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C.G.A., SEZ. GIURISDIZIONALE - 468 - 8 agosto 1998 - Pres. Riccio, Est. Volpe - Provincia Reg.le di Catania (Avv. Pace) e Impresa Agnese S.p.A. (Avv.ti Carbone, Consoli Xibilia, e Candia) c. Grassadonio (Avv.ti Scuderi e Allotta) - (conferma T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. I, 4 dicembre 1997 n. 2464).

Procedimento giurisdizionale - Giudizio abbreviato - Ex art. 19 D.L. n. 67/1997 - Potere di decidere anche nel merito in sede di camera di consiglio - Può essere esercitato d'ufficio.

Procedimento giurisdizionale - Giudizio abbreviato - Ex art. 19 D.L. n. 67/1997 - Onere delle parti resistenti di contestare il merito del ricorso - Sussiste.

Procedimento giurisdizionale - Giudizio abbreviato - Ex art. 19 D.L. n. 67/1997 - Pregiudizio al potere istruttorio attribuito al Presidente - Inconfigurabilità.

Contratti della P.A. - Gara - Partecipazione - Di impresa che abbia chiesto il recupero dell'iscrizione A..N.C. - Documentazione di gara - Va verificato con riferimento sia all’impresa partecipante alla gara che all'impresa originaria.

(D.L. 25 maggio 1997 n. 67, conv., con mod., dalla L. 23 maggio 1997 n. 135, art. 19)
(Circ. Ministero LL.PP. 2 agosto 1985 n. 382)
(D.M. LL.PP. 9 marzo 1989 n. 172, art. 25)
(L. 11 febbraio 1994 n. 109, art. 35)
 

Nelle materie indicate dell'art. 19, comma 1, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997 (tra cui vi è quella dei "provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità") - il tribunale amministrativo, nel corso della camera di consiglio fissata per la decisione dell'istanza cautelare, indipendentemente da una specifica concorde domanda delle parti in tal senso ed anche senza alcun obbligo di preventiva informazione delle stesse, può decidere il merito della controversia con una sentenza in forma abbreviata.

L’esercizio di tale potere deve essere comunque messo in preventivo dalle parti, le quali non possono più limitarsi alla trattazione dei soli presupposti ritenuti dalla giurisprudenza essenziali per la concessione dei provvedimenti cautelari - fumus boni juris e danno grave - avendo l'onere anche di trattare il merito, proprio perchè il giudice può, di propria iniziativa, andare ancora più a monte, saltando la fase provvisoria cautelare, e decidere con la medesima solerzia il merito. Così che la mancata costituzione in giudizio delle parti resistenti comporta, semmai, l'inosservanza di un onere, ma non configura alcuna violazione del principio del contraddittorio.

I poteri istruttori presidenziali, previsti dall'art. 23, comma 6, L. n. 1034/1971, non risultano compromessi dall'ulteriore potere previsto dal comma 2 dell'art. 19 D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997; è evidente, infatti, che il potere presidenziale istruttorio viene esercitato dal Collegio allorquando esso - con approfondimento maggiore, data la collegialità dell'organo, rispetto a quello che può essere in teoria compiuto dal Presidente - non ritenga la sussistenza di esigenze istruttorie.

La possibilità delle imprese cessionarie di azienda di partecipare alle gare in pendenza del procedimento di recupero dell'iscrizione dell'impresa cedente - possibilità ormai legislativamente ammessa dall'art. 35, comma 4, L. n. 109/1994 - comporta che la documentazione che le imprese cessionarie devono presentare per dimostrare la capacità tecnica ed economico-finanziaria debbano essere non solo quella dell’impresa partecipante alla gara, ma anche quella del soggetto intestatario dell'iscrizione utilizzata. La presunzione che l'impresa conferitaria abbia la stessa idoneità ad operare nel settore dei pubblici appalti in precedenza riconosciuta all'impresa conferente, come detto dalla circolare del Ministero dei lavori pubblici 2 agosto 1985, n. 382, consente l'ammissione alle gare di appalto di opere pubbliche fino alla conclusione del procedimento di recupero integrale dell'iscrizione, ma non esime la prima, al fine di essere ammessa alle gare stesse, dall'onere di dimostrare la sussistenza del requisito della capacità finanziaria, non solo per se stessa, ma anche per l'impresa conferente.

