Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 5-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 29 aprile 2002 n. 2280 - Pres. Venturini, Est. Saltelli - Comune di Marano (Avv. Marone) c. Chianese ed altri (Avv.ti Ambroselli e Magrì) - (conferma T.A.R. Campania, sez. V, 13 marzo 2001, n. 1097).

1. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Finalità - Individuazione.

2. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Obbligo - Ha carattere generale - Esclusione - Vale solo per alcuni tipi di procedimento.

3. Atto amministrativo - Procedimento - Comunicazione di avvio - Ex art. 7 L. n. 241/90 - Obbligo - Nel caso di dichiarazione di p.u. per implicito - Sussiste.

4. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Per lesione di interessi legittimi - Tutela restitutoria o ripristinatoria - Ha prevalenza rispetto a quella risarcitoria patrimoniale.

5. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Per lesione di interessi legittimi - Tutela restitutoria - Nel caso di espropriazione per p.u. - Può essere impedita solo dalla irreversibile trasformazione del fondo - Fattispecie.

1. La funzione svolta dalla comunicazione di avvio del procedimento prevista dagli artt. 7 e ss. della L. n. 241/90 consiste nel consentire ai soggetti destinatari della comunicazione stessa di far emergere, attraverso le proprie osservazioni, gli eventuali interessi, anche spiccatamente privati, che sottostanno all'azione amministrativa discrezionale, in modo da orientare correttamente ed esaustivamente la stessa scelta della pubblica amministrazione attraverso una ponderata valutazione di tutti interessi (pubblici e privati) in gioco per il raggiungimento della miglior soddisfazione possibile dell'interesse pubblico (1).

2. L'obbligo imposto alla pubblica amministrazione di inviare la comunicazione di avvio del procedimento previsto dagli artt. 7 e ss. della L. n. 241/90 si estende alla generalità dei procedimenti amministrativi, fatta eccezione per alcuni tipi, per i quali quel modello procedimentale è escluso o in senso assoluto o perché essi sono disciplinati in maniera speciale, così come accade ai sensi dell'art. 13 della stessa legge n. 241 per i procedimenti per l'emanazione di atti normativi o amministrativi generali, di pianificazione o di programmazione, tributari (2).

3. L'obbligo imposto alla pubblica amministrazione di inviare la comunicazione di avvio del procedimento previsto dagli artt. 7 e ss. della L. n. 241/90 non è escluso neppure nell'ipotesi di dichiarazione di pubblica utilità che consegue implicitamente all'approvazione dei progetti di opere pubbliche, ai sensi dell'articolo 1 della legge 3 gennaio 1978 n. 1 (3); anche in questi casi, infatti, l'interesse pubblico alla realizzazione dei lavori pubblici, con i conseguenti necessari sacrifici degli interessi proprietari che essi generalmente comportano, deve essere il risultato della necessaria ponderazione di tutti gli interessi in gioco, tra cui quelli dei proprietari da espropriare assumono una particolare rilevanza, ai fini della legittimità dell'azione amministrativa postulata dall'articolo 97 della Costituzione.

4. La tutela restitutoria o ripristinatoria non può essere considerata come eventuale o eccezionale, alla luce del principio di cui agli articoli 24 e 113 Cost. di effettività della tutela del cittadino nei confronti dell'attività, provvedimentale o materiale, della pubblica amministrazione, ma anzi è prevalente, dovendosi ritenere che la tutela risarcitoria patrimoniale sia sussidiaria rispetto alla prima, con la conseguenza che essa deve considerarsi praticabile solo quando quella restitutoria non possa essere conseguita con successo (4).

5. Alla tutela restitutoria, nel caso di annullamento di una procedura espropriativa, può essere ostativa soltanto la irreversibile trasformazione del fondo, la quale si verifica in occasione di una profonda modificazione materiale del bene tale da fargli assumere una struttura, una forma e una consistenza diversa, ovvero tale da fargli assumere almeno una diversa natura o collocazione giuridica (5), dando così vita ad un bene nuovo, capace di utilità o funzioni diverse e incompatibili con quelle precedenti (6) (alla stregua del principio la Sez. IV ha ritenuto legittima la statuizione dei giudici di prime cure, i quali avevano ritenuto possibile nella specie far ricorso alla tutela restitutoria, tenuto conto del fatto che da una relazione tecnica risultava che i lavori avviati dall'amministrazione non avevano snaturato il fondo di proprietà dei ricorrenti, potendo essere sostanzialmente ripiantati gli alberi da frutto in origine presenti e potendo essere tratte dal fondo altre utilità, del tutto compatibili con la originaria natura e consistenza del fondo stesso).

