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n. 7/8-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 15 giugno 2001, n. 3188 - Pres. De Lise, Est. Lipari - I. S.a.s. (avv.ti M. Provera, G. Sartorio e L. Di Raimondo) c. Comune di B. e nei confronti di S. O. S.a.s.

Contratti della P.A. - Raggruppamenti temporanei di imprese - Requisiti tecnici soggettivi - Certificazione di qualità - Possesso da parte di tutte le imprese associate - Necessità - Sussiste - Funzione certificazione - Garanzia della qualità complessiva dell'esecuzione delle prestazioni in contratto.

Qualora le regole di gara prescrivano il possesso della certificazione di qualità, questa nel caso di associazione temporanea di imprese non può essere posseduta da una sola associata, ma da tutte le imprese del raggruppamento, salvo che la certificazione non sia riferita solo a una parte delle prestazioni, eseguibili solo da alcune imprese.

E infatti la certificazione di qualità costituisce un requisito tecnico di carattere soggettivo e mira ad assicurare che l'impresa svolga il servizio secondo un livello minimo di prestazioni accertate da un organismo qualificato, secondo parametri rigorosi delineati a livello europeo, che valorizzano l'organizzazione complessiva dell'attività e l'intero svolgimento nelle diverse fasi. Detta valutazione, pertanto, va estesa a tutti i soggetti tenuti a eseguire le prestazioni contrattuali. Diversamente l'interesse della stazione appaltante a ottenere un certo livello qualitativo delle prestazioni risulterebbe vanificato (1).

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(1) Certificazione di qualità e raggruppamenti temporanei di imprese

di MAURIZIO GRECO

1.1. Come noto, il comma 4 dell'art. 14 D.Lgs. n. 157/1995 ss.mm.ii. prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possano richiedere la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti, attestanti che il concorrente osserva determinate norme in materia di garanzia della qualità, facendo riferimento ai sistemi di garanzia della qualità basati sulla pertinente serie di norme europee EN 29000, certificati da organismi conformi alla serie di norme europee EN 45000 (1)

Si è posto a tale riguardo il problema (2) se il possesso della certificazione in discorso possa essere considerato requisito di qualificazione, esigibile a pena d'esclusione dalla gara.

All'interrogativo la dottrina (3) ha a suo tempo dato risposta negativa, argomentando dalla circostanza che un obbligo in tal senso sussiste esclusivamente in relazione alle forniture tecnologiche "sotto soglia", secondo quanto disposto dall'art. 9 del D.P.R. n. 573/1994, in forza del quale le amministrazioni che intendono aggiudicare forniture pubbliche in relazione a prodotti ad alto contenuto tecnologico sono tenute ad invitare alla gara le imprese che dispongono di una certificazione dei sistemi di qualità rilasciata, sulla base delle norme europee della serie UNI EN 29000, da organismi accreditati ai sensi della serie UNI EN 45000 e successive modificazioni.

D'altronde, la stessa norma soggiunge che le amministrazioni aggiudicatrici devono riconoscere i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri; esse devono ammettere, parimenti, altre prove relative all'impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità qualora il concorrente non abbia accesso a tali certificati o non possa ottenerli nei termini richiesti.

Quanto sopra pertanto sembra deporre per la non tassatività del requisito.

Più recentemente, e a conferma di quanto rilevato, in relazione alla disciplina dell'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria (artt. 50 ss. D.P.R. n. 554/1999 ss.mm.) il possesso del certificato di qualità aziendale è preso in considerazione esclusivamente come fattore incrementativo del punteggio assegnato ai concorrenti ai fini della formazione di una graduatoria per la selezione dei candidati ai quali spedire la lettera di invito a presentare l'offerta (all. D ed F).

Anche la giurisprudenza (4) ha innanzitutto rilevato come, per principio giurisprudenziale costantemente affermato, il bando di gara per l'aggiudicazione dell'appalto ben può prevedere e imporre a carico delle imprese, che chiedono di partecipare o vengano invitate alla gara, prescrizioni e adempimenti diversi, ulteriori e più restrittivi rispetto a quelli previsti dalle leggi vigenti al tempo della sua emanazione (5), onde non vi sarebbe alcun motivo, in linea di principio, per escludere una amministrazione appaltante dalla facoltà di prevedere una selezione tra soggetti idonei ad assicurare una particolare capacità professionale (consentendole, dunque, di prevedere, già nel bando, un innalzamento del livello tecnico e competitivo tra le imprese aspiranti, richiedendo un quid pluris dimostrabile soltanto con apposita e specifica documentazione certificativa).

