Giustizia amministrativa

Articoli e note

 
VITALBA BARBAGALLO
(Ricercatrice volontaria presso la Cattedra di Diritto Amministrativo
della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina)

PRESCRIZIONI PRESUNTIVE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Sommario: 1.- Premesse. 2.- Prescrizioni brevi e prescrizioni presuntive. 3.- Ambito di applicazione delle prescrizioni presuntive. 4.- Prescrizioni presuntive e pubblica amministrazione.

1.- Non sembra un’inutile perdita di tempo dedicare un po’ di attenzione e spendere qualche parola su di un argomento, quale quello indicato nel titolo, che è stato trascurato totalmente dalla dottrina e che nella stessa giurisprudenza ha trovato stranamente solo qualche sporadico riscontro, mentre ci risulta che nella pratica corrente l’istituto della prescrizione breve non sia di infrequente applicazione, sicché sorprende che non si sia registrato un contenzioso più ricorrente.

Come è noto, il codice sostanziale, dopo avere fissato in dieci anni il periodo oltre il quale   (art. 2946 C.C.), prevede anche tutta una serie di rapporti giuridici per i quali il periodo predetto è assai più breve del termine ordinario decennale. Va da sé che quest’ultimo rappresenta la regola generale, i termini ad esso inferiori non possono che rappresentare le eccezioni, da ammettersi, pertanto, solo nei casi espressamente consentiti dalla legge (art. cit.), con esclusione quindi di qualsiasi estensione applicativa (1).

Così per il diritto al risarcimento del danno per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 C.C. il termine è dimezzato (cinque anni) (art. 2947 comma 1 C.C.), analogamente a quanto è disposto (art. 2949 C.C.) in materia di società (  e  ) e per i sei casi (2) indicati nell’art. 2948 C.C., mentre è fissato in tre anni il periodo di prescrizione nei quattro casi dell’art. 2956 C.C. ed è addirittura ridotto ad un quinto (due anni) se si tratta del diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie (art. 2947 comma 2 C.C.).

Come, in via eccezionale, l’art. 2880 C.C. prevede anche un raddoppio (venti anni) del termine prescrizionale ordinario ove si tratta di  , così di contro si passa ad un termine assai più breve (un anno) per tutta una serie di rapporti indicati negli artt. 2950-2952 C.C., rispettivamente in materia di provvigione per il mediatore, di spedizione e trasporto e di assicurazione e nei sei casi di cui all’art. 2955 (3) C.C.

Si ha, infine, una prescrizione di solo sei mesi nei casi previsti dall’art. 2954 C.C.

2.- Bisogna però subito precisare che dalla congerie di ipotesi codicistiche richiamate nel paragrafo precedente vanno estrapolate quelle indicate negli artt. 2054-2956 C.C. caratterizzate da uno speciale regime giuridico dettato negli artt. 2957-2960 C.C. che si è tradotto in una particolare denominazione aggettivale:   che vale a distinguerle dalle altre prescrizioni di durata inferiore a quella ordinaria decennale.

E’ dato ormai pacificamente acquisito in dottrina (4) che questo tipo di prescrizione è caratterizzata dal fatto che essa non estingue l’obbligazione, ma determina . Il che non toglie che essa sia sottoposta in via generale a molte delle regole proprie della prescrizione ordinaria, quali, ad esempio, quelle sulla rinunciabilità, sulla opponibilità da parte di terzi, sulla sospensione e sulla interruzione (5).

Circa quanto si accennava sopra sulla natura mista della presunzione che assiste questa forma di prescrizione - circa cioè l’estrema difficoltà in cui viene a trovarsi il credito cui venga opposta una prescrizione presuntiva di provare il mancato avvenuto pagamento - è da ricordare che lo stesso codice civile (art. 2960) prevede la possibilità della delazione del giuramento decisorio al debitore (6) che ha eccepito la prescrizione; solo che se quest’ultimo non ha timore delle possibili conseguenze penali in caso di spergiuro e dichiara, magari falsamente, di avere pagato, la soccombenza per il deferente è scontata.

Altra caratteristica - anch’essa ben nota, ma che ci preme ricordare per quanto si dirà di qui appresso con riguardo al tema specifico risultante dal titolo delle presenti note - riguarda l’ipotesi contemplata nell’art. 2959 C.C., a tenore del quale l’eccezione di prescrizione presuntiva è rigettata se chi oppone la prescrizione abbia comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta.

3.- Non è del tutto pacifica la delimitazione dell’ambito di applicazione delle prescrizioni in parola. Non tragga, infatti, in inganno la pur chiara elencazione contenuta nelle disposizioni codicistiche che le riguardano, che sembrerebbe escludere in radice ogni ragionevole dubbio.

Che non sia così, almeno per alcuni dei casi di prescrizione presentiva, lo dimostra, ad esempio, la ricca messe giurisprudenziale fiorita in materia di prescrizione dei crediti da lavoro dipendente, con la nota querelle, più volte assurta agli onori del giudice costituzionale, circa il dies a quo della decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro, il diverso regime della decorrenza ove si tratti di rapporto di pubblico impiego, le soluzioni compromissorie che eliminano queste difformità di trattamento ove taluni rapporti di impiego privato presentino lo stesso sistema garantistico - quanto alla stabilità del rapporto - proprio dell’impiego pubblico (7).