---------------

(1) Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2001 n. 1231; C.G.A., 27 marzo 2001 n. 153.

(2) Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999 n. 14.

(3) Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 1999 n. 14; id., 24 gennaio 2000 n. 2; Sez. IV, 3 maggio 2000 n. 2609; id., 15 maggio 2000 n. 2705; id., 15 dicembre 2000 n. 6684.

(4) Ha aggiunto la Sez. IV che, anche in tale prospettiva, va interpretato il principio di legalità e buon andamento dell'azione amministrativa, sancito dell'art. 97 della Costituzione, in quanto l'interesse pubblico prevalente (alla conclusione dei lavori o alla realizzazione dell'opera) può invocarsi solo quando il provvedimento amministrativo sia stato legittimamente emanato, non potendo altrimenti sacrificarsi la tutela reale del cittadino all'integrità del diritto illecitamente leso.

(5) Cass., sez. I, 12 agosto 1997 n. 7532.

(6) Cass., sez. I, 16 marzo 1994 n. 2507; 27 maggio 1999 n. 5166; Trib. Sup. Acque, 15 aprile 1999 n. 48.

 

 

FATTO

Con ricorso notificato il 19 aprile 2000 (RG. 3724/00) Chianese Valeria ed Annamaria, quest'ultima in proprio e quale procuratrice speciale di Solari Luisa, Cantore Bianca, Elena, Gabriella, Antonia e Luigi, nella asserita qualità di comproprietari di quota parte della consistenza immobiliare sita nel comune di Marano e riportata nel relativo catasto terreni alla partita 7927, foglio 8, particelle 64, 65, 116 e 117, chiedevano al Tribunale amministrativo regionale della Campania: I) l'annullamento: a) del decreto di occupazione d'urgenza n. 1 del 13 marzo 2000, relativo ai fondi di loro proprietà, a firma del dirigente dell'ufficio tecnico del comune di Marano, con l'allegato avviso delle operazioni di redazione dello stato di consistenza e di immissione nel possesso; b) delle delibere della Giunta municipale del comune di Marano n. 206 del 21 aprile 1999 e n. 564 del 17 novembre 1999, relative al progetto di riqualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campana e piazzale cimitero; c) della delibera della Giunta municipale del comune di Marano n. 33 del 28 gennaio 2000; nonché II) previo annullamento degli atti impugnati e previa declaratoria dell'originaria illegittimità dell'occupazione e dell'obbligo di formale restituzione dell'area occupata, la condanna del comune di Marano al risarcimento di tutti i danni patiti e patendi per effetto dell'illegittima occupazione dell'area ovvero la condanna al risarcimento dei danni pari al valore venale dell'area, in ipotesi di irreversibile trasformazione dell'area.

L'impugnativa era affidata a cinque articolati motivi di gravame con i quali si lamentava sostanzialmente la lesione delle garanzie partecipative di cui agli articoli 4 e 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e agli articoli 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, essendo stato loro notificato soltanto il decreto di occupazione d'urgenza, attraverso il quale non era neppure esattamente individuabile il fondo interessato al procedimento ablatorio; veniva inoltre evidenziata la mancanza dell'autorizzazione prevista dagli articoli 17 e 18 della legge 2 febbraio 1974 n. 64, ricadendo il comune di Marano in zona sismica.

Con altro ricorso notificato il 3 luglio 2000 (RG 6378/00) gli stessi ricorrenti chiedevano l'annullamento anche dell'avviso in data 17 maggio 2000, a firma del dirigente dell'ufficio tecnico del comune di Marano, relativo alle operazioni di immissione nel possesso e redazione dello stato di consistenza da svolgersi il 13 giugno 2000, notificato il 14 giugno 2000, nonché del successivo avviso in data 13 giugno 2000, notificato il pari data, con cui si comunicava lo svolgimento delle predette operazioni di immissione nel possesso e redazione dello stato di consistenza per il successivo 26 giugno 2000, oltre agli atti preordinati, connessi e conseguenti.