La ridetta giurisprudenza ha, tuttavia, osservato che l'ampia discrezionalità lasciata alla amministrazione appaltante nella scelta e nella indicazione dei requisiti di pertinenza delle imprese partecipanti, anche oltre la previsione legislativa in materia vigente, deve essere esercitata con rispetto dei criteri di ragionevolezza, con riferimento all'oggetto dell'appalto ed alla modalità di esecuzione dei lavori, nonché della salvaguardia del principio della massima partecipazione di ditte aspiranti.

In altri termini, dunque, esclusivamente la rilevanza  e l'oggettiva delicatezza dei lavori da effettuarsi rappresentano ragioni che legittimamente possono indurre l'amministrazione appaltante a richiedere un credito di professionalità maggiore, rispetto all'ordinario, alle ditte invitate alla selezione.

1.2. Si è posto il dubbio se tale posizione debba forse essere almeno in parte rivista (specie nell'ottica di una applicazione analogica della normativa sugli appalti di lavori), alla luce del disposto dell'art. 4 del D.P.R. 34/2000, in base al quale ai fini della qualificazione, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettere a) e b), della legge 109/1994 ss.mm.ii., le imprese devono possedere il sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9000 ovvero elementi significativi e correlati del suddetto sistema, nella misura prevista dall'allegato C al suddetto regolamento, secondo la cadenza temporale prevista dall'allegato B allo stesso regolamento (6).

Al riguardo va peraltro osservato che:

- è sicuramente obiettivo da perseguire l'utilizzo della certificazione dei sistemi di qualità, già attuata da un gran numero di società fornitrici di servizi rientranti specie nel campo delle tecnologie, per impostare una politica industriale basata sul miglioramento continuo dei sistemi qualità e dei contratti e volta a garantire la qualità dei servizi erogati dai fornitori delle Amministrazione;

- occorre altresì - tuttavia - garantire un approccio progressivo e flessibile che eviti di penalizzare i fornitori attualmente privi di certificazione, consentendo alle società che ancora non fossero certificate di certificarsi, e tenendo altresì conto delle esigenze delle piccole e medie imprese e dei servizi cosiddetti "di nicchia", richiedendo perciò la certificazione esclusivamente per i contratti di maggior rilievo (7).

Tale assunto è altresì confermato dalla gradualità dell'introduzione - nel D.P.R. n. 34/2000 - del vincolo inerente il possesso di un sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9000 ovvero di elementi significativi e correlati del suddetto sistema, ed altresì dalla circostanza che per le prime due classifiche (cioè per importi inferiori al miliardo di lire) tale requisito non risulta dovuto neppure "a regime".

2.1. Rispetto a tale sfondo problematico la pronuncia in commento ha ritenuto che, qualora le regole di gara prescrivano il possesso della certificazione di qualità (8), questa nel caso di associazione temporanea di imprese non può essere posseduta da una sola associata, ma da tutte le imprese del raggruppamento, salvo che la certificazione non sia riferita "incontestabilmente" solo a una parte delle prestazioni, eseguibili solo da alcune imprese.

E infatti la certificazione di qualità, costituendo un requisito tecnico di carattere soggettivo e mirando ad assicurare che l'impresa svolga il servizio secondo un livello minimo di prestazioni accertate da un organismo qualificato, secondo parametri rigorosi delineati a livello europeo, che valorizzano l'organizzazione complessiva dell'attività e l'intero svolgimento nelle diverse fasi, andrebbe estesa a tutti i soggetti tenuti a eseguire le prestazioni contrattuali.

Diversamente, l'interesse della stazione appaltante a ottenere un certo livello qualitativo delle prestazioni risulterebbe vanificato.

2.2. Tale arresto richiede peraltro alcuni approfondimenti, specie in ordine alle eventualità che possono presentarsi in relazione ai due tipi di raggruppamenti temporanei d'impresa previsti dal vigente ordinamento.

Come noto, il raggruppamento orizzontale riunisce imprese che hanno la stessa specializzazione e capacità tecniche omogenee.

In questo tipo di raggruppamento è stabilita la responsabilità solidale di tutte le imprese verso l'Amministrazione aggiudicatrice.

Il raggruppamento verticale, viceversa, riunisce imprese nell'ambito delle quali una di esse, la mandataria, realizza i lavori della categoria (o categorie) prevalente, mentre le opere scorporabili, specificamente identificate ed esplicitamente indicate nel bando dall'Amministrazione aggiudicatrice, sono assunte in proprio da imprese mandanti.