(Alla stregua del principio, nella specie, il Consiglio ha ritenuto che il bando della gara de quo, peraltro espressamente impugnato il primo grado, andava interpretato in modo conforme alla normativa ed ai principi vigenti, nel senso di richiedere, in capo alle imprese cessionarie di azienda ed in pendenza del procedimento di recupero delle iscrizioni all'A.N.C., il certificato fallimentare anche per le imprese cedenti; infatti, la produzione della certificazione fallimentare anche con riferimento all'impresa cedente risponde all'esigenza di non ammettere la partecipazione alle gare di quelle imprese che non abbiano la possibilità di recuperare l'iscrizione a causa della situazione deficitaria dello loro danti causa. Situazione che non può essere limitata alla sola impresa cessionaria di azienda ma deve essere necessariamente estesa anche a quella cedente, proprio in quanto il concetto di capacità finanziaria indica la potenzialità economica e finanziaria dell'interessato il quale, se usufruisce pure di potenzialità altrui (nel caso, dell'impresa cedente), deve dimostrare, all'amministrazione che intende commissionare l'esecuzione di un'opera pubblica, la capacità dell'altra).


ULTERIORI ORIENTAMENTI IN MATERIA DI GIUDIZIO ABBREVIATO ED IN TEMA DI RECUPERO DELL’ISCRIZIONE ALL’A.N.C.

La sentenza in rassegna si occupa di due questioni rilevanti:

a) la prima riguarda le modalità applicative della disciplina prevista per il giudizio abbreviato di cui all’art. 19, comma 1, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997, in materia di appalti pubblici ed espropriazioni (mi permetto di fare rinvio in proposito ad una mia precedente nota sui primi orientamenti giurisprudenziali, pubblicata in questo sito - clicca qui per consultarla).

In ordine a tale questione viene affermato innanzitutto che la possibilità di decidere il merito con una sentenza in forma abbreviata già in sede di camera di consiglio può essere esercitata d’ufficio dal Giudice amministrativo, anche in mancanza di accordo o di semplice richiesta delle parti. Tale potere, ovviamente, andrà esercitato, allorchè sia possibile decidere la controversia "allo stato degli atti". Il che non esclude che il Giudice amministrativo, prima di esercitare il potere in questione, possa adottare una ordinanza collegiale istruttoria, rinviando la definizione della questione ad altra camera di consiglio ed accordando, eventualmente, nelle more, la sospensione del provvedimento impugnato.

Rilevante è altresì l’affermazione secondo cui, a fronte del potere del Giudice amministrativo di decidere la controversia allo stato degli atti, già in camera di consiglio, sussiste l’onere delle parti di esplicitare tutti i motivi prima o comunque nel corso della camera di consiglio fissata per la discussione della domanda di sospensione. Quest’ultima affermazione riguarda soprattutto le parti resistenti, le quali, di fronte alla possibilità della definizione immediata del giudizio, hanno l’onere di avanzare tutte le loro eccezioni e/o difese tempestivamente prima o comunque nel corso di svolgimento della prima camera di consiglio (ove occorra, anche in forma orale). Nel caso di eccezioni avanzate oralmente, sembra opportuno chiedere che esse siano sommariamente verbalizzate, al fine di dimostrare   in sede di appello che sono state tempestivamente dedotte e che su di esse il giudice di primo grado non si è eventualmente pronunciato.

Sussiste quindi un onere delle parti resistenti di avanzare le proprie eccezioni e/o difese tempestivamente. Nè la brevità del termine concesso (basti pensare che vengono dimezzati tutti i termini, ivi compreso quello di 10 giorni previsto per la fissazione della camera di consiglio), comporta, ad avviso del C.G.A., alcun pregiudizio alla difesa.

In realtà - come già rilevato nel corso di una discussione con l’amico Avv. Arturo Merlo qualche tempo addietro - qualche dubbio circa la legittimità costituzionale della riduzione dei termini (se posta in relazione all’onere dei resistenti di dedurre le proprie difese prima o comunque durante la camera di consiglio) residua in ordine alla possibilità di proporre ricorso incidentale e, correlativamente, al rispetto del diritto di difesa.