In termini generali non può sottacersi - e la stessa giurisprudenza non l’ha ignorato - il carattere eccezionale e derogatorio del regime delle prescrizioni presuntive, sia per la brevità dei relativi termini, che penalizzano forse fin troppo i titolari dei diritti che si estinguono per prescrizione (al di là di quanto appaia legittimo ed equo alla luce del noto brocardo vigilantibus iura succurrunt) sia perché si è vista come elemento legittimante dell’istituto una mera presunzione che solo sulla carta, ossia in teoria può considerarsi come presunzione semplice o mista che sia mentre a ben guardare si sconfina nell’incontestabile regno delle presunzioni iuris et de iure.

Si registra così, in giurisprudenza, una larvata ma costante tendenza a contenere l’intrinseca iniquità del sistema delle prescrizioni presuntive restringendone l’ambito di applicazione ovvero subordinando quest’ultima a condizioni decisamente restrittive.

Merita al riguardo di essere segnalata una sentenza della Corte di Cassazione (8), ove - con il richiamo addirittura, come precedenti storici, di un’ordinanza del 1510 di Luigi XII°, della successiva legislazione francese sino al Code Napoléon (art. 2272) e del codice civile del 1865 (art .2139) - si afferma che la prescrizione breve si applica  .

Altra ben più recente pronuncia della stessa Corte (10), in perfetta linea con la precedente (11), aggiunge che deve essere consueto non solo un pagamento   ma anche . Cosicché  .

Enunciati quanto mai chiari ed inequivoci, che appaiono, nelle specie considerate, finalizzati alla conclusione che le prescrizioni presuntive non si applicano nei casi nei quali si sia in presenza di un credito nascente da contratto scritto (12) con un comune.

4.- L’affermazione di cui sopra appare sorretta, in entrambi i casi, da un esplicito riferimento alle modalità contabilistiche di cui agli artt. 324 e 325 R.D. 3 marzo 1934 n.383, ossia al noto testo unico delle leggi comunali e provinciali che regola la riscossione delle entrate ed il pagamento delle spese, prevedendo per quest’ultimo l’emissione di mandati di pagamento che vengano poi   dal tesoriere dell’ente locale. E, peraltro, scontato che l’effettivo pagamento della somma prevista in mandato richieda l’apposizione, da parte del percipiente, della relativa sottoscrizione per quietanza.

Nulla da eccepire sul punto, salvo a far presente che, al di là ed anzi ancor prima della concreta fase del pagamento delle somme dovute ai suoi creditori e della stessa emissione del mandato relativo, l’ente pubblico è tenuto ad osservare tutta una serie di formalità, dell’adozione cioè di uno o più atti formali che da un lato riconoscano il rapporto debito-credito sia quanto all’an che quanto all’ammontare e dall’altro ne dispongano la liquidazione e ne autorizzino il concreto pagamento.

E’ del resto noto che, per quanto attiene alla tenutezza della pubblica amministrazione alla corresponsione degli interessi, in deroga all’art. 1282 C.C., i debiti pecuniari dello Stato diventano liquidi ed esigibili ed importano quindi l’obbligo della corresponsione degli interessi moratori solo dopo che la spesa sia stata ordinata dall’amministrazione con l’emissione del relativo titolo nelle forma prescritte dalla legge di contabilità di Stato (13).

E’ quasi un fuor d’opera, a questo punto, rilevare che le prescrizioni presuntive non possono trovare applicazione  , evidente essendo che non può mai farsi luogo alla stipulazione di un contratto con una pubblica amministrazione qualsivoglia (neppure, diremmo, ove si tratti di un ente pubblico economico) che non risulti stipulato per atto scritto, una volta che la scrittura è, in tali casi forma solenne richiesta ad substantiam e non ad pompam (14).

Appare così superfluo, se non addirittura fuorviante, precisare che si ha inapplicabilità delle prescrizioni presuntive ove si sia in presenza di un contratto scritto con un comune, una volta che si è visto che con gli enti pubblici (con tutti si diceva) la forma scritta è imprescindibile; sicché sarebbe più corretto dire - con ciò formulando un principio avente valenza generale - che queste speciali prescrizioni non possono essere opposte ed eccepite dalla pubblica amministrazione.

Quanto sopra anche perché, stante la sopra precisata natura di queste prescrizioni presuntive, è inconcepibile immaginare una presunzione (relativa, mista, ecc.) di pagamento da parte di una pubblica amministrazione che non può procedere al pagamento dei suoi debiti se non rispettando le rigorose regole contabili sue proprie, dettate peraltro non solo nell’interesse della regolarità delle operazioni finanziarie effettuate dalla pubblica amministrazione medesima, ma anche dello stesso creditore (per lo più, un privato) verso il quale l’amministrazione è tenuta ad osservare, per un preciso dovere costituzionale (art. 97 Cost.) un comportamento improntato al massimo della imparzialità e della trasparenza, con le quali - anche senza scomodare i nuovi precetti della   - risulta approntato un vero e proprio sistema garantista.

Non si riesce poi a pensare alla deferibilità di un giuramento decisorio ad veritatem ad una pubblica amministrazione (in ipotesi, ad un suo funzionario  ), la quale non potrebbe nascondere la realtà documentale rappresentata o da un impegno di spesa non seguito da mandato ma pur sempre ricognitivo di un suo debito ovvero da un mandato non seguito da una   (vedi supra) oppure ancora una estinzione che non sia accompagnata da una formale quietanza.