Avverso tali atti, oltre ai vizi già denunciati con il primo ricorso, venivano svolti altri due articolati motivi di censura, sostenendo, per un verso, che essi erano stati notificati senza il rispetto del termine di venti giorni previsto dall'articolo 3, ultimo comma, della legge 3 gennaio 1978 n. 1, e, per altro verso, che la presa di possesso dei fondi di loro proprietà era comunque stata materialmente effettuata il 26 giugno 2000, oltre il termine massimo di tre mesi decorrente dall'emanazione del decreto di occupazione di urgenza, avvenuta il 13 marzo 2000, e dunque in violazione dell'articolo 20, comma 1, della legge 22 ottobre 1971 n. 865.

In entrambi i giudizi si costituiva il comune di Marano resistendo ai ricorsi, di cui chiedeva il rigetto.

L'adito Tribunale, riuniti i ricorsi, con la sentenza n. 1097 del 13 marzo 2001 (sezione V^) li ha accolti per quanto di ragione, annullando gli atti impugnati, ordinando la restituzione dei suoli e condannando l'amministrazione comunale di Marano al risarcimento dei danni derivanti dall'occupazione illegittima, secondo i criteri espressi in motivazione, oltre al pagamento delle spese di giudizio.

In particolare, i giudici di prime cure hanno ritenuto fondate e assorbenti le doglianze relative alla violazione del giusto procedimento per l'omessa partecipazione dei proprietari al procedimento espropriativo, con specifico riguardo al provvedimento dichiarativo della pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dei lavori da eseguirsi, rilevando che in concreto non si era verificata l'irreversibile trasformazione del suolo con conseguente possibilità di restituzione del fondo e obbligo dell'amministrazione comunale di risarcire i danni da illegittima occupazione, da liquidarsi in via equitativa in misura percentuale pari al saggio degli interessi legali per ciascun anno di occupazione, da rapportarsi al valore di mercato dei terreni all'epoca della immissione in possesso.

Avverso il dispositivo di detta sentenza (n. 14 del 12 febbraio 2001) il comune di Marano ha proposto appello, sollevando tre ordini di censure.

Con il primo è stato contestato la legittimità dell'ordine di restituzione del fondo, adducendosi che le opere, per la cui esecuzioni si era disposta l'occupazione, erano già iniziate, realizzandosi una situazione di sostanziale irreversibile trasformazione, in quanto, dovendosi realizzare un parcheggio pubblico, erano stati già tagliati gli alberi da frutto insistenti originariamente sul fondo.

Con il secondo è stato dedotto che erroneamente i primi giudici avevano ritenuti sussistenti i vizi relativi alla presunta violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento espropriativo, atteso che esse non si applicavano con riferimento al decreto di occupazione d'urgenza, oggetto dell'impugnativa.

Con il terzo, infine, si contestava l'esistenza di un vizio di legittimità del decreto di occupazione per la incerta individuazione dei beni oggetto di occupazione dovuta alla asserita mancanza del piano particellare e grafico dell'area occupata, essendo stata sufficientemente e correttamente individuati i beni in esame.

Gli appellati si sono costituiti in giudizio, deducendo l'inammissibilità ed infondatezza dell'appello di cui hanno chiesto il rigetto.

Con ordinanza n. 2184 del 10 aprile 2001 della IV^ Sezione del Consiglio di Stato è stata respinta l'istanza cautelare di sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata.

Con atto notificato il 23 maggio 2001 l'appellante, in relazione all'intervenuto deposito della sentenza, ha proposto motivi aggiunti, riproponendo i primi due motivi dell'appello principale.

Oltre alle rituali memorie illustrative delle rispettive difese, è stato depositata dagli appellati una relazione redatta da un tecnico di loro fiducia in ordine allo stato del fondo oggetto dei provvedimenti impugnati.