Occorre in proposito pensare che, specie con riferimento alle gare d’appalto in cui si utilizza il metodo della c.d. media mediata, il ricorso incidentale costituisce spesso un efficace strumento per "tagliare l’erba da sotto i piedi" del ricorrente, dimostrando magari che illegittimamente è stata esclusa od ammessa altra impresa diversa dalla aggiudicataria e che, conseguentemente, quest’ultima non ha alcun interesse alla decisione del ricorso, non conseguendo comunque l’appalto.

La riduzione del termine per la fissazione della camera di consiglio (che diventa, come appena ricordato, di 5 giorni) comporta la quasi impossibilità per i controinteressati di proporre ricorso incidentale, con grave pregiudizio per il diritto di difesa garantito a questi ultimi. Onde, non è improbabile che qualche giudice di buona volontà possa sollevare apposita questione innanzi al Giudice delle leggi.

Condivisibile, ad avviso di chi scrive, è, inoltre, l’altra affermazione contenuta nella sentenza in rassegna, secondo cui il giudizio abbreviato previsto dall’art. 19 cit. non comporta alcun nocumento al potere istruttorio presidenziale, atteso che i poteri istruttori possono essere esercitati con apposta ordinanza collegiale.


b) La seconda questione riguarda le modalità di partecipazione alle gare di imprese che abbiano chiesto il recupero dell’iscrizione A.N.C. (su tale questione mi permetto ancora di fare rinvio - chiedo venia per la nuova auto-citazione - al mio lavoro Le modificazioni soggettive nell’appalto di opere pubbliche, Milano, Giuffrè Ed., 1990, p. 137 ss.).

Nella sentenza in rassegna si afferma che, nel caso in questione, la documentazione andrà verificata non solo con riferimento all’impresa partecipante, ma anche a quella intestataria dell’iscrizione A.N.C. di cui si è chiesto il recupero.

L’affermazione convince per ciò che concerne l’ultima parte (e cioè con riferimento alla necessità di produrre la documentazione attestante la capacità tecnica ed economico-finanziaria dell’impresa originaria). Non vi è dubbio che sia formalmente che sostanzialmente, fino a quando non avvenga il recupero dell’iscrizione, titolare della iscrizione all’A.N.C. è l’impresa originaria, onde i requisiti vanno posseduti e comprovati con riferimento a quest’ultima.

L’affermazione non convince pienamente, invece, per ciò che concerne la prima parte (e cioè con riferimento alla necessità che la documentazione sia prodotta anche relativamente all’impresa partecipante). Non si considera, infatti, che la capacità di quest’ultima è relativa all’impresa della cui iscrizione ci si avvale, onde non si comprende perché la capacità stessa sia verificata anche in ordine alla impresa cessionaria. Nè in sede di gara l’Amministrazione è tenuta a compiere le stesse indagini (in ordine alla impresa cessionaria) che l’apposita Commissione eseguirà in sede di recupero dell’iscrizione.

(Giovanni Virga)

DIRITTO: 1. Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi in appello in epigrafe indicati poiché proposti avverso la medesima sentenza.

2. I ricorsi in appello sono infondati.

Il primo giudice, con la sentenza in epigrafe indicata, in applicazione dell'art. 19, comma 2, D.L. 25 maggio 1997 n. 67, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 1997 n. 135, ha accolto il ricorso proposto da Grassadonio Michele, titolare dell'omonima ditta individuale, in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con la "Imprese Edili Riunite s.r.l.", contro il verbale in data 30 settembre 1997 di aggiudicazione all'impresa dott. Carlo Agnese s.p.a. dei lavori di manutenzione della tangenziale ovest di Catania dalla S.S. 114 allo svincolo di Misterbianco. Erano stati impugnati altresì altri atti presupposti, connessi e consequenziali tra cui il bando della gara di appalto di pubblico incanto; gara che era stata indetta dalla Provincia Regionale di Catania per un importo a base d'asta di lire 8.480.900.000.