Il tratto differenziale del raggruppamento verticale è la responsabilità limitata e non solidale delle imprese mandanti, che eseguono opere scorporabili (9).

In merito ai requisiti di certificazione dei raggruppamenti temporanei di impresa, si pone pertanto il problema di accertare se ciascuna delle imprese raggruppate debba possedere la certificazione per tutte le tipologie di servizi richieste per l'esecuzione dell'intero appalto oppure se le imprese raggruppate debbano possedere i requisiti di qualità per l'esecuzione solo di quelle tipologie di servizi che vengono specificate nell'offerta.

La seconda soluzione si dimostra più aderente alle finalità del raggruppamento temporaneo di impresa, costituito proprio al fine di mettere insieme la capacità produttiva delle imprese aderenti.

Si possono dare essenzialmente tre casi (10):

- nel caso di partecipazione a gare d'appalto di un raggruppamento temporaneo di impresa di tipo orizzontale, se tale entità giuridica è già stata costituita e sia operante "stabilmente" (cioè da un certo numero di anni), il requisito deve essere riferito all'entità giuridica così costituita, esclusivamente in relazione alle tipologie di servizi conferiti, e non alle singole imprese costituenti;

- nel caso di raggruppamento temporaneo di impresa di tipo orizzontale, se tale entità giuridica non è stata ancora costituita, deve ritenersi che il requisito sia riferito a tutte le singole imprese costituenti, mandataria e mandanti, e non al raggruppamento temporaneo di impresa;

- nel caso di raggruppamento temporaneo di impresa di tipo verticale, indipendentemente dal fatto se questa entità giuridica sia stata o meno ancora costituita, deve ritenersi che il requisito sia riferito a tutte le singole imprese costituenti, mandataria e mandanti, esclusivamente in relazione alle tipologie di servizi, prevalenti e scorporabili, a ciascuna di esse conferiti e non al raggruppamento temporaneo di impresa.

La certificazione della mandataria non può, invece, interpretarsi in senso estensivo a rappresentare la certificazione dell'entità giuridica da essa costituita o la certificazione di altre società ad essa raggruppate o da essa subappaltate.

Infatti, il rapporto di mandato non determina per sé organizzazione o associazione fra i prestatori di servizi raggruppati, ciascuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione (quindi autonomia del proprio sistema qualità e della sua eventuale certificazione), oltre che ai fini degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali.

Va ancora precisato (11) che:

- nel caso in cui i servizi richiesti al fornitore coprano l'intero ciclo di vita costituito dalle fasi di progettazione, realizzazione, installazione e assistenza dopo la consegna, è necessario richiedere la certificazione rispetto alla norma EN ISO 9001 e nessuna delle altre due norme può essere considerata utilizzabile;

- nel caso in cui i servizi richiesti comprendano le fasi di realizzazione, installazione e assistenza dopo la consegna, senza includere la fase di progettazione, è sufficiente richiedere la certificazione rispetto alla norma EN ISO 9002; se il fornitore è in possesso di certificazione rispetto alla norma EN ISO 9001 questa certificazione alternativa sarà considerata del tutto equivalente ed accettabile;

- nel caso in cui i servizi richiesti includono soltanto controlli, collaudi e prove finali, senza comprendere le fasi di progettazione e realizzazione propedeutiche alla consegna, è sufficiente richiedere la certificazione rispetto alla norma EN ISO 9003; se il fornitore è in possesso di certificazione rispetto alla norma EN ISO 9001 od alla norma EN ISO 9002 tale certificazione alternativa sarà considerata del tutto equivalente;

- la certificazione del servizio di fornitura di beni non ha nulla a che vedere con le caratteristiche qualitative dei beni stessi; i requisiti del sistema qualità sono complementari ai requisiti tecnici del prodotto e da questi del tutto indipendenti; le specifiche tecniche di processo e di prodotto sono distinte e separate dalle prescrizioni EN ISO 9000; conseguentemente, richiedere la certificazione EN ISO 9000 per un bene (es. hardware o software) è improprio e va comunque evitato. 

Tali indicazioni si dimostrano rilevanti soprattutto al fine di evitare, nei bandi di gara, il generico riferimento alle norme EN ISO 9000 in sostituzione di precisi requisiti contrattuali relativi ai prodotti e servizi attesi, alle procedure da utilizzare, alle modalità di verifica dei livelli di servizi.

