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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 27 dicembre 2001 n. 6414 - Pres. Quaranta, Est. Allegretta - Santonicola ed altro (Avv. M. Discepolo) c. Comune di Osimo (n.c.) - (annulla T.A.R. Marche, sentenza 13 ottobre 2000, n. 1394).

1. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Natura dell'interesse azionato- Individuazione.

2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Ricorso ex art. 25 L. 2412/1990 - Ratio

3. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Ricorso ex art. 25 L. 2412/1990 - Interesse alla decisione - Non viene meno nel caso in cui i medesimi atti richiesti siano stati acquisiti con ordine istruttorio in altro processo anche se tra le stesse parti.

4. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Soggetti che hanno chiesto all'Amministrazione l'annullamento di concessioni edilizie - Diritto di prendere visione e di ottenere copia degli atti del procedimento - Sussiste.

1. L'interesse, a garanzia del quale il diritto d'accesso ai documenti è riconosciuto, in base alla legge 241/1990, è diverso ed autonomo rispetto a quello specifico e concreto per la cui tutela la conoscenza dei documenti sia strumentale, né l'ambito di tale tutela è in qualche modo limitato a quello giurisdizionale.

2. Il ricorso previsto dall'art. 25 della legge 241/1990 è da questa apprestato per l'attuazione ad opera del giudice del diritto d'accesso, senza che possa in alcun modo rilevare la natura, giurisdizionale o non della tutela in vista della quale detto diritto è invocato, ovvero la stessa attuale pendenza di un giudizio a tal fine ordinato e la possibilità in questo di acquisire gli stessi documenti oggetto di accesso, ad istanza della stessa parte o del giudice.

3. Il provvedimento istruttorio pronunciato dal giudice in un determinato processo, in quanto diretto ad acquisire elementi per la valutazione giudiziale della domanda in quel processo avanzata, nessuna rilevanza può avere con riferimento a diversa domanda dedotta in altro giudizio, ancorché vertente tra le stesse parti, tendente all'annullamento ex art. 25 L. 7 agosto 1990 n. 241 del silenzio serbato dall'amministrazione su di una istanza di accesso agli atti amministrativi.

4. I soggetti che abbiano presentato una istanza (poi respinta) con la quale hanno chiesto all'Amministrazione l'annullamento di alcune concessioni edilizie hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti del procedimento ex art. 10, lett. a), L. n. 241/90, sia quali soggetti che hanno aperto il relativo procedimento sia quali destinatari del diniego che lo ha concluso (1).

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(1) Anche se il principio affermato dalla Sez. V sembra scontato (non potendosi negare che sussiste il diritto di accedere dei soggetti interessati ad accedere agli atti del procedimento) esso, tuttavia, collide con altro principio, costantemente affermato dalla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui non sussiste una pretesa azionabile (e correlativamente una situazione di interesse legittimo) ad ottenere l'adozione da parte dell'amministrazione di atti di autotutela. Ciò vale in particolare per la pretesa di terzi ad ottenere l'annullamento di ufficio di una concessione edilizia.

Unica eccezione a tale principio è da rinvenire - come acutamente notato di recente dal TAR Campania-Napoli, Sez. I (sentenza 6 dicembre 2001*, in questa rivista, n. 12/2001) - nel caso di denuncia di inizio di attività. Solo in quest'ultimo caso, infatti, in considerazione della particolarità della disciplina prevista per la d.i.a., la P.A. ha l'obbligo di pronunciarsi sull'istanza di un terzo con il quale si sollecita l'esercizio di poteri di autotutela.

Nel caso invece in cui l'attività edilizia sia stata autorizzata esplicitamente tramite una formale concessione (od autorizzazione) edilizia, si applica il principio generale - ormai tralaticio in giurisprudenza - secondo cui non è da riconoscere alcuna pretesa in ordine alla attività di autotutela della P.A., essendo i soggetti terzi interessati onerati a proporre apposito ricorso giurisdizionale od amministrativo avverso l'atto autorizzatorio.

Nella specie, quindi, la presentazione di una istanza con la quale si sollecitava l'esercizio di poteri di autotutela da parte della P.A. non faceva sorgere in capo a quest'ultima alcun obbligo di provvedere sulla stessa; avendo tuttavia l'amministrazione, nonostante ciò, nella specie esaminato e respinto l'istanza con la quale era stato sollecitato l'esercizio dei poteri di autotutela, non poteva negarsi il diritto dei soggetti interessati dal relativo procedimento di visionare ed ottenere copia dei relativi atti. Solo sotto quest'ultimo profilo e con questa precisazione il principio affermato dalla Sez. V con la pronuncia in rassegna può ritenersi condivisibile.

Altrettanto interessante è il principio affermato con la massima precedente, secondo cui il provvedimento istruttorio pronunciato dal giudice in un determinato processo, in quanto diretto ad acquisire elementi per la valutazione giudiziale della domanda in quel processo avanzata, nessuna rilevanza può avere con riferimento ad una diversa domanda dedotta in altro giudizio, ancorché vertente tra le stesse parti, tendente all'annullamento ex art. 25 L. 7 agosto 1990 n. 241 del silenzio serbato dall'amministrazione su di una istanza di accesso agli atti amministrativi.