Il raggruppamento ricorrente veniva escluso a causa dell'anomalia dell'offerta, risultando questa superiore alla media corretta, determinata ai fini della verifica automatica delle offerte anomale. Assume che la media corretta delle offerte sarebbe stata computata in maniera erronea, in ragione dell'ammissione alla gara, in violazione degli artt. 11, lett. g) e h), e 13 del bando di gara e dell'art. 25 D.M. dei lavori pubblici 9 marzo 1989 n. 172, di alcune imprese (indicate in ricorso) che hanno partecipato alla gara quali conferitarie di azienda di altre imprese cedenti, avvalendosi dell'iscrizione all'Albo nazionale costruttori (A.N.C.) di queste ultime. Sostiene, quindi, che tali imprese si sarebbero dovute escludere per non avere presentato il certificato dell'iscrizione utilizzata per partecipare alla gara, avendo esibito solo il certificato relativo alla società conferitaria. Con la conseguenza che la media rideterminata avrebbe portato all'aggiudicazione in favore del ricorrente; circostanza questa non contestata dalle parti.

Nella specie era anche avvenuto che la società Alissa, partecipante alla gara di cui trattasi, aveva utilizzato le iscrizioni dell'impresa IFG Tettamanti s.p.a. la quale si trovava in stato di concordato preventivo. La sola esclusione della società Alissa, a detta del ricorrente, avrebbe comportato l'aggiudicazione in proprio favore.

Il primo giudice ha ritenuto fondata la tesi giuridica sostenuta dal ricorrente.

La sentenza viene appellata con due separati ricorsi, del medesimo tenore, dalla Provincia di Catania e dall'Impresa dott. Carlo Agnese s.p.a.

3.1. Con un primo ordine di censure si deduce l'illegittimità e la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 del codice di procedura civile (c.p.c.) in relazione agli artt. 23 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 e 19 D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni dalla L. n. 135/1997.

Sia la Provincia Regionale di Catania sia l'impresa dott. Carlo Agnese s.p.a. sostengono che, in ragione della brevità del termine trascorso fra la data di notificazione del ricorso e quella dell'udienza di discussione dell'istanza cautelare richiesta da Grassadonio Michele, non sono state poste in condizione di costituirsi in giudizio e di partecipare all'udienza. Ritengono che il potere discrezionale attribuito al giudice, nelle materie indicate, dall'art. 19, comma 2, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997, debba sempre esercitarsi in conformità del disposto dell'art. 23 L. n. 1034/1971 e dei termini dallo stesso previsti, nonchè nel rispetto del principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c.

Le cesure dell'art. 19, comma 2, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997, nelle materie indicate dal precedente comma 1 - tra cui vi è quella dei "provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità" - "il tribunale amministrativo regionale, chiamato a pronunciarsi sulla domanda di sospensione, può definire immediatamente il giudizio nel merito, con motivazione in forma abbreviata". A tal fine, prescrive il successivo comma 3, "tutti termini processuali sono ridotti della metà".

Il Collegio ritiene che la disposizione consenta al giudice amministrativo di decidere il merito ogni volta in cui lo stesso è chiamato a pronunciare sulla istanza cautelare. Ciò in ossequio ad esigenze di celerità della definizione dei giudizi nel merito al fine di evitare situazioni di incertezza in un settore delicato quale quello del'esecuzione delle opere pubbliche o di pubblica utilità; materia in cui si fronteggiano, da una parte, l'interesse pubblico alla pronta realizzazione degli interventi - di qui finalità di accelerazione dell'esecuzione delle opere - e dall'altra esigenze soggettive delle singole imprese, pur esse degne di tutela e non prive di connotati pubblici, a che le procedure per la scelta del contraente si svolgano in modo conforme alla legge.

Il giudice amministrativo, nella medesima udienza fissata per la decisione dell'istanza cautelare, indipendentemente da una specifica concorde domanda delle parti in tal senso ed anche senza alcun obbligo di preventiva informazione delle stesse, può quindi decidere il merito sulla base di un potere espressamente attribuitogli dall'art. 19, comma 2, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997. Potere il cui esercizio deve essere comunque messo in preventivo dalle parti, le quali sono tenute a sapere che, nelle materie di cui al comma 1 del citato art. 19, ogni volta che viene trattata l'istanza cautelare il giudice può definire il giudizio nel merito. Con la conseguenza che le parti non possono più limitarsi alla trattazione dei soli presupposti ritenuti dalla giurisprudenza essenziali per la concessione dei provvedimenti cautelari - fumus boni juris e danno grave - avendo l'onere anche di trattare il merito proprio perchè il giudice può, di propria iniziativa, andare ancora più a monte, saltando la fase provvisoria cautelare, e decidere con la medesima solerzia il merito. Il che a tutto vantaggio delle parti che, al posto di una decisione cautelare - dipendente, siccome complementare e strumentale, pur sempre dalla definizione del merito - conseguono con la medesima rapidità una sentenza di merito.

L'art. 19, comma 2 D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997, costituendo una norma speciale ed avendo carattere di eccezione a quello che è invece il sistema ordinario, è del tutto svincolato dal disposto dell'art. 23 L. n. 1034/1971 e dai termini dallo stesso previsti, con riguardo in particolare alla fissazione dell'udienza per la discussione del ricorso, alla notificazione del relativo decreto presidenziale ed ai poteri istruttori presidenziali. Ciò in quanto il potere discrezionale attribuito al giudice amministrativo dal comma 2 del citato art. 19 si esercita nell'udienza fissata per la decisione della domanda di sospensione, così che segue le regole proprie del giudizio cautelare.

L'interpretazione sostenuta dal Collegio trova tra l'altro conferma nel disposto del medesimo comma 2, secondo cui il giudice "può definire immediatamente il giudizio nel merito". L'avverbio "immediatamente" consente proprio la decisione nel merito in ambito di giudizio cautelare indipendentemente dai termini di cui all'art. 23 L. n. 1034/1971 ed anche in pendenza degli stessi.

Il principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c. appare, quindi, rispettato. Una volta ricevuta la notificazione di un ricorso innanzi al giudice amministrativo con richiesta di sospensiva, in materia rientrante tra quelle di cui al comma 1 dell'art. 19 D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997, e fissata l'udienza in camera di consiglio per la decisione dell'istanza cautelare, le parti convenute sanno che il giudice, ai sensi del successivo comma 2, "può definire immediatamente il giudizio nel merito". E se le stesse non si sono costituite va presunta la loro consapevolezza sul possibile esercizio da parte giudice amministrativo del potere discrezionale recentemente attribuitogli. Così che la mancata costituzione in giudizio comporta semmai l'inosservanza di un onere ma non configura alcuna violazione del principio del contraddittorio.

3.2. Nella specie il diritto di difesa è stato pienamente garantito, nel rispetto del disposto dell'art. 36 R.D. 17 agosto 1907 n. 642, applicabile al giudizio dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali per effetto del richiamo operato dall'art. 19 L. n. 1034/1971.

Il ricorso, con l'istanza cautelare, è stato notificato alla Provincia Regionale di Catania il 22 ottobre 1997 ed all'impresa dott. Carlo Agnese s.p.a. il 24 ottobre 1997 e depositato in quest'ultimo giorno. La camera di consiglio per la trattazione dell'istanza cautelare è stata fissata il 5 novembre successivo, rispettando il termine di dieci giorni dalla notifica previsto dal comma 2 dell'art. 36 da ultimo citato, per il deposito di memorie da parte dell'amministrazione e delle parti interessate; termine, tra l'altro, che si è ridotto a cinque giorni per effetto del disposto dell'art. 19, comma 3, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997. L'udienza era poi la prima dopo spirato il termine di dieci giorni di cui si è detto, in conformità con quanto previsto dall'art. 36, comma 3, R.D. n. 642/1907.

3.3. Il Collegio deve infine rilevare che i poteri istruttori presidenziali, previsti dall'art. 23, comma 6, L. n. 1034/1971, non risultano compromessi dall'ulteriore potere previsto dal comma 2 dell'art. 19 D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/1997. E' evidente, infatti, che quest'ultimo viene esercitato dal Collegio allorquando esso - con approfondimento maggiore, data la collegialità dell'organo, rispetto a quello che può essere in teoria compiuto dal Presidente - non ritenga la sussistenza di esigenze istruttorie. Esigenze che nella specie, comunque, non erano ravvisabili sulla base della completezza degli atti di causa e della fondatezza in diritto, in forza delle argomentazioni esposte al successivo paragrafo 4, della tesi del ricorrente di primo grado.

4.1. Con un secondo ordine di censure gli appellanti deducono la violazione e la falsa interpretazione dell'art. 35 L. 11 febbraio 1994 n. 109, con riferimento alla circolare del Ministero dei lavori pubblici 2 agosto 1985 n. 382, nonchè l'infondatezza dei ricorso di primo grado, dato che i certificati fallimentari sarebbero richiesti dalle lett. g) e h) dell'art. 11 del bando di gara solo per gli aspiranti concorrenti, ossia, nel caso di cessione di azienda, per le imprese conferitarie, e non certo per le imprese conferenti.