DIRITTO

I. E' contestata la legittimità del decreto di occupazione d'urgenza n. 1 del 13 marzo 2000, a firma del dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Marano, e degli avvisi delle operazioni di redazione dello stato di consistenza e di immissione in possesso nel fondo (riportato nel catasto terreni del Comune di Marano alla partita 7927, foglio 8, particelle 64, 65, 116 e 117), di cui sono comproprietari Chianese Valeria ed Annamaria, quest'ultima anche quale procuratrice speciale di Solari Luisa, Cantore Bianca, Elena, Gabriella, Antonia e Luigi, nonché delle delibere della Giunta municipale del Comune di Marano n. 206 del 21 aprile 1999 e n. 564 del 17 novembre 1999, relative al progetto di riqualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campana e piazzale cimitero, e della successiva delibera n. 33 del 28 gennaio 2000, in esecuzione delle quali è stato emanato il ricordato decreto di occupazione di urgenza.

L'Amministrazione comunale di Marano deduce l'erroneità della sentenza n. 1097 del 13 marzo 2001, con cui il Tribunale amministrativo regionale della Campania (sez. V) ha annullato tutti i predetti atti sul presupposto della violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento espropriativo per omessa comunicazione dell'avvio di procedimento, ordinando la restituzione del fondo occupato e condannandola al pagamento del risarcimento dei danni derivanti dall'illegittima occupazione: a suo avviso, infatti, non sarebbe stato violato alcun obbligo relativo alle garanzie partecipative, atteso che queste non troverebbero applicazione nei confronti del decreto di occupazione d'urgenza; inoltre si contesta l'ordine di restituzione del fondo occupato, atteso sarebbero già stati avviati i lavori per la cui realizzazione sarebbe stata disposta l'occupazione.

Resistono al gravame gli appellati.

II. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.

II.1. E' infondato il primo motivo di appello, con il quale è stato sostenuto che, nel caso di specie, non vi era alcun obbligo da parte del Comune di Marano di comunicare agli interessati l'avvio del procedimento di espropriazione, vertendosi in tema di presunta illegittimità di un decreto di occupazione d'urgenza.

II.1.1. In realtà, come si evince pacificamente dalla lettura dei ricorsi di primo grado, oggetto dell'impugnativa non è soltanto il decreto di occupazione d'urgenza, ma anche le delibere della Giunta municipale del Comune di Marano (n. 206 del 21 aprile 1999 e n. 564 del 17 novembre 1999) che, approvando rispettivamente gli atti tecnici e contabili prima e il progetto esecutivo, poi, del progetto di riqualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campana e piazzale cimitero, e implicando la dichiarazione di pubblica utilità dei lavori necessari, non sono state emanata con la necessaria partecipazione dei proprietari interessati, nè con riferimento alla previsione contenuta nell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, né con riferimento a quella di cui agli articoli 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971 n. 865.

Se non vi è dubbio che il provvedimento di occupazione d'urgenza non ha bisogno, ai fini della sua legittimità, della previa comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di provvedimento che si pone quale necessaria conseguenza sul piano giuridico della dichiarazione di pubblica utilità, è altrettanto evidente che la violazione delle garanzie partecipative che inficia tale ultimo provvedimento non può non ripercuotersi anche sul decreto di occupazione di urgenza.

II.1.2. Osserva al riguardo la Sezione che la funzione svolta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati consiste nel consentire a questi ultimi di far emergere, attraverso le proprie osservazioni, gli eventuali interessi, anche spiccatamente privati, che sottostanno all'azione amministrativa discrezionale, in modo da orientare correttamente ed esaustivamente la stessa scelta della pubblica amministrazione attraverso una ponderata valutazione di tutti interessi (pubblici e privati) in gioco per il raggiungimento della miglior soddisfazione possibile dell'interesse pubblico (ex multis, C.d.S., sez. V, 3 marzo 2001 n. 1231; C.G.A., 27 marzo 2001 n. 153).

Proprio in ragione di tale importante funzione, l'obbligo imposto alla pubblica amministrazione di inviare tale comunicazione si estende "alla generalità dei procedimenti amministrativi, fatta eccezione per alcuni tipi, per i quali quel modello (procedimentale) è escluso o in senso assoluto o perché essi sono disciplinati in maniera speciale: i procedimenti per l'emanazione di atti normativi o amministrativi generali, di pianificazione o di programmazione, tributari", come previsto dagli articoli 7 e 13 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (C.d.S., A.P., 15 settembre 1999 n. 14).