2.3. Tornando più specificamente al tema oggetto del presente contributo, nella pronuncia in rassegna il Consiglio di Stato ha ritenuto che la certificazione di qualità costituisca un requisito tecnico di carattere soggettivo, onde ha tratto l'ulteriore conseguenza che essa debba essere posseduta singolarmente da ciascuna impresa, a meno che non risulti che sia incontestabilmente riferita solo a una parte delle prestazioni, eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate.

Tale conclusione sembra condivisibile nella sostanza, ma necessita tuttavia di alcune precisazioni.

Innanzitutto, essa introduce una distinzione tra requisiti tecnici oggettivi (cumulabili), i.e. servizi analoghi nell'ultimo triennio, organico medio annuo, ecc., e requisiti tecnici soggettivi (non cumulabili e di cui è richiesto il possesso obbligatorio), e cioè la certificazione di qualità.

Invero, tale distinzione, sia pure comprensibile nella sostanza (12), può sembrare arbitraria in quanto non risulta dalla normativa di cui al citato D.Lgs. n. 157/1995, che disciplina entrambe le fattispecie nello stesso articolo 14 (13).

Sostanzialmente il giudice amministrativo ha equiparato il possesso della certificazione di qualità al possesso dell'attestazione SOA nei lavori pubblici ai sensi del D.P.R. n. 34/2000 (che peraltro può fondarsi anche sulla mera presenza di "elementi significativi e correlati del sistema qualità"), ciò che può dare adito a dubbi stante la diversità delle due fattispecie (l'attestazione SOA è un'abilitazione di natura giuridica mentre la certificazione di qualità si basa su norme tecniche volontarie) e soprattutto l'inesistenza di un obbligo giuridico per i prestatori di servizi di essere in possesso di tale certificazione.

Inoltre, tenuto conto di quanto stabilito dall'art. 74, 1° comma del D.P.R. n. 554/99, in base al quale l'impresa aggiudicataria in possesso della qualificazione nella categoria prevalente può eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l'opera anche se non in possesso delle relative qualificazioni, in tal modo si introduce per gli appalti di servizi una disciplina dei requisiti di capacità tecnica ancor più rigorosa di quella prevista per i lavori pubblici, che peraltro ha direttamente un fondamento normativo.

In secondo luogo, la soluzione prospettata sembra contrastare con il consolidato principio in base al quale, qualora per una ragione giustificata, l'impresa concorrente non sia in grado di presentare i documenti richiesti, essa è ammessa a provare la propria capacità mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dall'amministrazione; tale principio, anzi, nella specifica materia, ha apposita esplicitazione (art. 14, ultimo comma, ultimo periodo).

In terzo luogo, nella parte in cui si afferma che, non richiedendo la certificazione a tutti i soggetti tenuti ad eseguire le prestazioni contrattuali, l'interesse della stazione appaltante ad ottenere un certo livello qualitativo delle prestazioni risulterebbe vanificato, la pronuncia appare inesatta in quanto:

- non si distingue tra certificazione di prodotto e certificazione di processo (o di sistema qualità);

- non si tiene conto che la certificazione del sistema qualità non ha nulla a che vedere con le caratteristiche qualitative della prestazione;

- non si distingue tra le casistiche sopraindicate rispetto all'avvenuta costituzione o meno del raggruppamento temporaneo e alla natura orizzontale o verticale dello stesso;

- non si distingue tra le tre tipologie di certificazione sopra ricordate.

In definitiva il Consiglio di Stato sembra piuttosto aver voluto dire, ed in ciò la pronuncia appare - relativamente - convincente, che nel (solo) caso di associazioni di tipo "orizzontale" a fronte della specifica certificazione richiesta per prestazioni di carattere del tutto omogeneo tra imprese mandanti e mandataria, tale requisito debba essere posseduto da tutti i membri dell'ATI.

La indebita generalizzazione del principio giurisprudenziale potrebbe pertanto condurre, in concreto, ad esclusioni illegittime e immotivate (14).

Ed infatti può darsi, ad esempio, e fatte salve altre ipotesi enucleabili:

- che nell'ambito di un servizio complesso una parte di servizio scorporabile possa comunque non richiedere la certificazione di qualità (es. trasporto dei pasti nell'ambito di un servizio di ristorazione "veicolata");

 - che il bando di gara, in concreto, abbia richiesto una certificazione non adeguata alle prestazioni contrattualmente previste (es. EN ISO 9002 per prestazioni includenti una componente progettuale).

