e trattenimenti musicali, emissioni radiofoniche, televisive).
  Tali criteri sono stati censurati dall'Avv. Recca e dai 
  suoi consorti in lite, con doglianze che sono state parzialmente accolte dal 
  Tribunale. In particolare, il TAR, dopo aver osservato che "l'atto impugnato 
  dispone che solo il 50% dei diritti incassati è attribuito sulla base di un 
  campionamento…delle effettive esecuzioni musicali, la restante parte venendo 
  ripartita con criteri indiretti, a vantaggio di altri classi della Sezione Musica 
  ha ritenuto il metodo predisposto in contrasto con i criteri di cui all'art. 
  7, commi 4 e 7 del D.lgs. n. 419/1999, in quanto risolventesi in un sistema 
  di ripartizione non solo poco trasparente, ma inidoneo a descrivere l'ammontare 
  effettivamente spettante a ciascun autore delle opere coinvolte", caratterizzato 
  sostanzialmente da un’irrazionalità "enfatizzata dalla differente rilevanza, 
  nettamente sottolineata dai ricorrenti degli introiti cui danno luogo le esecuzioni 
  di ogni brano musicale, a seconda che siano eseguiti dal vivo o con strumenti 
  meccanici". 
  Il Tribunale ha rilevato che, in tal modo, il provvedimento impugnato appariva 
  volto a conseguire risultati di natura solidaristica, e che tuttavia tale fine 
  non poteva essere perseguito la sostanziale espropriazione dei diritti degli 
  autori più rappresentati. 
  Il Tribunale ha, altresì, ritenuta illegittima la modalità di determinazione 
  del campione predisposto nella deliberazione impugnata. In particolare i primi 
  giudici, pur premettendo che la rilevazione delle esecuzioni non può che avvenire 
  attraverso accertamento a campione e metodi statistici, ha tuttavia rilevato 
  che il sistema da scegliere deve avere un’architettura efficace verificabile 
  e modificabile in corso d'opera, caratterizzata da strumenti idonei a consentire 
  all'ente un serio riscontro degli adempimenti documentali dei soggetti obbligati, 
  potenziando e non diminuendo il sistema rilevamento statistico a campione. In 
  tale prospettiva, Il TAR ha ritenuto insufficiente, al fine di affermare l'efficacia 
  dell'azione accertatrice, "l'integrazione dell'accertamento in virtù per 1/3 
  dai programmi redatti dai gestori dei locali", dovendo anche tali moduli formare 
  oggetto di verifica. In tal modo il tribunale ha sottolineato la necessità, 
  allo scopo di evitare abusi, che anche il contenuto di tali moduli sia verificato, 
  non potendo essi sostituire l'accertamento spettante all'ente in via esclusiva. 
  
  Il Tribunale ha, altresì, accolto la censura riguardante la ripartizione dei 
  proventi derivanti dall'uso della musica su rete telematiche. In particolare 
  , il TAR, dopo aver ricordato che la delibera commissariale ha stabilito che 
  siano soggetti all'evasione del diritto d'autore il prelevamento di files musicali 
  da reti telematiche (downloading) ed il caricamento e la diffusione pubblica 
  di tali files attraverso le reti telematiche e/o di telecomunicazione (streaming-webcasting), 
  ha puntato l'attenzione sulla disposizione riguardante l’incassato straming 
  o il webcasting che, dopo esser stabilito che i relativi compensi sono attribuiti 
  semestralmente alle composizioni elencate nei singoli "report" consegnati alla 
  SIAE a cura dei content-providers, ha tuttavia previsto che "nel caso in cui 
  vengano consegnati report di utilizzazioni concernenti incassi relativi ad importi 
  per i quali il Consiglio di Amministrazione, su parere della Commissione di 
  Sezione non riterrà conformare a criteri di economicità la ripartizione analitica, 
  i compensi incassati saranno attribuiti a coloro che abbaino concorso alla ripartizione 
  di cui alla precedente lett. a), proporzionalmente all'ammontare dei relativi 
  rendiconti analitici". Il TAR ha ritenuto appunto illegittima, in quanto non 
  ancorata ad un parametro predefinito ma alla sola clausola dell'economicità 
  ha ampia discrezionalità del Consiglio di Amministrazione, relativamente ai 
  casi in cui non appaia conveniente pervenire alla ripartizione analitica. 
  Tali statuizioni sono, appunto, censurate dagli appellanti di cui al ricorso 
  n. 9308/2002 R.G., che ne deducono sotto diversi profili l'illegittimità. 
11. Tanto premesso, il Collegio osserva che 
  con la pronuncia impugnata il Tribunale ha esercitato, con riferimento ai criteri 
  impugnati, il proprio sindacato di legittimità: un sindacato, cioè, volto a 
  verificare e stabilire la conformità di tali criteri al quadro normativo che 
  disciplina la fattispecie, ed a verificare la logicità, la coerenza e l’adeguatezza 
  rispetto alle finalità poste dalle norme primarie, delle scelte con i medesimi 
  criteri effettuate. 
  Il Tribunale, pertanto, non ha elaborato criteri ulteriori e diversi rispetto 
  a quelli posti in essere dall’Ente nell’esercizio della propria responsabilità, 
  ma si è limitato a censurare quei profili, di tali criteri, che apparivano manifestamente 
  in contrasto con indicazioni nascenti dalla disciplina legislativa o con esigenze 
  di logicità e ragionevolezza. Così è avvenuto con riferimento al capo con cui 
  è stata ritenuto illegittimo il criterio che sostanzialmente riservava agli 
  autori ed editori di esecuzioni effettuate con strumenti meccanici in occasione 
  di balli e trattenimenti danzanti soltanto una quota del 50% dei compensi percepiti 
  dagli utilizzatori, attribuendo il restante 50% ad autori ed editori che nulla 
  avevano a che fare con le opere ultimate (autori di musica dal vivo), essendo 
  apparso illegittimo e sostanzialmente espropriativi uno storno dagli autori 
  effettivi di un ammontare così significativo dei proventi sopra ricordati; così 
  è avvenuto con riferimento al criterio di campionamento, considerato illegittimo 
  nella parte in cui consentiva sostanzialmente di sostituire l’accertamento e 
  la verifica concreta con il riferimento ad alcuni moduli predisposti, rispetto 
  al cui contenuto è stata ritenuta necessaria un’attività di accertamento; così, 
  infine, è avvenuto per l’eccessiva latitudine ed indeterminatezza del potere 
  riconosciuto al Consiglio di Amministrazione, di escludere la ripartizione analitica. 
  
  In tal modo, il Tribunale, si è sostanzialmente preoccupato di assicurare, per 
  quanto possibile, la corrispondenza tra titolari dei diritti dell’ingegno utilizzati 
  e gli effettivi percettori dei proventi, e di indicare l’esigenza della predisposizione 
  di strumenti di riparto tali da assicurare in modo efficace, la c.d. “paternalizzazione” 
  delle opere utilizzate, evidenziando, rispetto ai criteri predisposti, i profili 
  ritenuti in contrasto con indicazioni di legittimità o criteri di razionalità, 
  e demandando all’esercizio della discrezionalità dell’Ente, l’elaborazione delle 
  (per tale parte) nuove, effettive regole di riferimento: come è, d’altra parte, 
  effettivamente avvenuto nel caso in esame. 
  Proprio perché il sindacato posto in essere dal Tribunale rimane nell’ambito 
  e nei limiti sopra indicati, il Collegio ritiene che le statuizioni adottate 
  dai primi giudici debbano essere confermate. Le doglianze prospettate dagli 
  appellanti di cui al ricorso n. 9308/202 R.G. non appaiono, infatti, idonei 
  ad evidenziare l’insussistenza dei profili di irrazionalità ed illegittimità 
  riscontrati dai primi giudici. 
12. Non può, innanzi tutto, trovare accoglimento 
  il profilo di doglianza con cui gli interessati deducono che la ripartizione 
  censurata sarebbe coerente con le norme che governano la struttura la struttura 
  e l’attività dell’Ente, ed osservano che il principio di trasparenza non potrebbe 
  essere inteso come corrispondenza matematica tra ripartizione di proventi e 
  singole esecuzioni musicali che tali proventi avrebbero generato (c.d. “principio 
  commutativo”). Ad avviso degli appellanti, l’art. 7 comma 4 del D.Lgs. n. 419 
  del 1999, prescrivendo che lo statuto dell’ente “assicura…una ripartizione dei 
  proventi dell’orazione dei diritti d’autore tra gli aventi diritto, che tenga 
  conto anche dell’effettivo contributo di ciascuno alla formazione dei proventi 
  stessi”; attraverso l’uso dell’avverbio “anche” intenderebbe escludere il principio 
  strettamente commutativo, e riconoscerebbe la sovranità delle scelte dell’ente 
  che, nel rispetto del principio di trasparenza, potrebbe decidere di ricorrere 
  anche a sistemi indiretti di distribuzione dei proventi. 
  L’assunto in tal modo formulato appare non corretto, nei termini di seguito 
  esposti. 
  Giova innanzi tutto ricordare, che le disposizioni contenute nell’art. 7 del 
  D.Lgs. n. 419 del 1999 (e, fra esse, anche quella di cui all’art. 7 comma 4) 
  disciplinano esclusivamente le funzioni, l’organizzazione, ed il funzionamento 
  dell’ente pubblico a base associativa chiamato SIAE. Tali disposizioni non riguardano, 
  come è ovvio, le questioni riguardanti la titolarità dei diritti derivanti dall’utilizzazione 
  delle opere dell’ingegno: questioni, queste, che sono disciplinate e regolate 
  dalla normativa legislativa - di carattere sostanziale e non organizzativo – 
  contenute nella legge sul diritto d’autore. 
  Deriva da ciò che le norme contenute nell’art. 7 del D.Lgs. n. 419 del 1999 
  niente dicono, né possono dire, sulla titolarità e sulla spettanza dei diritti 
  derivanti dall’utilizzazione di opere dell’ingegno; esse, al contrario, obbligano 
  alla predisposizione di un assetto organizzativo dell’ente, ed alla predisposizione, 
  da parte di quest’ultimo, di criteri che assicurino il massimo possibile di 
  corrispondenza tra titolarità dei diritti di autore o di utilizzazione e riparto 
  dei medesimi. Le norme di cui all’art. 7 sono volte ad assicurare che i profili 
  organizzativi dell’ente ed i suoi interventi discrezionali – chiamati a tener 
  conto della complessità del quadro generale e delle difficoltà tecniche – siano 
  comunque tali da assicurare, per quanto possibile, la corrispondenza tra astratta 
  titolarità dei diritti e percezione effettiva dei relativi proventi; in modo 
  da non privare sostanzialmente di contenuto, attraverso i profili connessi con 
  le difficoltà nell’accertamento e nelle ripartizioni tale titolarità, riconosciuta 
  dalla legge sul diritto d’autore. 
  E’ appunto in tale contesto che deve essere intasa la disposizione di cui all’art. 
  7, comma 4, del D.Lgs. n. 419 del 1999, alla stregua della quale lo statuto 
  dell’ente “assicura…una ripartizione dei proventi dell’esazione dei diritti 
  d’autore tra gli aventi diritto che tenga anche conto dell’effettivo contributo 
  di ciascuno alla formazione dei proventi stessi”. Lo scopo della norma non è, 
  infatti, - come sembrano intendere gli appellanti – di escludere, attraverso 
  l’uso dell’avverbio “anche” il principio strettamente commutativo, per affermare 
  l’assoluta libertà dell’ente nel ricorrere a sistemi indiretti di ripartizione 
  dei proventi, ma quell’altro, ben diverso, di ribadire, nell’elaborazione dei 
  criteri di riparto, la centralità della questione del contributo effettivo di 
  ciascuno alla formazione dei proventi, autorizzando nel contempo l’ente, a cagione 
  delle difficoltà connesse con l’espletamento di tutti i necessari accertamenti, 
  e di altri eventuali profili associativi, a tener conto pure di altri profili 
  od esigenze. Non a caso la norma, nel precisare che lo statuto assicura la ripartizione 
  dei proventi, pur lasciando genericamente intendere che nella elaborazione dei 
  criteri di riparto possono essere presi in considerazione elementi diversi, 
  menziona espressamente soltanto l’elemento costituito dall’accertamento dell’“effettivo 
  contributo” fornito da ciascuno degli interessati alla formazione dei proventi. 
  Una diversa interpretazione finirebbe con il fare una radicale scissione tra 
  titolarità (astratta) dei proventi e ripartizione effettiva dei medesimi.