E' altresì escluso l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento nei quali sussista l'urgenza di provvedere, quando cioè il tempo occorrente a consentire la partecipazione degli interessati potrebbe mettere in pericolo o ledere in modo irreversibile lo stesso interesse pubblico che si intendeva perseguire con il provvedimento.

Con riferimento alla fattispecie portata all'esame della Sezione, l'obbligo di cui si discute non è escluso neppure nell'ipotesi di dichiarazione di pubblica utilità che consegue implicitamente all'approvazione dei progetti di opere pubbliche ai sensi dell'articolo 1 della legge 3 gennaio 1978 n. 1, come precisato dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (15 settembre 1999 n. 14; 24 gennaio 2000 n. 2) e dalla successiva costante giurisprudenza amministrativa (C.d.S., sez. IV, 3 maggio 2000 n. 2609; 15 maggio 2000 n. 2705; 15 dicembre 2000 n. 6684): anche in questi casi, infatti, l'interesse pubblico alla realizzazione dei lavori pubblici, con i conseguenti necessari sacrifici degli interessi proprietari che essi generalmente comportano, deve essere il risultato della necessaria ponderazione di tutti gli interessi in gioco, tra cui quelli proprietari da espropriare (C.d.S., sez. IV, 4 dicembre 2000 n. 6486) assumono una particolare rilevanza, ai fini della legittimità dell'azione amministrativa postulata dall'articolo 97 della Costituzione, anche per la tutela loro assicurata alla proprietà dallo stesso legislatore costituzionale.

II.1.3. Sulla scorta di tali osservazioni deve rilevarsi che correttamente i primi giudici hanno annullato gli atti impugnati dai ricorrenti.

Invero dalla documentazione versata in atti, e come del resto non contestato neppure dall'amministrazione comunale appellante, si evince che i proprietari del fondo oggetto dell'impugnato decreto di occupazione d'urgenza non hanno mai avuto alcuna notizia del procedimento espropriativo, non essendo stati messi in condizione di partecipare, con le necessarie osservazioni e controdeduzioni, alle scelte dell'amministrazione concretizzatesi nelle delibere della Giunta municipale con cui prima sono stati approvati gli atti tecnici e contabili relativi al progetto di qualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campana e piazzale cimitero, assumendo il relativo mutuo presso la Cassa depositi e prestiti (delibera n. 206 del 21 aprile 1999) e poi è stato approvato lo stesso progetto esecutivo, richiamandosi espressamente in motivazione l'articolo 1 della legge 3 gennaio 1978 n. 1(delibera n. 564 del 17 novembre 1999).

La scansione temporale di tali delibere, tra cui intercorrono circa sette mesi, e del decreto di occupazione, emanato a distanza di altri quattro mesi dalla seconda deliberazione della Giunta municipale, esclude in radice l'esistenza degli estremi dell'urgenza che avrebbe legittimato l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento; d'altra parte la partecipazione ben avrebbe potuto realizzarsi sulla scorta della prima delibera n. 206 del 21 aprile 1999 che, approvando gli atti tecnici e contabili del progetto di riqualificazione e predisponendo anche la relativa provvista finanziaria, attraverso la contrazione di apposito mutuo, costituiva di per sé una seria volontà amministrativa di realizzare il progetto stesso e presupponeva la successiva approvazione del progetto esecutivo dei lavori stessi, progetto esecutivo in cui potevano trovare adeguata valutazione e composizione gli interessi pubblici e privati in gioco.

Il Comune di Marano, peraltro, non ha neppure provato di aver posto in essere il modello procedimentale previsto dagli articoli 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 che contiene, come precisato dalla richiamata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, garanzie partecipative idonee, con gli opportuni accorgimenti da ricavarsi in via analogica dai principi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241, ad assicurare la realizzazione di quel giusto procedimento all'esito soltanto del quale può giungersi all'emanazione del giusto provvedimento, capace di perseguire effettivamente ed efficacemente, nel rispetto dei principi fissati dall'articolo 97 della Costituzione, l'interesse pubblico, sintesi della ponderazione di tutti gli interessi, anche privati in gioco.

II.2. Altrettanto infondato è il secondo motivo di gravame con cui il Comune di Marano ha sostenuto l'erroneità del capo della sentenza che ha ordinato la restituzione del fondo occupato, sull'assunto che sarebbero già iniziati i lavori per la cui esecuzione era stata disposta l'occupazione.