In entrambi i casi prospettati verrebbe introdotto un requisito di partecipazione non sorretto da motivazioni razionali e in definitiva discriminatorio.

In relazione a quanto sopra deve essere considerato inoltre che per alcune tipologie di servizi (come gli appalti dei servizi di ristorazione - art. 59, 4° comma della L. n. 488/1999 -, gli appalti di pulizia - D.P.C.M. n. 117/1999 -, i servizi di ingegneria e architettura - art. 64 D.P.R. n. 554/99 e D.P.C.M. n. 116/1997 -) è prevista legislativamente l'aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, e pertanto con la valutazione di elementi qualitativi e metodologici dell'offerta.

Pertanto in tal caso - in aggiunta alle considerazioni sopra svolte - va evidenziato che attraverso una presunzione assoluta (derivante dal mancato possesso della certificazione di qualità) l'amministrazione aggiudicatrice rinuncerebbe a valutare qualitativamente il piano del servizio presentato specificamente per l'appalto.

Viceversa, può concordarsi sulla non particolare pertinenza - ai fini in discorso - delle argomentazioni del giudice di prime cure, che aveva fatto leva sul favor legislativo per le associazioni temporanee d'impresa e sul diverso principio della recuperabilità ai fini della qualificazione (e a determinate condizioni) dei requisiti posseduti da soggetti terzi.

Si ribadisce peraltro che, in ogni caso, la stazione appaltante dovrà ammettere, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 14, comma 4, del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 157, attestazioni relative all'impiego di misure di qualità equivalenti a quelle della serie EN ISO 9000, qualora il concorrente possa dimostrare di non avere accesso alle certificazioni basate su queste norme, ovvero non possa ottenerle nei termini prescritti.

 

(1) Per un commento al D.Lgs. 157/95, cfr. AA.VV., "Appalti pubblici di servizi", Milano, 1997.

Va in questa sede rammentato, per incidens, che la qualificazione in ragione delle norme UNI EN ISO può assumere le seguenti caratteristiche:

a) UNI EN ISO 9001, quando la conformità ai requisiti specificati deve essere assicurata dal fornitore nella progettazione, sviluppo, fabbricazione, installazione ed assistenza;

b) UNI EN ISO 9002, quando si ha riguardo alla conformità ai requisiti specifici che deve essere assicurata dal fornitore nella fabbricazione, installazione ed assistenza;

c) UNI EN ISO 9003, quando la conformità ai requisiti specifici deve essere assicurata dalla ditta solo all'atto delle prove e del collaudo finale.

(2) Sia consentito rinviare a M.GRECO, "La qualificazione delle imprese concorrenti negli appalti pubblici di servizi e forniture", in www.dirittoitalia.it.

(3) Ci si permette ancora di rinviare, per riferimenti, al nostro "Gli appalti dei servizi di ristorazione scolastica", Milano, 2000, pag. 36.

(4) Tribunale amministrativo regionale Calabria - Catanzaro - 29 marzo 2000, n. 344.

(5) Cfr. da ultimo, ex multis, TAR Puglia, Lecce, sez. II, 11 marzo 1999 n. 174; TAR Campania, Napoli, sez. I, 25 gennaio 1999, n. 149; TAR Basilicata, 31 dicembre 1998 n. 468.

(6) La letteratura sull'argomento è ormai copiosa. Per riferimenti, si rinvia a M.GRECO, "I sistemi regionali di qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici", in questa Rivista, n. 6-2001.

(7) In tal senso si è espressa anche la deliberazione 9 novembre 2000 dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione "Regole tecniche e criteri operativi per l'utilizzo della certificazione EN ISO 9000 nell'appalto di contratti relativi a progettazione, realizzazione, manutenzione, gestione e conduzione operativa dei sistemi informativi automatizzati, ex art. 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39", che contiene peraltro interessanti indicazioni che sembrano trascendere l'ambito stretto della medesima, come ad esempio per quanto riguarda la problematica della certificazione nei raggruppamenti temporanei di imprese (di cui immediatamente nel testo).

(8) Per il vero l'Amministrazione dovrebbe richiedere, in aggiunta alla certificazione di qualità, copia del manuale della qualità e un piano della qualità della commessa (si v. la già citata deliberazione 9 novembre 2000 dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, parr. 6 e 7).

(9) Si rinvia alla più diffusa manualistica per l'integrazione delle presenti notazioni sintetiche sulla tematica delle ATI.

(10) Cfr. la già citata deliberazione 9 novembre 2000 dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione.