  La norma di cui all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 419 del 1999, riconosce, 
  pertanto, implicitamente ma chiaramente la correttezza e la bontà del metodo 
  di riparto commutativo; autorizza l’ente, per le ragioni già esposte, a tener 
  conto di profili ulteriori, oltre a quelli connessi con l’effettivo contributo 
  di ciascuno nella formazione dei proventi; pone, tuttavia, un limite oggettivo, 
  costituito dal fatto che qualunque metodo di riparto prescelto deve comunque 
  tener conto in modo adeguato dell’effettivo contributo fornito da ciascuno degli 
  interessati alla produzione di tali proventi; evidenzia, pertanto, l’illegittimità 
  di quei criteri che finiscano per svuotare di contenuto o comunque con il non 
  valutare adeguatamente tale specifico contributo. 
  Alla stregua delle osservazioni sopra esposte, evidente appare l’esattezza della 
  pronuncia impugnata, allorché ha affermato che il metodo di riparto fatto proprio 
  con i provvedimenti impugnati si poneva in contrasto con i principi di cui agli 
  artt. 7, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 419 del 1999, ed in particolare , oltre 
  che col principio di trasparenza (art. 7 comma 7), anche con quello di corrispondenza 
  tra il contributo sugli incassi degli spettacoli con musica e partecipazione 
  alla suddivisione del relativo provento (art. 7 comma 7). 
  Non acquista, in proposito, rilievo decisivo quanto affermato dagli appellanti, 
  e cioè che nel caso in esame, risultando impraticabile la ripartizione analitica, 
  la SIAE avrebbe adottato un meccanismo composito, basato su tre meccanismi di 
  rilevazione fra loro compatibile (accertamento diretto con finalità statistica, 
  dichiarazione documentale degli utilizzatori, una ripartizione per analogia), 
  e che lo smembramento parziale di esso ne minerebbe alla base la ratio. 
  Quale che sia, infatti, in concreto il sistema prescelto, e quali che siano 
  le conseguenze dell’annullamento (la cui valutazione, con riferimento alla necessità 
  di elaborare ulteriori criteri, è rimessa alla discrezionalità dell’ente) non 
  può certamente essere considerato legittimo un sistema che sostanzialmente escluda 
  dalla corrispondenza tra contributo effettivo alla produzione dei proventi e 
  percezione degli stessi addirittura il 50% dei proventi stessi. Un tal modo 
  di operare finisce con l’operare una sostanziale ablazione di una assai significativa 
  quantità di risorse – addirittura la metà – a favore di autori diversi da quelli 
  che hanno contribuito alla loro produzione; ......?...... questo che si pone 
  un oggettivo contrasto con il principio che vuole che nel riparto sia assicurata 
  anche la tendenziale corrispondenza tra titolarità del diritto e percezione 
  dei compensi. La norma di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 419 del 1999 autorizza, 
  come si è visto, a tener conto anche di esigenze ulteriori e diverse da quelle 
  connesse con il sopra richiamato principio di corrispondenza, e ad elaborare 
  criteri conseguenti: ma è evidente che essi non possono risolversi in un sostanziale 
  svuotamento del principio, sancito dalla legge di ripartizione in base all’effettivo 
  contributo alla produzione dei proventi. Uno svuotamento del genere deve ritenersi 
  esistente allorquando, come nella fattispecie, la metà dei proventi sia attribuita 
  al di fuori della considerazione dell’effettivo contributo di ciascuno alla 
  loro produzione; la considerazione di elementi diversi può portare ad una distribuzione 
  dei proventi per ragioni esattamente identificate, sulla base di un criterio 
  diverso da quello fondato sull’effettivo contributo degli interessati in una 
  misura “integrativa”, ma che non metta a repentaglio la tendenziale corrispondenza 
  richiesta dalla legge, tra percezione dei proventi e titolarità dei medesimi. 
  
13. Gli appellanti domandano, altresì, nel tentativo 
  di evidenziare la legittimità dei criteri impugnati in prime cure, che gli stessi 
  sarebbero esenti da profili di irrazionalità o di eccesso di potere, e che a 
  tal fine occorrerebbe tener conto di alcuni elementi fattuali. In particolare, 
  non tutti i proventi del BSM proverrebbero dalle discoteche e dall’esecuzione 
  di musica “dance”, dal momento che solo il 58% deriverebbe da tali locali, mentre 
  il restante 42% deriverebbe da altri siti, ove si svolgerebbero trattenimenti 
  danzanti. Nelle discoteche verrebbero, peraltro, eseguite anche musiche di genere 
  diverso da quello “dance” che varierebbero in ragione della stagione, della 
  fascia oraria e delle singole sale (ballo “liscio”, musica latino – americana). 
  Non sussisterebbe, come avrebbe sostenuto il Tribunale, piena equiparazione 
  tra compensi versati dagli utilizzatori e opere effettivamente eseguite. 
  In proposito, si osserva che gli elementi prospettati non acquistano specifica 
  rilevanza al fine di dedurre l’erroneità delle statuizioni impugnate, una volta 
  accertata la non conformità ai principi desumibili dall’art. 7 del d.lgs. n.419 
  del 1999 dei criteri impugnati. 
  Ed infatti, una volta stabilito che la distribuzione dell’intera metà dei proventi 
  presi in considerazione con criteri diversi da quelli fondati sul contributo 
  degli interessati alla loro produzione appare illegittima, non acquista rilievo 
  specifico stabilire se tali proventi provengono da discoteche o da altri locali 
  ovvero siano frutti di musica “dance” o “non dance”. 
  Si osserva peraltro che ai fini del riparto, la distinzione tra musica “dance” 
  o “non dance”, ed in genere tra generi musicali; non appare dotato di alcun 
  significato o valore specifico, apparendo rilevante soltanto che i proventi 
  realizzati, da qualunque tipo di musica provengano, siano comunque il frutto 
  di una diffusione delle opere mediante strumenti meccanici, essendo questo l’unico 
  elemento preso in considerazione dalla normativa introdotta con l’ordinanza 
  impugnata. 
  Per le medesime ragioni, appare privo di rilievo la circostanza che i proventi 
  provengono da discoteche o da altri locali: ciò che conta, infatti è che essi, 
  da qualunque locale provengano, siano il frutto di una diffusione delle opere 
  relative mediante strumenti meccanici. 
  Quanto all’ultimo rilievo, il TAR non sembra aver posto un’equiparazione tra 
  compensi versati dagli utilizzatori ed opere eseguite, ma semplicemente richiamato 
  la necessità di una tendenziale corrispondenza tra il contributo sugli incassi 
  degli spettacoli eseguiti con musica e partecipazione alla suddivisione del 
  compenso. 