Tale principio finisce per precisare ulteriormente i rapporti tra diritto di accesso (e relativa tutela ex art. art. 25 cit.) ed i provvedimenti istruttori emessi nell'abito di un ordinario processo di impugnazione; rapporti che, secondo la pronuncia in rassegna, sono di autonomia ed indipendenza.

Anche se il diritto di accesso è previsto per "curare e difendere" le proprie posizioni attive in giudizio, tuttavia il riconoscimento formale di tale diritto (mediante una apposita azione ex art. 25 cit.) non può subire conseguenze (sotto il profilo dell'interesse ad agire) dall'eventuale ottenimento degli stessi documenti in altro procedimento giurisdizionale a seguito di apposito ordine istruttorio.

Il principio affermato sembra condivisibile non solo in via teorica (dato che sussiste un interesse ad ottenere formalmente il riconoscimento della sussistenza del diritto di accesso), ma anche sotto il profilo pratico (si pensi alla condanna alle spese che consegue nel caso in cui l'azione ex art. 25 venga ritenuta fondata; ma si pensi anche alla possibilità di ottenere, in sede di esecuzione del giudicato formatosi su una sentenza ex art. 25, l'esecuzione in forma specifica dell'ordine del giudice mediante la nomina di un commissario ad acta, opzione questa che - secondo l'orientamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa - non sussiste nel caso di inottemperanza ad un ordine istruttorio, il quale non è suscettibile di passare in giudicato).

Il principio affermato tuttavia lascia impregiudicato il delicato rapporto tra tutela del diritto di accesso apprestata dall'art. 25 L. n. 241/90 e disciplina attuale del processo amministrativo, un rapporto che, ancorché di autonomia, tuttavia pone diversi problemi di interferenza tra le due discipline (primo fra tutti quello, che tuttora non ha trovato in giurisprudenza una appagante spiegazione, tra la disciplina della decorrenza del termine di impugnazione e tutela del diritto di accesso).

Se è vero che il diritto di accesso è stato previsto anche per "curare e difendere" le posizioni giuridiche attive, non può negarsi che dalla realizzazione concreta di tale diritto - il quale è da considerare strumentale per la realizzazione di altre posizioni giuridiche attive - non può non dipendere la decorrenza del termine di impugnazione.

Sotto questo profilo può dirsi che si realizza una indubbia interferenza tra tutela del diritto di accesso e disciplina del processo d'impugnazione.

Altra interferenza, che consiglierebbe anche una rimeditazione complessiva delle innovazioni introdotte dalla legge sul procedimento, è costituita - come già cennato - tra disciplina prevista per l'attuazione in forma specifica dell'ordine di esibizione ex art. 25 L. 241/90 (che consente l'esecuzione dell'ordine stesso mediante nomina di un commissario ad acta) e l'orientamento tradizionale che - facendo leva sulla natura dell'ordine istruttorio - non ritiene coercibile quest'ultimo nel caso di mancata ottemperanza da parte della P.A.

Questo orientamento va rivisto non solo alla luce della disciplina di cui all'art 25 cit., ma anche alla stregua delle modifiche alla disciplina del processo amministrativo introdotte dalla L. n. 205/2000, secondo cui anche nei confronti delle sentenze non ancora passate in giudicato sono esperibili (sia pure in via provvisoria) i normali rimedi previsti per il giudizio di ottemperanza.

Superato il tabù del passaggio in giudicato della sentenza per ottenere la pregnante tutela ritenuta in un primo tempo applicabile al giudizio di ottemperanza, non si vede perché analogo principio non possa essere ritenuto estensibile anche nel caso di sentenza interlocutoria rimasta ineseguita. (G.B.V., 2 gennaio 2002).
 

 

FATTO

Con la sentenza appellata è stato dichiarato improcedibile il ricorso proposto dagli attuali appellanti per l'annullamento del provvedimento negativo, formatosi a seguito del silenzio mantenuto dall'Amministrazione in ordine alla richiesta in data 24 maggio 2000 da loro formulata a norma dell'art. 25 L. 7 agosto 1990 n. 241, nonché per ottenere il rilascio della documentazione indicata nella stessa richiesta.

Il Comune di Osimo si è costituito in giudizio per resistere all'appello, del quale ha contestato la fondatezza, chiedendo che sia respinto, con ogni conseguenziale pronunzia come per legge.

La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 27 novembre 2001.

DIRITTO

L'appello è fondato.

A seguito di sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche n. 244 del 1999, i ricorrenti hanno invitato formalmente il Comune di Osimo, con lettera del 14 aprile 1999, a procedere all'annullamento della concessione edilizia n. 427/94 e concessione in variante n. 203/95, rilasciate ai controinteressati.

Con nota n. 9325 in data 17 maggio 2000, il Comune ha reso noto ai legali dei ricorrenti che la richiesta di annullamento veniva respinta, avendo gli appellati regolarizzato la loro posizione.

I ricorrenti richiedevano, allora, con istanza in data 24 maggio 2000 avanzata ai sensi e per gli effetti della L. 7 agosto 1990 n. 241, copia dei documenti prodotti dagli interessati per la regolarizzazione, nonché degli atti conseguentemente adottati dal Comune.

In mancanza di risposta da parte dell'Amministrazione nei termini di cui all'art. 25 della L. 241/90, gli odierni appellanti hanno proposto ricorso (n. 883 del 2000) contro il silenzio-rifiuto così formatosi, chiedendo, altresì, la condanna dell'Amministrazione intimata al rilascio di copia della documentazione richiesta.

Nel contempo, essi hanno impugnato con separato ricorso, rubricato al n. 898/2000, anche l'anzidetto provvedimento di diniego del 17 maggio 2000.

Nell'ambito di questo giudizio, con ordinanza collegiale istruttoria n. 678 del 30 agosto 2000, il Tribunale ha ordinato al Comune di Osimo di depositare agli atti copia dei documenti prodotti dal controinteressati al fine della "regolarizzazione" della licenza edilizia n. 427/94 e variante n. 203195, nonché copia degli atti di detta regolarizzazione, ove esistenti.

In pari data il giudice di primo grado ha pronunciato la sentenza appellata sul ricorso n. 883 del 2000, dichiarandolo improcedibile per essere venuto meno nei ricorrenti l'interesse alla prosecuzione del giudizio in conseguenza dell'adozione della suindicata ordinanza istruttoria.

Di tale sentenza gli appellanti deducono l'evidente erroneità, sostenendo che la mera disposizione di incombenti istruttori in separato giudizio, tra l'altro a mezzo di provvedimento giurisdizionale non assimilabile, per portata e contenuto, a quello richiesto con il ricorso, non consente di ritenere soddisfatto l'interesse dedotto. Aggiungono che, in ogni caso, detto interesse sussiste tuttora, non avendo il Comune integralmente adempiuto neppure al menzionato ordine del giudice.

La censura non può che essere condivisa.

Come chiaramente si evince dalla stessa lettera dell'art. 22 L. n. 241 del 1990, invero, l'interesse, a garanzia del quale il diritto d'accesso ai documenti è riconosciuto, è diverso ed autonomo rispetto a quello specifico e concreto per la cui tutela la conoscenza dei documenti sia strumentale, né l'ambito di tale tutela è in qualche modo limitato a quello giurisdizionale. Sicché il ricorso previsto dall'art. 25 della legge è da questa apprestato per l'attuazione ad opera del giudice del diritto d'accesso, senza che possa in alcun modo rilevare la natura, giurisdizionale o non, della tutela in vista della quale detto diritto è invocato ovvero la stessa attuale pendenza di un giudizio a tal fine ordinato e la possibilità in questo di acquisire gli stessi documenti oggetto di accesso, ad istanza della stessa parte o del giudice.

Sotto altro profilo, si osserva che il provvedimento istruttorio pronunciato dal giudice in un determinato processo, in quanto diretto ad acquisire elementi per la valutazione giudiziale della domanda in quel processo avanzata, nessuna rilevanza può avere con riferimento a diversa domanda dedotta in altro giudizio, ancorché vertente tra le stesse parti.

Tanto meno l'adozione di tale provvedimento, attesa la natura meramente strumentale di esso, può comportare il venir meno di un qualsiasi interesse differente da quello processuale della parte che dall'acquisizione della prova possa trarre vantaggio.

Nella specie, pertanto, ha errato il Tribunale nel dichiarare improcedibile il ricorso n. 883 del 2000 per sopravvenuto difetto d'interesse.

L'appello dev'essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata va annullata.

Quanto alla domanda di accesso, si rileva che gli appellanti, quali soggetti che con l'istanza di annullamento delle concessioni edilizie rilasciate agli appellati hanno aperto il relativo procedimento e quali destinatari del diniego che lo ha concluso, sono titolari, per espressa disposizione di legge (art. 10, lett. a), L. n. 241 citata), del diritto di prendere visione degli atti del procedimento.

Sussistono, pertanto, i presupposti per ordinare all'Amministrazione appellata di rilasciare ai ricorrenti copia dei documenti richiesti con l'istanza in data 24 maggio 2000.

Spese e competenze del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello in epigrafe ed in riforma della sentenza appellata ordina al Comune di Osimo il rilascio al ricorrente di copia dei documenti richiesti con l'istanza in data 24 maggio 2000.

Condanna il Comune di Osimo alla rifusione delle spese e competenze del doppio grado di giudizio in favore degli appellanti nella misura di £ 4.000.000 (quattro milioni) pari ad euro 2065,83.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 novembre 2001 con l'intervento dei Signori:

Alfonso Quaranta - Presidente

Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.

Aldo Fera - Consigliere

Claudio Marchitiello - Consigliere

Marco Lipari - Consigliere

Depositata in cancelleria il 27 dicembre 2001.

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