(11) Ancora la già citata deliberazione 9 novembre 2000 dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, par. 3.

(12) In definitiva il giudice amministrativo sembra fare leva soprattutto sulla non frazionabilità del requisito (la certificazione o è posseduta o non è posseduta).

(13) A rigore tali requisiti sono tutti soggettivi, sia pure con una tendenza della normativa alla loro oggettivazione (si veda il già citato filone giurisprudenziale sul recupero dei requisiti di qualificazione di soggetti terzi; sul versante normativo, l'art. 15, comma 9° del D.P.R. n. 34/2000 e le interpretazioni estensive dell'art. 35 della L. n. 109/1994 ss.mm.ii.).

(14) Nel caso di specie la conferma dell'esclusione dalla gara sembra altresì spiegabile e giustificata con la circostanza che in possesso della certificazione era la sola impresa mandante e non la mandataria.

 

 

FATTO

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso, proposto dall'attuale appellante, per l'annullamento della determinazione del responsabile del servizio del comune di B. n. 160/1999, recante l'aggiudicazione all'ATI S. s.a.s. - M. s.r.l. del servizio di mensa scolastica per il periodo 1999/2004.

L'appellante ripropone le censure disattese dal tribunale.

Gli appellati non si sono costituiti in giudizio.

DIRITTO

L'appellante, ricorrente in primo grado, ha partecipato al pubblico incanto bandito dal comune di B., per l'aggiudicazione del servizio di mensa scolastica (comprensivo della fornitura delle attrezzature di cucina e della messa in sicurezza dei locali per lo svolgimento dell'attività di ristorazione), relativo agli anni scolastici dal 1999-2000 al 2003-2004, presso la scuola media "Eduardo De Filippo", per un importo presuntivo annuo pari a lire 554.125.000, oltre IVA, classificandosi al secondo posto della graduatoria.

In tale veste, l'interessata contesta l'aggiudicazione all'associazione temporanea di impresa fra le società S. s.a.s. e M. s.r.l., criticando la pronuncia di rigetto del tribunale.

Con un primo motivo, l'appellante sostiene che l'ATI aggiudicataria non poteva essere ammessa alla gara, per carenza del requisito di idoneità tecnica, prescritto dal bando, costituito dalla certificazione di qualità ISO 9002.

Al riguardo, l'interessata sostiene che, secondo i principi generali in materia di idoneità tecnica per l'ammissione alle gare, non contraddetti dalle puntuali regole del bando, il requisito in esame deve essere posseduto da tutte le imprese facenti parte del raggruppamento, mentre non è sufficiente il possesso da parte della sola società M., impresa mandante, come affermato dal tribunale.

Secondo la pronuncia impugnata, invece, occorre considerare la "linea di tendenza di forte favore per le associazioni che va facendosi strada nello stesso ambito comunitario". Tale indirizzo è espresso dalla decisione della Corte di giustizia delle comunità europee 2 dicembre 1999 in causa C-176-98.

A dire della sentenza di primo grado, la stessa conclusione dovrebbe essere ricavata dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 358/1992, richiamato dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 157/1995: "la previsione della necessaria specificazione, a pena di esclusione, nell'offerta congiunta, delle parti della fornitura (o del servizio) che saranno eseguite dalle singole imprese può far desumere la necessità del possesso, da parte di ciascuna impresa, dei soli requisiti idoneativi oggettivi corrispondenti e commisurati alla porzione del servizio o della fornitura che essa impresa associata si è impegnata, in sede di offerta congiunta, a eseguire direttamente".

La tesi sostenuta dal tribunale non può essere condivisa.

In linea generale, l'ordinamento comunitario ed il diritto interno manifestano uno spiccato apprezzamento per i raggruppamenti temporanei di imprese e di professionisti, costituiti per ottenere l'affidamento di contratti e di servizi pubblici. Tali aggregazioni svolgono, sul piano economico, una obiettiva funzione antimonopolistica, consentendo un ampliamento della dinamica concorrenziale e favorendo l'ingresso sul mercato di imprese di minore dimensione, o specializzate in particolari settori produttivi e tecnologici, fisiologicamente selezionate attraverso il confronto negoziale tra i prezzi offerti.

Per realizzare adeguatamente gli scopi perseguiti, la normativa impone di assoggettare le ATI ad un trattamento tendenzialmente uguale a quello previsto, in generale, per gli altri soggetti ammessi alle gara, definendo omogenei requisiti soggettivi di partecipazione.