14. Gli appellanti deducono, altresì, che la 
  SIAE avrebbe adottato un sistema composito, basato su tre meccanismi di rilevazione 
  fra loro combinati, che troverebbe la propria validità dalla presenza al suo 
  interno, di tre diversi meccanismi di rilevazione tra loro combinati (accertamento 
  diretto a mano campione; dichiarazione documentali degli utilizzatori, ripartizione 
  per analogia) che troverebbe la propria validità dalla presenza di tre meccanismi 
  di individuazione degli aventi diritto, ciascuno dei quali avrebbe lo scopo 
  di correggere le inevitabili distorsioni degli altri. 
  Smembrare tale sistema significherebbe, pertanto, minarne la ratio e costringerlo 
  a produrre risultati parziali. 
  In particolare: 
  a) Il campione di 1600 ore, se utilizzato come unico criterio per l’individuazione 
  degli aventi diritto, risulterebbe inaffidabile. Nello specifico campionamento 
  eseguito, lo stesso dato certo da cui partire (il rilevamento delle esecuzioni 
  effettuate) sarebbe in realtà del tutto inaffidabile, sia perché ridotto come 
  estensione, sia per le modalità tecniche di acquisizione. 
  b) I dati relativi ad “1/3 dei programmi consegnati dagli organizzatori” (e 
  cioè ai documenti contenenti l’elenco delle composizioni musicali eseguite nel 
  corso della serata), scelti con metodo di relazione statistica si proporrebbe 
  l’obiettivo di correggere i difetti del campione e di identificare il maggior 
  numero possibile degli aventi diritto. 
  Il TAR avrebbe, peraltro, sostenuto erroneamente l’invalidità dei programmi 
  a causa di un irrisolto conflitto di interessi, in quanto a sottoscriverli sarebbe 
  il disc-jokey e l’organizzatore del trattenimento. 
  Premesso, infatti che nei rapporti con l’Amministrazione non potrebbe esistere 
  con invalidante conflitto di interessi a priori, il rilievo del TAR dovrebbe, 
  a maggior ragione, valere per il campione, in cui il funzionario SIAE, stante 
  l’irriconoscibilità dei pezzi al mero ascolto, sarebbe in balia delle dichiarazioni 
  rese dal disc-jokey. 
  I rilievi in tal modo formulati non appaiono idonei a fondare l’accoglimento 
  del gravame. 
  Va, in proposito, innanzi tutto ricordato che il Tribunale non ha mai inteso 
  affidare (né avrebbe potuto farlo) come invece, erroneamente, sembrano intendere 
  gli appellanti, la determinazione del riparto dei proventi in questione, esclusivamente 
  ai criteri non dichiarati illegittimi, sicché obiettivamente non rilevante appare 
  il rilievo secondo cui lo smembramento di un sistema composito, operato dal 
  Tribunale, significherebbe minare alla base la ratio di tale sistema. 
  Il Tribunale, infatti, si è limitato a rilevare i più significativi profili 
  di illegittimità del metodo proposto, ed ha espressamente pronunciato l’annullamento, 
  per quanto di ragione dei provvedimenti impugnati “con salvezza degli atti ulteriori 
  dell’ente intimato in sede di riemanazione”. 
  Il TAR ha pertanto espressamente chiarito che la pronuncia impugnata comportava 
  una riedizione dell’esercizio del potere di fissare i criteri di riparto dei 
  proventi in questione; ed è appunto nell’esercizio di tali poteri che spetta 
  alla discrezionalità dell’ente fissare ogni integrazione o adeguamento dei criteri, 
  ed anche di verificare e stabilire l’attendibilità, avuto riguardo al disposto 
  annullamento, dal campione di 1600 ore, la sua utilizzabilità, e gli incombenti 
  ulteriori necessari a seguito della dichiarata illegittimità del metodo di campionatura, 
  nella parte in cui, sostanzialmente, non prevede la verifica dei dati contenuti 
  nei programmi consegnati dagli organizzatori. 
  Le osservazioni formulate dagli appellanti, attengono, infatti, sostanzialmente, 
  alla legittimità delle determinazioni assunte dall’ente a seguito della statuizione 
  di annullamento del Tribunale, ma nulla dicono in ordine alla erroneità della 
  pronuncia del Tribunale. 
  Si osserva, comunque, che le eventuali difficoltà connesse con il campionamento 
  dovrebbero spingere l’Amministrazione ad affinare e rendere più efficaci e garantisti 
  gli strumenti prescelti, ma non possono indurre a considerare legittimo ciò 
  che non è conforme alla normativa primaria. Allo stesso modo, le eventuali difficoltà 
  al sistema dalla stessa amministrazione prescelto può dar luogo soprattutto 
  per la musica “dance” possono, ed anzi devono indurre l’Ente a moltiplicare 
  gli accertamenti ed i controlli, ed a predisporre le iniziative atte ad evitare 
  tali inconvenienti o a diminuirne la portata, ma non rendono legittime le Ripartizioni 
  Supplementari (R.S.), che si pongono, come si è visto, in violazione dei principi 
  di cui all’art. 7 d.lgs. n. 419 del 1999. 
  Quanto, infine, al rilievo secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di considerare 
  che non tutte le manifestazioni danzanti sarebbero oggetto del campionamento, 
  dal momento che la stessa ordinanza impugnata escluderebbe da qualunque rilevazione 
  le opere eseguite in alcuni locali (esecuzioni musicali effettuate in balli 
  in case private, in trattenimenti familiari organizzati da circoli privati), 
  il Collegio osserva, che in tal modo viene, in realtà inammissibilmente introdotto 
  con l’atto di appello e da parte di soggetti diversi dai ricorrenti in primo 
  grado, ma censura di illegittimità dell’ordinanza impugnata in primo grado, 
  nella parte in cui ha escluso tali opere da ogni rilevazione. 
  Si tratta, come è palese, di una censura che avrebbe dovuto essere tempestivamente 
  proposta avverso l’ordinanza con ricorso al TAR, e che non può essere inammissibilmente 
  introdotta in appello, in sede di esame della correttezza delle statuizioni 
  adottate dal Tribunale con riferimento a doglianze del tutto diverse, prospettate 
  da soggetti diversi dagli appellanti di cui al ricorso n. 9308/2002 R.G.. 