II.2.1. Osserva al riguardo la Sezione che l'accoglimento della tesi dell'amministrazione appellante, sulla base del semplice avvio dei lavori relativi al progetto di riqualificazione urbana del comparto di via Mallardo, via Campana e piazzale cimitero, implicherebbe in ogni caso la fondatezza della domanda risarcitoria pure avanzata dai ricorrenti.

Sennonché ritiene la Sezione che la effettività della tutela del cittadino nei confronti dell'attività, provvedimentale o materiale, della pubblica amministrazione, predicata a livello costituzionale dagli articoli 24 e 113, impone di non considerare la tutela restitutoria o ripristinatoria come eventuale o eccezionale, limitata ad ipotesi residuale, ed anzi spinge a ritenere che proprio la tutela risarcitoria patrimoniale deve essere considerata sussidiaria rispetto alla prima, con la conseguenza che essa deve considerarsi praticabile solo quando quella restitutoria non possa essere conseguita con successo: anche in tale prospettiva va infatti interpretato il principio di legalità e buon andamento dell'azione amministrativa, sancito dal già ricordato articolo 97 della Costituzione, in quanto l'interesse pubblico prevalente (alla conclusione dei lavori o alla realizzazione dell'opera) può invocarsi solo quando il provvedimento amministrativo sia stato legittimamente emanato, non potendo altrimenti sacrificarsi la tutela reale del cittadino all'integrità del diritto illecitamente leso.

Nel caso di specie, sarebbe stata ostativa alla tutela restitutoria consistente proprio nella restituzione del fondo occupato soltanto la irreversibile trasformazione del fondo che, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, si verifica in occasione di una profonda modificazione materiale del bene tale da fargli assumere una struttura, una forma e una consistenza diversa ovvero tale da fargli assumere almeno una diversa natura o collocazione giuridica (Cass., sez. I, 12 agosto 1997 n. 7532), dando così vita ad un bene nuovo, capace di utilità o funzioni diverse e incompatibili con quelle precedenti (Cass., sez. I, 16 marzo 1994 n. 2507; 27 maggio 1999 n. 5166; Tribunale Superiore delle Acque, 15 aprile 1999 n. 48).

II.2.2. In punto di fatto, come emerge dalla relazione tecnica di parte relativa allo stato dei luoghi redatta in data 28 marzo 2001 e depositata in atti dagli appellati in data 31 ottobre 2001, i lavori avviati dall'amministrazione comunale di Marano non hanno snaturato il fondo di proprietà dei ricorrenti, potendo essere sostanzialmente ripiantati gli alberi da frutto piantati ovvero potendo esserne tratte altre utilità, del tutto compatibili con la originaria natura e consistenza del fondo stesso,.

Le conclusioni contenute nella ricordata relazione, che non sono state contestate dal Comune di Marano, consentono di ritenere che effettivamente non si è verificata quella radicale trasformazione del fondo con irreversibile destinazione alla realizzazione della costruzione dell'opera pubblica che ne avrebbe precluso la restituzione (Cass., sez. I, 24 novembre 2000 n. 15179).

Correttamente quindi i primi giudici hanno ordinato la restituzione del fondo di proprietà degli appellati, limitando la condanna risarcitoria al solo periodo di occupazione nei limiti del saggio degli interessi legali del valore di mercato del fondo occupato, da accertare con i criteri altrettanto correttamente delineati nella sentenza in esame, anche questi non contestati dall'appellante.

III. In conclusione l'appello deve essere respinto; ciò esime la Sezione dall'esaminare le ulteriori doglianze dedotte in primo grado e ritenute assorbite dai primi giudici.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenendo conto della condanna alle spese già disposta in sede cautelare.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello proposto dal comune di Marano, così provvede:

respinge l'appello;

condanna il Comune di Marano al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessive £. 8.000.000 (ottomilioni) [pari a euro 4131,66], ivi comprese quelle già liquidate in sede cautelari.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 dicembre 2001, con la partecipazione dei signori:

VENTURINI LUCIO - Presidente

LAMBERTI CESARE - Consigliere

RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere

CAPPUGI MARIA GRAZIA - Consigliere

SALTELLI CARLO - Consigliere est.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Depositata in cancelleria il 29 aprile 2002.

Copertina Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico