Giustizia amministrativa

Articoli e note

Maurizio Borgo
(Procuratore dello Stato)

Sull’illecito "uso del territorio". L’occupazione acquisitiva atterra sul giudice amministrativo? Prime riflessioni sull’art. 34 del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 80.

Le brevi riflessioni, che seguono, sono dedicate all’esame di un’ipotesi "affascinante": il possibile trasferimento della giurisdizione sulle controversie, aventi ad oggetto la c.d. "occupazione acquisitiva" o "accessione invertita", che dir si voglia, dal giudice ordinario al giudice amministrativo.

Non si tratta di un auspicio, rivolto ad un futuro legislatore, bensì di una interpretazione (la cui correttezza, si tenterà di saggiare in questa sede) delle disposizioni, contenute nell’art. 34 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dettante "Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, co. 4 della L. n. 59/97".

L’articolo, or ora menzionato, recita, al primo comma: "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia".

Al secondo comma, la norma prosegue, affermando che "agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio".

La norma si chiude, infine, con la previsione che "nulla è innovato in ordine:...b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa".

Per completare il quadro normativo di riferimento, occorre riportare, altresì, la disposizione, contenuta, al primo comma, dell’art. 35 del D.Lgs. in argomento, il quale così si esprime: "il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli articoli 33 e 34, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto".

Questa la "scena" normativa, nella quale occorre muoversi, al fine di saggiare la fondatezza di quell’ipotesi "affascinante", delineata in apertura: l’accessione invertita ha, veramente, "invertito" la sua rotta, per veleggiare verso i lidi del giudice amministrativo?

Non resta che mettersi al lavoro, per individuare gli argomenti, che militano, pro e contro, la suddetta ipotesi.

ARGOMENTI A FAVORE:

1) L'art. 34, comma 2°, fornisce una definizione, assai lata, della materia urbanistica; è urbanistica, infatti, tutto ciò che attiene all'"uso del territorio".

Ebbene, non vi è dubbio che la fattispecie dell'occupazione acquisitiva si risolva, in ultima analisi, in un uso, seppure illecito, del territorio. L'attività realizzativa, posta in essere dalla P.A., determinando la trasformazione irreversibile dell'area di sedime occupata, perviene, invero, ad una modifica fisico-giuridica del territorio.

2) L'art. 34, comma 3°, esclude, dal campo di operatività della nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva, le sole controversie, riguardanti la determinazione e la corresponsione della indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.

Esclusione, quella di cui sopra, nella quale appare, assai difficile, potere ricomprendere la fattispecie dell'occupazione acquisitiva.

E' noto, infatti, che la giurisprudenza, ormai consolidata, ha escluso la possibilità di fare rientrare l'accessione invertita, nell'ambito della materia espropriativa, sotto le vestigia di una "espropriazione sostanziale" che si affiancherebbe alla "espropriazione formale", normativamente prevista.

L'occupazione acquisitiva costituisce, invero, un'ipotesi di fatto illecito, perpetrato, dalla Pubblica Amministrazione, nei confronti di un soggetto privato; fatto illecito che, tuttavia, risolvendosi nella realizzazione di un'opera, dichiarata di pubblica utilità, dà luogo ad un acquisto, a titolo originario, mercé un meccanismo estintivo-acquisitivo, dell'area di sedime, in capo alla Pubblica Amministrazione.

3) L'art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 80/98 attribuisce, al giudice amministrativo, la potestà di disporre, con riferimento alle materie, attribuite alla sua giurisdizione esclusiva, il risarcimento del danno ingiusto.

Trattasi di disposizione, che sembrerebbe fugare ogni dubbio sulla fondatezza dell'ipotesi, oggetto della presente indagine.

Il risarcimento del danno è, infatti, l'immancabile petitum di ogni controversia, in materia di "occupazione acquisitiva".