  Quanto, infine, ai rilievi prospettati con riferimento al metodo di campionatura, 
  il Collegio osserva che il Tribunale ha ritenuto le modalità in proposito predisposte 
  come illegittime, in quanto non ha previsto la verifica del contenuto dei moduli 
  riguardanti i programmi consegnati dagli organizzatori (i cui dati, relativamente 
  ad un terzo, sono destinati ad integrare il campione di 1600 ore). Il Tribunale 
  ha pertanto accolto, in parte qua, il ricorso di primo grado, perché anche i 
  dati contenuti nei moduli dovevano costituire oggetto di verifica, non potendo 
  i moduli medesimi sostituirsi ai necessari accertamenti da parte dell’Amministrazione, 
  sicché il riferimento, contenuto in motivazione, ad un “non risolto conflitto 
  di interesse” non appare come l’indice di una specifica ragione di illegittimità, 
  ma come ulteriore giustificazione di accertamenti dell’amministrazione, peraltro 
  già necessari sulla base delle regole generali. 
  Tale esito è ulteriormente avvalorato dal fatto che il TAR giustifica l’esigenza 
  di accertamenti in via esclusiva dell’ente intimato, con la circostanza che 
  l’ordinanza impugnata prevede l’integrazione dell’accertamento a campione con 
  programmi selezionati secondo criteri “non meglio definiti” di relazione statistica. 
  E’ dunque anche l’indeterminatezza dei criteri si selezione statistica a far 
  considerare necessari gli accertamenti effettivi da parte della SIAE. 
15. Con l’ulteriore motivo di gravame, gli appellanti 
  deducono, altresì, che l’esatta funzione delle Ripartizioni supplementari (e 
  cioè di quelle, non effettuate sulla base di un campionamento ma sulla scorta 
  di criteri indiretti) quale correttivo di accertamenti inadeguati, sarebbe spiegata 
  nel documento del gruppo di lavoro e nell’ordinanza impugnata; il TAR non avrebbe 
  tenuto conto di tali ragioni, e si sarebbe invece, in un’inedita ricostruzione 
  solidaristica. 
  Anche tali rilievi non appaiono idonei a pervenire all’accoglimento del gravame. 
  Ed infine il Tribunale, quando ha menzionato i possibili risultati di natura 
  solidaristica che l’atto impugnato intenderebbe conseguire, ha in realtà fatto 
  riferimento ad una tesi difensiva svolta dalla stessa SIAE (nella sentenza, 
  viene, appunto ricordata la memoria dell’ente del 30 gennaio 2002). 
  Lo stesso Tribunale ha peraltro, ritenuto non condivisibile tale tesi difensiva, 
  osservando che l’art. 7 del d.lgs. n. 419 del 1999 e l’art. 1 dello Statuto 
  della SIAE non introducono una competenza solidaristica dell’ente; che tale 
  competenza non può implicitamente farsi derivare dalla struttura associativa 
  del medesimo ente; che la remunerazione degli autori non può in modo diretto 
  provenire per legge, se non dai proventi dello sfruttamento di opere dell’ingegno. 
  
  Quanto, infine, alla ratio delle ripartizioni supplementari, il Collegio osserva 
  che la circostanza che esse obbediscano all’esigenza di correggere accertamenti 
  inadeguati non fa delle medesime una misura conforme ai principi posti dall’art. 
  7 del d.lgs. n. 419 del 1999. 
16. Le osservazioni in precedenza ampiamente 
  esposte circa la non conformità delle ripartizioni supplementari, per come effettivamente 
  previste, ai principi di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 419 del 1999 esimano il 
  Collegio da una considerazione analitica dei rilievi ulteriormente formulati 
  dagli appellanti, con i quali i medesimi intenderebbero ribadire la razionalità 
  della ripartizione supplementare di classe I, ballo (il 21% dei proventi BSM 
  è assegnato agli autori che abbiano concorso negli ultimi due semestri, alla 
  ripartizione dei proventi del ballo dal vivo), della ripartizione supplementare 
  di Classe I, concertino (il 5% degli incassi è destinato ad essere annualmente 
  ripartito in proporzione agli importi corrisposti negli ultimi due semestri 
  per l’utilizzazione delle opere connesse ai “concertini”), della ripartizione 
  supplementare di classe V “riproduzioni fonomeccaniche” (il 24% dei proventi 
  BSM è ripartito in favore di coloro che negli ultimi due semestri hanno percepito 
  compensi per la vendita di dischi o altri supporti analoghi). 
  Si rileva, comunque, che le affermazioni in proposito formulate dagli appellanti, 
  o si risolvono in affermazioni non dimostrate, o postulano l’accoglimento di 
  criteri solidaristici che pure si assumano estranei al contesto associativo, 
  o rischiano comunque di giustificare l’attribuzione diretta di vantaggi obiettivamente 
  non giustificati. 
  In particolare, l’affermazione secondo cui i programmi musicali delle esecuzioni 
  per il ballo dal vivo risulterebbero più attendibili, richiamata a proposito 
  della R.S. di I classe, ballo, appare del tutto generica e comunque non adeguatamente 
  giustificata; e comunque non adeguatamente giustificata; l’affermazione secondo 
  cui la ripartizione supplementare di I classe concertino, si giustificherebbe 
  con la finalità di non escludere dalla ripartizione autori ed editori di un 
  “repertorio classico e datato”, sembra in qualche modo richiamare finalità solidaristiche 
  che gli stessi appellanti assumono essere estranee alla fattispecie; l’affermazione 
  secondo cui i proventi derivanti agli autori dalla vendita di supporti fonomeccanici 
  sarebbero senz’altro indici affidabili da utilizzare in via analogica, per ripartire 
  parzialmente gli introiti percepiti dalla SIAE a fronte dell’utilizzo dei supporti 
  stessi in locali da ballo o intrattenimenti danzanti, considerata nella sua 
  assolutezza, ed in relazione all’ampiezza della percentuale dei proventi da 
  ripartire (24%) rischia di risolversi nell’attribuzione di un vantaggio non 
  giustificato, con riferimento ai compensi derivanti dalla diffusione di opere 
  musicali mediante strumenti meccanici in occasione di trattenimenti danzanti, 
  ad autori ed editori che hanno ottenuto compensi, dalla semplice vendita dei 
  supporti meccanici, ed in assenza di elementi ulteriori capaci di evidenziare, 
  anche preventivamente, l’utilizzazione di tali supporti in occasione dei predetti 
  trattenimenti danzanti. 