Il motivo è infondato.

Il bando di gara elencava all'art. 11 i documenti da presentare ai fini della partecipazione alla gara. In particolare richiedeva, alle lett. g) ed h) del detto articolo, rispettivamente, "per le società di qualsiasi tipo, ivi comprese le cooperative e loro consorzi", un certificato "dal quale risulti che la società stessa non si trovi in stato di fallimento, di liquidazione, di concordato preventivo e qualsiasi altra situazione equivalente", nonchè "per le imprese individuali e per le società di qualsiasi tipo, ivi comprese le cooperative e loro consorzi", un certificato "dal quale risulti che nei confronti della società e dell'impresa individuale non sia in corso una procedura di cui al precedente punto g) e che non è intervenuta dichiarazione di fallimento, nè sussiste concordato preventivo".

Il successivo art. 13 del bando precisava poi che sarebbero stati esclusi dalla gara i concorrenti che si fossero trovati, tra l'altro, "in stato di fallimento, di liquidazione, di cessazione di attività, di concordato preventivo e di qualsiasi situazione equivalente".

Ai sensi dell'art. 25 D.M. dei lavori pubblici 9 marzo 1989 n. 172 (dal titolo "approvazione del regolamento per l'attuazione della normativa in materia di Albo nazionale dei costruttori"), nel caso di decesso del titolare di impresa individuale, ovvero per effetto di atto di fusione, di conferimento o di cessione di complesso aziendale, è ammesso il recupero totale o parziale dell'iscrizione all'A.N.C. a favore dell'impresa avente cause. Tale disposizione non contiene alcuna espressa previsione riguardante la possibilità o meno, per un'impresa che abbia iniziato la procedura del così detto recupero, di partecipare alle gare nelle more dell'emanazione del provvedimento di iscrizione. La giurisprudenza, comunque, consentiva l'ammissione alle gare dell'impresa avente causa nel periodo ricompreso tra la variazione soggettiva ed il successivo provvedimento di iscrizione (si veda in tale senso Cons. Stato, Sez. VI, 16 marzo 1993 n. 247).

Il recupero è ammesso dal comma 1 dell'art. 25 D.M. n. 172/1989 "sempre che sussistano specificatamente i presupposti previsti dalle disposizioni vigenti, che il complesso aziendale cui le iscrizioni si riferiscono mantenga al momento del trasferimento le capacità operative e tecniche e che detti requisiti vengano acquisiti dall'impresa richiedente".

Il successivo comma 2 del medesimo art. 25 dispone poi che "il recupero dell'iscrizione potrà essere riconosciuto previa revisione, sulla base dei criteri di cui all'art. 18 e successivi del presente regolamento, delle iscrizioni possedute" e l'accertamento di alcune condizioni tra cui la "capacità finanziaria dell'impresa che trasferisce l'iscrizione e dell'impresa che acquisisce l'iscrizione".

L'art. 35, comma 4, L. n. 109/1994 ha poi espressamente previsto che, "ai fini dell'ammissione dei concorrenti alle gare" in caso di fusioni e conferimenti, "si applicano le disposizioni di cui alla circolare del Ministero dei lavori pubblici 2 agosto 1985, n. 382". Secondo la circolare, in pendenza del procedimento del recupero dell'iscrizione della impresa conferente, l'ammissione alle gare per l'appalto di opere pubbliche è consentita a condizione che l'impresa concorrente produca:

a) il certificato di iscrizione nell'A.N.C. sulla forma giuridica dell'impresa precedente alle trasformazioni avvenute;

b) la delibera concernente la modifica dell'atto costitutivo per documentare le variazioni di forma societaria, nonchè di ragione o denominazione sociale;

c) l'atto di conferimento di azienda;

d) l'atto di fusione per incorporazione.