In questa prospettiva, la disciplina di rango comunitario e nazionale si articola in un complesso di regole che realizza un ragionevole punto di equilibrio fra due diverse esigenze, potenzialmente contrapposte:

la scelta del modulo associativo non deve comportare un trattamento indiscriminatamente deteriore rispetto a quello previsto, in generale, per tutti i concorrenti singoli;

lo schema dell'ATI non deve tradursi in uno strumento elusivo delle regole dirette ad imporre alle imprese particolari requisiti minimi necessari per partecipare alla gara d'appalto.

Questo duplice criterio consente di impostare correttamente il problema in esame, distinguendo i requisiti che:

devono necessariamente essere posseduti, singolarmente, da ciascuna delle imprese riunite;

possono essere riferiti ad una sola delle imprese del raggruppamento, oppure possono essere accertati cumulando le qualità di due o più imprese associate.

Al riguardo, non pare dubitabile, intanto, che i requisiti di carattere morale e di generica affidabilità (quali l'inesistenza di precedenti penali ostativi, la regolarità contributiva, il rispetto della normativa "antimafia"), come riconosciuto dallo stesso tribunale, devono essere posseduti da ciascuna delle imprese. Il rapporto di collaborazione economica tra i soggetti non può surrogare l'apprezzamento riguardante profili di questo tipo, non direttamente connessi alla struttura imprenditoriale del concorrente, ed alla sua articolazione in una organizzazione temporanea complessa.

Al riguardo, è utile ricordare l'orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di aggiudicazione dei contratti della p.a., il principio secondo il quale i requisiti richiesti dal bando o dalla lettera di invito devono essere posseduti dal raggruppamento di imprese e non dalle singole imprese raggruppate consente di cumulare solo i requisiti di natura tecnica singolarmente posseduti dalle imprese (o dalle cooperative consorziate), vale a dire che, ove sia richiesto il possesso di un determinato numero di mezzi o di unità di personale, esso può essere raggiunto sommando tra loro quello delle singole imprese che, raggruppate e consorziate, dovranno svolgere il servizio o realizzare l'opera; peraltro, tale principio non implica che requisiti di natura formale relativi alla regolarità della gestione delle imprese sotto il profilo dell'ordine pubblico, anche economico, possano ritenersi accertati con esclusivo riferimento al consorzio o al raggruppamento e non debbano invece essere posseduti e documentati dalle imprese designate quali esecutrici del servizio o dell'opera (C. Stato, sez. V, 24-11-1997, n. 1367).

L'accertamento dei requisiti di idoneità tecnica, finanziaria ed economica presenta, invece, aspetti più complessi.

Al riguardo è necessario, in linea preliminare, sgombrare il campo da un equivoco.

La giurisprudenza comunitaria richiamata dalla sentenza appellata afferma il principio secondo cui le imprese partecipanti alle gare possono dimostrare le qualità richieste dal bando anche in modo indiretto, ossia facendo riferimento agli attributi di altri soggetti, purché con esse legati da un rapporto effettivo e sostanziale.

In questo senso, come è ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza comunitaria, la direttiva del consiglio 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, in tema di appalti di servizi, va interpretata nel senso che essa consente a un prestatore, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione a una gara d'appalto di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che il partecipante ha con essi, a condizione che il soggetto interessato sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti.

Detta pronuncia, quindi, non riguarda, propriamente, la questione relativa all'accertamento dei requisiti soggettivi dei raggruppamenti temporanei di imprese.

L'indirizzo in esame è visibilmente ispirato dalla concezione "realistica" del diritto comunitario, secondo cui, ai fini dell'applicazione di regole proprie dell'ordinamento europeo, occorre considerare la sostanza dei rapporti, indipendentemente dalla forma giuridica utilizzata (variabile anche in funzione del diverso contesto nazionale dell'impresa).

Al tempo stesso, la pronuncia del giudice comunitario, pur affermando il principio del "possesso indiretto dei requisiti", segna anche un limite rigoroso: l'irrilevanza del dato formale impone comunque di accertare l'effettività della situazione considerata e la sua attitudine a dimostrare la concreta disponibilità degli strumenti oggettivi (o, in certa misura, delle qualità soggettive) richiesti dalla stazione appaltante.

Ora, seguendo questa lineare prospettiva, è utile osservare che il possesso indiretto del requisito è stato riconosciuto dal giudice comunitario, in concreto, nell'ambito di un gruppo societario, ossia in relazione ad un fenomeno caratterizzato da elementi strutturali e funzionali peculiari, da tempo sottoposti ad attenta analisi dottrinaria e giurisprudenziale.

Attraverso itinerari ricostruttivi vari ed elaborati, ed in relazione alla operatività di particolari discipline (specie in materia di diritto del lavoro e di procedure fallimentari), gli interpreti hanno spesso individuato profili di autonoma soggettività del gruppo, oppure hanno ritenuto di poter "squarciare il velo della personalità giuridica", evidenziando, non senza tratti problematici, l'assenza di una effettiva distinzione soggettiva tra gli organismi inseriti nel gruppo.

In questa particolarissima cornice di riferimento, il possesso indiretto dei requisiti soggettivi va inteso in modo razionale, coerente con la funzione assegnata alla qualità richiesta dalla norma speciale di gara.

L'orientamento del giudice comunitario è certamente estensibile anche ad altre fattispecie sostanziali, purché caratterizzate da profili idonei a manifestare l'intensità - qualificata - della connessione soggettiva tra i diversi centri di imputazione giuridica.

Il dato potrebbe riscontrarsi in quei rapporti di collaborazione economica segnati dalla creazione di un nesso stabile, non infrequenti nella prassi e considerati, per alcuni profili, anche dalla più recente legislazione in materia (si pensi alla legge 18 giugno 1998, n. 192, recante Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, che vieta, comunque, l'abuso della dipendenza economica).

La disponibilità diretta del mezzo (o del requisito) non pare riscontrabile, con immediatezza, nel rapporto tra le imprese associate. Nella varietà dei moduli utilizzabili, un dato viene concordemente evidenziato dagli interpreti: il raggruppamento temporaneo non dà vita ad una struttura associativa e le imprese conservano intatte le rispettive autonomie formali e sostanziali.

Anche nella vicenda in esame non emerge che il rapporto di mandato irrevocabile (attraverso cui si manifesta il raggruppamento aggiudicatario) sia accompagnato da un rapporto di provvista idoneo ad evidenziare quel penetrante controllo "effettivo" richiesto dalla disciplina comunitaria.

Dunque, per risolvere il problema interpretativo proposto con l'appello, è necessario svolgere un diverso itinerario ricostruttivo.

Al riguardo, è opportuno precisare che i requisiti di idoneità tecnica, economica e finanziaria prescritti dalla normativa primaria e specificati nella lex specialis di gara, possono presentare connotazioni differenti, valorizzando, di volta in volta, profili soggettivi, oggettivi, o misti.

Il possesso dei requisiti di carattere oggettivo può essere dimostrato facendo riferimento alla sommatoria dei mezzi e delle qualità delle imprese facenti parte del raggruppamento. Anche in tal caso, però, resta fermo un duplice limite.

Il primo riguarda la previsione normativa di una soglia minima quantitativa prescritta per ciascuna impresa: un eccessivo frazionamento del requisito renderebbe l'accertamento scarsamente attendibile, diminuendo l'efficacia del giudizio sull'affidabilità dell'impresa e la tutela del correlato interesse pubblico.

Il secondo limite riguarda, invece, la necessaria corrispondenza tra il requisito e la parte del servizio, dell'opera o della fornitura effettuata da ciascuna delle imprese associate, nelle ipotesi in cui sia prevista la specificazione delle prestazioni.

I requisiti tecnici di carattere soggettivo, invece, devono essere posseduti singolarmente da ciascuna impresa, a meno che non risulti che essi siano incontestabilmente riferiti solo ad una parte delle prestazioni, eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate.

Infatti, la previsione di requisiti di tale tipo riflette la scelta dell'amministrazione di ottenere, nel complesso, una garanzia qualitativa di un certo livello, riferita all'intero rapporto contrattuale, considerato in ciascuna delle singole fasi di svolgimento.

In tale ambito rientra certamente anche la certificazione di qualità. Essa mira ad assicurare che l'impresa svolga il servizio secondo un livello minimo di prestazioni, accertate da un organismo qualificato, secondo parametri rigorosi delineati a livello europeo, che valorizzano l'organizzazione complessiva dell'attività e l'intero svolgimento nelle diverse fasi.

Detta valutazione va estesa a tutti i soggetti tenuti ad eseguire le prestazioni contrattuali. Diversamente, l'interesse della stazione appaltante ad ottenere un certo livello qualitativo delle prestazioni risulterebbe vanificato.

In definitiva, quindi, l'appello deve essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione impugnato in primo grado.

Le spese possono essere compensate.

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