17. Esattamente il Tribunale ha pertanto sottolineato 
  l’illegittimità delle ripartizioni supplementari effettivamente disposte. 
  In contrario non possono, d’altra parte, indurre, le ulteriori generiche considerazioni 
  formulate dagli appellanti (punti 6, 7, 8).
  Con riferimento ad esse, si deve, comunque, osservare, che l’art. 7 del d. lgs. 
  n. 419 del 1999 esclude che il principio commutativo possa costituire un semplice 
  obiettivo al quale progressivamente avvicinarsi. 
  La norma sopra richiamata postula, invece, l’esigenza di fare del principio 
  commutativo il criterio fondamentale del riparto, dal quale eventualmente appare 
  possibile discostarsi per esigenze e scopi esattamente definiti ed in misura 
  tale da non escluderne, di fatto, l’applicazione, o comunque da non svuotarlo 
  di contenuto. 
  Quanto ai pretesi effetti irrazionali della sentenza, si è visto sopra come 
  essi implichino valutazioni che vanno commisurate non alle semplici statuizioni 
  di annullamento, ma alla riedizione del potere amministrativo di determinazione 
  dei criteri di riparto dei proventi. 
  L’appello n. 9308/2002 R.G. deve essere, pertanto, respinto. 
18. Deve, infine, per le ragioni già indicate 
  essere esaminato l’appello n. 6161/2002 R.G. con il quale l’Avv. Recca ed i 
  suoi consorti in lite ripropongono nella presente sede le censure già spiegate 
  in primo grado e disattese dal Tribunale. 
  Con il primo motivo di tale impugnazione gli interessati deducono che il Tribunale 
  sarebbe caduto in contraddizione, avendo da una parte riconosciuto la competenza 
  delle Commissioni di Sezione a pronunciarsi nell’ambito del procedimento di 
  approvazione della ripartizione, e dall’altro avrebbe ritenuto che le stesse 
  Commissioni non potessero conformare i poteri presidenziali in modo così minuzioso 
  e stringente, da annullarne la competenza ad emanare la deliberazione di ripartizione. 
  
  Ad avviso degli appellanti il pensiero del TAR non risulterebbe espresso in 
  modo chiaro, mentre l’art. 10, comma 3, dello Statuto della SIAE prevedrebbe 
  l’approvazione dell’ordinanza di ripartizione su parere conforme dell’ordinanza 
  di ripartizione.
  Il Presidente della SIAE dovrebbe, pertanto adottare l’ordinanza di ripartizione 
  senza apportare alcuna modifica a quanto stabilito dalla Commissione, organo 
  rappresentativo della volontà degli associati. Si tratterebbe, infatti, di una 
  sorta di promulgazione. 
  La doglianza in tal modo prospettata non può essere condivisa, avuto riguardo 
  alla disciplina che regola la fattispecie in esame.
  Giova, in proposito ricordare che, come ha affermato il Tribunale, e come sostanzialmente 
  condiviso dagli appellanti, ai fini dell’emanazione dei provvedimenti di ripartizione 
  dei proventi fra gli associati, deve farsi riferimento alla disciplina di cui 
  all’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999 sulla riforma degli enti pubblici nazionali, 
  ed in particolare a quella dell’art. 7 comma 7, alla stregua della quale “i 
  criteri di ripartizione sono annualmente predeterminati dalla SIAE e sottoposti 
  all’approvazione del Ministro Vigilante”. 
  Appare, altresì, esatta, l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata 
  e condivisa dagli appellanti, secondo cui nelle more dell’approvazione del nuovo 
  statuto, previsto dal d. lgs. n. 419 del 1999, dovesse farsi riferimento al 
  vecchio statuto, approvato con D.P.R. 19 maggio 1995 n. 223. Il complesso normativo 
  che regola la fattispecie – e cioè la predisposizione dei criteri di ripartizione 
  dei proventi e dell’ordinanza di ripartizione è quindi costituito dalla disciplina 
  primaria contenuta nell’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999 e dalle norme statutarie 
  contenute nel D.P.R. n. 223 del 1995. Queste ultime, in particolare, devono 
  essere interpretate alla luce dei principi desumibili dall’art. 7 del d. lgs. 
  n. 419 del 1999. 
  Ora, proprio la considerazione della disciplina primaria contenuta nel d. lgs. 
  n. 419 del 1999 esclude che la disciplina regolamentare, ed in particolare l’art. 
  10 del D.P.R. n. 223 del 1995, possa essere interpretato nel senso prospettato 
  dagli appellanti, e cioè nel senso che, alla determinazione del contenuto dell’ordinanza 
  di ripartizione debba provvedere esclusivamente la Commissione di Sezione, dovendo 
  il Presidente dell’Ente (o, come nella fattispecie, il Commissario Straordinario) 
  limitarsi a “promulgare” l’ordinanza interamente predeterminata nel contenuto 
  dalla Sezione. 
  Da una parte, infatti, la nuova disciplina primaria dispone – innovando rispetto 
  al passato – che i criteri di ripartizione siano annualmente predeterminati 
  dalla SIAE sottoposti all’approvazione del Ministro Vigilante. 
  Appare, pertanto, del tutto ragionevole che pur nell’assenza del nuovo statuto, 
  che la Commissione Musica partecipi, comunque al procedimento di formazione 
  dei criteri da sottoporre al Ministro; e che quindi la normativa statutaria, 
  formalmente riferita solo all’ordinanza da emanarsi da parte del Presidente 
  dell’Ente, sia nel nuovo quadro legislativo, interpretata come idonea a fondare 
  l’espressione della Commissione Musica anche nei riguardi dei criteri da inviare 
  al Ministro. L’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999, mentre non contiene alcuna 
  menzione dell’ordinanza da emanarsi da parte del presidente prevede espressamente 
  soltanto l’esistenza di “criteri di ripartizione” (e cioè di una disciplina 
  generale di ripartizione) da approvarsi da parte del Ministro. 
  E’ quanto, appunto, è assicurato nel caso in esame, nel quale - come si legge 
  nella sentenza impugnata – nella seduta del giorno 8 settembre 2000, la Commissione 
  della Sezione Musica ha preso in esame i criteri della nuova ordinanza di ripartizione, 
  ed in particolare il documento all’uopo affrontato da un apposito gruppo di 
  lavoro, per estrapolare i criteri generali da sottoporre all’approvazione del 
  Ministero vigilante. 