Proprio, il risarcimento, in forma equivalente, costituisce, invero, l'unico "beneficio" per il soggetto che abbia visto il proprio terreno occupato e, poi, "irreversibilmente trasformato" dall'attività realizzativa della Pubblica Amministrazione.

4) L'ultimo argomento, che è possibile addurre a sostegno della fondatezza dell'ipotesi in argomento, è frutto di una considerazione, di ordine generale.

Il giudice amministrativo, per propria estrazione culturale ed esperienza professionale, sembra maggiormente attrezzato, rispetto al giudice ordinario, ad affrontare i molteplici problemi, posti dalla fattispecie dell'occupazione acquisitiva.

Si pensi, soltanto, a mò di esempio, alle difficoltà, incontrate dalla giurisprudenza ordinaria, nell'individuazione del momento "topico" della trasformazione irreversibile" del suolo privato.

ARGOMENTI A SFAVORE

1) L'occupazione acquisitiva, sebbene incentrata su un comportamento della Pubblica Amministrazione che si risolve, in ultima analisi, in un uso, seppure illecito, del territorio, non sembra riconducibile nell'alveo della materia urbanistica.

L’uso del territorio, invero, costituisce, come detto, il risultato ultimo dell’accessione invertita, la quale è, e rimane, un fatto illecito, posto in essere dalla P.A. in danno del proprietario dell’area di sedime; fatto illecito, peraltro, che assurge, in virtù della figura, di creazione pretoria, dell’accessione invertita, a modo di acquisto, a titolo originario, della titolarità del terreno occupato.

La trasformazione fisico-giuridica del territorio, costituendo, invero, il risultato ultimo della fattispecie dell’occupazione acquisitiva, non sembra consentire la riconduzione di quest’ultima, nell’alveo della nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

2) Il comma 3° dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/98, nell’indicare i casi non ricompresi nella nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, fa riferimento, accanto agli atti di natura espropriativa, a quelli di natura, genericamente, ablativa.

Espressione, quest’ultima, che potrebbe indurre a pensare che, con essa, il legislatore abbia voluto fare riferimento, anche all’occupazione acquisitiva, la quale si risolve, comunque, nell’ablazione di un bene.

Un’impressione che, tuttavia, sembrerebbe smentita dal riferimento, contenuto nella norma, alla "determinazione e corresponsione dell’indennità"; un termine, questo ultimo, che, com’è noto, risulta del tutto estraneo alla fattispecie dell’occupazione acquisitiva, la quale, costituendo un fatto illecito, fa sorgere, in capo all’Amministrazione, un’obbligazione di natura risarcitoria e non di natura indennitaria.

3) Ma l’argomento che, più di ogni altro, sembra deporre in senso contrario alla attribuzione delle controversie, aventi ad oggetto la c.d. occupazione acquisitiva, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, è costituito dalla seguente considerazione: è logico pensare, che il legislatore, il quale, anche di recente (cfr. art. 1, comma 65 L. n. 549/95 e art. 3, comma 65, L. 662/96) ha legiferato in ordine alla c.d. "accessione invertita", non abbia sentito il bisogno di attribuire, expressis verbis, le controversie, relative alla fattispecie di cui sopra, al giudice amministrativo?

E’ lecito avanzare più di un dubbio in proposito.

CONCLUSIONI

Volendo tirare le somme dell’analisi, condotta in queste pagine, è possibile affermare che, quell’ipotesi che, in apertura, avevamo definito "affascinante", non si è dimostrata destituita di ogni fondamento logico-giuridico.

Ci sia, tuttavia, consentito rivolgere, sebbene sommessamente, una critica al legislatore: le norme, disciplinanti il riparto di giurisdizione, dovrebbero, più delle altre, essere formulate, in modo chiaro; risponde, infatti, a principi di civiltà giuridica, consentire, al cittadino, di potere individuare, quanto più agevolmente possibile, il giudice, al quale richiedere la tutela dei propri interessi.

Ebbene, non sembra, a chi scrive, che, nel caso di specie, il legislatore si sia ispirato alla superiore regola.