Ciò premesso, il Collegio rileva innanzitutto che la questione per cui è causa non attiene alla possibilità o meno delle imprese cessionarie di azienda di partecipare alle gare in pendenza del procedimento di recupero dell'iscrizione dell'impresa cedente - possibilità ormai legislativamente ammessa dall'art. 35, comma 4, L. n. 109/1994 - bensì alla documentazione che le imprese cessionarie devono presentare allo scopo di consentire all'amministrazione la scelta del contraente migliore. Tuttavia, una volta che si consente alle imprese cessionarie di partecipare alla gara senza essere in possesso, in parte o del tutto, di una propria iscrizione all'A.N.C., avvalendosi dei requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica dell'impresa cedente, la loro ammissione non può essere non subordinata alla produzione dei certificati richiesti dalle lett. g) e h) dell'art. 11 del bando, relativi al concorrente; e, quindi, anche al soggetto intestatario dell'iscrizione utilizzata, ossia alla stessa impresa cedente.

Il Collegio ritiene che il primo giudice abbia correttamente osservato come fino al momento in cui venga riconosciuto, presso l'A.N.C., il recupero dell'iscrizione conferita, previa verifica dell'assenza per il quinquennio precedente di procedure concorsuali a carico dell'impresa conferente (art. 25, commi 1 e 2 - laddove si pretendono "le capacità operative, finanziarie e tecniche" del complesso aziendale che si trasferisce e la "capacità finanziaria dell'impresa che trasferisce l'iscrizione" - in combinato disposto con il precedente art. 22, lett. b, D.M. n. 172/1989), nessuna verifica è espletata sulle vicende di detta impresa per il periodo precedente al conferimento di azienda. Ma se ai fini dell'effettivo recupero dell'iscrizione, in grado di adempiere ai propri obblighi finanziari e non versi in stato di insolvenza, la produzione della certificazione fallimentare relativa all'impresa cedente risponde all'esigenza di non ammettere la partecipazione alle gare di quelle imprese che non abbiano la possibilità di recuperare l'iscrizione a causa della situazione deficitaria dello loro danti causa. D'altronde, la capacità finanziaria, essenziale per l'iscrizione all'A.N.C. (artt. 12, 14 e 15 L. 10 febbraio 1962 n. 57) e per la partecipazione agli appalti pubblici, richiede l'insussistenza di uno stato, anche nei cinque anni precedenti, di liquidazione, di fallimento o di concordato e della pendenza di procedure concorsuali (art. 15, comma ultimo, L. n. 571/1962).

Situazione che non può essere limitata alla sola impresa cessionaria di azienda ma deve essere necessariamente estesa anche a quella cedente, proprio in quanto il concetto di capacità finanziaria indica la potenzialità economica e finanziaria dell'interessato il quale, se usufruisce pure di potenzialità altrui (nel caso, dell'impresa cedente), deve dimostrare, all'amministrazione che intende commissionare l'esecuzione di un'opera pubblica, la capacità dell'altro.

La presunzione che l'impresa conferitaria abbia la stessa idoneità ad operare nel settore dei pubblici appalti in precedenza riconosciuta all'impresa conferente, come detto dalla citata circolare n. 382/1985, consente l'ammissione alle gara di appalto di opere pubbliche fino alla conclusione del procedimento di recupero integrale dell'iscrizione. Non esime la prima, però, al fine di essere ammessa alle gare stesse, dall'onere di dimostrare la sussistenza del requisito della capacità finanziaria non solo per se stessa ma anche per l'impresa conferente.

4.2. Quanto ritenuto dal Collegio al precedente paragrafo 4.1. comporta che il bando della gara di cui trattasi, tra l'altro espressamente impugnato il primo grado, va interpretato in modo conforme alla normativa ed ai principi vigenti, nel senso di richiedere, in capo alle imprese cessionarie di azienda ed in pendenza del procedimento di recupero delle iscrizioni all'A.N.C., il certificato fallimentare anche per le imprese cedenti. Non essendo stato fatto tutto questo le imprese cessionarie si sarebbero dovute escludere dalla gara, il ricorrente in primo grado, venendo meno il carattere anomalo della propria offerta, non si sarebbe più potuto escludere dalla gara, che si sarebbe dovuta aggiudicare allo stesso (avendo offerto il prezzo più basso) a seguito del ricalcolo della media.

5. Pertanto, i due ricorsi in appello in epigrafe indicati, previa riunione, devono essere respinti e, conseguentemente, la sentenza impugnata va confermata. Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese e degli onorari di lite.