  La Commissione ha, così deliberato di inviare il documento elaborato dal gruppo 
  di lavoro, stralciandone i punti relativi ai fattori critici e limitandolo all’enunciazione 
  dei principi generali, con l’aggiunta della classe VI, prevista per le utilizzazioni 
  telematiche.
  Con decreto del 2 marzo 2001 il Ministro per i Beni e le Attività culturali 
  ha approvato i criteri di ripartizione dei proventi per l’anno 2001, come approvati 
  dalla Commissione: in tal modo, si è realizzata, nell’assenza del nuovo statuto, 
  ed attraverso un’interpretazione del vecchio Statuto che tenesse conto del nuovo 
  quadro legislativo, una partecipazione della Commissione Musica al procedimento 
  di formazione dei (nuovi) criteri da approvarsi dal Ministro. 
  Allo stesso modo, una lettura dell’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995 alla luce 
  della nuova disciplina contenuta nel d. lgs. n. 419 del 1999 esclude la fondatezza 
  della tesi prospettata dagli appellanti. 
  L’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995 dispone al comma 3, che “la misura dei 
  compensi per l’utilizzazione delle opere tutelate dalla Società e i criteri 
  di ripartizione dei diritti relativi sono stabiliti con provvedimento del Presidente 
  su parere conforme della competente commissione di Sezione”. 
  Ora, già nell’ordinamento previgente al d. lgs. n. 419 del 1999, appare assai 
  problematica un’interpretazione, come quella degli appellanti, che fa dell’intervento 
  del Presidente dell’Ente una mera “promulgazione” di una deliberazione interamente 
  assunta dalla Commissione. L’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995, attribuisce 
  il potere di adottare tali criteri al Presidente, e qualifica espressamente 
  come “parere” l’intervento della Commissione la norma, pertanto, richiedendo 
  che il Presidente deliberi su “parere conforme” della Commissione, sembra evidenziare 
  che il Presidente non può discostarsi dall’avviso espresso dalla Commissione, 
  ma non sembra escludere che il Presidente possa introdurre nel proprio provvedimento 
  ulteriori specificazioni, purché coerenti con il parere della Commissione medesima. 
  
  L’interpretazione in questa sede prospettata dagli appellanti appare, comunque 
  non compatibile con il nuovo quadro legislativo introdotto dall’art. 7 del d. 
  lgs. n. 419 del 1999. Non solo, infatti, come ha sottolineato il Tribunale, 
  la fissazione annuale dei criteri di riparto dei proventi, prevista dal predetto 
  art. 7, non esclude che gli organi di gestione possano dettare disciplina integrative, 
  specificative ed attuative dei predetti criteri generali; ma è anche lo stesso 
  quadro generale introdotto dal d. lgs. n. 419 del 1999 ad evidenziare l’impossibilità 
  di una lettura della norma di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 223 del 1995 tale 
  da escludere la possibilità del Presidente dell’Ente di introdurre nella propria 
  ordinanza disposizioni integrative ed attuative, purché conformi al tenore del 
  parere in precedenza espresso dalla Commissione. 
  Nel quadro del d. lgs. n. 419 del 1999 al Presidente dell’Ente (o al Consiglio 
  di Amministrazione) spettano infatti poteri di programmazione ed indirizzo (art. 
  13, comma 1, lett. a del d. lgs. n. 419 del 1999, richiamato dall’art. 7, comma 
  4): non può pertanto, ritenersi, che nella nuova cornice normativa, la disposizione 
  dello statuto del 1995 che dispone che l’ordinanza di ripartizione sia adottata 
  “su parere conforme” della Commissione, escluda comunque il potere del Presidente 
  di introdurre disposizioni integrative o attuative, purché conformi all’avviso 
  espresso dalla Commissione. 
  Legittima appare, pertanto, l’ordinanza impugnata, contenente una disciplina 
  integrativa ed attuativa di quella contenuta nei criteri di riparto, sui quali 
  si era già espressa la Commissione Musica. 
  Si deve, peraltro, rilevare che, anche a voler ritenere che, ai fini dell’emanazione 
  dell’ordinanza di ripartizione, il Commissario Straordinario avrebbe dovuto 
  acquisire il nuovo parere della Commissione Musica, non per questo sarebbe possibile 
  pervenire all’accoglimento della doglianza in esame. 
  Giova, in proposito, ricordare che con a seguito del D.P.R. 22 dicembre 2000, 
  il Commissario Straordinario della SIAE aveva, assunto anche le funzioni degli 
  organi sociali venuti a cessare nel corso del suo mandato (art. 1, comma 2). 
  
  E poiché – come non è contestato ma le parti nel corso del giudizio, all’epoca 
  del decreto ministeriale di approvazione dei criteri di riparto, la Commissione 
  Musica era già venuta a cessare, i relativi poteri erano esercitati dallo stesso 
  Commissario Straordinario -. Non può quindi, porsi alcun profilo sostanziale 
  di incompetenza del Commissario con riferimento alla Commissione Musica, dal 
  momento che i relativi poteri, all’atto dell’ordinanza impugnata, erano comunque 
  esercitati dal Commissario Straordinario, in virtù dal D.P.R. del 22 dicembre 
  2000, mai impugnato dagli odierni appellanti. Sotto questo profilo, priva di 
  rilevanza appare l’assunzione formulata dagli appellanti, secondo la quale essendo 
  le Commissioni rimaste in carica fino al dicembre 2000, al Commissario Straordinario 
  non sarebbe stato consentito di adottare per il 2000, alcuna ordinanza di ripartizione 
  con contenuto diverso da quello approvato dalle Commissioni di Sezione. Assume, 
  in proposito rilievo decisivo la circostanza che quelle approvate nella seduta 
  dalla Commissione dell’8 novembre 2000 sono i criteri per la nuova ordinanza 
  di ripartizione, che è stata quella adottata per l’anno 2001, sulla base del 
  decreto ministeriale che aveva approvato i criteri di riparto per l’anno 2001. 
  Poiché il parere della Commissione avrebbe dovuto essere espresso - secondo 
  la prospettiva degli appellanti – sull’ordinanza da adottarsi dal Commissario 
  dopo l’approvazione dei criteri da parte del Ministro, e cioè dopo il 2 marzo 
  2001, i poteri della Commissione Musica risultavano ormai già esercitati, in 
  virtù del D.P.R. del 22 dicembre 2000, dal Commissario Straordinario: con conseguente 
  infondatezza della doglianza prospettata. 
19. Ugualmente priva di fondamento è il secondo 
  motivo di appello. 
  Assume, in proposito, rilievo determinante, la circostanza, sottolineata dal 
  primo giudice, che i criteri di ripartizione approvati dal Ministro riguardassero 
  il riparto dell’anno 2001, sicché la relativa ordinanza non poteva che essere 
  emanata con riferimento all’anno 2001. Gli appellanti, d’altra parte, non hanno 
  formulato alcune censura con riferimento alla circostanza che il decreto ministeriale 
  abbia posto i criteri per il 2001, sicché gli stessi non possono poi dolersi 
  del fatto che l’ordinanza del Commissario Straordinario abbia riguardato il 
  2001. Occorre, d’altra parte, osservare che non può, nella fattispecie – nella 
  quale ci si trova dinanzi ad un momento di transizione tra il vecchio ed il 
  nuovo ordinamento dell’Ente – essere considerato illegittimo il fatto che l’ordinanza 
  di ripartizione sia stata adottata nel 2001 sulla scorta di un parere espresso 
  il giorno 8 settembre 2000: tale parere riguardava, infatti, la “nuova” ordinanza 
  di ripartizione, e tale ordinanza è venuta nell’anno 2001, a seguito dell’approvazione, 
  nello stesso anno, dei criteri da parte del Ministro. E’, infine, appena il 
  caso di rilevare che ove dovesse accedersi alla tesi dei ricorrenti secondo 
  la quale per il riparto effettuato nel 2001 sarebbe stato necessario un nuovo 
  parere della Commissione Musica, la stessa non sarebbe, comunque, idonea a fondare 
  l’accoglimento del gravame: nel 2001 i poteri della Commissione erano comunque, 
  ormai esercitati, come si è visto, dal Commissario Straordinario. Esattamente, 
  poi, con riferimento all’art. 85, comma 2, del regolamento SIAE, il Tribunale 
  ha osservato che tale disposizione fissa una potestà cautelare in capo all’ente 
  per fronteggiare vicende eccezionali, che non è incompatibile e non è travolta 
  dalla regola dell’annualità di cui all’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999. Essendo 
  quello in questione un potere legato ad esigenze improvvise ed eccezionali, 
  il relativo esercizio non richiede il preventivo parere della Commissione; parere, 
  questo che, comunque, nella fattispecie avrebbe dovuto essere espresso dal medesimo 
  Commissario, svolgendo ormai il medesimo anche le funzioni della disciolta Commissione 
  musica. 
20. Anche il terzo motivo di appello deve essere 
  respinto. 
  Ed infatti, l’assenza di disposizioni sui diritti connessi nell’ordinanza in 
  questione non può risolversi, tecnicamente, in un profilo di illegittimità dei 
  provvedimenti impugnati; ma può soltanto evidenziare la necessità che l’ente 
  provveda a dettare le necessarie disposizioni. 
  L’eventuale rifiuto ad omissione dell’ente potrà, d’altra parte, essere fatto 
  valere con le procedure appositamente previste dall’ordinamento. 
21. Deve, infine, essere rigettata l’ultima 
  doglianza, con cui gli appellanti, ripropongono, nella presente sede, la censura 
  attinente alla questione del c.d. “doppio punteggio”. 
  In tal modo gli interessati lamentano il differente trattamento ai fini dell’attribuzione 
  dei proventi relativi a ciascun ballo o trattenimento con ballo tra le composizioni 
  musicali elencate nel programma consegnato alla SIAE dal titolare del permesso, 
  tra le opere edite e quelle inedite. 
  Ai sensi, infatti, dell’art. 3, lett. a, par. 1, dell’ordinanza, la ripartizione 
  si basa sul fatto che sono attribuiti due punti a ciascuna composizione elencata 
  se edita, ed un punto a quella inedita, intendendosi per edite le composizioni 
  il cui schema di riparto preveda la partecipazione di uno o più editori, il 
  cui repertorio sia amministrato dalla SIAE, e fermo restando che il valore di 
  ciascun punto è pari al quoziente fra l’ammontare degli incassi complessivi 
  ed il numero complessivo dei punti come sopra attribuiti. 
  In proposito il Collegio condivide quanto affermato dal Tribunale, e cioè che 
  il criterio in questione non appare manifestamente irrazionale, essendo un dato 
  di comune esperienza che, nella maggior parte dei casi, il successo di un opera 
  difficilmente può prescindere dalla sua edizione. Il maggior favore così accordato 
  alle opere edite non appare così irragionevole, discendendo dalla loro attitudine 
  alla diffusione ed al soddisfacimento dei gusti del pubblico, ed appare comunque, 
  idoneo a compensare i costi di edizione, e ad incentivare le edizioni delle 
  opere musicali. 
  In questa ottica, la difficoltà ed i problemi applicativi, segnalati dagli appellanti, 
  giustificano ulteriori approfondimenti e la predisposizione di modalità applicative 
  volte a minimizzarli, ma non sono idonee a fondare l’annullamento delle misure 
  impugnate. 
  Anche l’appello n. 6161/2002 R.G. deve pertanto essere respinto. 
  In conclusione, deve pertanto, darsi atto della rinuncia al ricorso in appello 
  n. 6029/2002 R.G.; devono, invece, essere respinti i ricorsi in appello n. 9308/20002 
  R.G. e n. 6162/2002 R.G.. 
  La complessità della vicenda esaminata giustifica l’integrale compensazione 
  delle spese processuali.
P. Q. M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, 
  Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe, 
  così provvede: 
  1) dà atto della rinuncia al ricorso n. 6029/2002 R.G., proposto da Mazzon Tiziano 
  e Pavani Edizioni Musicali s.n.c.; 
  2) respinge il ricorso n. 9308/2002 R.G. proposto da Cesari Elio (Tony Renis) 
  e dagli ulteriori ricorrenti nel medesimo ricorso indicati; 
  3) respinge il ricorso n. 6162/2002 R.G., proposto da Recca Renato e dagli ulteriori 
  ricorrenti nel medesimo ricorso indicati; 
  4) compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello. 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2003, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: Salvatore GIACCHETTI Presidente Alessandro PAJNO Consigliere Est. Giuseppe ROMEO Consigliere Lanfranco BALUCANI Consigliere Rosanna DE NICTOLIS Consigliere